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Exibart.onpaper 30 - Il Mattino di Bolzano

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44.déjà vu <strong>Exibart</strong>.<strong>onpaper</strong><br />

ROMA.<br />

Marco Bagnoli<br />

Una staccionata mal<strong>di</strong>sposta, un<br />

vaso <strong>di</strong> ortiche, una parabola. Tre<br />

colori - il rosso, il giallo e il nero -<br />

ed una frase che si ripete e ritorna<br />

come un mantra: "Io per Te".<br />

Insolito anagramma <strong>di</strong> SpazIo per<br />

Tempo...<br />

È questo il colpo d'occhio della<br />

mostra <strong>di</strong> Marco Bagnoli alla galleria<br />

Trisorio: uno scorcio breve e<br />

intensamente variopinto, circoscritto.<br />

Una veduta d'insieme concisa<br />

ed eloquente allo stesso<br />

tempo, come fosse la rappresentazione<br />

visiva <strong>di</strong> un haiku, per rimanere<br />

in tema con l'Oriente, dal<br />

momento che, al centro dell'installazione,<br />

c'è una storia: quella <strong>di</strong><br />

Milarepa, monaco tibetano, vissuto<br />

nel XI secolo. Attraverso pochi<br />

elementi - una serie <strong>di</strong> tavole <strong>di</strong><br />

legno sovrapposte <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente<br />

a terra, una parabola e un<br />

vaso verde - Bagnoli riesce a raccontare<br />

le vicissitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> questa<br />

figura esemplare. Una in particolare<br />

sta a cuore all'artista: l'episo<strong>di</strong>o<br />

in cui il vaso ricoperto <strong>di</strong> ortiche si<br />

rompe. Le ortiche furono l'unico<br />

nutrimento del monaco eremita e<br />

l'incidente del vaso (unico compagno<br />

dell'isolamento <strong>di</strong> Milarepa)<br />

s'impose come momento <strong>di</strong> grande<br />

stupore. A rompersi fu soltanto<br />

l'involucro esterno. <strong>Il</strong> vaso verde<br />

continuò ad esistere: la crosta<br />

delle ortiche bollite al suo interno<br />

negli anni aveva creato un'anima<br />

più forte del vaso stesso, ricalcandone<br />

la forma, che rimase così<br />

inalterata.<br />

Un'installazione ine<strong>di</strong>ta, nonostante<br />

ricorrano i tratti caratteristici<br />

della ricerca dell'artista fiorentino.<br />

Una mostra creata appositamente<br />

per le <strong>di</strong>mensioni dello Stu<strong>di</strong>o<br />

Trisorio, che <strong>di</strong>mostra l'abilità <strong>di</strong><br />

Bagnoli nell'interpretare gli spazi e<br />

usarli a proprio favore. <strong>Il</strong> lavoro<br />

occupa in maniera prospettica il<br />

pavimento e lo sfrutta per sottolineare<br />

l'incedere <strong>di</strong> una spiritualità<br />

che vive <strong>di</strong> scoperte apparentemente<br />

casuali, lente e rielaborate,<br />

come vuole il bud<strong>di</strong>smo tibetano.<br />

L'au<strong>di</strong>o riproduce il suono della<br />

natura e il gracchiare delle rane<br />

<strong>di</strong>ffuso nella stanza, cattura un<br />

altro senso e riempie la galleria<br />

aggiungendo una <strong>di</strong>mensione<br />

esperienziale al resto.<br />

L'immagine in movimento, del<br />

negativo del vaso verde proiettato<br />

a fondo parete, conclude il tutto.<br />

Proprio come un haiku che per<br />

definire un concetto, usa parole<br />

come pennellate, così la mostra <strong>di</strong><br />

Bagnoli nel suo insieme assume<br />

più <strong>di</strong> un senso, racchiuso in un<br />

testo iscritto, che non a caso recita<br />

"spazIo per Tempo".<br />

Stu<strong>di</strong>o Trisorio<br />

[valentina bernabei]<br />

vicolo delle vacche, 12<br />

(zona piazza Navona, centro)<br />

Tel/Fax 06 68136189<br />

trisorioroma@libero.it<br />

www.stu<strong>di</strong>otrisorio.com<br />

In occasione della mostra è stato<br />

realizzato un giornale ideato dall'artista<br />

con un testo critico <strong>di</strong> Sergio<br />

Risaliti<br />

MILANO. PIACENZA. NAPOLI.<br />

Vincenzo Rusciano - Neverland<br />

Luis Molina-Pantin<br />

Gallerie <strong>di</strong> Chelsea<br />

L'arte si fa bella e si guarda allo specchio.<br />

Si auto-celebra, si auto-definisce, si<br />

auto-critica. Come in questo caso. Con<br />

<strong>di</strong>sincanto Molina-Pantin parla dell'arte<br />

attraverso l'arte. Con l'autoscatto…<br />

Quello <strong>di</strong> Chelsea, a New York, è un<br />

quartiere strano. Fino a poco tempo fa<br />

prevalentemente ingombro <strong>di</strong> carrozzieri<br />

e pusher, ha ancora quell'atmosfera<br />

<strong>di</strong>messa e stropicciata che ricorda<br />

vagamente le città portuali inglesi.<br />

Forse per l'aria bagnata che viene dai<br />

pier sull'Hudson. Eppure si sa, Chelsea è<br />

- ormai da qualche anno - uno dei centri<br />

più importanti al mondo per l'arte contemporanea.<br />

Non foss'altro che per la<br />

straor<strong>di</strong>naria concentrazione <strong>di</strong> gallerie<br />

cool (perché così vengono considerate<br />

dalla critica e dal mercato) che esplode<br />

nelle sue vie. Se ne possono trovare<br />

decine, in una sola street. Una anomalia<br />

urbanistica unica al mondo.<br />

Proprio <strong>di</strong> questo ha voluto parlare il<br />

venezuelano (<strong>di</strong> origini svizzere, per la<br />

verità) Luis Molina-Pantin (Ginevra,<br />

1969, vive a Caracas). Nella mostra<br />

l'artista riflette (come già in passato<br />

aveva fatto) sull'attuale sistema dell'arte<br />

contemporanea, sui rapporti tra<br />

opera e mercato - che oscillano<br />

costantemente in un equilibrio precario<br />

-, sul ruolo dell'artista nella società.<br />

E lo fa questa volta andando a colpire il<br />

cuore pulsante del sistema, il luogo da<br />

cui tutto nasce e a cui tutto ritorna: le<br />

gallerie <strong>di</strong> Chelsea, appunto.<br />

Aspirazione suprema, tanto per <strong>di</strong>rne<br />

una, <strong>di</strong> ogni giovane artista che si<br />

rispetti. Come ha affrontato le oltre<br />

cento gallery newyorkesi Molina-<br />

Pantin? Semplicemente, fotografandole.<br />

Con un iperrealismo che appare<br />

come puro intento documentario, l'obiettivo<br />

del fotografo ruba attimi alla<br />

giornata lavorativa <strong>di</strong> spazi perfetti.<br />

Non ricerca l'arte esposta. Non ha<br />

importanza in quest'ottica. Ricerca gli<br />

spazi, in se stessi, assoluti. Perché,<br />

paradossalmente, sono questi che<br />

contano <strong>di</strong> più. E quin<strong>di</strong>, ciò che appare<br />

nelle nove opere esposte sono le<br />

reception, le scrivanie, gli scaffali.<br />

Gagosian, Mary Boone, Anton Kern,<br />

Andrea Rosen, Sperone… Sono nomi<br />

grossi, nomi che pesano. Spazi espositivi<br />

or<strong>di</strong>nati, ampi, luminosi. Spesso più<br />

belli delle opere esposte, constata<br />

Molina-Pantin. Ed è qui, secondo il fotografo,<br />

lo scacco all'arte.<br />

Come afferma Alfredo Sigolo nel testo<br />

critico che accompagna la mostra, si<br />

crea un cortocircuito. Un duplice cortocircuito,<br />

si potrebbe aggiungere. Da<br />

un lato quello, microscopico, dell'autoreferenzialità<br />

dell'arte, messa allo<br />

specchio. Dall'altro, il paradosso<br />

macroscopico del sistema attuale, in<br />

cui effettivamente - almeno in questo<br />

caso - la centralità dell'opera e dell'artista<br />

slittano inesorabilmente <strong>di</strong>etro la<br />

centralità della galleria, dello spazio<br />

ospitante. Tanto a livello estetico quanto<br />

a livello economico. <strong>Il</strong> fotografo venezuelano<br />

esorcizza potenziali accuse <strong>di</strong><br />

banalità nella polemica, e <strong>di</strong> incoerenza<br />

nella denuncia con un espe<strong>di</strong>ente artistico<br />

assolutamente originale, dotato<br />

del giusto equilibrio tra ironia e documentazione.<br />

[barbara meneghel]<br />

Federico Luger Gallery<br />

via felice casati, 26<br />

(zona p.ta venezia)<br />

Mob 349 4138318<br />

Fax 02 48013785<br />

info@federicolugergallery.com<br />

www.federicolugergallery.com<br />

Catalogo con testi <strong>di</strong> Alfredo Sigolo<br />

Enrico Morsiani<br />

No space, no time<br />

Le apparenze, talvolta, ingannano.<br />

Bisogna andare in fondo alle cose.<br />

E attraverso la pittura, si può arrivare<br />

a scoprire che sotto sotto c'è<br />

un'operazione concettuale. O un<br />

dvd <strong>di</strong> Matthew Barney...<br />

A prima vista si potrebbe rimaner<br />

delusi. Pensare <strong>di</strong> aver sbagliato in<strong>di</strong>rizzo<br />

e tirare dritto. Eppure l'errore<br />

non c'è. Lo spazio Placentia Arte non<br />

ha cambiato sede, né intenzioni. E quella<br />

che si sta visitando è ancora una<br />

mostra <strong>di</strong> arte contemporanea, anche<br />

se dalle pareti della galleria ammiccano<br />

delle tele <strong>di</strong> quella produzione che si<br />

potrebbe definire "domenicale", artigianale,<br />

hobbystica, con tanto <strong>di</strong> cornice<br />

dorata ed intarsiata. L'autore <strong>di</strong> questo<br />

scherzetto è il giovane Enrico<br />

Morsiani (Imola, 1979), troppo concentrato<br />

sull'essenza vera dell'azione<br />

artistica per potersi preoccupare della<br />

buona educazione dei suoi visitatori.<br />

Cui chiede <strong>di</strong> andar oltre la normale<br />

fruizione dell'opera, concedendo loro<br />

atteggiamenti in genere reputati fuori<br />

luogo. Come avvicinarsi alle pareti e<br />

staccare i quadri per scrutarli in profon<strong>di</strong>tà,<br />

dopo essersi accertati che la<br />

superficie non nasconda nessun gioco<br />

percettivo o chissà quale altra <strong>di</strong>avoleria.<br />

Acqua, focherello, fuoco! La risposta<br />

giusta sta nel girare la tela per<br />

vedere cosa c'è sotto. E sotto c'è la<br />

serie completa del Cremaster <strong>di</strong><br />

Matthew Barney, sud<strong>di</strong>visa nei cinque<br />

volumi, che danno all'opera tre possibili<br />

chiavi <strong>di</strong> lettura. La prima costituita<br />

dalla banale superficie del quadro che,<br />

tuttavia, avvicina all'arte contemporanea<br />

<strong>di</strong>versi target <strong>di</strong> pubblico.<br />

Seducendo, con il suo aspetto or<strong>di</strong>nario,<br />

coloro che non conoscono o non<br />

comprendono le ricerche più recenti.<br />

La seconda sta nel dvd <strong>di</strong> Barney, che<br />

rappresenta una fruizione non più<br />

imme<strong>di</strong>ata come la precedente, ma<br />

consumabile nel tempo. La terza è nell'operazione<br />

concettuale che vede l'oggetto<br />

artistico come una bomba ad<br />

orologeria, la cui violenza (espressiva)<br />

può rimanere in nuce (a riposo, come<br />

un vulcano) nel tempo ed eruttare<br />

tutta ad un tratto nella mente dello<br />

spettatore. Anzi, a volerla <strong>di</strong>r tutta, si<br />

può concepire anche una quarta interpretazione.<br />

Che ha le sue conferme in<br />

atti illegali compiuti durante la produzione<br />

e il consumo dell'opera d'arte.<br />

La tela del signor vattelappesca e il dvd<br />

<strong>di</strong> Barney, scaricato da Internet, rappresentano<br />

le due facce della stessa<br />

medaglia. Sono infatti oggetti <strong>di</strong> rapina<br />

che l'artista pirata combina a suo favore,<br />

in un remixaggio/assemblaggio<br />

totale <strong>di</strong> ciò che si ha a portata <strong>di</strong><br />

mano. Queste soluzioni <strong>di</strong>mostrano<br />

una tendenza nella giovane arte. Che<br />

non mixa più la realtà, componendola a<br />

proprio piacimento, <strong>di</strong>storcendola e<br />

parafrasandola nelle proprie creazioni.<br />

Ma si dà all'utilizzo sfrenato <strong>di</strong> ciò che<br />

è già stato fatto all'interno dell'arte<br />

stessa. Con un atteggiamento, che<br />

non si chiama più rivisitazione, né citazione,<br />

perché Morsiani utilizza Barney<br />

per affezione, ma potrebbe scegliere<br />

per logica chiunque altro. È un'arte che<br />

non polemizza con il passato. Né si dà<br />

all'encomiastica. Né tanto meno ricerca<br />

la tautologia kosuthiana dell'art as<br />

idea as idea. È, bensì, un <strong>di</strong>scorso sul<br />

linguaggio, che si dà per quello che è.<br />

Che spinge ad una lettura delle cose in<br />

profon<strong>di</strong>tà, a scapito delle apparenze.<br />

[santa nastro]<br />

Placentia Arte<br />

Galleria d'arte contemporanea<br />

via scalabrini, 116<br />

Tel 0523 332414<br />

placentia.arte@enjoy.it<br />

Un ultimo giro <strong>di</strong> giostra e via, in<br />

cerca <strong>di</strong> terra e libertà. Su quattro<br />

zampe o su due ruote, fuga dal (o nel)<br />

mondo dei sogni per il fanciullino che,<br />

tra Easy rider e Peter Pan, sta crescendo,<br />

mangiando pane e cinema…<br />

Rosso, torvo, beffardo. Pare intagliato<br />

nel corallo il demoniaco pagliaccio-trapezista<br />

che saluta chi si addentra<br />

nella Neverland <strong>di</strong> Vincenzo Rusciano<br />

(Napoli, 1973). L'ultratrentenne sceglie<br />

giocattoli sovra<strong>di</strong>mensionati per<br />

risolvere - o portare alle estreme conseguenze<br />

- un complesso <strong>di</strong> Peter Pan<br />

cui corrispondono, invece, in<strong>di</strong>zi <strong>di</strong><br />

maturazione stilistica e contenutistica<br />

che rimpolpano il bagaglio tecnico già<br />

evidenziatosi nelle precedenti prove<br />

espositive. Con quella smorfia da<br />

mascherone apotropaico, il clown<br />

pare quasi ammonire ad un "lasciate<br />

ogni speranza, voi ch'entrate", visto<br />

che pure nel Paese dei balocchi qualcuno<br />

s'è stufato della solita vita <strong>di</strong> zucchero<br />

filato e organetti <strong>di</strong> Barberia: i<br />

cavalli <strong>di</strong> terracotta, per l'appunto, che<br />

schizzano da ogni parte dopo aver<br />

sbrindellato la giostra panneggiata a<br />

lutto. Sculture vere, nelle quali emergono<br />

le qualità <strong>di</strong> un artista che ha<br />

messo pratica del <strong>di</strong>segno e ottima<br />

manualità - talenti ormai rari - al servizio<br />

<strong>di</strong> un progetto organico, che si<br />

muove in tutte le <strong>di</strong>mensioni dello spazio<br />

e retrocede <strong>di</strong> qualche passo nel<br />

tempo, a lambire un'infanzia con la<br />

quale c'è ancora qualche conto in<br />

sospeso.<br />

Dai melensi lavori forzati del carosello<br />

meccanico gli equini erompono con<br />

devastante forza centrifuga: ebbrezza<br />

della libertà o panico da <strong>di</strong>smissione?<br />

Affrancamento dalla routine o esplosione<br />

della repressione? Dipende dal<br />

momento in cui viene calato il nero<br />

sipario della fine, attimo cruciale che<br />

decide un'azione comunque eversiva.<br />

Di preciso ci sono soltanto le traiettorie<br />

definite dai quadri, "fotogrammi" pittorici<br />

dell'istante imme<strong>di</strong>atamente precedente<br />

e <strong>di</strong> quello imme<strong>di</strong>atamente<br />

successivo alla fuga, con frecce dello<br />

stesso tono incen<strong>di</strong>ario usato per il<br />

pagliaccio, che qui sporcano appena il<br />

minimalismo del bianco, esteso anche<br />

alle cornici. <strong>Il</strong> vorticoso <strong>di</strong>namismo<br />

della giostra s'arresta <strong>di</strong> colpo nel<br />

modellino oversize della motocicletta,<br />

che dovrebbe, <strong>di</strong> contro, incarnare il<br />

para<strong>di</strong>gma del movimento.<br />

Desiderio <strong>di</strong> tutti i ragazzini, mitica<br />

"cavalcatura" degli easy riders, la dueruote<br />

tutta cromata qui morde il freno,<br />

inscatolata - sogno fra i sogni - in una<br />

confezione tappezzata <strong>di</strong> manifesti<br />

cinematografici. Solo l'immaginazione<br />

galoppa a briglia sciolta: una bella sgasata<br />

e via! L'Isola che non c'è è a portata<br />

<strong>di</strong> mano, come un supplizio <strong>di</strong><br />

Tantalo: pare quasi <strong>di</strong> vederlo, questo<br />

giu<strong>di</strong>zioso bambino <strong>di</strong> tutte le età, mentre,<br />

obbe<strong>di</strong>ente al <strong>di</strong>ktat materno del<br />

"mi raccomando, non romperlo subito",<br />

guarda il balocco con occhi golosi<br />

e criminali. Riuscirà il fanciullino a scendere<br />

dalla propria giostra, balzando in<br />

sella alla voglia d'evasione? Prenderà<br />

la patente <strong>di</strong> maggiorenne o punterà<br />

dritto verso Neverland? Chissà: tra il<br />

<strong>di</strong>re e il fare, c'è <strong>di</strong> mezzo il cellophane…<br />

[anita pepe]<br />

Changing Role - Move Over<br />

Gallery Main Space<br />

via del chiatamone, 26<br />

Tel/Fax 081 19575958<br />

www.changingrole.com<br />

infogallery@changingrole.com<br />

ROMA.<br />

Vedovamazzei<br />

Ritorno alla pittura. <strong>Il</strong> duo napoletano<br />

che lavora da anni sotto lo pseudonimo<br />

<strong>di</strong> Vedovamazzei lascia scultura e<br />

installazione per darsi al pennello. E<br />

sfodera una serie <strong>di</strong> acrilici e oli...<br />

La luce <strong>di</strong><br />

un lampione<br />

per un<br />

attimo<br />

impalla la<br />

visione del<br />

mondo. E<br />

prende il<br />

posto dell'aria.<br />

Ovunque, in<br />

campo<br />

lungo, campo me<strong>di</strong>o e primo piano,<br />

quella luce è il punctum. L'immagine<br />

parla <strong>di</strong> cosa è successo prima e <strong>di</strong><br />

cosa succederà dopo: il quadro rappresenta<br />

una macchina che si sta<br />

schiantando violentemente contro il<br />

muro. È un'operazione molto importante<br />

quella <strong>di</strong> Vedovamazzei<br />

(Simeone Crispino e Stella Scala) che<br />

per la prima volta presenta un ciclo <strong>di</strong><br />

acrilici e oli misti su tela. Ne scaturisce<br />

un lavoro corposo, visionario, ine<strong>di</strong>to.<br />

Un nuovo sta<strong>di</strong>o della pittura<br />

scavalca la fotografia e ruba istantanee<br />

semireali. Con l'apporto <strong>di</strong> un<br />

punto <strong>di</strong> vista confidenziale, in grado<br />

<strong>di</strong> celare milioni <strong>di</strong> illusioni, tra follia e<br />

vita vera. Molto deriva dall'attitu<strong>di</strong>ne<br />

del duo napoletano, impegnato da<br />

tempo nella ricerca del lato oscuro<br />

delle cose, illuminate da brevi lampi.<br />

Perché tutto ciò che accade non ha<br />

mai una sola versione dei fatti, le decisioni<br />

vanno prese, il futuro è ora.<br />

Vedovamazzei fissa un punto <strong>di</strong> non<br />

ritorno, reinventa un nuovo approccio<br />

che non ha leziosità e tantomeno<br />

intarsi. <strong>Il</strong> paesaggio notturno non contiene<br />

effetti speciali. Stabilisce universi<br />

percettivi dove i piani non rispettano<br />

la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> campo e nemmeno<br />

la prospettiva. Non sono cerebrali<br />

né ostici. Non c'è retorica o astrazione.<br />

Qui il livello <strong>di</strong> pittura è competitivo<br />

con la produzione internazionale e le<br />

influenze si ritrovano sfrontate dentro<br />

Guar<strong>di</strong> e Canaletto, ma anche in<br />

Hopper e Peter Doig. <strong>Il</strong> tutto con<strong>di</strong>to<br />

da un intento anticaravaggesco<br />

<strong>di</strong>chiarato. Viene annullata la sacralità<br />

del gesto, viene evitata la stesura<br />

abbondante. Tutto è dosato, lieve,<br />

asciutto e aereo, ineffabile negli intenti<br />

e coerente nei titoli. Anche il ritratto<br />

ha la stessa freschezza <strong>di</strong> uno<br />

scatto, è un colpo <strong>di</strong> luce, un quarto <strong>di</strong><br />

secondo. Vedovamazzei affronta il<br />

tema dell'utopia possibile. I ritratti<br />

sono paesaggi umani, l'idea nasce<br />

dalla volontà <strong>di</strong> portare i nuovi capitalisti<br />

dentro la tela. I protagonisti vestono<br />

la loro regalità in una posa, paiono<br />

in<strong>di</strong>struttibili; sono il mondo che rappresentano,<br />

hanno tutto e sono esattamente<br />

dove vorrebbero essere.<br />

Un sogno viene raccontato da Stella<br />

a Simeone e viceversa. A voce alta<br />

visualizzano ogni fotogramma. In galleria,<br />

anche il film presentato ad<br />

Artesto in Triennale e che ha fatto<br />

faville durante l'Armory Show nello<br />

stand del MAM, sul Pier newyorkese.<br />

Girato con un telefono cellulare<br />

Nokia, racconta la storia <strong>di</strong> un film<br />

che non c'è. In realtà è un'escursione<br />

<strong>di</strong>gitale sul delicato tessuto dell'immagine.<br />

È un'istantanea che soltanto la<br />

pasta <strong>di</strong> un film che sembra pittura<br />

riesce a ottenere. I quadri e le foto sui<br />

giornali vengono ripresi con lo zoom<br />

del telefono portatile. La morfologia<br />

dei luoghi è totalmente lisergica e il<br />

montaggio è un incantamento progressivo.<br />

Reinventato dal nulla non<br />

teme né la verità né l'artificio ed è<br />

sempre complice e doppio. Ellittico e<br />

semplificato.<br />

[raffaella guidobono]<br />

Magazzino D'Arte Moderna<br />

via dei prefetti, 17<br />

Tel 06 6875951<br />

Fax 06 6875951<br />

www.magazzinoartemoderna.it

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