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Exibart.onpaper 30 - Il Mattino di Bolzano

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94.hostravistoxte <strong>Exibart</strong>.<strong>onpaper</strong><br />

C'ERA DUE VOLTE UN QUADRO<br />

<strong>di</strong> Marco Senal<strong>di</strong><br />

�� Mi pare sia passato ingiustamente<br />

inosservato lo strano<br />

episo<strong>di</strong>o che ha coinvolto<br />

l'artista inglese Damien Hirst e<br />

il berlinese Michael Luther,<br />

ognuno all'insaputa dell'altro.<br />

Luther è un pittore molto interessante<br />

che produce <strong>di</strong>pinti<br />

quasi iperrealisti che per certi<br />

aspetti ricordano le ultime tele<br />

<strong>di</strong> Koons, mentre Hirst, come<br />

è noto, ha sbancato il mercato<br />

con la sua recente esposizione<br />

da Gagosian (nella sede <strong>di</strong> New<br />

York) <strong>di</strong> tele <strong>di</strong>pinte in uno stile<br />

"realista" per lui ine<strong>di</strong>to. <strong>Il</strong> fatto<br />

è che i due pittori si sono ispirati<br />

alla stessa foto <strong>di</strong> copertina<br />

del Berliner Zeitung in cui è<br />

colto il salvataggio <strong>di</strong> un iracheno<br />

ferito in un attentato<br />

(una foto a sua volta debitrice,<br />

nella composizione, nel colore<br />

e nelle luci, a certe tele barocche)<br />

e hanno <strong>di</strong>pinto due quadri<br />

praticamente identici.<br />

Si ignora quale sia stata la reazione<br />

<strong>di</strong> Hirst, ma, stando ad<br />

Artfacts.net, che riporta la<br />

notizia, Luther è rimasto molto<br />

colpito nello scoprire, sfogliando<br />

il numero <strong>di</strong> marzo 2005 <strong>di</strong><br />

Modern Painters, che il suo<br />

famoso collega aveva <strong>di</strong>pinto<br />

un quadro sostanzialmente<br />

identico a quello che lui stesso<br />

aveva appena terminato. Del<br />

resto basta un giro in rete per<br />

sincerarsi che i due lavori<br />

sono estremamente simili, non<br />

solo per la fonte fotografica,<br />

ma anche per tecnica e formato.<br />

È un po' come se un pittore<br />

dell'800 avesse deciso <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care<br />

una grande tela ad un<br />

fatto <strong>di</strong> cronaca, quale il tragico<br />

naufragio <strong>di</strong> una nave come<br />

la Medusa, e poi scoprisse che<br />

un genio del calibro <strong>di</strong><br />

Géricault avesse avuto la stessa<br />

idea e l'avesse realizzata<br />

più o meno allo stesso modo.<br />

Certo, si potrebbe obiettare<br />

che, all'epoca <strong>di</strong> Géricault, questo<br />

non sarebbe potuto avvenire,<br />

o non in un modo tanto plateale,<br />

dato che la fotografia<br />

era ancora <strong>di</strong> là da venire. Ma<br />

forse il problema non è riducibile<br />

ad un fatto tecnologico, e<br />

deve essere letto nel suo<br />

autentico senso culturale.<br />

Naturalmente, un artista innovativo<br />

come Hirst è stato regolarmente<br />

accusato <strong>di</strong> aver<br />

"copiato": secondo un se<strong>di</strong>cente<br />

gruppo artistico, denominato<br />

Stuckist (www.stuckism.com),<br />

anche il famoso squalo in formaldeide<br />

sarebbe un plagio o<br />

un "furto" <strong>di</strong> una installazione<br />

realizzata a Londra già nel<br />

1989. Tuttavia, il caso del quadro<br />

tratto dall'immagine del<br />

Berliner Zeitung è ben <strong>di</strong>verso:<br />

qui la fonte dell'opera è apertamente<br />

<strong>di</strong>chiarata (anzi, Hirst<br />

ha consapevolmente chiesto<br />

l'autorizzazione all'utilizzo artistico<br />

<strong>di</strong> alcune delle immagini<br />

impiegate nei suoi ultimi quadri,<br />

come quelle <strong>di</strong> carattere<br />

anatomico acquisite dalla<br />

Science Photo Library) ed<br />

essa precede le opere pittoriche<br />

che ne vengono tratte. <strong>Il</strong><br />

problema è che ne vengono<br />

tratte non una ma due opere,<br />

realizzate da due artisti <strong>di</strong>versi,<br />

che non si frequentano e<br />

che lavorano in<strong>di</strong>pendentemente<br />

l'uno dall'altro! Questa<br />

sorta <strong>di</strong> "germinazione"<br />

potrebbe anche far pensare<br />

che il vero artista, in tutto questo,<br />

sia forse il fotografo che<br />

ha realizzato l'immagine <strong>di</strong> partenza.<br />

Ma forse non è nemmeno<br />

così: per tornare all'ipotesi<br />

precedente, quello che è cambiato,<br />

dai tempi della Zattera<br />

della Medusa, è proprio l'idea<br />

che un fatto storico abbia bisogno<br />

<strong>di</strong> un'immagine <strong>di</strong> partenza<br />

per essere convenientemente<br />

rappresentato. L'immagine<br />

<strong>di</strong> partenza del naufragio ottocentesco<br />

non esiste; sta nella<br />

mente <strong>di</strong> un grande pittore<br />

che decide <strong>di</strong> renderla iconograficamente<br />

consistente.<br />

L'immagine <strong>di</strong> partenza del<br />

ferito iracheno invece, esiste<br />

troppo, insiste continuamente,<br />

è su tutti i telegiornali della<br />

sera, è quel genere <strong>di</strong> immagini<br />

(il deportato, l'attentato, l'episo<strong>di</strong>o<br />

terroristico) <strong>di</strong> cui non<br />

abbiamo carenza, ma semmai<br />

abbondanza. <strong>Il</strong> fatto in sé (l'iracheno<br />

ferito) è evidentemente<br />

un episo<strong>di</strong>o minore, infimo<br />

quasi, nel fenomeno maggiore<br />

della guerra <strong>di</strong> invasione<br />

dell'Iraq; per renderne testimonianza,<br />

allora, il reporter<br />

cerca <strong>di</strong> fissare un'istantanea<br />

che abbia il carattere <strong>di</strong> un<br />

"quadro" (luci caravaggesche,<br />

colori alla Pontormo, tragicità<br />

alla Géricault). Non lo fa però<br />

per ambizioni artistiche, ma<br />

comunicative: una foto <strong>di</strong> cronaca<br />

che ha le sembianze iconiche<br />

<strong>di</strong> un <strong>di</strong>pinto ha un plusvalore<br />

comunicativo che<br />

un'immagine (anche cruda, o<br />

cruciale) che ne è priva non<br />

ha. In questo senso, chi non<br />

ricorda la foto France-Press,<br />

vincitrice del World Press<br />

Photo Award nel 1997, in cui<br />

una donna algerina piange la<br />

morte del figlio, velata e stra-<br />

ziante come una Madonna <strong>di</strong><br />

Niccolò dell'Arca o <strong>di</strong><br />

Masaccio? Ovviamente, proprio<br />

questa è la prova che l'immagine<br />

<strong>di</strong> partenza sta dentro<br />

l'archivio culturale della storia<br />

dell'arte, non in quello della<br />

fotografia <strong>di</strong> guerra.<br />

<strong>Il</strong> "caso Luther-Hirst" <strong>di</strong>mostra<br />

però che l'accesso a questo<br />

archivio è ormai ostruito dalla<br />

cultura popolare: è per <strong>di</strong>fendersi<br />

da essa che occorre "rifarla",<br />

cioè letteralmente<br />

(metonimicamente, e non solo<br />

metaforicamente, come all'epoca<br />

della pop art) ri-<strong>di</strong>pingerla,<br />

re-interpretarla e re-impossessarsene.<br />

Ma, in subor<strong>di</strong>ne<br />

(è un subor<strong>di</strong>ne che per la verità<br />

insubor<strong>di</strong>na tutto!), questo<br />

"caso" <strong>di</strong>mostra un'altra cosa<br />

ancor più sconvolgente: che<br />

questa operazione <strong>di</strong> re-interpretazione<br />

è una specie <strong>di</strong><br />

necessità spirituale universale,<br />

sovranamente emancipata dai<br />

singoli agenti che concretamente<br />

ne portano a realizzazione<br />

i fini ultimi. �<br />

(scrivimi:<br />

hostravistoxte@exibart.com;<br />

illustrazione <strong>di</strong> Bianco-Valente)

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