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Exibart.onpaper 30 - Il Mattino di Bolzano

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42.déjà vu <strong>Exibart</strong>.<strong>onpaper</strong><br />

MILANO.<br />

Beautiful Losers<br />

Una generazione contro. Perdenti <strong>di</strong><br />

fronte alla cultura commerciale, ma<br />

scintillanti <strong>di</strong> creatività. Graffiti, video,<br />

grafica, musica e fotografia. Senza<br />

<strong>di</strong>menticare l'emergente toy culture...<br />

"Anybody want to<br />

lose / everybody<br />

want to win". Su<br />

queste note si<br />

snoda uno dei lavori<br />

video <strong>di</strong> Mark<br />

Gonzales (Untitled, 2004). <strong>Il</strong> cuore<br />

pulsante della mostra Beautiful<br />

Losers sta tutto qui: un'intera generazione<br />

americana "perdente" e "contro",<br />

il suo nuovo modo <strong>di</strong> esprimersi,<br />

il tentativo <strong>di</strong> opporsi alla ragnatela<br />

opprimente del mainstream, che <strong>di</strong>vora<br />

avidamente il mondo della musica,<br />

dello spettacolo, dell'arte. Una generazione<br />

che però non vuole perdere.<br />

La mostra, co-curata da Aaron Rose e<br />

Christian Strike con René de Guzman,<br />

Thom Collins e Matt Distel, documenta<br />

con determinazione gli anni<br />

Novanta - ma non solo -, ampliando la<br />

panoramica <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> certa cultura<br />

underground che, dalla fine degli<br />

anni Settanta e per tutti gli Ottanta si<br />

sviluppa nelle strade, sui muri,<br />

costruendo le fondamenta <strong>di</strong> quella<br />

che è stata poi definita street culture.<br />

La sezione Roots & Influences raccoglie<br />

infatti alcuni lavori <strong>di</strong> Jean-Michel<br />

Basquiat, Futura, Keith Haring,<br />

Andy Warhol e molti altri, con un'ampia<br />

selezione <strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti, stampe, graffiti,<br />

video, musica e fotografia.<br />

Proseguendo lungo un percorso che<br />

costituisce l'unica pecca dell'esposizione,<br />

in quanto <strong>di</strong>fficilmente riconoscibile<br />

tra stanze e corridoi che sembrano<br />

continuamente intersecarsi, si attraversano<br />

strade e periferie che costituiscono<br />

il raggio d'azione dei numerosi artisti<br />

in mostra. I linguaggi utilizzati vanno dal<br />

video alla fotografia, passando per<br />

murales, stickers e grafica quasi pubblicitaria,<br />

come ad esempio nei <strong>di</strong>segni su<br />

vinile <strong>di</strong> Mike Mills (autore della copertina<br />

del <strong>di</strong>sco-colonna sonora dell'omonimo<br />

film The virgin suicides).<br />

L'ironia e una visione <strong>di</strong>sillusa della realtà<br />

sono caratteristiche comuni a molti<br />

degli artisti in mostra. Tra gli altri, spicca<br />

il lavoro Never forgive action (2001-04)<br />

<strong>di</strong> Todd James; tra la grafica e il fumetto.<br />

Un continuo accavallarsi <strong>di</strong> teenager,<br />

irriverenti e smaliziate, più che per le<br />

contorte pose sexy, per le loro affermazioni,<br />

come la pungente "you don't know<br />

my secret / and it's not my pokemon!".<br />

<strong>Il</strong> lavoro <strong>di</strong> Shepard Fairey appare<br />

senza dubbio tra i più calati nella <strong>di</strong>mensione<br />

urbana e periferica: il suo<br />

Manifesto Obey spiega come l'utilizzo <strong>di</strong><br />

centinaia <strong>di</strong> stickers e graffiti, dalla faccia<br />

grassa e lo sguardo fisso, stimolino<br />

la reazione percettiva del citta<strong>di</strong>no<br />

me<strong>di</strong>o, assuefatto da immagini e messaggi<br />

commerciali da rimanere colpito<br />

e infasti<strong>di</strong>to - poiché non ne coglie il<br />

significato - da questa immagine ossessiva<br />

e ricorrente. Sui muri, sui cavalcavia,<br />

all'interno <strong>di</strong> spazi pubblicitari non<br />

ancora occupati: Obey Giant perseguita,<br />

stimola, mette in soggezione. Non è<br />

un caso dunque che per l'artista questa<br />

operazione sia un vero e proprio<br />

esperimento fenomenologico.<br />

Ma nonostante il titolo della mostra li<br />

definisca "magnifici perdenti", è innegabile<br />

che gran parte <strong>di</strong> loro sia oggi<br />

protagonista <strong>di</strong> quello stesso mainstream<br />

a cui originariamente si opponeva:<br />

tavole da skateboard e gadget <strong>di</strong><br />

ogni tipo portano la firma, inconfon<strong>di</strong>bile,<br />

<strong>di</strong> writers e street artists. Molti<br />

dei video esposti sono anche commerciali,<br />

a volte veri e propri spot pubblicitari;<br />

copertine <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi e grafiche<br />

su vinile, giocattoli e scarpe da ginnastica,<br />

dove viene però sempre mantenuta<br />

una grafica e un linguaggio efficace,<br />

duro e stilisticamente coerente.<br />

L'esempio più eclatante <strong>di</strong> questa commistione<br />

è certamente Be@rbrick,<br />

icona della giapponese Me<strong>di</strong>com Toy<br />

Corporation, azienda guida della toy<br />

culture, le cui serie limitate - realizzate<br />

da artisti della street art - sono in<br />

Oriente veri e propri oggetti <strong>di</strong> culto.<br />

Rimane senza dubbio l'impressione<br />

<strong>di</strong> aver visto una mostra per certi<br />

versi epocale, ricca, curiosa e fuori<br />

dal comune, centrata sulla produzione<br />

più contemporanea: una <strong>di</strong>rezione<br />

che La Triennale sembra recentemente<br />

seguire (si pensi alla precedente<br />

The Keith Haring Show), e che<br />

riserverà altre sorprese.<br />

[saramicol viscar<strong>di</strong>]<br />

La Triennale<br />

viale alemagna, 6<br />

Tel 02 724341 - Fax 02 89010693<br />

www.triennale.it<br />

www.beautifullosers.it<br />

catalogo Iconoclast - 39,95 $<br />

TORINO. MONFALCONE (GO). PALERMO.<br />

Sol LeWitt - Mario Merz Painting codes<br />

Daniela Papa<strong>di</strong>a<br />

I co<strong>di</strong>ci della pittura Save My Name<br />

Concettuale contro Arte Povera. A<br />

colpi <strong>di</strong> wall drawings. In un sorprendente<br />

bianco e nero. E <strong>di</strong> igloo trafitti<br />

da aguzzi tavoli. Primo match con l'in<strong>di</strong>menticato<br />

Mario Merz. All'insegna<br />

<strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo tra anime affini…<br />

Faccia a faccia.<br />

Fianco a fianco.<br />

Due Gran<strong>di</strong> Vecchi<br />

dell'arte contemporanea<br />

tornano<br />

ad incrociarsi dopo<br />

poco più <strong>di</strong> vent'anni<br />

dal loro ultimo confronto, consumatosi<br />

alla Galleria Pieroni <strong>di</strong> Roma e commentato<br />

da Tommaso Trini. Ma qualcosa<br />

nel frattempo è cambiato. La morte,<br />

sopraggiunta nel novembre 2003, ha<br />

privato <strong>di</strong> Mario Merz (Milano, 1925)<br />

uomo, ma non della sua potenza <strong>di</strong> artista.<br />

Dell'infaticabile demiurgo <strong>di</strong> flussi<br />

energetici, da condensare all'interno <strong>di</strong><br />

un contenitore tanto capace come<br />

quello dell'Arte Povera. Dove la sua<br />

aura ha avuto modo <strong>di</strong> sprigionarsi a<br />

dovere, a partire dalla fondamentale<br />

esposizione bernese del 1969, When<br />

attitudes become form, curata da<br />

Harald Szeeman. Teatro del fatale<br />

incontro con quel Sol LeWitt<br />

(Hartford, Connecticut, Usa, 1928),<br />

co<strong>di</strong>ficatore nel 1967 del Concettuale<br />

con i suoi Paragraphs on Conceptual<br />

Art, oggi protagonista <strong>di</strong> questo primo<br />

interfacciarsi con le opere <strong>di</strong> Merz,<br />

proprio nella sua casa.<br />

Un confronto prima <strong>di</strong> tutto tra due<br />

amici <strong>di</strong> vecchia data, nonché un<br />

primo gra<strong>di</strong>no sulla scala degli obiettivi<br />

della Fondazione, voluta dall'artista<br />

stesso e dalla figlia Beatrice, per<br />

conservare il Fondo Merz ed esporne<br />

la collezione permanente a rotazione,<br />

ma anche per aprirsi al <strong>di</strong>alogo<br />

con altre visioni artistiche.<br />

LeWitt presenta due wall drawings, <strong>di</strong><br />

cui uno storico e uno completamente<br />

ex novo, realizzati da giovani e volenterosi<br />

esecutori della partitura visiva, pensata<br />

a priori dal Maestro. Con la supervisione<br />

<strong>di</strong> due tra i suoi <strong>di</strong>eci assistenti<br />

ufficiali - un giapponese e un olandese -<br />

sparsi per il mondo in attesa <strong>di</strong> concretizzarne<br />

l'Idea. Quello risalente al 1971<br />

(Wall Drawing 111) si presenta in una<br />

posizione un po' defilata, quasi negli<br />

interstizi del can<strong>di</strong>do loft, sacrificando<br />

un po' la veduta d'insieme del crescente<br />

intensificarsi <strong>di</strong> linee rette.<br />

Che, intersecandosi in maniera sempre<br />

più decisa, sembrano <strong>di</strong>namicamente<br />

ruotare in <strong>di</strong>rezione del<br />

Coccodrillo Fibonacci (1989), posto<br />

sulla parete a fianco. Una Serie - quella<br />

numerica - alla quale quest'opera <strong>di</strong><br />

LeWitt si ispira <strong>di</strong>rettamente. A perenne<br />

ricordo <strong>di</strong> un magnifico viaggio in<br />

Italia, intrapreso in compagnia <strong>di</strong><br />

Mario, Marisa e Beatrice negli anni<br />

Settanta. E in omaggio alla merziana<br />

intuizione <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> un costante<br />

<strong>di</strong>venire, <strong>di</strong> un "<strong>di</strong>segno" sotteso al proliferare<br />

<strong>di</strong> forme organiche.<br />

L'altro lavoro (Wall Drawing 1203,<br />

2006) riprende il cromatismo del bianco<br />

e nero, esasperandone i toni attraverso<br />

un armonioso originarsi <strong>di</strong> pieni e<br />

vuoti a seconda dell'incidenza luminosa.<br />

<strong>Il</strong> tutto a partire da equilibrate combinazioni<br />

<strong>di</strong> curve, <strong>di</strong>stribuite lungo l'intera<br />

superficie. Nuovamente a confronto<br />

con un'installazione <strong>di</strong> Merz, mai più<br />

esposta per intero dal momento della<br />

sua ideazione a Berlino nel 1974. Si<br />

tratta <strong>di</strong> Auf dem tisch…, nella quale si<br />

vedono i suoi moduli ricorrenti, il tavolo<br />

(triangolare) e l'igloo (<strong>di</strong> vetri rotti), compenetrarsi<br />

perfettamente. Ecco pertanto<br />

compiersi la seconda parte del<br />

progetto caro alla Fondazione: un<br />

nuovo allestimento <strong>di</strong> lavori dell'artista<br />

poverista, a parziale rinnovo <strong>di</strong> quelli già<br />

in mostra da un anno a questa parte.<br />

Una mostra in progress, che il 28 aprile<br />

si doterà <strong>di</strong> circa quaranta libri d'artista<br />

- <strong>di</strong> Merz e dell'amico LeWitt - consultabili<br />

dai visitatori. Cavalcando così<br />

l'onda delle numerosissime iniziative<br />

che dal 23 aprile per un anno esatto si<br />

susseguiranno a celebrare una Torino<br />

Caput Mun<strong>di</strong> (del Libro), insieme a<br />

Roma.<br />

[clau<strong>di</strong>a giraud]<br />

Fondazione Merz<br />

fino al 24 settembre 2006<br />

via limone, 24 (zona borgo san paolo)<br />

da mar. a dom. dalle 11.00 alle 19.00<br />

Tel 011 19719437<br />

www.fondazionemerz.org<br />

info@fondazionemerz.org<br />

Ha ancora senso parlare <strong>di</strong> generi in<br />

pittura? Valgono per i giovani che<br />

usano il pennello le categorie accademiche<br />

come ritratto, nudo, natura<br />

morta, paesaggio, soggetto sacro e<br />

storico? Sembrerebbe <strong>di</strong> sì…<br />

Usiamo con una<br />

certa frequenza la<br />

<strong>di</strong>cotomia tra pittura<br />

aniconica<br />

(astratta) e figurativa,<br />

basata - per<br />

<strong>di</strong>rla rozzamente -<br />

sulla corrispondenza tra soggetto pittorico<br />

e realtà. Ma si tratta <strong>di</strong> una <strong>di</strong>visione<br />

sorpassata. Infatti, come si legge nel<br />

saggio introduttivo, anche a quella che<br />

convenzionalmente definiamo come<br />

figurativa "non è più demandata una<br />

funzione <strong>di</strong> mimesi del reale […] e risponde<br />

a dei parametri puramente estetici.<br />

In tal prospettiva la pittura riflette sul<br />

suo mettere in evidenza il <strong>di</strong>spositivo, il<br />

meccanismo della rappresentazione,<br />

della finzione dell'arte". La creatività<br />

sembra più basata sulla presenza <strong>di</strong> un<br />

sistema <strong>di</strong> morfemi in<strong>di</strong>viduali, essendosi<br />

attuato uno spostamento dal meccanismo<br />

<strong>di</strong> imitazione/rappresentazione<br />

a pura ricerca linguistica.<br />

La mostra parte dall'assunto che<br />

"assumere una serie <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate<br />

prestabilite offra all'artista maggiore<br />

libertà <strong>di</strong> espressione" e passa in<br />

rassegna vari esempi <strong>di</strong> pittura iconica<br />

in cui il genere è presente, talvolta<br />

evidente, talvolta mascherato, molto<br />

spesso in coabitazione.<br />

Veniamo accolti da un fantasioso<br />

paesaggio manga <strong>di</strong> Chiho Aoshima<br />

cui è contrapposta una natura morta<br />

<strong>di</strong> Alisa Margolis, decisamente opulente.<br />

Molto belli i due ritratti femminili<br />

<strong>di</strong> Elke Krystufek, come quello a<br />

quattro mani <strong>di</strong> Muntean &<br />

Rosenblum, in cui la mancata interazione<br />

dei soggetti sembra prendersi<br />

gioco dell'osservatore, costretto a<br />

leggere la frase scritta alla base.<br />

La Pianura padana <strong>di</strong> Verne<br />

Dawson, carica <strong>di</strong> citazioni tra paesaggi<br />

rinascimentali e le visioni dall'alto<br />

<strong>di</strong> Escher, fa pendant con<br />

L'ermafro<strong>di</strong>ta con cosce carnose ma<br />

testa maschile <strong>di</strong> Marta dell'Angelo.<br />

Qui comincia a sorgere il dubbio che<br />

forse sarebbe stato meglio sud<strong>di</strong>videre<br />

le opere per stanze in base alle<br />

categorizzazioni <strong>di</strong> genere, come il<br />

titolo della mostra (che pure è una<br />

esposizione a tesi, merce rara oramai)<br />

suggerisce. Non si sarebbe peccato<br />

<strong>di</strong> pedanteria tassonomica né <strong>di</strong><br />

manicheismo, visto che spesso tanti<br />

lavori sono transgender. Ed in più in<br />

questo modo si sarebbero apprezzate<br />

le <strong>di</strong>fferenti declinazioni in<strong>di</strong>viduali<br />

della stessa categoria compositiva.<br />

Nel successivo spazio espositivo (essenziale<br />

ed efficace grazie alla parcellizzazione<br />

attuata con dei nastri bianchi su cui<br />

sono collocati i quadri che sono fissati<br />

sul soffitto), l'attenzione va subito ai lavori<br />

<strong>di</strong> Fulvio Di Piazza, dominati da uno<br />

spiccato vitalismo cromatico vegetale, e<br />

alle tele <strong>di</strong> Andrea Mastrovito, tra cui il<br />

raffinato Non ti <strong>di</strong>re che ti amo a forte<br />

tinte hippy e dall'aura quasi magica.<br />

Non poteva mancare la Cina, <strong>di</strong> cui si fa<br />

nota il pur facile China portrait n.66 <strong>di</strong><br />

Feng Zhengjie. Una lancia va spezzata<br />

per Chantal Joffe, capace <strong>di</strong> caricare <strong>di</strong><br />

erotismo la non tanto raccomandabile<br />

donna in costume rappresentata.<br />

Anche Japan Flag <strong>di</strong> Maurizio<br />

Cannavacciuolo ritrae una situazione<br />

erotica con un uomo a carponi (forse<br />

una porzione <strong>di</strong> xilografia erotica giapponese)<br />

da cui emerge il vessillo del sol<br />

levante, nascosto da più livelli <strong>di</strong> immagine<br />

che costruiscono una solita <strong>di</strong> ipertesto.<br />

Tanto per ricordarci come oggi, con<br />

parole - e co<strong>di</strong>ci - antichi, si possano<br />

ancora scrivere versi moderni.<br />

[daniele capra]<br />

Galleria Comunale d'Arte<br />

Contemporanea<br />

a cura <strong>di</strong> Andrea Bruciati,<br />

Alessandra Galasso<br />

via S.Francesco, 13<br />

da mar. a ven. 16.00 - 19.00<br />

sab. e fest. 10.00 - 13.00 e 16.00 - 19.00<br />

ingresso libero<br />

Tel 0481 494369<br />

Fax 0432 494352<br />

galleria@comune.monfalcone.go.it<br />

www.comune.monfalcone.go.it/galleria<br />

Pittura, fotografia e video. Un percorso<br />

tematico. Quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong><br />

carriera alle spalle. Suggestioni<br />

tardo-cinquecentesche per i rituali<br />

d'arte <strong>di</strong> Daniela Papa<strong>di</strong>a. Figure<br />

che galleggiano senza gravità...<br />

L'utilizzo<br />

della fotografia<br />

è il<br />

tratto <strong>di</strong> più<br />

imme<strong>di</strong>ata<br />

<strong>di</strong>stinzione<br />

dei lavori <strong>di</strong><br />

Daniela<br />

Papa<strong>di</strong>a:<br />

tutti oli su<br />

tela realizzati<br />

fra i primi<br />

anni '90 e il<br />

2006, in cui il taglio della composizione<br />

è dato dai tempi meccanici <strong>di</strong><br />

una ripresa spinta ai limiti <strong>di</strong> un<br />

iperrealismo pittorico.<br />

L'opera dell'artista siciliana si articola<br />

all'interno <strong>di</strong> complessi cicli<br />

figurativi: dall'indagine sulle masse<br />

umane in movimento, colte in luoghi<br />

<strong>di</strong> inconsapevole comunione - la<br />

strada, il lavoro, il gioco, la preghiera<br />

- alle figure sospese come angeli<br />

in volo sulle teste delle stesse<br />

folle (Sospesi; Meteoros, 2002).<br />

Spesso inquadrate dall'alto e<br />

costrette entro prospettive deliranti,<br />

le icone <strong>di</strong> Papa<strong>di</strong>a citano a<br />

piene mani la pittura manierista,<br />

riletta con gli occhi dei giorni<br />

nostri. Le sue figure galleggiano in<br />

uno spazio senza gravità; svuotate<br />

<strong>di</strong> peso, anelano ad una libertà<br />

dalla materia, che si pone alla<br />

ricerca <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stanza dalle cose<br />

del mondo, come conquista <strong>di</strong> una<br />

rinnovata esistenza.<br />

<strong>Il</strong> ciclo Inside Me (2005) recupera<br />

suggestioni bibliche, mitologiche e<br />

barocche, e si concentra esclusivamente<br />

sulla rappresentazione <strong>di</strong><br />

una donna incinta attraversata da<br />

una "freccia": corpi nu<strong>di</strong> su cui<br />

sono proiettate immagini in trasparenza,<br />

come tatuaggi su una pelle<br />

affogata in riverberi <strong>di</strong> fuoco, sangue<br />

e acqua. La pittura della siciliana<br />

acquista allora toni cal<strong>di</strong>, sensuali,<br />

in un erotismo della visione<br />

più suggerito che non esplicitato.<br />

L'immagine <strong>di</strong>viene simbolo dell'umanità<br />

intera e si fonde con l'intimità<br />

<strong>di</strong> un unico corpo generante,<br />

icona universale della ri-nascita,<br />

della sofferenza, dell'evoluzione e<br />

dell'unione tra <strong>di</strong>mensione soggettiva<br />

e collettiva.<br />

Save my name è il titolo dell'ultimo<br />

ciclo <strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti realizzati dalla<br />

Papa<strong>di</strong>a. Ancora una volta è l'ispirazione<br />

<strong>di</strong> un esotismo à la page a<br />

caratterizzare le ambientazioni<br />

delle tele che, tra misticismo e<br />

analisi antropologica, affrontano il<br />

tema dell'emigrazione. <strong>Il</strong> deserto è<br />

il teatro della messa in scena,<br />

luogo <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni e <strong>di</strong> ambiguità,<br />

terra <strong>di</strong> eso<strong>di</strong> <strong>di</strong> massa e <strong>di</strong><br />

attraversamenti per la libertà.<br />

Al ciclo Sospesi appartiene anche<br />

uno dei video in mostra - Sospesi<br />

(2002) - cui si aggiungono altri tre<br />

lavori video - Acqua, Fuoco,<br />

Sangue, 2004 -2005 - che anticipano<br />

l'iconografia <strong>di</strong> Inside Me, catturando<br />

il momento della penetrazione<br />

<strong>di</strong> una freccia nel ventre gravido<br />

della donna, mentre fiamme o<br />

flutti d'acqua fanno da sfondo simbolico<br />

e scenografico all'azione.<br />

[clau<strong>di</strong>a <strong>di</strong> domenico]<br />

MILANO.<br />

Tom Sachs<br />

Con un invi<strong>di</strong>abile senso dello humour,<br />

l'autore del Prada Deathcamp realizza<br />

una personale proprio nello spazio milanese<br />

<strong>di</strong> Miuccia. Con una balena azzurra,<br />

una torre <strong>di</strong> controllo copiata da una<br />

portaerei e una macchina della polizia...<br />

La personale <strong>di</strong><br />

Tom Sachs (New<br />

York, 1966) alla<br />

Fondazione Prada<br />

costituisce indubbiamente<br />

uno fra<br />

gli eventi <strong>di</strong> maggior<br />

richiamo nella<br />

settimana milanese<br />

del Salone del Mobile, almeno per<br />

coloro che sono giunti in città per<br />

de<strong>di</strong>carsi non esclusivamente al<br />

design. L'imponente open space <strong>di</strong> via<br />

Fogazzaro, un chilometro e mezzo<br />

quadrato, torna finalmente a mostrare<br />

tutta la sua ampiezza dopo l'allestimento<br />

letteralmente oscuro della<br />

personale <strong>di</strong> Steve McQueen.<br />

Tuttavia, la luminosità dell'ambiente<br />

non scalfisce per nulla la tensione che<br />

traspira dalle opere del caustico statunitense.<br />

In maniera meno scoperta <strong>di</strong><br />

quanto avesse fatto nel medesimo spazio<br />

Andreas Slominski nel 2003, che<br />

<strong>di</strong>sseminò il terreno <strong>di</strong> trappole, Sachs<br />

permette al visitatore <strong>di</strong> deambulare<br />

tranquillamente fra le opere, senza<br />

un'ansia preventiva. Ma è sufficiente<br />

qualche secondo per rendersi conto<br />

che la maggior parte dei lavori presentati<br />

hanno una traccia comune, non<br />

esattamente i<strong>di</strong>lliaca. Come sempre,<br />

l'artista <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> non gra<strong>di</strong>re<br />

quell'America leader nelle spese militari<br />

e negli attacchi preventivi, nella manìa<br />

securitaria e nel culto delle armi.<br />

I tre giganteschi lavori datati 2006 e<br />

realizzati appositamente per la mostra,<br />

almeno per due terzi rientrano in quest'ambito<br />

<strong>di</strong> riflessione. Untitled (1989<br />

Chevy Caprice) è una stilosa berlina<br />

appartenuta alla polizia, sulla quale l'artista<br />

è intervenuto in maniera soft, con<br />

steacker, forse piccole ammaccature,<br />

e soprattutto strumenti per lo scasso.<br />

Negli States le macchine delle forze dell'or<strong>di</strong>ne<br />

vengono perio<strong>di</strong>camente rivendute<br />

ai contribuenti - ricordate l'auto dei<br />

Blues Brothers? -, ma la prospettiva <strong>di</strong><br />

un doppio impiego dei proprietari originali<br />

non pare scartata a priori. Un salto<br />

<strong>di</strong> scala - da 1:1 a 1:7 - conduce alla<br />

riproduzione a prima vista maniacalmente<br />

fedele della "torretta" <strong>di</strong> controllo<br />

<strong>di</strong> una portaerei nucleare militare.<br />

The Island però reca su <strong>di</strong> sé e al suo<br />

interno, ancora una volta, i segni più o<br />

meno <strong>di</strong>screti <strong>di</strong> una rilettura critica e<br />

<strong>di</strong> aperture <strong>di</strong> senso inattese. Se telecamere<br />

e radar funzionano perfettamente,<br />

non cre<strong>di</strong>amo rientrino negli<br />

optional dell'esercito le forniture <strong>di</strong><br />

Jack Daniel's e Marlboro, collocate in<br />

una vetrina all'interno dell'"isola".<br />

Infine si torna alla scala 1:1 col lavoro<br />

più imponente, Balænoptera<br />

Musculus, ricostruzione <strong>di</strong> un cetaceo<br />

nemmeno adulto che misura la<br />

bellezza <strong>di</strong> <strong>di</strong>ciotto metri <strong>di</strong> lunghezza.<br />

In questo caso, Sachs si <strong>di</strong>letta con<br />

un suo materiale d'elezione, il poliplatt,<br />

insieme al cartone e alla schiuma<br />

<strong>di</strong> poliuretano, per dar vita a un'opera<br />

la cui realizzazione pare abbia<br />

richiesto un lavoro <strong>di</strong> quattro mesi.<br />

Tutta l'ansia che può scaturire da un<br />

certo way of life americano si <strong>di</strong>spiega<br />

però anche e soprattutto nelle opere<br />

meno eclatanti. I fucili (1994-2004)<br />

autocostruiti con materiali <strong>di</strong> scarto<br />

ma perfettamente letali, le teche<br />

zeppe <strong>di</strong> asce, punteruoli, mazze,<br />

bastoni e via <strong>di</strong>cendo, con titoli rassicuranti<br />

come Untitled (Police) (1996). Se<br />

a questo punto si desiderasse riposare<br />

qualche minuto, non c'è che da<br />

accomodarsi nella Delinquency<br />

Chamber (2004). Ermeticamente al<br />

riparo dai "pericoli esterni", si potrà<br />

fumare, bere e assassinare qualche<br />

essere umano con un videogioco che<br />

fece scalpore al momento della commercializzazione,<br />

Grand Theft Auto.<br />

[marco enrico giacomelli]<br />

Spazio Urbano Design<br />

Fondazione Prada<br />

fino al 15 giugno 2006<br />

a cura <strong>di</strong> Germano Celant<br />

Palazzo Ziino, via Dante, 53<br />

Via Antonio Fogazzaro, 36<br />

a cura <strong>di</strong> Amnon Barzel<br />

dal martedì alla domenica 10.00 - 20.00<br />

Tel/Fax 091 517105<br />

ingresso libero<br />

Tel 091 7407631<br />

Tel 02 54670515 Fax 02 52670258<br />

www.spaziourbanodesign.it<br />

info@fondazioneprada.org<br />

spaziourbanodesign@libero.it www.fondazioneprada.org<br />

catalogo Skira <strong>30</strong>,00 euro<br />

Catalogo Fondazione Prada

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