I MALAVOGLIA - Libr@rsi

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stesse contando quante tegole e quanti travicelli c'erano sul tetto, e volesse stimare la casa. I più curiosi allungavano il collo dall'uscio, e si ammiccavano l'un l'altro per mostrarselo a vicenda. - E' pare l'usciere che fa il pignoramento! sghignazzavano. Le comari che sapevano delle chiacchiere fra padron 'Ntoni e compare Cipolla, dicevano che adesso bisognava farle passare la doglia, a comare Maruzza, e conchiudere quel matrimonio della Mena. Ma la Longa in quel momento ci aveva altro pel capo, poveretta. Padron Cipolla voltò le spalle freddo freddo, senza dir nulla; e dopo che tutti se ne furono andati, i Malavoglia rimasero soli nel cortile. - Ora, disse padron 'Ntoni, siamo rovinati, ed è meglio per Bastianazzo che non ne sa nulla. A quelle parole, prima Maruzza, e poi tutti gli altri tornarono a piangere di nuovo, e i ragazzi, vedendo piangere i grandi, si misero a piangere anche loro, sebbene il babbo fosse morto da tre giorni. Il vecchio andava di qua e di là, senza sapere che facesse; Maruzza invece non si muoveva dai piedi del letto, quasi non avesse più nulla da fare. Quando diceva qualche parola, ripeteva sempre, cogli occhi fissi, e pareva che non ci avesse altro in testa. - Ora non ho più niente da fare! - No! rispose padron 'Ntoni, no! ché bisogna pagare il debito allo zio Crocifisso, e non si deve dire di noi che «il galantuomo come impoverisce diventa birbante». E il pensiero dei lupini gli ficcava più dentro nel cuore la spina di Bastianazzo. Il nespolo lasciava cadere le foglie vizze, e il vento le spingeva di qua e di là pel cortile. - Egli è andato perché ce l'ho mandato io, ripeteva padron 'Ntoni, come il vento porta quelle foglie di qua e di là, e se gli avessi detto di buttarsi dal fariglione con una pietra al collo, l'avrebbe fatto senza dir nulla. Almeno è morto che la casa e il nespolo sino all'ultima foglia erano ancora suoi; ed io che son vecchio sono ancora qua. «Uomo povero ha i giorni lunghi». Maruzza non diceva nulla, ma nella testa ci aveva un pensiero fisso, che la martellava, e le rosicava il cuore, di sapere cos'era successo in quella notte, che l'aveva sempre dinanzi agli occhi, e se li chiudeva le sembrava di vedere ancora la Provvidenza, là verso il Capo dei Mulini, dove il mare era liscio e turchino, e seminato di barche, che sembravano tanti gabbiani al sole, e si potevano contare ad una ad una, quella dello zio Crocifisso, l'altra di compare Barabba, la Concetta dello zio Cola, e la paranza di padron Fortunato, che stringevano il cuore; e si udiva mastro Cola Zuppiddu il quale cantava a squarciagola, con quei suoi polmoni di bue, mentre picchiava colla malabestia, e l'odore del catrame che veniva dal greto, e la tela che batteva la cugina Anna sulle pietre del lavatoio, e si udiva pure Mena a piangere cheta cheta in cucina. - Poveretta! mormorava il nonno, anche a te è crollata la casa sul capo, e compare Fortunato se ne è andato freddo freddo, senza dir nulla. E andava toccando ad uno ad uno gli arnesi che erano in mucchio in un cantuccio, colle mani tremanti, come fanno i vecchi; e vedendo Luca lì davanti, che gli avevano messo il giubbone del babbo, e gli arrivava alle calcagna, gli diceva: - Questo ti terrà caldo, quando verrai a lavorare; perché adesso bisogna aiutarci tutti per pagare il debito dei lupini. Maruzza si tappava le orecchie colle mani per non sentire la Locca che si era appollaiata sul ballatoio, dietro l'uscio, e strillava dalla mattina, con quella voce fessa di pazza, e pretendeva che le restituissero loro il suo figliuolo, e non voleva sentir ragione. - Fa così perché ha fame, disse infine la cugina Anna; adesso lo zio Crocifisso ce l'ha con tutti loro per quell'affare dei lupini, e non vuol darle più nulla. Ora vo a portarle qualche cosa, e allora se ne andrà. La cugina Anna, poveretta, aveva lasciato la sua tela e le sue ragazze per venire a dare una mano a comare Maruzza, la quale era come se fosse malata, e se l'avessero lasciata sola non avrebbe pensato più ad accendere il fuoco, e a mettere la pentola, che sarebbero tutti morti di fame. «I vicini devono fare come le tegole del tetto, a darsi l'acqua l'un l'altro». Intanto quei ragazzi avevano le labbra pallide dalla fame. La Nunziata aiutava anche lei, e Alessi, col viso sudicio dal gran piangere che aveva fatto vedendo piangere la mamma, teneva a bada i piccini, perché non le stessero sempre fra i piedi, come una nidiata di pulcini, ché la Nunziata voleva averle libere le mani, lei.

- Tu sai il fatto tuo! le diceva la cugina Anna; e la tua dote ce l'hai nelle mani, quando sarai grande. CAPITOLO 5 La Mena non sapeva nulla che volessero maritarla con Brasi di padron Cipolla per far passare la doglia alla mamma, e il primo che glielo disse, qualche tempo dopo, fu compare Alfio Mosca, dinanzi al rastrello dell'orto, che tornava allora da Aci Castello col suo carro tirato dall'asino. Mena rispondeva: - Non è vero, non è vero - ma si confondeva, e mentre egli andava spiegando il come e il quando l'aveva sentito dire dalla Vespa, in casa dello zio Crocifisso, tutt'a un tratto si fece rossa rossa. Anche compare Mosca aveva un'aria stralunata, e vedendo in quel modo la ragazza, con quel fazzoletto nero che ci aveva al collo, se la prendeva coi bottoni del farsetto, si dondolava ora su di un piede ed ora su di un altro, e avrebbe pagato qualche cosa per andarsene. - Sentite, io non ci ho colpa, l'ho sentito dire nel cortile di Campana di legno, mentre stavo spaccando il carrubbo che fu schiantato dal temporale di Santa Chiara, vi rammentate? adesso lo zio Crocifisso mi fa fare le faccende di casa, perché non vuol più sentir parlare del figlio della Locca, dopo che l'altro fratello gli fece quel servizio che sapete col carico dei lupini. La Mena teneva in mano il nottolino del rastrello, ma non si risolveva ad aprire. - E poi, se non è vero, perché vi fate rossa? Ella non lo sapeva, in coscienza, e girava e rigirava il nottolino. Quel cristiano lo conosceva soltanto di vista, e non sapeva altro. Alfio le andava snocciolando la litania di tutte le ricchezze di Brasi Cipolla, il quale, dopo compare Naso il beccaio, passava pel più grosso partito del paese, e le ragazze se lo mangiavano cogli occhi. La Mena stava ad ascoltare con tanto d'occhi anche lei, e all'improvviso lo piantò con un bel saluto, e se ne entrò nell'orto. Alfio, tutto infuriato, corse a lagnarsi colla Vespa che gli dava a bere di tali bugie, per farlo litigare colla gente. - A me l'ha detto lo zio Crocifisso; rispose la Vespa. Io non ne dico bugie! - Bugie! bugie! borbottò lo zio Crocifisso. Io non voglio dannarmi l'anima per coloro! L'ho sentito dire con queste orecchie. Ho sentito pure che la Provvidenza è dotale, e che sulla casa c'è il censo di cinque tarì all'anno. - Si vedrà! si vedrà! un giorno o l'altro si vedrà se ne dite o non ne dite delle bugie, - seguitava la Vespa, dondolandosi appoggiata allo stipite, colle mani dietro la schiena, e intanto lo guardava cogli occhi ladri. - Voi altri uomini siete tutti di una pasta, e non c'è da fidarsi. Lo zio Crocifisso alle volte non ci sentiva, e invece di abboccar l'esca seguitò a saltar di palo in frasca, e a parlare dei Malavoglia che badavano a maritarsi, ma a quel discorso delle quarant'onze non ci pensavano neppure. - Eh! saltò su infine la Vespa, perdendo la pazienza, se dassero retta a voi, a maritarsi non ci penserebbe più nessuno! - A me non me ne importa che si maritino. Io voglio la roba mia. Ma del resto non me ne importa. - Se non ve ne importa a voi, c'è a chi gliene importa! sentite? Che non tutti pensano come voi, a rimandare le cose da oggi a domani! - E tu che fretta hai? - Pur troppo. Voi ci avete tempo, voi; ma se credete che gli altri vogliano far venire gli anni di San Giuseppe per maritarsi!… - L'annata è scarsa, diceva Campana di legno, e non è tempo di pensare a queste cose. La Vespa allora si appuntellò le mani sui fianchi, e sfoderò la lingua come un pungiglione. - Ora sentite, che questa voglio dirvela! Alla fin fine la mia roba ce l'ho, e grazie a Dio non sono in istato di dover mendicare un marito. O che credete? E se non fosse che mi avevate messo quella pulce nell'orecchio, colle vostre lusinghe, ne avrei trovato cento di mariti, e Vanni Pizzuto, e Alfio Mosca, e il cugino Cola, che mi stava cucito alla gonnella, prima di andar soldato, e non mi

stesse contando quante tegole e quanti travicelli c'erano sul tetto, e volesse stimare la casa. I più<br />

curiosi allungavano il collo dall'uscio, e si ammiccavano l'un l'altro per mostrarselo a vicenda. - E'<br />

pare l'usciere che fa il pignoramento! sghignazzavano.<br />

Le comari che sapevano delle chiacchiere fra padron 'Ntoni e compare Cipolla, dicevano che<br />

adesso bisognava farle passare la doglia, a comare Maruzza, e conchiudere quel matrimonio della<br />

Mena. Ma la Longa in quel momento ci aveva altro pel capo, poveretta.<br />

Padron Cipolla voltò le spalle freddo freddo, senza dir nulla; e dopo che tutti se ne furono<br />

andati, i Malavoglia rimasero soli nel cortile. - Ora, disse padron 'Ntoni, siamo rovinati, ed è meglio<br />

per Bastianazzo che non ne sa nulla.<br />

A quelle parole, prima Maruzza, e poi tutti gli altri tornarono a piangere di nuovo, e i<br />

ragazzi, vedendo piangere i grandi, si misero a piangere anche loro, sebbene il babbo fosse morto da<br />

tre giorni. Il vecchio andava di qua e di là, senza sapere che facesse; Maruzza invece non si<br />

muoveva dai piedi del letto, quasi non avesse più nulla da fare. Quando diceva qualche parola,<br />

ripeteva sempre, cogli occhi fissi, e pareva che non ci avesse altro in testa. - Ora non ho più niente<br />

da fare!<br />

- No! rispose padron 'Ntoni, no! ché bisogna pagare il debito allo zio Crocifisso, e non si<br />

deve dire di noi che «il galantuomo come impoverisce diventa birbante».<br />

E il pensiero dei lupini gli ficcava più dentro nel cuore la spina di Bastianazzo. Il nespolo<br />

lasciava cadere le foglie vizze, e il vento le spingeva di qua e di là pel cortile.<br />

- Egli è andato perché ce l'ho mandato io, ripeteva padron 'Ntoni, come il vento porta quelle<br />

foglie di qua e di là, e se gli avessi detto di buttarsi dal fariglione con una pietra al collo, l'avrebbe<br />

fatto senza dir nulla. Almeno è morto che la casa e il nespolo sino all'ultima foglia erano ancora<br />

suoi; ed io che son vecchio sono ancora qua. «Uomo povero ha i giorni lunghi».<br />

Maruzza non diceva nulla, ma nella testa ci aveva un pensiero fisso, che la martellava, e le<br />

rosicava il cuore, di sapere cos'era successo in quella notte, che l'aveva sempre dinanzi agli occhi, e<br />

se li chiudeva le sembrava di vedere ancora la Provvidenza, là verso il Capo dei Mulini, dove il<br />

mare era liscio e turchino, e seminato di barche, che sembravano tanti gabbiani al sole, e si<br />

potevano contare ad una ad una, quella dello zio Crocifisso, l'altra di compare Barabba, la Concetta<br />

dello zio Cola, e la paranza di padron Fortunato, che stringevano il cuore; e si udiva mastro Cola<br />

Zuppiddu il quale cantava a squarciagola, con quei suoi polmoni di bue, mentre picchiava colla<br />

malabestia, e l'odore del catrame che veniva dal greto, e la tela che batteva la cugina Anna sulle<br />

pietre del lavatoio, e si udiva pure Mena a piangere cheta cheta in cucina.<br />

- Poveretta! mormorava il nonno, anche a te è crollata la casa sul capo, e compare Fortunato<br />

se ne è andato freddo freddo, senza dir nulla.<br />

E andava toccando ad uno ad uno gli arnesi che erano in mucchio in un cantuccio, colle<br />

mani tremanti, come fanno i vecchi; e vedendo Luca lì davanti, che gli avevano messo il giubbone<br />

del babbo, e gli arrivava alle calcagna, gli diceva: - Questo ti terrà caldo, quando verrai a lavorare;<br />

perché adesso bisogna aiutarci tutti per pagare il debito dei lupini.<br />

Maruzza si tappava le orecchie colle mani per non sentire la Locca che si era appollaiata sul<br />

ballatoio, dietro l'uscio, e strillava dalla mattina, con quella voce fessa di pazza, e pretendeva che le<br />

restituissero loro il suo figliuolo, e non voleva sentir ragione.<br />

- Fa così perché ha fame, disse infine la cugina Anna; adesso lo zio Crocifisso ce l'ha con<br />

tutti loro per quell'affare dei lupini, e non vuol darle più nulla. Ora vo a portarle qualche cosa, e<br />

allora se ne andrà.<br />

La cugina Anna, poveretta, aveva lasciato la sua tela e le sue ragazze per venire a dare una<br />

mano a comare Maruzza, la quale era come se fosse malata, e se l'avessero lasciata sola non avrebbe<br />

pensato più ad accendere il fuoco, e a mettere la pentola, che sarebbero tutti morti di fame. «I vicini<br />

devono fare come le tegole del tetto, a darsi l'acqua l'un l'altro». Intanto quei ragazzi avevano le<br />

labbra pallide dalla fame. La Nunziata aiutava anche lei, e Alessi, col viso sudicio dal gran piangere<br />

che aveva fatto vedendo piangere la mamma, teneva a bada i piccini, perché non le stessero sempre<br />

fra i piedi, come una nidiata di pulcini, ché la Nunziata voleva averle libere le mani, lei.

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