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Compendium diplomaticum sive tabularum veterum

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Sono sbanditi dalla mente, e sono detestati dalla risentita natura quei barbari principi del<br />

diritto della guerra, che al vincitore permettono tutto sopra del vinto. E se tai principi in generale<br />

ancora reggessero, non potranno mai reggere per una generosa nazione, che al vibrar della spada<br />

proclama insieme la sicurezza delle proprietà, e delle persone: che anche allorquando si mostra<br />

adirata, e cruciosa contro i ministeri, sorride d'un sorriso d'umanità verso i popoli e pretende,<br />

che accarezzino quelle armi, a cui si sottomettono: per una nazione, io replico, ch'è ambiziosa di<br />

poter credere, che i motivi della sua guerra siano stimati così giusti, e l'armi sue tanto clementi,<br />

che gli stranieri medesimi abbiano ad affrettar coi voti loro le sue conquiste, e vittorie, e<br />

gl'inimici a baciar per tenerezza quelle insegne, ch'hanno la sorte di vedere sventolare nelle loro<br />

contade. Questa generosa nazione, quando ella non voglia mentire, non dee trattare i vinti popoli<br />

come sua preda, e cagionar loro lo sterminio ancorché ogni altro vincitore fosse per farlo.<br />

S'aggiunge in confirmazione di questa massima, come la Francia ha già conosciuto il savio<br />

documento della recente politica umanizzata da lunghi studi, e dalla barbarie ripugnata, la quale<br />

insegna, che il popolo è il giumento dei principi, e dei condottieri degli eserciti, che l'estenuarlo<br />

fino agli estremi, egli è lo stesso, che il volerlo vedere a mezzo il viaggio gittare per istanchezza<br />

la soma a terra, e convertirsi in aggravio quello che avrebbe dovuto essere un sussidio: che molti<br />

barbari colle concussioni, e devastazioni si ridussero a segno di dover da se stessi abbandonar la<br />

vittoria, che a traverso di molti pericoli si erano con istento procurata.<br />

Secondo le cose fin qui premesse, egli dee essere, e non v'è dubbio, interesse della Francia,<br />

interesse vostro, o Generale, che noi non veniamo trattati come preda, ma veniamo saviamente<br />

governati in modo che non resti attaccata la nostra totale esistenza, e che noi non come vittima<br />

col sacrificio, cioè della vita, ma come giumento col frutto cioè dei nostri travagli vi siamo utili,<br />

e possiamo continuare ad esserlo in avvenire.<br />

Io taccio, o Generale, che sia cosa ingiuriosa, e che voi ci trattiate in aria di conquista,<br />

perché l'armi vostre, reggendo i patti di Moreau, aveano dovere di tenergli dietro la linea<br />

dell'armistizio, e non poteano aiutare l'imprese dell'armata d'Italia. La combinazione, ossia la<br />

nostra sventura vi fece entrare fra noi, e benché abbiate avute l'armi alla mano, pure riflettendo<br />

al luogo, ove siete, ed a quello che vi consideraste piuttosto come ospite, che come nemico. Non<br />

parliamo però di ragioni, che di ciò far non si conviene ad un popolo, che altro giudice non vuol<br />

avere, che la vostra clemenza: e veniamo piuttosto alla considerazione delle nostre miserie.<br />

Voi ci levaste colla vostra esorbitante contribuzione quasi tutto il denaro, che circolava: ci<br />

levaste li viveri colle giornaliere requisizioni. Ci annunziaste di poi, che il soldato cesserebbe di<br />

esigere dalla comunità, e dai privati, e che l'officiale vivrebbe del suo. E in tanto quasi tutta la<br />

truppa escute il paese ove dimora, per trarne la sussistenza. E ad onta di ciò esigete per li<br />

magazzini mille trecento e trenta quintali di carne, e dieci nove milla di fieno ogni quindeci<br />

giorni. Non vi dobbiamo dire il numero delle truppe, che voi avete; ma voi vedete bene, che si<br />

fatta reqiuisizione sarebbe bastevole per il mantenimento di tre delle vostre armate, quando esse<br />

vivessero tutte sui magazzini. Che dirassi di questa, che vive quasi tutta a carico dei Comuni, e<br />

dei privati? O il magazzino, o le requisizioni particolari devon esser tolte, o Generale. Voi<br />

diceste: Cessino le requisizioni particolari. Il vostro soldato non vi obbedisce. Che bel comando!<br />

Domandate, che se l'accusi: noi l'accusiamo; ma l'abuso è generale, e ciò dee al vostro zelo<br />

bastare per movervi a reprimerlo. Voi non attendete accuse particolari, perché ogni nuovo<br />

governo non ispira giammai la confidenza dell'accusa.<br />

Ma ditemi frattanto, o Generale, è questa una fatalità della guerra, aver un'armata alle<br />

spalle, che non cessa mai dal mettere particolari, e universali requisizioni: un'armata, ch'esige<br />

più di quello, che potrebbe per tre armate bastare? o non è egli anche per la voracità, che egli<br />

diviene insolente, indisciplinato, poltrone.<br />

Pure noi vogliamo, che s'interessi il veder, che si esiga poco, o molto, purché non sorpassi<br />

le nostre forze, e non involga l'intiera nostra rovina: ma ciò, che si esige, ci termina, e ci uccide.<br />

Sapete voi, o Generale, in qual paese vivete? Vel dirò io: in un paese, che vivendo sotto di voi<br />

più allongo, si dee morire di fame. L'Italia unico a natural granaio del Tirolo meridionale chiusa<br />

al commercio dei grani sotto pena di morte: la Germania esausta: l'Ungaria intercetta: il natural<br />

nostro prodotto già consumato da voi senza riguardo: raddoppiato il consumo pel raddoppiato il<br />

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