Exibart.onpaper 30 - Il Mattino di Bolzano
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<strong>Exibart</strong>.<strong>onpaper</strong> déjà vu.43<br />
NAPOLI.<br />
Botto&Bruno<br />
A concrete town is coming<br />
A Napoli arriva la Porziuncola <strong>di</strong><br />
Botto & Bruno. La coppia torinese<br />
che canta gli ambienti suburbani.<br />
Un cinema <strong>di</strong> periferia atterra nel<br />
salotto buono della città. Un gioco<br />
<strong>di</strong> scatole cinesi non puramente<br />
estetico...<br />
Gianfranco Botto (Torino, 1963)<br />
e Roberta Bruno (Torino, 1966)<br />
ci hanno abituati alla riproduzione<br />
<strong>di</strong> uno scenario suburbano in un<br />
contesto iper-urbanizzato. E hanno<br />
<strong>di</strong>mostrato coraggio nel ricreare<br />
un pezzo <strong>di</strong> realtà urlante le proprie<br />
contrad<strong>di</strong>zioni, nel nucleo<br />
dove queste contrad<strong>di</strong>zioni si<br />
generano. Ma come fare a portare<br />
un frammento della periferia<br />
torinese in quella piazza dei<br />
Martiri (o dei martìrii), sede <strong>di</strong> illustri<br />
banche, quoti<strong>di</strong>ani ed or<strong>di</strong>ni<br />
professionali, senza generare sgomento?<br />
Ci riescono Botto &<br />
Bruno: la loro poetica è oramai<br />
accettata e - <strong>di</strong> più - ricercata da<br />
collezionisti gran<strong>di</strong> e piccoli, quasi<br />
come se queste immagini <strong>di</strong> periferia<br />
si fossero davvero rigenerate<br />
secondo un principio estetico con<strong>di</strong>viso.<br />
E loro approfittano <strong>di</strong> questa<br />
posizione <strong>di</strong> rilievo nella quale<br />
la critica ed il mercato li hanno<br />
posti, non avendo paura <strong>di</strong> ripetersi,<br />
andandoci giù duro, sperando<br />
che, nella riproposizione ossessiva<br />
del loro messaggio, si possa finalmente<br />
aprire una breccia negli<br />
animi <strong>di</strong> coloro che guardano. I<br />
riferimenti ai fatti delle banlieues<br />
parigine sono <strong>di</strong>retti: fanzine e affiche,<br />
sui muri del ricostruito cinema<br />
Continental, riportano stralci<br />
<strong>di</strong> cronaca dei nefasti acca<strong>di</strong>menti.<br />
<strong>Il</strong> recupero delle fanzine rappresenta<br />
proprio la necessità <strong>di</strong> una<br />
comunicazione alternativa intorno<br />
a questi fatti. Costruire, con i<br />
frammenti <strong>di</strong> giornali, frasi del<br />
tipo: "La 'feccia' / ha rovinato la<br />
festa ad un sistema / politico<br />
chiuso in se stesso". Oppure: "I giovani<br />
delle banlieues / appaiono<br />
come / i <strong>di</strong>scendenti degli schiavi<br />
/ importati con la forza".<br />
Costruire queste frasi significa<br />
smontare i pezzi <strong>di</strong> un'informazione<br />
e riorganizzarli, dando loro un<br />
altro o, forse, il vero senso nascosto<br />
fra le righe.<br />
Non bisogna abituarsi all'estetica<br />
<strong>di</strong> Botto & Bruno, sarebbe come<br />
non leggere più il messaggio che<br />
c'è <strong>di</strong>etro il loro lavoro, come non<br />
vedere che nel video A concrete<br />
town, proiettato nel cinema-<br />
Porziuncola, al centro dell'installazione,<br />
sono i bambini, infine, a riappropriarsi<br />
dell'area <strong>di</strong> parcheggio<br />
appena asfaltata fra fumi infernali.<br />
Sono tanti i bambini che giocano<br />
nei parcheggi <strong>di</strong> asfalto, sono tanti<br />
<strong>di</strong> più rispetto a quelli che giocano<br />
in luoghi ameni. Per fortuna ci<br />
sono Botto&Bruno che non si<br />
stancano <strong>di</strong> raccontarlo.<br />
[giovanna procaccini]<br />
Galleria Alfonso Artiaco<br />
piazza dei martiri,58 (Chiaia)<br />
Tel 081 4976072<br />
Fax 081 19360164<br />
info@alfonsoartiaco.com<br />
www.alfonsoartiaco.com<br />
MILANO. NAPOLI. VENEZIA.<br />
Guido Gui<strong>di</strong> - Bunker Mat Collishaw / Tim Rollins<br />
& k.o.s.<br />
Corrado Sassi - Arca<strong>di</strong>a<br />
L'archeologia militare dell'Atlantikwall<br />
L'antica tecnica dell'arazzo si fonde<br />
nazista. Interpretata da un grande<br />
fotografo italiano. Che la presenta<br />
come un'incre<strong>di</strong>bile architettura del<br />
paesaggio. Un'affascinante meccanismo<br />
per guardare…<br />
I bambini ci guardano. E pensano.<br />
Lavori d'artista sui piccoli paria d'ogni<br />
latitu<strong>di</strong>ne, dall'In<strong>di</strong>a vittoriana alla<br />
giungla metropolitana. Immagini, testi<br />
e musica. Per un incontro <strong>di</strong> intelligenze<br />
sul crinale del Settecento…<br />
con le sperimentazioni optical.<br />
Sassi supera ancora una volta il linguaggio<br />
fotografico e sperimenta<br />
con le tecniche. Arazzi contemporanei<br />
e tassonomie del '700...<br />
Guido Gui<strong>di</strong> (Cesena, 1941), in occasione<br />
della seconda personale nello<br />
spazio <strong>di</strong> Alessandro De March, propone<br />
una serie <strong>di</strong> fotografie dal titolo<br />
Bunker. <strong>Il</strong> nome del progetto si riferisce<br />
alla complessa linea <strong>di</strong> fortificazioni militari<br />
voluta dal Terzo Reich e conosciuta<br />
come Atlantikwall, estesa per oltre seimila<br />
chilometri da Capo Nord ai Pirenei.<br />
Di questo mastodontico confine, politico<br />
oltre che architettonico, Gui<strong>di</strong> ripercorre<br />
alcuni frammenti, raccontando<br />
con le sue immagini cosa rimane della<br />
forte linea <strong>di</strong> demarcazione, e <strong>di</strong> come<br />
una simile architettura, concepita con<br />
l'idea <strong>di</strong> controllo sui confini, si sia progressivamente<br />
trasformata in altro.<br />
Guido Gui<strong>di</strong> è senza dubbio tra i fotografi<br />
che più puntualmente hanno<br />
esplorato i confini del paesaggio contemporaneo<br />
e le sue mutazioni. Anche<br />
in questa occasione, il suo occhio non<br />
si limita però a descrivere queste porzioni<br />
<strong>di</strong> territorio e <strong>di</strong> paesaggio con<br />
fredda intenzione documentaristica. Al<br />
contrario, la serie <strong>di</strong> fotografie <strong>di</strong> piccole<br />
<strong>di</strong>mensioni interpretano e restituiscono<br />
le forme, talvolta bizzarre e<br />
misteriose, degli inse<strong>di</strong>amenti militari.<br />
Quelli che in alcuni scatti sembrano<br />
rigonfiamenti del terreno, o morbide<br />
conformazioni del territorio, nascondono<br />
in realtà l'intenzione <strong>di</strong> mimetizzare<br />
e proteggere queste strutture,<br />
che talvolta emergono e altre volte<br />
appaiono come semplici fessure da<br />
dove guardare senza essere visti.<br />
Alcuni tagli, alcuni accorgimenti architettonici<br />
potrebbero far pensare che<br />
la macchina fotografica abbia ripreso<br />
esempi <strong>di</strong> architettura razionalista<br />
inserita nel paesaggio. La stessa<br />
architettura che qui stranamente<br />
ricorda le opere <strong>di</strong> un architetto su<br />
cui Gui<strong>di</strong> ha lavorato molto: Carlo<br />
Scarpa. E ancora, in altri scatti si ha<br />
persino la sensazione <strong>di</strong> osservare la<br />
documentazione fotografica <strong>di</strong> qualche<br />
land artist che abbia abbandonato,<br />
lungo il vasto territorio, uno straor<strong>di</strong>nario<br />
labirinto <strong>di</strong> calcestruzzo armato<br />
ormai in <strong>di</strong>sfacimento.<br />
In tal senso, Guido Gui<strong>di</strong> riesce a restituire<br />
un puro valore formale ai soggetti:<br />
le sue fotografie, anche se documentano<br />
luoghi così fortemente connotati<br />
<strong>di</strong> valore storico e sociale, sembrano<br />
come arretrare in tali significati, per<br />
ridarsi come nuovi soggetti. L'obiettivo<br />
dell'artista mantiene sempre una<br />
<strong>di</strong>stanza da quelle forme, le riprende,<br />
le asseconda nelle inquadrature, ma<br />
non vuole mai conferire loro un particolare<br />
tono emotivo. Non ci sono<br />
accenti drammatici o malinconici nella<br />
scelta delle illuminazioni o nella scala<br />
cromatica della pellicola.<br />
La figura umana, anche se non completamente<br />
assente, sembra come<br />
<strong>di</strong>ssolversi nell'ambiente, ed i pochi<br />
personaggi che <strong>di</strong> tanto in tanto fanno<br />
capolino tra queste strane archeologie<br />
sembrano presenze completamente<br />
aliene al luogo. Amplificando,<br />
se possibile, il forte senso <strong>di</strong> sospensione<br />
temporale delle immagini.<br />
[riccardo conti]<br />
Galleria Alessandro De March<br />
via rigola, 1 (Isola)<br />
Tel 02 6685580<br />
Fax 02 6685580<br />
demarch@fastwebnet.it<br />
Rimanere in equilibrio tra primo e<br />
secondo piano, gettando nella Storia<br />
uno sguardo strabico. Non è facile, ma<br />
Mat Collishaw (Nottingham, UK,<br />
1966) ci riesce, con gusto e misura.<br />
Poetiche, infatti, le fotografie dello spazio<br />
A, che immortalano bambini assorti<br />
come idoli ve<strong>di</strong>ci, senza viziare l'odore<br />
dell'In<strong>di</strong>a coi miasmi <strong>di</strong> un morboso<br />
terzomon<strong>di</strong>smo. Toni cal<strong>di</strong> irrorano<br />
sguar<strong>di</strong> puri e <strong>di</strong>gnitosi, curando <strong>di</strong> non<br />
sbattere troppo sui vestitucci da poco,<br />
anche perché l'in<strong>di</strong>genza <strong>di</strong> oggi<br />
potrebbe essere figlia dell'opulenza<br />
coloniale <strong>di</strong> ieri, quando i ricchi si circondavano<br />
<strong>di</strong> tappezzerie floreali e<br />
paesaggi vaporosi, qui relegati sugli<br />
sfon<strong>di</strong>. Una Natura da salotto<br />
Chippendale, che se<strong>di</strong>menta nell'elaborata<br />
cornice dello "specchio magico",<br />
dove la colomba illusoriamente<br />
materializzata dal flat screen lascia<br />
lo spettatore alle prese con l'inganno<br />
della riflessione. La patina antiquaria<br />
torna nella videoscultura ispirata a<br />
Bolle <strong>di</strong> sapone, nella quale il più fiammingo<br />
dei <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> Jean Siméon<br />
Char<strong>di</strong>n finisce, un po' ironicamente,<br />
col <strong>di</strong>ventare un dagherrotipo animato<br />
con tanto <strong>di</strong> sommesso cicalino<br />
carillonesco. L'allestimento calibra<br />
armoniosamente le <strong>di</strong>verse proposte<br />
<strong>di</strong> una ricerca che esorta ad una percezione<br />
anticonvenzionale, introducendo<br />
nella memoria stereotipa dell'immagine<br />
l'elemento perturbatore,<br />
senza tralasciare i valori estetici.<br />
Rifiuto degli schemi preor<strong>di</strong>nati e raffinata<br />
eru<strong>di</strong>zione s'intrecciano ancor più<br />
strettamente in Tim Rollins (Maine,<br />
1955), impreziositi e inaspriti dalla<br />
matrice etico-civile e dalle motivazioni<br />
politiche che hanno originato i laboratori<br />
dei k.o.s. (kids of survival), kunstwerke<br />
per ragazzi provenienti dalle<br />
realtà <strong>di</strong>sagiate della "più grande<br />
democrazia del mondo", dove però il<br />
<strong>di</strong>ritto all'istruzione e alla bellezza non è<br />
propriamente uguale per tutti. In queste<br />
falle del Sistema si insinua la fatica<br />
<strong>di</strong> questo "maestro <strong>di</strong> strada" (e <strong>di</strong><br />
vita), mentore <strong>di</strong> una <strong>di</strong>dattica del<br />
riscatto che è, al contempo, <strong>di</strong>scorso<br />
culturale tout-court, e dei più alti. Con<br />
metodo e pazienza, l'eclettico Rollins<br />
guida il gruppo nell'analisi <strong>di</strong> materiali<br />
impegnativi - testi letterari o pagine<br />
musicali - da tradurre in opere d'arte. E<br />
sono le sette note a dettare i quadri<br />
nello spazio B, dove una pulita impaginazione<br />
storica propone un ciclo "<strong>di</strong><br />
repertorio" ispirato al Winterreise<br />
(Viaggio d'inverno) <strong>di</strong> Schubert, in cui<br />
le note del lied progressivamente si<br />
rarefanno in una soffice, can<strong>di</strong>da quiete.<br />
Brillanti e ispirati alle ban<strong>di</strong>ere internazionali,<br />
invece, i colori che interpretano<br />
la Missa in tempore belli <strong>di</strong> Franz<br />
Joseph Haydn, con geometrie memori<br />
del costruttivismo russo che s'affrontano<br />
sui fogli della partitura settecentesca.<br />
Esiti impreve<strong>di</strong>bili, che sconfessano<br />
sia la presunta inclinazione<br />
figurativa adolescenziale, sia un classismo<br />
fautore dell'immobilismo sociale<br />
e, peggio ancora, intellettuale.<br />
Di contro, Tim Rollins e i suoi kids<br />
<strong>di</strong>mostrano che, se proprio l'arte non<br />
salva il mondo, almeno rende liberi.<br />
Di usare la propria testa.<br />
[anita pepe]<br />
Galleria Raucci/Santamaria<br />
corso amedeo <strong>di</strong> savoia, 190<br />
(quartiere Stella-San Carlo Arena)<br />
Tel 081 7443645<br />
Fax 081 7442407<br />
raucciesantamaria@interfree.it<br />
Arca<strong>di</strong>a è il titolo della mostra che<br />
Corrado Sassi (Roma, 1965) ha allestito<br />
presso la veneziana galleria<br />
Traghetto. <strong>Il</strong> titolo richiama un mondo<br />
ormai scomparso, riesumato attraverso<br />
una tecnica che si serve del linguaggio<br />
pittorico e fotografico per sviluppare<br />
un vero e proprio riciclo delle<br />
immagini. Perché se è vero che i soggetti<br />
delle tele si rifanno ad una pittura<br />
prevalentemente settecentesca, la<br />
tecnica non è quella della pittura ad<br />
olio, ma della stampa plotter su pvc,<br />
sulla quale si inseriscono a ricamo<br />
figure geometriche seriali <strong>di</strong> lana <strong>di</strong><br />
vari colori (dettati dalle sfumature cromatiche<br />
del <strong>di</strong>pinto). La serialità dell'elemento<br />
geometrico <strong>di</strong>venta in qualche<br />
modo simmetrica alla serialità<br />
delle immagini riprodotte ed ha come<br />
prodotto finale l'arazzo. Una tecnica,<br />
quella del ricamo, relativamente<br />
nuova per Sassi, che ha una formazione<br />
fotografica e ha spesso lavorato<br />
nel campo della comunicazione.<br />
Esperienze che, come egli stesso<br />
afferma "gli hanno restituito una<br />
<strong>di</strong>mensione sociale", capace <strong>di</strong> intessere<br />
<strong>di</strong>scorsi e allo stesso tempo idee<br />
per nuovi progetti. Infatti il lavoro <strong>di</strong><br />
ricamo su tela nasce insieme ad un<br />
gruppo <strong>di</strong> architetti, vicine <strong>di</strong> casa con<br />
le quali l'artista meto<strong>di</strong>camente si<br />
riuniva per dar corpo alla produzione<br />
degli arazzi. Quasi mimando lo stesso<br />
mondo placido delle scene tipiche<br />
della pittura moderna.<br />
Un quadro che riassume bene questo<br />
spirito arca<strong>di</strong>co è A l'ombre des<br />
jeune filles en fleurs, dove si vedono<br />
tre donne che ricamano, complesso<br />
meccanismo citazionistico che ancora<br />
una volta vuole riba<strong>di</strong>re la serialità<br />
e la ripetizione, sottofondo concettuale<br />
<strong>di</strong> questo lavoro. <strong>Il</strong> risultato è che i<br />
topoi della pittura del Settecento<br />
(paesaggi campestri con rovine del<br />
mondo classico o scene d'interno)<br />
giocano con la trasparenza del pvc e<br />
l'effetto optical dei ricami, conferendo<br />
all'antica pratica dell'arazzo un'interpretazione<br />
contemporanea.<br />
Astratto e figurativo si sovrappongono<br />
in un gioco che inverte le parti,<br />
che restituisce la manualità del ricamo<br />
all'effetto ottico provocato dalle<br />
figure geometriche, e la complessità<br />
del processo <strong>di</strong> lavorazione del pvc al<br />
figurativo delle immagini. Oltre agli<br />
arazzi la mostra comprende una<br />
serie <strong>di</strong> fotografie <strong>di</strong> immagini <strong>di</strong><br />
mammiferi, insetti, pesci e rettili<br />
recuperate da un'enciclope<strong>di</strong>a degli<br />
anni Settanta. Un'operazione provocatoria,<br />
che per certi versi sa <strong>di</strong><br />
"opera d'arte nell'epoca della sua<br />
riproducibilità tecnica", ma soprattutto<br />
un'operazione che ad un primo<br />
impatto sembra contrastare con gli<br />
arazzi arca<strong>di</strong>ci. Ma guardata da una<br />
prospettiva tassonomica restituisce<br />
coerenza allo spirito della mostra.<br />
Non è stato il Settecento il secolo<br />
che ha creato l'enciclope<strong>di</strong>a?<br />
[mariapaola spinelli]<br />
Galleria Traghetto<br />
campo santa maria del giglio<br />
Tel 041 5221188<br />
galleria.traghetto@tin.it<br />
www.galleriatraghetto.it<br />
MILANO.<br />
Jennifer Tee - An Outburst<br />
of Passion in Limbo<br />
Macchine impossibili, tra<strong>di</strong>zioni antiche,<br />
folklore. Dall'Olanda allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
culture tribali <strong>di</strong>menticate, fino alla scoperta<br />
del Pop. A Milano è in mostra il<br />
mondo irreale <strong>di</strong> Jennifer Tee...<br />
Detto tra noi, la rinascita del Pop non<br />
è certo un mistero. Interessante è<br />
osservare, invece, le numerose declinazioni<br />
che esso ha assunto, a seconda<br />
della provenienza geografica e culturale<br />
degli artisti che lo rappresentano.<br />
Leggiadro, basato sull'accumulazione<br />
sfrenata e, talvolta insensata, <strong>di</strong><br />
qualunque materiale a <strong>di</strong>sposizione,<br />
quello americano. Che produce incessantemente,<br />
senza nessun legame<br />
affettivo o ideale con la storia, la realtà,<br />
le tra<strong>di</strong>zioni. Con una tavolozza<br />
kitsch accecante, immagini ironiche,<br />
costruzioni e macchine fantasiose. I<br />
cui meccanismi, ma anche la pretesa<br />
suggestione d'irriverenza, sono fini a<br />
sé stessi. Esistono in virtù del proprio<br />
funzionamento o benessere. Si guardano<br />
bene dal veicolare un messaggio.<br />
Sono esseri in<strong>di</strong>vidualisti e sensuali.<br />
Astorici. Che si attengono al<br />
costume made in Usa della lettura<br />
sinottica degli eventi anteriori.<br />
<strong>Il</strong> fenomeno Pop, traslato nel Vecchio<br />
Mondo, acquista invece ben altra<br />
consistenza. Non riesce a liberarsi,<br />
ad essere puro erotismo, colmandosi<br />
del vuoto definito dalla mistica orientale.<br />
Ma finisce per imbragarsi nella<br />
trama soffocante dei contenuti da <strong>di</strong>ffondere.<br />
Nella necessità <strong>di</strong> giustificare<br />
ogni riferimento utilizzato e rivestito<br />
dello spessore della tra<strong>di</strong>zione e<br />
purtroppo, del <strong>di</strong>fetto del paradosso.<br />
<strong>Il</strong> lavoro <strong>di</strong> Jennifer Tee è inscrivibile<br />
in questo secondo casellario. Trova<br />
delle soluzioni formali felicissime nella<br />
creazione <strong>di</strong> congegni celibi privi <strong>di</strong><br />
un'utilità effettiva. Sculture la cui estetica<br />
mantiene - nonostante si propongano<br />
<strong>di</strong> assumere grazie alla complessità<br />
<strong>di</strong> oggetti in gioco, l'aspetto <strong>di</strong><br />
festival, inteso come miscellanea<br />
scompigliata <strong>di</strong> sensazioni - un certo<br />
grado <strong>di</strong> decoro e compostezza, ben<br />
lontano dalla routine dell'affastellamento<br />
tipicamente statunitense.<br />
L'artista olandese sceglie una<br />
gamma limitata <strong>di</strong> colori che, talvolta,<br />
giunge persino alla bicromia. Utilizza<br />
materiali, tra i più <strong>di</strong>sparati, con<br />
un'attenzione particolare per la ceramica,<br />
protagonista assoluta, ad<br />
esempio, del lampadario Soon an<br />
autre Monde, che dà un tono delicato<br />
e femminile alle strutture che va a<br />
creare. Insinua impulsi luminosi sfarzosi.<br />
Improvvisa collage.<br />
E fin qui tutto bene. Ciò che non convince,<br />
che appare come un sovrappiù<br />
fasti<strong>di</strong>oso, che l'opera cerca quasi <strong>di</strong><br />
scrollarsi <strong>di</strong> dosso, è la montagna <strong>di</strong><br />
riferimenti alle mitologie tribali stu<strong>di</strong>ate<br />
dall'artista durante i suoi numerosi<br />
viaggi. Ritualità lontane, rilette da<br />
occhio occidentale, che in queste<br />
costruzioni impossibili, ci rimettono in<br />
vitalità per assumere le fattezze del<br />
souvenir. E inglobati nel baraccone <strong>di</strong><br />
citazioni incasellate con or<strong>di</strong>ne scrupoloso<br />
nelle strutture della Tee, perdono<br />
la propria forza mistica originaria,<br />
senza aggiungere nulla alla nuova<br />
destinazione, già <strong>di</strong> per sé autonoma.<br />
Diventano lussuria. La stessa tanto<br />
deprecata dall'architetto Adolf Loos<br />
nel suo scritto Ornamento e delitto.<br />
Galleria Klerkx<br />
via massimiano, 25<br />
(Zonaventura)<br />
www.manuelaklerkx.com<br />
[santa nastro]