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1 DISPENSA DI LETTERATURA LATINA A.A. 2009-2010 PROF ...

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in seguito inscritto anche questo (pelagus). Non è da escludere, infatti, che, ancora nel I sec., si<br />

avesse memoria di quel luogo della cosmogonia esiodea (Theog. 233) che voleva Nereo, il dio del<br />

mare, figlio di Povnto" (un riferimento al passo di Esiodo è forse in Verg. ecl. 6,35 ss.): da sempre<br />

oggetto di personificazione e, in più, collegato alle origini del mare e del cosmo (Povnto" era a sua<br />

volta figlio di Gaia), il ‘pontus’ -anche presso i latini- aveva probabilmente conservato ancora quello<br />

speciale e illustre status di paternità, che ne aveva fatto il padre fondatore degli oceani. Per questo,<br />

diversamente da ‘pelagus’ (più ancorato, pur nella sua sostanziale vaghezza, a un’idea fisica e non<br />

mitologica del mare), il vocabolo ‘pontus’ trovava, nella sfera divina di appartenenza, il suo tratto<br />

specifico più peculiare. Lo stesso etimo, ipotizzato da Ernout-Meillet 1 (pontus da pons),<br />

individuando in pontus un luogo di passaggio, confermerebbe l’alone sovrumano e, per così dire,<br />

“diabolico” ad esso generalmente ascritto: se demoni e spiriti, infatti, abitavano i varchi e le zone di<br />

transito, il mare chiamato ‘pontus’ probabilmente continuò ad evocare, ancora a molti secoli di<br />

distanza da Esiodo, la vita sotterranea e misteriosa che aveva sede negli abissi. Siamo autorizzati a<br />

credere, allora, che Virgilio possa aver scelto questo vocabolo, nel brano delle Georgiche di nostro<br />

interesse (Georg. 3,237 ss.), con questo scopo: al fine, cioè, di alludere, mediante la parola pontus<br />

(alla cui sconfinata indeterminatezza molto contribuisce, peraltro, l’aggettivo ‘medius’: Georg.<br />

3,237 medio… ponto), alle presenze invisibili del mare e alla loro inesausta energia, responsabile di<br />

violente tempeste e di fragorosi flutti.<br />

Unda e fluctus l’acqua che si muove<br />

La specificità del vocabolo ‘unda’ era di norma verificata attraverso il confronto con il più neutro<br />

‘aqua’, dal quale ‘unda’ si discostava per il fatto di avere implicita l’idea di movimento continuo e<br />

ripetuto. Le sintetiche definizioni che ancora si leggono in uno dei più diffusi compendi di<br />

differentiae verborum (Inter aptum, PL 83, coll. 8 ss. 65 Inter aqua et unda: Unda simper in motu<br />

est, aqua vero stativa) dipendono sicuramente dalle annotazioni, molto più dettagliate, redatte da<br />

Isidoro (Or. 13,20,2 ss.):<br />

Aqua est stativa et sine motu aequalis. Unda vero, eminens liquor qui sempre in motu est. Lucretius<br />

[2,152] ‘Aerias undas’, id est motus, et corpus illud quod refluctuat. Nam nec unda per se aqua est,<br />

sed aqua in motu quodam et agitatione, quasi ab eundo et redeundo, unda vocata.<br />

“L’acqua è un elemento statico ed uniforme privo di moto. L’onda, al contrario, è una superficie<br />

liquida in costante movimento. Scrive Lucrezio: ‘Le onde aeree’, riferendosi al movimento e ad un<br />

corpo che rifluisce. Un’onda, infatti, di per sé non è acqua, ma acqua soggetta ad un movimento e ad<br />

un’agitazione determinati, ed è chiamata unda quasi ab eundo et redeundo, ossia con riferimento<br />

all’azione di andare e tornare ”.<br />

[trad. di A. Valastro Canale]<br />

Parimenti, il vocabolo ‘fluctus’ -di nuovo per paretimologia- era associato da Isidoro (Or. 13,20,2) al<br />

moto delle acque e, in particolare, a quel moto indotto dall’azione dei venti:<br />

Fluctus dicti quod flatibus fiant. Ventorum enim impulse agitatae aquae fluctuant.<br />

“I flutti sono stati così chiamati in quanto flatibus fiunt, ossia nascono dalle correnti d’aria. Le<br />

acque, infatti, fluttuano sotto la spinta dei venti”.<br />

[trad. di A. Valastro Canale]<br />

Per Isidoro, dunque, l’acqua in movimento si chiama ‘unda’ quando più di tutto si vuole sottolineare<br />

l’azione subìta dal liquido, che, agitato in modo alterno e continuo, “va e viene” ininterrottamente;<br />

1 A. Ernout-A. Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine, Paris 1979 5 , s.v. pontus.<br />

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