Plinius, naturalis historia 35,98 - Lettere e filosofia

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11.06.2013 Views

tunica que talari muliercula nixus in litore', non solum ipsos intueri videatur et locum et habitum, sed quaedam etiam ex his, quae dicta non sunt, sibi ipse adstruat? 65 ego certe mihi cernere videor et vultum et oculos et deformes utriusque blanditias et eorum, qui aderant, tacitam aversationem ac timidam verecundiam. 66 interim ex pluribus efficitur illa, quam conamur exprimere, facies, ut est apud eundem (namque ad omnium ornandi virtutum exemplum vel unus sufficit) in descriptione convivi luxuriosi: 'videbar videre alios intrantis, alios autem exeuntis, quosdam ex vino vacillantis, quosdam hesterna ex potatione oscitantis. humus erat inmunda, lutulenta vino, coronis languidulis et spinis cooperta piscium.67 ' quid plus videret qui intrasset? sic et urbium captarum crescit miseratio. sine dubio enim qui dicit expugnatam esse civitatem, complectitur omnia, quaecumque talis fortuna recipit, sed in adfectus minus penetrat brevis hic velut nuntius. 68 at si aperias haec, quae verbo uno inclusa erant, apparebunt effusae per domus ac templa flammae et ruentium tectorum fragor et ex diversis clamoribus unus quidam sonus, aliorum fuga incerta, alii extremo complexu suorum cohaerentes et infantium feminarumque ploratus et male usque in illum diem servati fato senes: 69 tum illa profanorum sacrorumque direptio, efferentium praedas repetentiumque discursus et acti ante suum quisque praedonem catenati et conata retinere infantem suum mater et, sicubi maius lucrum est, pugna inter victores. licet enim haec omnia, ut dixi, complectatur 'eversio', minus est tamen totum dicere quam omnia. 70 consequemur autem ut manifesta sint, si fuerint veri similia, et licebit etiam falso adfingere quidquid fieri solet. contingit eadem claritas etiam ex accidentibus: “mihi frigidus horror membra quatit gelidusque coit formidine sanguis” et “trepidae matres pressere ad pectora natos”. Vergilius, Aeneis, II, 469-794 Vestibulum ante ipsum primoque in limine Pyrrhus exultat, telis et luce coruscus aena ; 470 qualis ubi in lucem coluber mala gramina pastus, frigida sub terra tumidum quem bruma tegebat, nunc positis novos exuviis nitidusque iuventa lubrica convolvit sublato pectore terga, arduos ad solem, et linguis micat ore trisulcis. 475 una ingens Periphas et equorum agitator Achillis, armiger Automedon, una omnis Scyria pubes succedunt tecto, et flammas ad culmina iactant. ipse inter primos correpta dura bipenni limina perrumpit postisque a cardine vellit 480 aeratos; iamque excisa trabe firma cavavit robora et ingentem lato dedit ore fenestram. apparet domus intus et atria longa patescunt, apparent Priami et veterum penetralia regum, armatosque vident stantis in limine primo. 485 TRADUZIONE a cura di Giovanni Cipriani “Ed ecco Pirro: con un salto è già davanti all’ingresso e sfiora la soglia, abbagliante nelle sue armi luccicanti di bronzo”. A vederlo ti sembrerebbe un serpente, che, appena sazio di erbe velenose, tutto gonfio è balzato alla luce, uscendo dal terreno che lo ha coperto durante il freddo inverno. Sembra rinato dopo che si è spogliato delle vecchie squame ed ora, grazie alla sua giovane pelle, è di nuovo lucido. Dritto in faccia al sole, muove a forza di volute il suo viscido corpo: tiene il petto sollevato e fa guizzare dalla bocca la sua lingua trifida. Non è solo: tutt’uno con lui c’è il gigantesco Perifante e Automedonte che gli porta le armi, lo stesso che aveva fatto da auriga ad Achille; insieme a lui tutti i giovani sciri. Eccoli: si sono introdotti in casa e non fanno che lanciare torce infiammate in direzione dei tetti. In mezzo a loro, in prima posizione c’è proprio lui, Pirro, brandisce una scure a due tagli ; si fa strada a colpi di ascia fra le porte che fanno resistenza e poi si dà a svellere i battenti ricoperti di bronzo

At domus interior gemitu miseroque tumultu miscetur, penitusque cavae plangoribus aedes femineis ululant; ferit aurea sidera clamor. tum pavidae tectis matres ingentibus errant amplexaeque tenent postes atque oscula figunt. 490 instat vi patria Pyrrhus: nec claustra nec ipsi custodes sufferre valent; labat ariete crebro ianua, et emoti procumbunt cardine postes; fit via vi; rumpunt aditus primos que trucidant immissi Danai et late loca milite complent. 495 non sic, aggeribus ruptis cum spumeus amnis exit oppositas que evicit gurgite moles, fertur in arva furens cumulo camposque per omnis cum stabulis armenta trahit. vidi ipse furentem caede Neoptolemum geminos que in limine Atridas, 500 vidi Hecubam centumque nurus Priamumque per aras sanguine foedantem quos ipse sacraverat ignis. quinquaginta illi thalami, spes ampla nepotum, barbarico postes auro spoliisque superbi procubuere; tenent Danai, qua deficit ignis. 505 Forsitan et Priami fuerint quae fata requiras. urbis uti captae casum convolsaque vidit dai cardini; avanza: ha fracassato la trave e ora fa un buco in mezzo alla porta di legno che comunque rimane stabile; riesce quindi ad aprire uno squarcio dall’ampia bocca; quanto basta perché la casa fin nell’interno ora sia visibile; vengono alla luce i lunghi corridoi, vengono alla luce le parti più recondite del palazzo, ora di Priamo, un tempo degli antichi sovrani; sono ora visibili uomini in armi: presidiano la reggia, in piedi sulla soglia, con le armi in pugno. Nell’interno della casa ora al pianto si mescola angoscia e confusione; sono le donne con i loro lamenti a far riecheggiare di ululati quelle ampie stanze. Le loro grida arrivano a colpire addirittura la splendente volta celeste. Ed ecco allora le madri tutte tremanti andare avanti e dietro per quella enorme dimora; eccole aggrapparsi ai battenti e imprimere su di loro baci disperati. Pirro è lì, dritto in piedi, che incombe con tutta quella violenza che era già di suo padre; né la cinta di protezione,né le stesse guardie sono in grado di opporre resistenza; in seguito ai ripetuti colpi di ariete anche la porta vacilla,mentre i cardini, spostati radicalmente, lasciano cadere i battenti. Ecco aprirsi un varco con la forza; i Danai, una volta introdottisi, fanno breccia fra quello che trovano immediatamente all’ingresso e riempiono di soldati, in lungo e in largo, tutti gli spazi. Di gran lunga inferiore è la furia di un fiume in piena, allorché, rotti gli argini, fuoriesce e supera con i suoi gorghi gli alti argini frapposti; quindi dilaga, gonfio per l’accumulo delle onde, fra le coltivazioni e trascina le greggi con tutte le stalle per l’intera distesa dei campi.Con i miei occhi ho visto Neottolemo in preda alla furia omicida, così come ho visto i due Atridi sulla soglia della reggia;ho visto Ecuba, ho visto le sue cento nuore e Priamo, barcollare da un altare all’altro e macchiare del suo sangue, insozzandoli, quei fuochi che lui stesso aveva acceso consacrandoli. E fu allora che in un attimo crollarono quelle cinquanta stanze nuziali con i loro talami: lì era riposta la speranza di una lunga stirpe di discendenti; e insieme ai talami, crollarono quelle porte, fiere fino a quel momento di mostrare l’oro sottratto ai barbari e i trofei dei nemici abbattuti. Qualsiasi zona, dove il fuoco si andava spegnendo, è completamente invasa dai Danai. Forse, tu vorresti sapere quale sia stato il destino finale di Priamo. Appena vide invadere e cadere

At domus interior gemitu miseroque tumultu<br />

miscetur, penitusque cavae plangoribus aedes<br />

femineis ululant; ferit aurea sidera clamor.<br />

tum pavidae tectis matres ingentibus errant<br />

amplexaeque tenent postes atque oscula figunt. 490<br />

instat vi patria Pyrrhus: nec claustra nec ipsi<br />

custodes sufferre valent; labat ariete crebro<br />

ianua, et emoti procumbunt cardine postes;<br />

fit via vi; rumpunt aditus primos que trucidant<br />

immissi Danai et late loca milite complent. 495<br />

non sic, aggeribus ruptis cum spumeus amnis<br />

exit oppositas que evicit gurgite moles,<br />

fertur in arva furens cumulo camposque per omnis<br />

cum stabulis armenta trahit. vidi ipse furentem<br />

caede Neoptolemum geminos que in limine Atridas, 500<br />

vidi Hecubam centumque nurus Priamumque per aras<br />

sanguine foedantem quos ipse sacraverat ignis.<br />

quinquaginta illi thalami, spes ampla nepotum,<br />

barbarico postes auro spoliisque superbi<br />

procubuere; tenent Danai, qua deficit ignis. 505<br />

Forsitan et Priami fuerint quae fata requiras.<br />

urbis uti captae casum convolsaque vidit<br />

dai cardini; avanza: ha fracassato la trave e ora fa<br />

un buco in mezzo alla porta di legno che<br />

comunque rimane stabile; riesce quindi ad aprire<br />

uno squarcio dall’ampia bocca; quanto basta<br />

perché la casa fin nell’interno ora sia visibile;<br />

vengono alla luce i lunghi corridoi, vengono alla<br />

luce le parti più recondite del palazzo, ora di<br />

Priamo, un tempo degli antichi sovrani; sono ora<br />

visibili uomini in armi: presidiano la reggia, in<br />

piedi sulla soglia, con le armi in pugno.<br />

Nell’interno della casa ora al pianto si mescola<br />

angoscia e confusione; sono le donne con i loro<br />

lamenti a far riecheggiare di ululati quelle ampie<br />

stanze. Le loro grida arrivano a colpire<br />

addirittura la splendente volta celeste. Ed ecco<br />

allora le madri tutte tremanti andare avanti e<br />

dietro per quella enorme dimora; eccole<br />

aggrapparsi ai battenti e imprimere su di loro baci<br />

disperati. Pirro è lì, dritto in piedi, che incombe<br />

con tutta quella violenza che era già di suo padre;<br />

né la cinta di protezione,né le stesse guardie sono<br />

in grado di opporre resistenza; in seguito ai<br />

ripetuti colpi di ariete anche la porta<br />

vacilla,mentre i cardini, spostati radicalmente,<br />

lasciano cadere i battenti. Ecco aprirsi un varco<br />

con la forza; i Danai, una volta introdottisi, fanno<br />

breccia fra quello che trovano immediatamente<br />

all’ingresso e riempiono di soldati, in lungo e in<br />

largo, tutti gli spazi. Di gran lunga inferiore è la<br />

furia di un fiume in piena, allorché, rotti gli<br />

argini, fuoriesce e supera con i suoi gorghi gli alti<br />

argini frapposti; quindi dilaga, gonfio per<br />

l’accumulo delle onde, fra le coltivazioni e trascina<br />

le greggi con tutte le stalle per l’intera distesa dei<br />

campi.Con i miei occhi ho visto Neottolemo in<br />

preda alla furia omicida, così come ho visto i due<br />

Atridi sulla soglia della reggia;ho visto Ecuba, ho<br />

visto le sue cento nuore e Priamo, barcollare da un<br />

altare all’altro e macchiare del suo sangue,<br />

insozzandoli, quei fuochi che lui stesso aveva<br />

acceso consacrandoli. E fu allora che in un attimo<br />

crollarono quelle cinquanta stanze nuziali con i<br />

loro talami: lì era riposta la speranza di una lunga<br />

stirpe di discendenti; e insieme ai talami,<br />

crollarono quelle porte, fiere fino a quel momento<br />

di mostrare l’oro sottratto ai barbari e i trofei dei<br />

nemici abbattuti. Qualsiasi zona, dove il fuoco si<br />

andava spegnendo, è completamente invasa dai<br />

Danai.<br />

Forse, tu vorresti sapere quale sia stato il destino<br />

finale di Priamo. Appena vide invadere e cadere

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