Exibart.onpaper 30 - Il Mattino di Bolzano

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12.02.2013 Views

32.approfondimenti Exibart.onpaper RECENSITEMI O TACETE Il mondo della cultura italiano è parso d'un tratto risvegliarsi, scosso dal ciclone del "caso Baricco". Sul banco degli imputati la critica letteraria, che invece di stroncare viene stroncata. Ma in causa ci finisce la critica tout court. Perché anche quella d'arte… ��A leggere temi ed argomentazioni in discussione, pare impossibile che nel mondo dell'arte non siano fischiate le orecchie a qualcuno. Su Exibart.onpaper #29 Achille Bonito Oliva scrive che "la critica più giovane non chiede più di teorizzare, ma si lascia teorizzare dall'arte" e lamenta una certa inerzia e mancanza di tempra che ostacolano l'emersione di critici incisivi. Di fatto la critica, da poco meno di vent'anni, sembra essere stata rimossa. Dapprima annacquata nella preservazione di rendite culturali, quindi disciolta nell'acido del conflitto d'interessi, infine cancellata dalla pervasività del curatore. Ripudiata dalle poli- “ L'arte è l'esempio macroscopico di una crisi generalizzata della critica, in tutti i settori tiche editoriali delle riviste specializzate, collusa con un mercato sempre più centripeto, rifiutata dall'egocentrismo degli artisti, fieri fustigatori del sistema solo fintanto che questi non li accolga tra le sue braccia, è finita relegata a far apologia dei grandi eventi nazionalpopolari sui settimanali o, al massimo, a celebrare, corroborare, accreditare giudizi già espressi dal collezionismo. Ma ripercorriamo il casus belli. Il primo marzo scorso, lo scrittore Alessandro Baricco lancia il suo j'accuse sulle pagine de La Repubblica. Ce l'ha con la critica, segnatamente con i santoni Pietro Citati e Giulio Ferroni, colpevoli di non fare correttamente il loro mestiere perché, invece di recensire le sue opere, le liquidano con due battutine trasversali ed ironiche, piazzate in articoli che non c'entrano niente con lui. Lo scrittore si appella al proprio successo di mercato, al diritto acquisito alla cassa delle librerie. Rivendica attenzione, anche se ciò significasse una stroncatura. Il pretesto apre una riflessione sulla critica d'oggi, dominata da "mandarini della cultura" che si sottraggono sistematicamente al confronto aperto. E se la critica, conclude Baricco, s'accontenta di suscitare facili applausi d'avanspettacolo, "recensitemi o tacete". Toccata nel vivo, segretamente lusingata di tornare protagonista, lei, la critica, reagi- sce. E il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari finisce per ospitare "La rivolta dei critici". Giulio Ferroni recita un personale de profundis: le parole dei critici non contano più nulla, le scelte culturali sono affidate a soggetti trasversali, con maggiore appeal mediatico. Simonetta Fiori dice che quello di Baricco è il rimpianto di un genere perduto, spazzato via dalla moderna industria culturale, per la quale il rapido consumo prevale sul giudizio estetico. Per Alfonso Berardinelli invece, l'esistenza stessa della critica si misura sulla qualità dei suoi giudizi negativi. La critica o si fa sul serio o non la si fa affatto. Non è d'accordo Emanuele Trevi, per il quale compito del critico è informare, e non è vero che nella stroncatura dia il meglio di sé. Alberto Asor Rosa si toglie dalla Alessandro Baricco polemica e ricapitola. Vari sono i motivi per cui oggi si critica meno: è venuto meno il conflitto tra tendenze critiche e c'è minore tensione polemica. La figura del critico è scomparsa, diluita in professioni più o meno complementari. Un colpo al cerchio, un colpo alla botte, Rosa non ritiene che il successo di mercato sia garanzia di qualità ma ammette che le battute spacciate per critiche sono inutili manifestazioni di disprezzo. Con Baricco si schierano Nico Orengo e Mario Lavagetto, l'autore del recente "Eutanasia della critica", che richiama la suddetta a fare il suo mestiere e poi, lucidamente, annota: ma, in fondo, quanti lettori raggiunge veramente la critica? Carla Benedetti, che in tempi non sospetti denunciava "Il tradi- mento dei critici", se la prende con le politiche culturali schizofreniche, che da un lato esaltano ciò che vende, dall'altro ospitano sfoghi snobistici e demagogici contro la mercificazione della cultura. La dicotomia, secondo la Benedetti, è tra una letteratura surgelata, incrostata di vecchiume e le marchette ad editori ed a grandi macchine pubblicitarie. Incalzato da Antonio Monda, Robert Silvers, direttore della New York review of books, celebra la superiorità della critica made in USA, dove è prassi, per il recensore, non frequentare il recensito per coltivare distacco e qualità. Alza il tiro Edmondo Berselli. Secondo lui quello di Baricco è un intervento premoderno e fa pensare che nell'editoria esistano sacerdoti e santuari, come accadeva una volta. Il mercato ha scalzato le fedi precedenti, le categorie, le concezioni sacrali, ed è in balia di tutti, dai trendsetter alle tv trash, e chi più ne ha più ne metta. Non esistono più depositi sapienziali, riserve culturali, tradizioni sconosciute da rivelare, dice Gian Arturo Ferrari (numero uno di Mondadori), il mercato è democratico. Si cerca il prodotto vero, senza infingimenti. Nell'ipermercato privo di codici riconoscibili, dell'offerta desacralizzata, il potere della critica, quando ancora resiste, è parareligioso e residuale. Ora, se è pur vero che la critica d'arte ha confini ben più labili di quella letteraria che vanno, più o meno, dall'articolista impegnato a rimasticare comunicati stam-

Exibart.onpaper pa e lanci di agenzie, fino al curatore di mostre ingaggiato da gallerie e musei per occuparsi della programmazione culturale, dalla scelta degli artisti alla progettazione teorica, dagli allestimenti al fundraising, è anche vero che si registra una preoccupante latitanza del dibattito intellettuale. Ma l'arte è l'esempio macroscopico di una crisi generalizzata della critica, in tutti i setto- ri. E il sospetto è che essa costituisca solo un effetto collaterale del vero nodo della questione, che attiene ai prodotti culturali ed il loro consumo. Nella tensione tra ipotetici opposti, è salito il livello del pubblico o è sceso quello della cultura? Una cultura di basso livello ha connotati volgarizzati, semplificati, spettacolarizzati, si adegua ad un gusto imperante. In un contesto che rilancia al ribasso, tra un pubblico bulimico incapace di scelte consapevoli e prodotti culturali sopra: Francesco Bonami a sinistra: Jerry Saltz facilmente digeribili, della critica si può fare a meno. Negli USA il dibattito sulla crisi della critica d'arte è stato molto sentito. Il reazionario Jerry Saltz del Village Voice, tra i critici più intransigenti e indipendenti, ha difeso fieramente il suo ruolo contro i nuovi equilibri del sistema dell'arte, che negano il diritto del giudizio. "È come vietare ai cuochi di cucinare", dice; e rincara la dose accusando l'intera macchina del mercato di aver neutralizzato il dibattito; c'è un finto entusiasmo generalizzato che pervade tutti gli attori del “ Baricco se l'è presa con una certa superficialità della critica odierna, il cui linguaggio e stile sembrano però scelte di sopravvivenza sistema. Leggendo le critiche del nostro tempo le generazioni future penseranno che siamo stati un popolo di entusiasti ed euforici. Su Art in America, Raphael Rubinstein tre anni fa dava conto di un'indagine della Columbia University, condotta su un campione di centosessantanove critici di estrazione diversa, dalla quale emergeva la tendenza ad un mutamento di ruolo: da una posizione attinente al giudizio di valore ad una di natura didattica, finalizzata ad istruire il pubblico impreparato. Lo storico dell'arte Maurice Berger, nel '98 imputava la delegittimazione della critica all'importanza assunta dai localismi culturali, alla sparizione dei confini tra alta e bassa cultura, alla diversità geografica ed etnica dei pubblici e delle culture nel contesto del nuovo turismo globale. Un altro storico, Benjamin Buchloh, nel 2002 ha osservato che il critico è disarmato al cospetto della centralità assunta da altre figure come il curatore o il collezionista. Una concezione che si ritrova nella nota "Dittatura dello spettatore", quando Francesco Bonami decise di affidare alle scelte di pubblico e curatori la sua edizione della Biennale di Venezia. Quand'era direttore del Whitney Museum di New York City, Maxwell L. Anderson affermava di non temere il giudizio della critica, giacché le nuove forme di pubblicità, i piani di comunicazione e gli investimenti nel marketing, consentono ai musei di bypassare la critica rivolgendosi direttamente ai loro target di riferimento. Vien da chiedersi a quali risultati porterebbe un'analisi profonda del ciclo di vita dell'opera d'arte nel nostro tempo. Ma intanto, dice il critico Dave Hickey, i critici finiscono per parlarsi addosso, e spettano ai curatori i veri giudizi, cioè le scelte. Loro decidono cosa vediamo, il critico al massimo se ne vale la pena. Eppure spostare l'obiettivo dal giudizio alle scelte è pericoloso, perché a questa stregua l'atto critico primario finisce in capo al mercato, al gallerista che sceglie approfondimenti.33 gli artisti da promuovere e al collezionista che sceglie chi comprare. La domanda finale da porsi è se la critica abbia ancora un senso. E semmai stabilirne i confini. Quanto alla prima, il caso Baricco ha già risposto. Lo scrittore altro non ha fatto che criticare la critica e, così facendo, ne ha dichiarato la necessità. Baricco se l'è presa con una certa superficialità della critica odierna, il cui linguaggio e stile sembrano però scelte di sopravvivenza. Nella comunicazione contemporanea la polemica dura ha preso il posto della discussione, la battuta quello della teoria. Il nemico va annientato con il dileggio. L'appello è semplice: chi adotta la critica analitica e argomentata che chiede Baricco? Detto questo, un po' di autocritica è giusto che la critica la faccia. Emarginata in una sorta di limbo, isolata rispetto alla filiera del mercato, essa appare come una di quelle specie in via di estinzione alla quale talvolta si concede la ribalta. Ma questo gap potrebbe diventare la carta della riscossa. La critica è oggi un lusso intellettuale per una periferia culturale; non potendo dettare il gusto, si muove in zone interstiziali; con indole quasi terroristica le capita di utilizzare l'arma dello strale effimero. Il suo è un hackeraggio che, insinuando il virus del dubbio, tiene desta l'attenzione. Un'azione di disturbo, contro un diffuso sopore intellettuale, indirizzata a stimolare l'esercizio consapevole ed autonomo del giudizio. Che non è poco. � [alfredo sigolo]

32.approfon<strong>di</strong>menti <strong>Exibart</strong>.<strong>onpaper</strong><br />

RECENSITEMI O TACETE<br />

<strong>Il</strong> mondo della cultura italiano è parso d'un tratto risvegliarsi, scosso dal ciclone del "caso Baricco".<br />

Sul banco degli imputati la critica letteraria, che invece <strong>di</strong> stroncare viene stroncata. Ma in causa ci finisce<br />

la critica tout court. Perché anche quella d'arte…<br />

��A leggere temi ed argomentazioni<br />

in <strong>di</strong>scussione, pare<br />

impossibile che nel mondo dell'arte<br />

non siano fischiate le orecchie<br />

a qualcuno. Su <strong>Exibart</strong>.<strong>onpaper</strong><br />

#29 Achille Bonito Oliva<br />

scrive che "la critica più giovane<br />

non chiede più <strong>di</strong> teorizzare, ma<br />

si lascia teorizzare dall'arte" e<br />

lamenta una certa inerzia e mancanza<br />

<strong>di</strong> tempra che ostacolano<br />

l'emersione <strong>di</strong> critici incisivi.<br />

Di fatto la critica, da poco meno<br />

<strong>di</strong> vent'anni, sembra essere<br />

stata rimossa. Dapprima annacquata<br />

nella preservazione <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>te<br />

culturali, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sciolta nell'acido<br />

del conflitto d'interessi,<br />

infine cancellata dalla pervasività<br />

del curatore. Ripu<strong>di</strong>ata dalle poli-<br />

“<br />

L'arte è l'esempio<br />

macroscopico <strong>di</strong> una crisi<br />

generalizzata della critica,<br />

in tutti i settori<br />

tiche e<strong>di</strong>toriali delle riviste specializzate,<br />

collusa con un mercato<br />

sempre più centripeto, rifiutata<br />

dall'egocentrismo degli artisti,<br />

fieri fustigatori del sistema solo<br />

fintanto che questi non li accolga<br />

tra le sue braccia, è finita relegata<br />

a far apologia dei gran<strong>di</strong> eventi<br />

nazionalpopolari sui settimanali<br />

o, al massimo, a celebrare, corroborare,<br />

accre<strong>di</strong>tare giu<strong>di</strong>zi già<br />

espressi dal collezionismo.<br />

Ma ripercorriamo il casus belli. <strong>Il</strong><br />

primo marzo scorso, lo scrittore<br />

Alessandro Baricco lancia il suo<br />

j'accuse sulle pagine de La<br />

Repubblica. Ce l'ha con la critica,<br />

segnatamente con i santoni<br />

Pietro Citati e Giulio Ferroni, colpevoli<br />

<strong>di</strong> non fare correttamente<br />

il loro mestiere perché, invece <strong>di</strong><br />

recensire le sue opere, le liquidano<br />

con due battutine trasversali<br />

ed ironiche, piazzate in articoli<br />

che non c'entrano niente con lui.<br />

Lo scrittore si appella al proprio<br />

successo <strong>di</strong> mercato, al <strong>di</strong>ritto<br />

acquisito alla cassa delle librerie.<br />

Riven<strong>di</strong>ca attenzione, anche se<br />

ciò significasse una stroncatura.<br />

<strong>Il</strong> pretesto apre una riflessione<br />

sulla critica d'oggi, dominata da<br />

"mandarini della cultura" che si<br />

sottraggono sistematicamente<br />

al confronto aperto. E se la critica,<br />

conclude Baricco, s'accontenta<br />

<strong>di</strong> suscitare facili applausi<br />

d'avanspettacolo, "recensitemi o<br />

tacete".<br />

Toccata nel vivo, segretamente<br />

lusingata <strong>di</strong> tornare<br />

protagonista,<br />

lei, la critica, reagi-<br />

sce. E il quoti<strong>di</strong>ano<br />

fondato da<br />

Eugenio Scalfari<br />

finisce per ospitare<br />

"La rivolta dei<br />

critici".<br />

Giulio Ferroni<br />

recita un personale<br />

de profun<strong>di</strong>s: le<br />

parole dei critici<br />

non contano più nulla, le scelte<br />

culturali sono affidate a soggetti<br />

trasversali, con maggiore appeal<br />

me<strong>di</strong>atico.<br />

Simonetta Fiori <strong>di</strong>ce che quello<br />

<strong>di</strong> Baricco è il rimpianto <strong>di</strong> un<br />

genere perduto, spazzato via<br />

dalla moderna industria culturale,<br />

per la quale il rapido consumo<br />

prevale sul giu<strong>di</strong>zio estetico.<br />

Per Alfonso Berar<strong>di</strong>nelli invece,<br />

l'esistenza stessa della critica si<br />

misura sulla qualità dei suoi giu<strong>di</strong>zi<br />

negativi. La critica o si fa sul<br />

serio o non la si fa affatto. Non è<br />

d'accordo Emanuele Trevi, per il<br />

quale compito del critico è informare,<br />

e non è vero che nella<br />

stroncatura <strong>di</strong>a il meglio <strong>di</strong> sé.<br />

Alberto Asor Rosa si toglie dalla<br />

Alessandro Baricco<br />

polemica e ricapitola. Vari sono i<br />

motivi per cui oggi si critica<br />

meno: è venuto meno il conflitto<br />

tra tendenze critiche e c'è minore<br />

tensione polemica. La figura<br />

del critico è scomparsa, <strong>di</strong>luita in<br />

professioni più o meno complementari.<br />

Un colpo al cerchio, un<br />

colpo alla botte, Rosa non ritiene<br />

che il successo <strong>di</strong> mercato sia<br />

garanzia <strong>di</strong> qualità ma ammette<br />

che le battute spacciate per critiche<br />

sono inutili manifestazioni <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sprezzo.<br />

Con Baricco si schierano Nico<br />

Orengo e Mario Lavagetto, l'autore<br />

del recente "Eutanasia della<br />

critica", che richiama la suddetta<br />

a fare il suo mestiere e poi, lucidamente,<br />

annota: ma, in fondo,<br />

quanti lettori raggiunge veramente<br />

la critica?<br />

Carla Benedetti, che in tempi<br />

non sospetti denunciava "<strong>Il</strong> tra<strong>di</strong>-<br />

mento dei critici", se la prende<br />

con le politiche culturali schizofreniche,<br />

che da un lato esaltano<br />

ciò che vende, dall'altro ospitano<br />

sfoghi snobistici e demagogici<br />

contro la mercificazione della cultura.<br />

La <strong>di</strong>cotomia, secondo la<br />

Benedetti, è tra una letteratura<br />

surgelata, incrostata <strong>di</strong> vecchiume<br />

e le marchette ad e<strong>di</strong>tori ed<br />

a gran<strong>di</strong> macchine pubblicitarie.<br />

Incalzato da Antonio Monda,<br />

Robert Silvers, <strong>di</strong>rettore della<br />

New York review of books, celebra<br />

la superiorità della critica<br />

made in USA, dove è prassi, per<br />

il recensore, non frequentare il<br />

recensito per coltivare <strong>di</strong>stacco<br />

e qualità.<br />

Alza il tiro Edmondo Berselli.<br />

Secondo lui quello <strong>di</strong> Baricco è<br />

un intervento premoderno e fa<br />

pensare che nell'e<strong>di</strong>toria esistano<br />

sacerdoti e santuari, come<br />

accadeva una volta. <strong>Il</strong> mercato<br />

ha scalzato le fe<strong>di</strong> precedenti, le<br />

categorie, le concezioni sacrali,<br />

ed è in balia <strong>di</strong> tutti, dai trendsetter<br />

alle tv trash, e chi più ne ha<br />

più ne metta.<br />

Non esistono più depositi sapienziali,<br />

riserve culturali, tra<strong>di</strong>zioni<br />

sconosciute da rivelare, <strong>di</strong>ce<br />

Gian Arturo Ferrari (numero<br />

uno <strong>di</strong> Mondadori), il mercato è<br />

democratico. Si cerca il prodotto<br />

vero, senza infingimenti.<br />

Nell'ipermercato privo <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci<br />

riconoscibili, dell'offerta desacralizzata,<br />

il potere della critica,<br />

quando ancora resiste, è parareligioso<br />

e residuale.<br />

Ora, se è pur vero che la critica<br />

d'arte ha confini ben più labili <strong>di</strong><br />

quella letteraria che vanno, più o<br />

meno, dall'articolista impegnato<br />

a rimasticare comunicati stam-

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