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Pittura nei secoli XVII e XVIII - Francesco Ridolfi

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<strong>Pittura</strong> <strong>nei</strong> <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I<br />

La ricerca sul Barocco e sul Rococò si conclude con l’opera degli innumerevoli<br />

pittori italiani attivi all’estero e, prima ancora, con un elenco degli stranieri che<br />

studiarono o si perfezionarono in Italia, o subirono in patria l’influsso dei suoi più<br />

grandi maestri.<br />

Il realismo caravaggesco, con la ricerca dei volumi e della luce, la nuova carica<br />

classicheggiante d’origine romana, l’eclettismo dei Carracci, il cortonismo e la<br />

pittura tonale veneta ispirarono <strong>nei</strong> <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I i pittori di tutta Europa.<br />

Con il Caravaggio e con i Carracci si attuò la rivoluzione antimanierista.<br />

La perentoria forza espressiva e polemica delle opere del primo suscitò immediato<br />

interesse, e siccome ciò avvenne a Roma, capitale europea delle arti, la risonanza<br />

fu grandissima.<br />

Pietro Bellori scrisse che Caravaggio ignorò ostentatamente la scultura della Roma<br />

antica, preferendo dipingere una zingara incontrata per caso o i bevitori e i bari<br />

nelle taverne o i fruttivendoli per strada. Mentre l’artista si trovava a Roma,<br />

nessun rivale osò imitare i suoi temi che ebbero subito enorme popolarità. Dopo il<br />

1606 però, fuggito da Roma il maestro, il suo allievo Bartolomeo Manfredi vide la<br />

possibilità di trovare uno spazio sul mercato; la sua rielaborazione dei temi<br />

caravaggeschi permise la loro rapida diffusione in tutta Europa; l’irresistibile<br />

potere di quel naturalismo fu come una rivelazione per i giovani pittori. “Avendo<br />

visto come lavorava il maestro- così riporta il Mancini- Manfredi si mise a<br />

convenir nella maniera del Caravaggio, ma con più finezza e dolcezza e<br />

diligenza”; questo stile fu detto “manfrediana methodus”. Altri caravaggeschi<br />

come Carlo Saraceni e Orazio Gentileschi lasciarono a loro volta tracce in molti<br />

pittori europei; il primo, veneziano, si distinse per il luminismo di una morbidezza<br />

e sensibilità di gusto veneto, il secondo arrivò ad effetti di luminosità chiara e<br />

trasparente.<br />

Molti furono gli artisti attratti a Roma dalla fama del Caravaggio, diffusa dal Van<br />

Mander (1603) in tutto il mondo tedesco-fiammingo; essi, tornati nelle loro città<br />

d’origine alla fine del secondo e nel corso del terzo decennio, contribuirono a<br />

diffondere il naturalismo, il problema di una luce”naturalistica”, continuando a<br />

produrre opere di stile caravaggesco anche oltre la metà del secolo <strong>XVII</strong>,<br />

stabilendo il polo olandese in Utrecht e quello fiammingo in Anversa.<br />

Anche molti pittori francesi subirono l’influsso del Caravaggio; nella zona attorno<br />

a via Margutta si stabilirono, tra i tanti,S. Vouet, J. Le Clerc, Valentin de Boulogne,<br />

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N. Tournier che si appassionarono alle scene di taverna e ai soggetti con<br />

truffatori, ladri, zingari e popolani. Molti altri si rifecero all’eredità naturalistica<br />

attraverso gli influssi fiamminghi e olandesi.<br />

Dopo il 1620 a Roma sale la fama dei Carracci; le riforme da questi introdotte si<br />

fondavano sull’aderenza alla realtà piuttosto che sulla fantasia immaginifica di<br />

pura invenzione artistica alla quale tendevano in quel periodo i manieristi;<br />

Ludovico e Annibale Carracci idearono un nuovo genere di bottega artistica che<br />

chiamarono Accademia degli Incamminati, sorta a Bologna, con l’intento di<br />

osservare la natura ed esprimere la verosimiglianza. La decorazione di palazzo<br />

Farnese (1597-1600) a Roma, opera di Annibale Carracci, avvio della grande<br />

pittura murale barocca, è fondamentale per le generazioni future; l’obiettivo è<br />

quello di una colta bellezza, sia essa degli antichi o del Rinascimento raffaellesco<br />

e michelangiolesco, punto fermo per la storia del classicismo europeo. Lo stesso<br />

si può dire per la pittura di paesaggio, arcadico e pastorale, come nella “Fuga in<br />

Egitto” del 1605, ricordando che il tema era caro ad Annibale anche quando<br />

narrava le atmosfere più dense della pianura emiliana. Negli ultimi anni di vita il<br />

pittore si dedicò quasi esclusivamente alla rappresentazione di scene religiose e<br />

in particolare alla “Pietà”: qui egli inaugurò un approccio alla rappresentazione<br />

delle emozioni che avrebbe influenzato tutto il <strong>XVII</strong> secolo anche in Francia;<br />

codificato da scrittori come il Bellori e il Félibien quest’approccio divenne noto<br />

come “.teoria degli affetti”. Dunque, dalle tarde realizzazioni di Annibale sorse<br />

tutta la tradizione dei canoni di espressione classica la cui influenza toccò anche<br />

la poesia e il teatro. E’ il periodo in cui gli artisti francesi sotto l’influsso del<br />

classicismo italiano trovarono uno stile elegante, rigoroso, preciso, razionale,<br />

distaccato. Citiamo ad esempio tra i realizzatori di quella “teoria degli affetti” P.<br />

de Champaigne ( di origine fiamminga), E. Le Sueur e i fratelli Le Nain, pittori che<br />

non scesero in Italia ma furono influenzati indirettamente dai maestri italiani; alla<br />

formazione del primo contribuirono il Vouet (attraverso il quale potè risentire del<br />

Caravaggio) e il Poussin (vedi avanti); il Le Sueur, allievo di Vouet nel 1632, si<br />

volse poi ai classici, a Raffaello, Carracci, Reni, Poussin; il Le Nain guardò alle<br />

bambocciate fiammingo-romane (vedi avanti), innalzandole però dal pittoresco al<br />

poetico in un moderato luminismo caravaggesco.<br />

Si può affermare che l’aspetto principale che caratterizza la pittura francese del<br />

Seicento è quello classicheggiante, derivato solo in parte dalla scuola di<br />

Fontainebleau, ma soprattutto dai soggiorni romani di moltissimi artisti.<br />

Il classicismo trovò dunque in Roma il suo centro d’irradiazione <strong>nei</strong> suoi vari<br />

aspetti (composizione, paesaggio, emotività, ecc.).<br />

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Giovan Pietro Bellori, “antiquario” di Roma al tempo di Clemente X,scrisse “Le vite<br />

dei pittori, scultori e architetti moderni” (1672), cui è premesso il discorso<br />

sull’”Idea della pittura, scultura e architettura”; con tale testo il Bellori si impose<br />

come personalità guida del classicismo secentesco, basato sul culto degli antichi e<br />

su quello di Raffaello, secondo un ideale di bellezza che l’autore vide incarnato<br />

nell’opera del Poussin. L’idea del Bello è quella teoria dell’arte, fondata<br />

sull’imitazione della natura emendata dai suoi difetti, che ispirò pittori come, per<br />

quanto riguarda l’Italia, il Reni, il Domenichino, il Guercino, l’Albani,il Sacchi , il<br />

Maratta, e tra gli stranieri soprattutto il Poussin, tutti nati da quella proposta<br />

carraccesca di esprimere la verosimiglianza.<br />

Guido Reni, dopo una fase caratterizzata da una maniera robusta e vivace che,<br />

accanto ad elementi carracceschi, ne presenta altri di derivazione caravaggesca,<br />

pur se travisati in senso accademico, si costruisce uno stile di una purezza ed<br />

eleganza classica, e diventa il letterario e raffinato rappresentante della pittura<br />

ideale. Domenico Zampieri, detto il Domenichino, seguace della tradizione<br />

classica cinquecentesca ( soprattutto raffaellesca) nell’esecuzione, uno dei<br />

migliori prodotti dell’eclettismo carraccesco, rese le figure con spirituale intimità<br />

di sentimenti, in scene chiare e armoniose, di una tranquilla semplicità, il<br />

massimo seguace della teoria del bello ideale, formulata da Giovan Battista<br />

Agucchi nel trattato della pittura, volta al classicismo. <strong>Francesco</strong> Albani fu famoso<br />

per le scene mitologiche e gli idilli con amorini. <strong>Francesco</strong> Barbieri, detto il<br />

Guercino, all’inizio si esaltò in un vivace gioco atmosferico e cromatico, e in<br />

vecchiaia ripiegò verso un pacato lirismo, sotto l’influsso della poetica di Guido<br />

Reni. Andrea Sacchi trasse la propria inclinazione classicistica dall’insegnamento<br />

dell’Albani, ma nutrì soprattutto la propria cultura sulle opere di Annibale<br />

Carracci, del Reni e del Domenichino. Carlo Maratta o Maratti, artista dall’eclettica<br />

produzione, caratterizzata da un suggestivo accademismo in sontuosi e<br />

penetranti ritratti e cicli di affreschi; si formò studiando le opere di Raffaello e del<br />

Carracci; notevole fu la sua importanza storica come principale agente del<br />

trapasso dall’iniziale pittoricismo barocco al neoclassicismo settecentesco di<br />

Pompeo Batoni e di Raffaele Mengs.<br />

In Poussin, <strong>nei</strong> suoi argomenti storici o sacri, si fa più direttamente sentire il<br />

fantasma illustre del repertorio greco-romano che si riflette in un equilibrio<br />

compositivo semplice e solenne, capace di disciplinare l’impeto drammatico; la<br />

tensione morale che accompagna la contemplazione della civiltà del passato si<br />

pone sotto l’insegna dell’ordine, della chiarezza e della semplicità che sono anche<br />

i cardini della scienza e della filosofia del nuovo tempo. Non meraviglia così<br />

l’interesse di Poussin per il paesaggio; durante le sue passeggiate per la<br />

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campagna romana egli riscopre nella verità dell’ambiente naturale quelle leggi<br />

d’armonia universale che legano la vicenda dell’uomo a quella della natura; ne<br />

nasce una sintesi sublime di natura e storia, di natura e mito, celebrata con<br />

assoluta chiarezza.<br />

In questo periodo, con il culto della classicità, rinasce l’interesse per l’arte antica.<br />

Con il Bellori, consulente della regina Cristina di Svezia, commissario pontificio<br />

alle antichità di Roma, furono poste le premesse dell’archeologia moderna, con<br />

l’insorgere dell’attenzione per i contesti originali, dell’esigenza di documentare i<br />

reperti, di conservare tutte le memorie storiche; egli scrisse” Admiranda<br />

romanarum antiquitatum ac veteris sculpturae vestigia” (1693), importante<br />

raccolta di fonti archeologiche. Prima di lui era stato commissario alle antichità di<br />

Roma Leonardo Agostini, antiquario di <strong>Francesco</strong> Barberini, che compilò “Le<br />

gemme antiche figurate”; <strong>Francesco</strong> Angeloni riconobbe tra i primi l’importanza<br />

dello studio delle monete antiche.<br />

Le collezioni personali di questi studiosi, le grandi scoperte archeologiche del<br />

tempo, tra le quali spiccano quelle di pittura (come le Nozze Aldobrandini)<br />

destarono l’ammirazione generale; il Colbert commissionò a C. Errard, direttore<br />

dell’Accademia di Francia a Roma, calchi in gesso del fregio della colonna traiana<br />

per una copia in bronzo dell’intero rilievo destinato alla corte.<br />

Filippo Baldinucci, autore di “Storia degli artisti” da Cimabue al 1670, scrisse il<br />

primo dizionario che abbia tentato di fissare la terminologia artistica, “Vocabolario<br />

dell’arte del disegno” (1681); Carlo Dati dedicò a Luigi XIV l’opera ”Vite dei pittori<br />

greci”; nel 1695 J. Dryden tradusse in inglese il Bellori classicista.<br />

Al di là di questo carattere classicistico la pittura barocca, ricca di correnti,<br />

derivazioni, deviazioni di ogni genere, si presenta a noi come un mondo<br />

tumultuoso, vivo, denso di imprevedibili sviluppi e conseguenze fin nel campo<br />

della pittura moderna; essa sfrutta le esperienze dei <strong>secoli</strong> precedenti, le<br />

conquiste di prospettiva aerea e lineare, colore, chiaroscuro, luminismo,<br />

concepisce inseparabili disegno e colore; i pittori si giovano della tecnica con<br />

maggiore libertà, rompendo il ritmo tradizionale delle composizioni; la pittura<br />

sfonda i soffitti delle chiese verso il cielo, mai come in questo secolo cercò di<br />

essere la potente alleata della Chiesa, celebrando la sua gloria.<br />

Giovanni Lanfranco, nato a Parma nel 1582 e morto a Roma nel 1647, dalle prime<br />

composizioni ancora fortemente influenzate dall’arte di Annibale Carracci, arriva<br />

alle raffinatissime ed eleganti immagini della maturità caratterizzate da forti<br />

contrasti luminosi e magiche atmosfere. Nella cupola di S. Andrea della Valle<br />

(1625-’28) a Roma, Lanfranco rielabora in senso barocco l’illusionismo<br />

correggesco, e annullando il limite fisico della struttura muraria, realizza la<br />

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visione del divino con il senso profondo dell’infinito proprio della poetica barocca.<br />

Con un vorticoso moto rotatorio delle figure librate nell’aria e con un’accentuata<br />

vibrazione luministica che si accende di toni dorati, l’artista trasmette a chi<br />

guarda la sensazione di un rapimento estatico, coinvolgendolo in una visione<br />

divina. Primo esempio di illusionismo barocco, modello per le decorazioni di volte<br />

, soffitti e cupole di chiese e palazzi nel secolo <strong>XVII</strong>, tale soluzione pittorica si<br />

fonda su una decisa spinta ascensionale, creata per esaltare l’irrazionale, il<br />

soprannaturale e lo spirito, secondo il nuovo orientamento della Chiesa trionfante.<br />

A Napoli il pittore fissa il momento più alto della storia del Barocco meridionale<br />

con la cupola della cappella del Tesoro di S. Gennaro nel duomo di Napoli (1641-<br />

’43), modello per Mattia Preti, Luca Giordano e <strong>Francesco</strong> Solimena.<br />

Su questi stessi e sul Pozzo, sul Baciccia e sul Tiepolo, oltre che sui quadraturisti,<br />

influì il decorativismo di Pietro da Cortona, ricco di cornici, cartocci e ghirlande,<br />

con composizioni basate su prospettive multiple e sull’illusione scenografica,<br />

motivi che trovarono largo sviluppo anche fuori d’Italia.<br />

Ha grande sviluppo anche la pittura profana su tela e su muro con temi mitologici<br />

e allegorici,sorgono nuove forme di ispirazione pittorica come il vedutismo<br />

(genere basato sulle vedute ideali, accostamento di edifici reali ad altri inventati),<br />

le scene di battaglia, di genere e la natura morta( fiori, frutta, oggetti inanimati,<br />

pesci, cacciagione,ecc.). Quest’ultima è stata considerata come la logica<br />

manifestazione della curiosità naturalistica fermentata nel secolo precedente e<br />

ravvivata all’inizio del secolo <strong>XVII</strong> dalle scoperte archeologiche e dall’osservazione<br />

scientifica; infatti, come le decorazioni vegetali di Raffaello alla Farnesina e di<br />

Giovanni da Udine nelle Logge vaticane hanno origine dal ritrovamento degli<br />

affreschi imperiali della Domus Aurea, così la catalogazione botanica e zoologica<br />

diffuse il gusto delle tavole finemente disegnate, che ebbe vasta fortuna.<br />

Riportiamo dei brevissimi cenni su altri pittori italiani dei <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I,<br />

maestri o ispiratori di artisti stranieri, indicati secondo l’elenco in cui questi ultimi<br />

saranno citati (vedi avanti).<br />

Michelangelo Cerquozzi ebbe fama come pittore di battaglie e come vivace e<br />

personale autore di “bambocciate”. Benedetto Luti si espresse con una pittura<br />

elegante che piaceva per i morbidi impasti di colore e per i preziosi effetti di luce.<br />

Mario de’Fiori fu celebre per le composizioni floreali dal gusto decorativo. Luca<br />

Giordano, pittore di prodigiosa fecondità, fu all’inizio influenzato da Guido Reni,<br />

poi da Pietro da Cortona, Lanfranco e Rubens; la barocca grandiosità compositiva<br />

degli affreschi si dissolve nella ariosità della nuova pittura “atmosferica”, sciolta<br />

da ogni riferimento naturalistico e frutto di libera fantasia. Aniello Falcone<br />

importò a Napoli il caravaggismo dei bamboccianti e si specializzò nel genere<br />

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delle battaglie, arrivando a soluzioni di intenso pittoricismo. Corrado Giaquinto,<br />

attratto dall’arte di Luca Giordano, ne dette un’interpretazione coloristica di gusto<br />

più lieve ed elegante, con elementi stilistici prossimi al Lanfranco e a Pietro da<br />

Cortona. Giuseppe Recco, pittore di genere e nature morte, possiede uno stile<br />

che, contrariamente a quello degli olandesi, è caratterizzato dalla pennellata<br />

libera e dalle composizioni fantasiose. Giovan Battista Ruoppolo, pittore di<br />

genere, mostra una graduale adesione al gusto barocco, conclusa nella sontuosa<br />

ricchezza dei suoi trofei vegetali o marini dall’assoluta lucidità compositiva.<br />

<strong>Francesco</strong> Trevisani fu pittore di raffinata piacevolezza, dal graduale eclettismo e<br />

dalle luminose gamme cromatiche dei suoi dipinti. Giovanni Andrea de Ferrari<br />

aderì a un deciso realismo pittorico non immune da echi caravaggeschi, di Rubens<br />

e van Dyck, in cui il colore non più fine a se stesso tende alla rappresentazione<br />

concreta delle cose. Massimo Stanzione determinò una svolta fondamentale nella<br />

pittura napoletana accogliendo, in un moderno eclettismo, la lezione della realtà<br />

caravaggesca come substrato culturale da contemperare con le regole dell’ideale<br />

del Reni. Bernardo Cavallino svolse un ruolo preminente nell’ambito della pittura<br />

napoletana nella fase di trapasso dal lucido naturalismo di marca caravaggesca a<br />

ricerche più raffinatamente pittoriche, approdando a un prezioso cromatismo.<br />

Ercole Procaccini il giovane accolse nel proprio stile l’influenza carraccesca e<br />

rubensiana. Giambattista Langetti, allievo di Pietro da Cortona, fu a Venezia dove<br />

contribuì alla definizione di un gusto pittorico violentemente naturalistico, affine a<br />

quello di Ribera. Antonio Zanchi è il tipico rappresentante del tardo secentismo a<br />

Venezia; la sua pittura, volta a creare vistosi effetti di chiaroscuro violento in<br />

composizioni affollate che tendono ala decorazione,è indice di un gusto derivante<br />

dalla maniera del Ribera e del Giordano. Pietro Liberi si esprime con una pittura<br />

disinvolta che si inserisce nella tradizione del colorismo veneto. Pier Leone Ghezzi<br />

si dedicò con gusto eclettico alla pittura, soprattutto ad affresco, con scene di vita<br />

contemporanea, ed eseguì una serie ricchissima di disegni, eccezionale repertorio<br />

bonariamente caricaturale della società del suo tempo. Andrea Pozzo ebbe il<br />

gusto della definizione illusoria dello spazio; la sua opera di impianto prospettico<br />

si affidò a movimentate e fantastiche architetture illusionistiche, aprendo così la<br />

via a una concezione decorativa di larga fortuna. <strong>Francesco</strong> Solimena, detto Abate<br />

Ciccio, fu pittore dal vivacissimo estro decorativo, dalla maniera caratterizzata da<br />

grande abilità nell’organizzare con chiarezza costruttiva vaste composizioni con<br />

numerose composizioni fortemente chiaroscurate. Sebastiano Conca mostra<br />

adesione al gusto barocco che si ispira particolarmente a Luca Giordano, ma<br />

appare elegantemente temperato da una componente di classicismo, tipico del<br />

Maratta.<br />

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Mentre nel secolo <strong>XVII</strong> fu Roma il centro europeo della pittura, nel successivo il<br />

primato passò a Venezia. Gli splendori del Settecento veneziano dimostrano che<br />

se c’è sempre un rapporto tra arte e società,esso tuttavia non va cercato nella<br />

equivalenza tra sviluppo artistico ed economico- politico. All’alba del secolo <strong>XVII</strong>I<br />

la gloriosa repubblica veneta era infatti ormai entrata nel cono d’ombra di una<br />

crisi irreversibile, la sua potenza economica viveva un lento declino; eppure<br />

proprio in questo clima esplode una clamorosa fioritura di talenti artistici senza<br />

paragone, una schioppettate salva di fuochi d’artificio, tanto luminosa da<br />

rischiarare l’intera Europa. Già, perché i protagonisti di questa stagione veneziana<br />

non si limitarono a produrre opere per Venezia ma fecero della loro arte una delle<br />

ultime merci d’esportazione di una repubblica che di scambi commerciali aveva<br />

sempre prosperato; così Sebastiano e Marco Ricci, Piazzetta, Pellegrini, Amigoni,<br />

Carriera, Canaletto, Bellotto, Guardi, Giambattista e Giandomenico Tiepolo, Pietro<br />

e Alessandro Longhi, ecc.<br />

Tre di loro in particolare influirono su artisti stranieri: Sebastiano Ricci, Giovan<br />

Battista Piazzetta e Giambattista Tiepolo.<br />

Il primo assommò nella propria opera molte influenze nel campo della tradizione<br />

decorativa, dal Correggio al Parmigianino e al Carracci, fino ai cortoneschi; nello<br />

stesso tempo, stimolato anche dal Pellegrini, si avvicinò alle forme più ariose della<br />

maniera rococò, prendendo a modello la pittura di Paolo Veronese. Il Piazzetta<br />

mitigò la propria ispirazione barocca con una accentuazione dei valori<br />

chiaroscurali e plastici, mutuati alla lontana dal Caravaggio, ma poi si abbandonò<br />

Alla grande libertà della luce e del colore, in parallelo col Ricci e col Tiepolo.<br />

Giambattista Tiepolo, formatosi sotto l’influsso dapprima del Piazzetta e in<br />

seguito anche del Veronese, portò la decorazione barocca ad una espansione e a<br />

uno splendore eccezionali; si dedicò soprattutto all’affresco, raggiungendo per la<br />

trasparente luminosità del colore, per la dinamicità delle figure, per la ricchezza<br />

delle composizioni, risultati assai alti.<br />

Abbiamo detto che innumerevoli furono gli artisti stranieri dei <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I<br />

passati per Roma ad apprendere il nuovo stile; scrisse il Mancini che” in Roma<br />

molti franzesi e fiamminghi che vanno e vengono non li si può dar regola”, e su<br />

tutti la temperie infuocata dell’ambiente romano doveva presentarsi sconcertante<br />

per la molteplicità degli aspetti di ricerca, per la ricchezza delle poetiche e per la<br />

convivenza feconda delle più diverse esperienze.<br />

Tra i pittori che non scesero in Italia fu Rembrandt, allievo in patria di P. Lastman,<br />

formatosi in Italia sul Caravaggio e sui Carracci, la cui influenza si avvertirà nelle<br />

opere del grande pittore. Un aspetto luministico e naturalistico è nell’opera<br />

dell’olandese F. Hals, filtrato attraverso i pittori di Utrecht; J. Jordaens, fiammingo,<br />

572


attinse alle esperienze figurative più dissimili, dalla corrente classicista romana, a<br />

Michelangelo, dal tardo Cinquecento veneto a Caravaggio, prima degli influssi<br />

rubensiani. J. Vermeer, olandese, è probabile che si sia formato a contatto dei<br />

caravaggisti di Utrecht, e attraverso la conoscenza delle opere del Gentileschi,<br />

dalla luminosità chiara e trasparente.<br />

Con la premessa che molti artisti stranieri ebbero l’opportunità di soggiornare a<br />

lungo in Italia <strong>nei</strong> <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I perchè al servizio di mecenati, pontefici,<br />

ecclesiastici, principi e aristocratici, mentre altri vi restarono per studio o<br />

perfezionamento, diamo inizio al loro elenco con P. P. Rubens, fiammingo; giunto<br />

a Venezia nel 1600, assimilò il cromatismo della scuola locale, eseguendo copie<br />

da Tiziano, Veronese e Tintoretto; dopo poco divenne pittore del duca di Mantova<br />

e fece per lui numerose copie di grandi maestri;durante la sua permanenza in<br />

Italia, sostò ripetutamente anche a Genova e a Roma, dove trasse disegni da<br />

Raffaello e Michelangelo, conobbe le opere dei Carracci e soprattutto ammirò il<br />

realismo caravaggesco. Nelle sue opere sacre, eseguite a Roma fino al 1608<br />

esprime l’esaltazione di un cattolicesimo grandioso, magniloquente e glorificante<br />

con un linguaggio esuberante e fecondo. Floris van Dijck di Haarlem lavorò presso<br />

il Cavalier d’Arpino a Roma negli anni 1600-’01. Martin Valkenborch il vecchio fu<br />

a Venezia nel 1602 e a Roma due anni dopo, acquistando fama come ritrattista.<br />

W. Van Nieulandt, detto Guglielmo Terranova, fu a Roma presso P. Brill dal 1602 al<br />

’05. T. van Loon, detto Monsù Teodoro, il più fedele forse al caravaggismo, fu a<br />

Roma dal 1602 al ’09 e dal ’28 al ’32.Gerard Terborch il vecchio fu a Venezia nel<br />

1603, a Roma e a Napoli nel ’09. F. Sneyders fu dal 1603 al ’09 a Roma, Napoli e<br />

Milano (presso Federico Borromeo), celebre per i quadri di genere. H.<br />

Terbrugghen fu in Italia dal 1604 al ’14 e potè forse avvicinare il Caravaggio, il<br />

primo olandese interprete dello stile caravaggesco nella direzione svolta dal<br />

Gentileschi e dal Saraceni, con effetti di luminosità che precorrono il Vermeer, così<br />

come fece Johann Pijnas che nel 1606 a Roma conobbe questi due pittori e<br />

l’Elsheimer (vedi avanti). A. Janssens, detto J. Van Nuyssen, autore di composizioni<br />

mitologiche e allegoriche, fu in Italia dal 1606 al’10, traendo copiosi suggerimenti<br />

dai maestri italiani, occupando una posizione intermedia tra i caravaggisti e i<br />

rubensiani. D. Teniers il vecchio fu a Roma negli anni 1607-’08. Cornelis de Wael<br />

fu a Venezia dal 1610 al ’20, a Roma e infine a Genova dove aprì con il fratello<br />

Luca uno studio molto frequentato. G. Honthorst, detto Gherardo delle Notti,<br />

influenzato oltre che dal Caravaggio, dal Bassano e dal Reni, soggiornò a Roma<br />

dal 1610 al ’22, protetto dal marchese Vincenzo Giustiniani, e , tornato in patria,<br />

a Utrecht, vi divenne il caposcuola dei caravaggisti olandesi. Gerard Seghers a<br />

Roma dal 1611 al ’21, prima caravaggesco, si orientò poi verso Rubens. Federico<br />

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Valkenborch fu a Venezia verso il 1613. G. Douffet fu dal 1614 al ’24 a Roma,<br />

Napoli e Venezia, caravaggesco e rubensiano nelle prime opere, si accostò al<br />

classicismo in quelle della maturità. N. Regnier, detto Niccolò Renieri, fu a Roma<br />

tra il 1615 e il ’25, dal ’26 a Venezia dove morì nel ’67; prima caravaggesco, fu<br />

attratto dal classicismo dei bolognesi. Il maggiore tra i caravaggisti fiamminghi fu<br />

T. Rombouts lavorò a Roma, Firenze e Pisa dal 1616 al ’25.D. van Baburen,<br />

caravaggesco, fu a Roma dal 1617 al ’20. A. van Utrecht, pittore di nature morte,<br />

nel 1620 viaggiò in Italia, oltre che in Francia e Germania. L. de Susio fu a Roma<br />

nel 1620, così come Jacques van Oost il vecchio che legò il colorismo rubensiano<br />

con lo stile dei Carracci, e come J. Van Bijlert, influenzato dal Caravaggio e dai<br />

bolognesi, dal 1620 al ’25, e P. Bor, a Roma dal 1620 al ’23. L. Bramer, detto<br />

Leonardo delle Notti, fu a Genova e a Roma dal 1620 al ’27; con W. Grabeth e altri<br />

fu tra i fondatori dell’Associazione degli artisti olandesi a Roma nel 1623, la<br />

Schilderbent, creata in aperto contrasto con l’Accademia di S. Luca. Jacques Stella<br />

(Stellaert) a Firenze nel 1620 conobbe Jacopo Ligozzi,veneto, e nel ’33 a Roma fu<br />

seguace di Poussin. J. Susterman, ritrattista, fu attivo a Firenze dal 1621, pittore<br />

ufficiale della corte medicea, lavorò anche a Parma, Piacenza,Mantova, Ferrara e<br />

Genova. A. van Dyck,che studiò ad Anversa presso il “romanista” H. van Balen, nel<br />

suo soggiorno in Italia dal 1621 al ’27, a Genova, Roma, Venezia, Firenze, Palermo<br />

e ancora a Genova, si formò sulla pittura veneta e su quella bolognese; il<br />

soggiorno italiano ebbe in lui una funzione fortemente chiarificatrice; specie <strong>nei</strong><br />

ritratti egli trasse enorme profitto dai suoi severi studi perché il soggetto vi è<br />

inteso con somma freschezza e vivezza e il colorito vi è forte e luminoso. Studiò<br />

per alcuni anni in Italia anche uno dei suoi allievi, G. C. Bauer, celebre<br />

miniaturista. L. Finson nel 1622 a Napoli ebbe contatti diretti con il Caravaggio.<br />

Jan Bruegel il giovane fu a Milano, a Genova e dal 1622 al ’25 in Sicilia,<br />

distinguendosi come autore di soggetti sacri, profani e floreali. Jan Roos fu a<br />

Roma e nel 1622 a Genova,dove morì nel ’38, autore di nature morte e di figure di<br />

animali. Furono a Roma W. Pietersz, dal 1625 al ’28, Daniel Seghers, autore di<br />

nature morte, dal 1625 al ’27, e L. Cousin( Luigi Gentile o Luigi Primo ) dal 1625<br />

al ’55.<br />

P. van Laer, detto il Bamboccio, stabilitosi a Roma dal 1625 al ’38, iniziò un<br />

genere di pittura ripreso poi da un gruppo di pittori olandesi, fiamminghi e<br />

francesi, operanti a Roma dalla metà del secolo <strong>XVII</strong> fino ai primi decenni del<br />

successivo, che furono detti bamboccianti; essi diedero vita a un importante filone<br />

della pittura che sviluppò, sulla meditazione di idee caravaggesche (la libertà<br />

compositiva, il magistero nell’usare luci e ombre) un realismo antiretorico, di vena<br />

narrativa, con descrizioni di vita popolare e quotidiana. Essi diffusero nel nord-<br />

574


Europa l’idea di un’ Italia popolata di contadini abbigliati in maniera pittoresca,<br />

che conducono le greggi lungo le strade antiche in paesaggi immersi in una luce<br />

dorata; traevano ispirazione da un filone di pittura che aveva come tema lo<br />

scenario italiano (quello di Brill, Carracci, Domenichino, Poussin, Lorrain, Salvator<br />

Rosa, ecc.); si dedicarono alla scena urbana, con vedute e scorci di Roma, o scene<br />

ambientate in paeselli o in campagna, contribuendo ad attirare intorno all’Italia un<br />

fascino nuovo, un desiderio di conoscere da parte degli artisti e degli uomini di<br />

cultura stranieri.<br />

I bamboccianti ebbero largo seguito, in contrasto con la cultura figurativa del<br />

barocco romano; tra i più importanti seguaci di Van Laer citiamo J. Miel (dal 1636<br />

in Italia, prima a Roma e poi a Torino), G. B. Wenix (dal 1640 in Italia, per quattro<br />

anni presso il cardinale Giovan Battista Pamphili, futuro Innocenzo X), Gerard<br />

Terborch il giovane, già caravaggesco in Utrecht ( a Roma dal 1640 al ’42), J.<br />

Asselyn (a Roma dal 1641 al ’ 45), P. Wouwermann (mai in Italia), K. Dujardin (o<br />

Dugardjn, a Roma dal 1642 al ’47, quindi a Venezia ove morì nel ’78). M. Sweert,<br />

dopo un tirocinio con i caravaggeschi di Utrecht, visse in sodalizio con i<br />

bamboccianti a Roma dal 1648 al ’56, ma in seguito oscillò tra la corrente realista<br />

e quella classicista. E. Keil, detto Monsù Bernardo, fu a Roma dal 1656 al ’87;<br />

troviamo anche i francesi J. C. Richard de Saint-Non, pittore e incisore, e F.<br />

Duflos, per molti anni in Italia dal 1729.<br />

Riprendiamo ora l’elenco dei pittori che trattarono soggetti sacri e profani, storici<br />

e mitologici, ritratti e nature morte.<br />

A.van Diepenbeeck e J. Thomas visitarono l’Italia nel 1627 e nel ’38. M. Stomer nel<br />

1630 fu a Roma ove studiò con l’Honthorst; in seguito passò a Napoli e in Sicilia,<br />

diffondendo il luminismo, rappresentando fin oltre la metà del secolo l’ultima fase<br />

del movimento caravaggesco. Giovanni Fyt (o Feydt), a Roma dal 1630 al ’45,<br />

dipinse soprattutto nature morte. J. Van den Hoecke, già allievo del Rubens,<br />

lavorò a Roma. Michele de Amberes studiò a Genova con Giovanni Andrea de<br />

Ferrari. G. Damery verso il 1635 studiò a Roma con Pietro da Cortona. N.<br />

Bernaerts, allievo di Snyders, fu in Italia verso il 1640, dipingendo soprattutto<br />

animali. Giovanni Hourbraken eseguì pale d’altare a Messina nel 1635; il figlio<br />

Nicolino si specializzò in nature morte. B. Flémalle fu a Roma nel 1638. O. van<br />

Schvieck, detto Marseus, fu a Roma verso il 1640; C. Pietersz dal 1642 al ’45; vi<br />

lavorò anche J. De Haase, pittore di battaglie. Willem van Aelst fu a Firenze tra il<br />

1645 e il ’56. H. Verschuring soggiornò in città italiane dal ‘1646 al ’54. M.<br />

Desubleo, detto Michele Fiammingo, studiò e lavorò a Parma, Bologna, Venezia e<br />

Milano, influenzato dal Reni e dal Guercino. L. Defrance, noto per i suoi quadri di<br />

genere, fu a Roma dal 1655 al ’59. P. Mulier il giovane, detto il Tempesta, autore<br />

575


di celebri marine e di scene di tempesta, dal 1660 al ’70 lavorò a Roma, Venezia,<br />

Piacenza e Milano. Abraham Bruegel, detto il Napoletano, fu dal 11671 a Napoli<br />

ove fondò una scuola, e dopo un soggiorno a Roma si specializzò in fiori,<br />

risentendo del Cerquozzi. Furono in Italia negli anni ’70 J. Van Egmont, K. Van<br />

Vogelaer detto Carlo de’ Fiori (a Roma), Onofrio Loth (a Napoli), autore di nature<br />

morte alla Cerquozzi; D. de Coninck (dal 1670 al ’87); J. Voet (dal 1673 al ’78),<br />

ritrattista, influenzato dal Maratta,al servizio dei Colonna e degli Odescalchi;<br />

Pieter van Bloemen, detto Monsù Stendardo, a Roma dal 1674 al ’94, autore di<br />

dipinti di paesi, battaglie, animali e ritratti. J. Mieris il giovane fu nel 1680 a Roma<br />

dove morì nel ’90. Verso il 1690 soggiornò a Roma F. Werner von Tamm, noto<br />

come Monsù Duprait, autore di nature morte. Tra il <strong>XVII</strong> e il <strong>XVII</strong>I secolo troviamo<br />

Giovan Battista Bruegel, pittore di nature morte, a Roma e a Napoli; P. Angillis;<br />

Jacques van Oost il giovane, di formazione completamente italiana; J. E. Quellyn<br />

che fu a Roma e a Venezia, dove subì l’influsso di Paolo Veronese.<br />

All’inizio del secolo <strong>XVII</strong>I studiò a Firenze presso Tommaso Redi, pittore dallo stile<br />

classicheggiante, J. Grison; dal 1751 al ’82 fu a Roma J. Vermoelen, e J. Verhagen<br />

dal 1771 al ’73, immune dal neoclassicismo, allora imperante.<br />

Parliamo ora dei romanizzanti o romanisti, cioè di quel gruppo di paesaggisti che<br />

si ispirarono a un particolare aspetto della pittura italiana, al gusto del paesaggio<br />

laziale con rovine.<br />

La storia dei paesaggisti nordici italianizzanti del secolo <strong>XVII</strong> fu un prolungamento<br />

del dialogo che si era tenuto tra i Paesi Bassi e Venezia per tutto il ‘500; la pittura<br />

di paesaggio beneficiò in modo notevole degli scambi avvenuti a Venezia tra<br />

artisti come Sustris e Tiziano, tra Cort e Tiziano, tra Tintoretto e Paolo Veronese.<br />

I pittori olandesi si recano a Roma alla ricerca di una nuova suggestione<br />

d’atmosfera; il loro studio si compie a diretto contatto con la natura; nasce una<br />

pittura pastorale, in cui figure, rovine e paesaggio sono unificati da una luce<br />

dorata. Il paesaggio italiano inoltre, offrendo spunti di ispirazione romantica,<br />

contrappone la varietà della natura alla monotonia del paesaggio olandese.<br />

Citiamo tra i moltissimi pittori romanizzanti: J. Piynas, P. Lastman e H. Goudt che<br />

nel 1605 si raccolsero intorno ad Elsheimer; C. van Poelenburg, a Roma dal 1617<br />

al’23, uno dei fondatori della compagnia di pittori olandesi e fiamminghi, poi<br />

attivo a Firenze presso i Medici; B. Breembergh, a Roma dal 1620 al ’29, anch’egli<br />

tra i fondatori; W. Van de Wackert; A. Pynaker; H. van Swanevelt, detto Ermanno<br />

fiammingo, a Roma dal 1629 al ’38; J. Hoefnagel,anche incisore, che lavorò per il<br />

cardinale Farnese; Jan Both, vissuto a lungo a Roma e in altre parti d’Italia, noto<br />

per i suoi paesaggi idealizzati, animati da scene mitologiche e storiche,<br />

sull’esempio dei Carracci e di C. Lorrain, dagli effetti di aurora e tramonto; J.<br />

576


Hackaert, autore di paesaggi sul tipo di quelli del Both, idillici e delicati (bella<br />

veduta del lago Trasimeno), a Roma dal 1635 al ’38; L. Holstein che nel 1635<br />

restaurò le carte geografiche dipinte nella galleria del palazzo del Vaticano; J. De<br />

Bisshop; J. Glauber, detto Polidoro, anche incisore; J. Lingellbach, per sei anni a<br />

Roma; i già citati K. Dujardin e J. Asselyn; C. P. Berchem, anche incisore, che fece<br />

il primo viaggio in Italia dal 1642 al ’45, il secondo a Roma dal ’53 al ’55, forse il<br />

più noto dei paesisti olandesi italianizzanti, che ambientò scene di vita pastorale,<br />

spesso immerse in una calda luce dorata. Lo imitarono A: W. Van de Velde, a<br />

Roma nel ’53, con paesaggi di campagna e spiagge; P. A. Immenraet, a lungo a<br />

Roma dal 1670; Josse Momper III che operò per la famiglia Chigi e morì a Roma,<br />

dopo il 1688; Frans Bloemen, detto Orizzonte, a Roma dal 1687 al 1749, anno in<br />

cui morì; Isaac de Moucheron, detto Ordonnance, a Roma dal 1694 al ’97.<br />

Dipinti di vedute panoramiche o di ampie porzioni del tessuto urbano di Roma ,<br />

dal Campo Vaccino al Pincio, dal Vaticano al Gianicolo, ecc., furono eseguiti da<br />

molti artisti; la fisionomia della città barocca, interessata dalle straordinarie<br />

imprese architettoniche volute dai papi mecenati, a partire dalla fine del ‘500 fino<br />

al ‘700, ci è stata tramandata dalle opere di Gerard Terborch il vecchio, a Roma<br />

dal 1606 al ’09, autore di vedute esattissime della città; di Pieter Bloemen, detto<br />

Monsù Stendardo, con suo fratello Norbert, detto Cefalo; di Gaspar van Wittel, o<br />

Vanvitelli, detto “dagli occhiali”, alunno del vedutista M. Withoos (che era stato in<br />

Italia dal 1648 al ’50), operoso a Roma e in altre parti d’Italia, autore di celebri<br />

panorami di città, tra cui appunto Roma e dintorni, Venezia, Napoli, Verona,<br />

Firenze, ecc; di H. van Lindt, detto “Lo studio”, celebre vedutista, seguace del<br />

Vanvitelli, vissuto a Roma dalla gioventù alla morte(1763). Hanno lasciato vedute<br />

della città di Roma anche molti disegnatori e incisori, come L. Cruyl, L. de Lincher,<br />

C. Meyer, Cornelis Bloemart, F. Hogenberg, F. B. Werner, P. Schenk (sec. <strong>XVII</strong>-<br />

<strong>XVII</strong>I).<br />

Trattiamo ora dei pittori francesi.<br />

G. de la Tour fu a Roma a fianco dei protagonisti del naturalismo caravaggesco,<br />

cioè Gentileschi, Saraceni e Manfredi. S. Vouet fu dapprima a Venezia (1612),<br />

soggiornò poi a Roma dal ’14 al ’27, guardando al Caravaggio, quindi ai<br />

bolognesi, specialmente al Reni e al Guercino, ma anche al cromatismo veneto, e<br />

fuse queste esperienze in uno stile temperato e classicheggiante; tornato in<br />

patria, influì sulla grande decorazione pittorica francese. Furono con lui in Italia<br />

L. de Troyes, D. d’Auvergne, J. B. Viole. J. Le Clerc fu allievo dell’Elsheimer e del<br />

Saraceni, a Roma dal 1613 e a Venezia dal ’19, terminando i dipinti di questo<br />

maestro in palazzo ducale, unendo il luminismo caravaggesco al colore veneziano<br />

che portò in Lorena. L. Valentin de Boulogne, pittore di genere e di storie, fu a<br />

577


Roma nel 1614, allievo di Vouet e di Manfredi, fino al ’32, anno della sua morte;<br />

predilesse il mondo dei bassifondi romani, mentre <strong>nei</strong> quadri di soggetto religioso<br />

rivela una profonda aderenza allo spirito caravaggesco, così come <strong>nei</strong> paesaggi.<br />

G. Vignon, compagno di Vouet, contribuì invece a diffondere in Francia dopo il<br />

soggiorno romano del 1618 la corrente classicheggiante. N. Tournier fu a Roma<br />

dal 1619 al ’26, unendo la drammaticità caravaggesca all’esuberanza barocca. T.<br />

Bigot, a Roma dal 1620 al ’31, da alcuni storici è stato identificato con il<br />

Trufamond, autore di opere dai forti contrasti di luce, nel filone caravaggesco.<br />

Con il nome di Monsù Desiderio sono indicati due pittori lorenesi, attivi a Napoli<br />

contemporaneamente, e cioè Didier Barra, autore di minuziose vedute paesistiche,<br />

e F. de Nomé che eseguì vedute fantastiche ed irreali, all’origine del capriccio<br />

settecentesco, con quelle di Salvator Rosa. Nel 1623 fu a Roma presso il Vouet<br />

Charles Mellin, morto a Roma nel ’49. Dal 1624 fu presso lo stesso pittore Claude<br />

Mellan, pure incisore, e a Roma rimase fino al ’49, frequentò fino al ’36 <strong>Francesco</strong><br />

Villamena, pittore e incisore nell’orbita stilistica di Agostino Carracci. Nel 1624 fu<br />

a Venezia J. Blanchard, chiamato il Tiziano francese, giacchè di questo maestro e<br />

del colorismo veneto raccolse echi notevoli. G. François studiò con Vouet e poi<br />

con Guido Reni. Ricordiamo inoltre che lo stile caravaggesco si diffuse a Parigi per<br />

mezzo di O. Gentileschi, in Francia tra il 1623 e il ’25;L. de La Hyre ne subì<br />

l’influsso, dopo avere studiato a Fontainebleau.<br />

N. Poussin fino dalla giovinezza lega la propria vocazione artistica ad una<br />

nostalgia del mondo antico e allo studio della pittura italiana, osservata nelle<br />

collezioni reali; con questo bagaglio culturale, cui si aggiunse la conoscenza<br />

approfondita del manierismo della scuola di Fontainebleau e delle incisioni da<br />

opere di Raffaello e Giulio Romano, egli giunse a Roma nel 1624, raccomandato<br />

alla corte papale dal poeta Marino in quegli anni a Parigi, e vi restò fino alla morte<br />

(1665), tranne una parentesi di due anni a Parigi. Nell’ambiente artistico romano<br />

manifestò una singolare propensione verso quella moda spiccatamente neoveneta<br />

che allora coinvolgeva artisti d’estrazione diversa (Pietro da Cortona, Sacchi, Mola,<br />

Testa, ecc.) e che era favorita dalla presenza dei “Baccanali” di Tiziano, passati<br />

dalla corte estense al cardinale legato Aldobrandini.<br />

Nel raggio della suggestione tizianesca rientra la prima produzione italiana di<br />

Poussin; ma un nitido rigore disegnativi distingue già l’artista dalla sensibilità più<br />

liberamente proiettata verso effetti atmosferici di un Pietro da Cortona. Una<br />

singolare divaricazione si registra nella sua poetica con una fantasia che cresce<br />

su una profonda meditazione intellettuale; la poesia lirica del colore di Tiziano e<br />

la misura epica dell’ideale di Raffaello e dei grandi pittori del ‘600 bolognese; in<br />

578


sintesi, egli si ispirò ai principi di un rigoroso classicismo e allo studio dei modelli<br />

antichi. Fu suo collaboratore a Roma J. Lemaire.<br />

Per comprendere come la pittura francese del ‘600 sia giunta a questo ideale,<br />

ricordiamo che nel 1665 fu fondata a Roma l’accademia di Francia per offrire agli<br />

artisti francesi il modo di “là se former le goût et la manière”.<br />

Poussin era l’esempio da seguire, bisognava a tutti i costi diventare romani, anzi i<br />

più classicisti tra i classicisti romani. Il giudizio dato dal Bernini a Parigi che “la<br />

maniera degli artisti francesi è triste e meschina e che bisogna dare loro il senso<br />

della grandezza “ è la stessa idea espressa dal Poussin anni prima nella “maniera<br />

magnifica” e che presto si chiamerà il”grand goût”. Le copie dei dipinti antichi,<br />

come “Le nozze Aldobrandini”, e dei moderni, come le”Stanze” di Raffaello, si<br />

moltiplicarono e il Poussin diresse Lemaire e Nicolas Mignard in questo esercizio.<br />

Nel 1627 fu a Roma, dove morì nel ’89, C. Errard, nominato primo direttore<br />

dell’accademia di Francia. Guardarono alla grande pittura romana F. Terrier,<br />

allievo di Lanfranco nel 1629 e di Pietro da Cortona nel ’45, autore di due raccolte<br />

di incisioni di sculture antiche, e P. Dumoins. Bartolomeo Parrocel fu a Roma nel<br />

1630. C. A. Dufresnoy, a Roma dal 1633 al ’53, si ispirò a Carracci e a Tiziano,<br />

cercò di unire il colore veneziano alla composizione classica, scrisse un famoso<br />

poema “De arte graphica” in lode del colore e del Tiziano. Jean Tassel ( o Tasset)<br />

fu a Roma dal 1634 al ’45.<br />

Richard Tassel, formatosi nell’ambiente dei tardomanieristi di Fontainebleau,si<br />

volse poi alla pittura dei grandi maestri italiani; a 18 anni fu a Bologna presso<br />

Guido Reni, a Roma frequentò l’ambiente dei caravaggeschi, a Venezia maturò<br />

l’ispirazione per la scultura. S. Bourdon fu dal 1634 al ’37 a Roma e poi a Venezia,<br />

seguendo il gusto dei bamboccianti. Nicolas Mignard portò lo stile di Carracci,<br />

Albani e Reni in Francia, dopo due anni passati a Roma presso il Poussin, dal 1635<br />

al ’37, e poi nel ‘57; il fratello Pierre, a Roma dal 1635 al ’57, guardò soprattutto<br />

ai Carracci. J. Boulanger, allievo di Guido Reni, fu poi pittore di corte a Modena. L.<br />

Baugin, per i suoi dipinti religiosi ispirati a quelli di Guido Reni, fu detto “le petit<br />

Guide”. Jacques Courtois, detto il Borgognone, fu per quindici anni in Italia, lavorò<br />

a Milano e a Roma, attratto dallo stile di Cerquozzi e dei bamboccianti; il fratello<br />

Guglielmo fu alla scuola di Pietro da Cortona (1635), morì a Roma nel ’79. Fu a<br />

Roma dal 1642 M. A. Restout, seguace di Poussin. Nello stesso anno vi andò C. Le<br />

Brun che restò fino al ’46, subendo Poussin, Raffaello e i bolognesi, divenendo poi<br />

a Versailles il pittore ufficiale di Luigi XIV. Nello stesso periodo furono a Roma gli<br />

incisori e pittori R. La Fage e N. Chapron (m.1656) e J. B. Monnoyer, celebre per le<br />

nature morte. Thomas Blanchet soggiornò a Roma dal 1649 al ’53, a contatto con<br />

Algardi, Poussin, Le Brun e Sacchi, autore di soggetti sacri e mitologici. L. Dorigny<br />

579


fu a Venezia e a Verona e a Roma nel 1671, pittore di storie. Giuseppe<br />

Parrocel,detto “delle battaglie”, seguace di S. Rosa, dal 1667 al ’75 fu a Roma e a<br />

Venezia. Studiarono a Roma Noël e Antoine Coypel, padre e figlio (1672-’76); si<br />

ispira a Pietro da Cortona il loro soffitto della cappella di Versailles. A. Rivalz fu a<br />

Roma tra il 1687 e il 1701. Ignazio Parrocel il vecchio viaggiò per l’Italia dal 1690<br />

al 1704. N. Vleughels venne in Italia nel 1696, soggiornò a Roma e a Venezia , dal<br />

1724 al ’37 diresse l’accademia di Francia; furono suoi allievi Adam, Bouchardon,<br />

Van Loo, Natoire, Pigalle, Boucher, fino a Subleyras. J. C. de la Fosse che a Roma e<br />

a Venezia studiò i grandi decoratori, li imitò nelle sue opere a Parigi e a Versailles,<br />

volgendosi, alla pari di J. Jouvenet, a un linguaggio apertamente barocco; nelle<br />

decorazioni del Louvre, delle Tuileries, e nel lavoro più notevole, la cupola de “Les<br />

Invalides” rappresentò la reazione a Le Brun e all’accademismo. Pietro Parrocel<br />

frequentò la studio di Carlo Maratta. Carlo Parrocel fu a Roma dal 1712 al ’21.<br />

Stefano Parrocel, detto il romano, vi arrivò ne 1717, vi divenne accademico di S.<br />

Luca e vi lavorò quasi sempre. F. Lemoyne, formatosi alla scuola della grande<br />

decorazione veneziana, che aveva potuto conoscere dapprima a Parigi, attraverso<br />

A. Pellegrini, e più tardi in Italia (1723) sugli esempi di Sebastiano Ricci a Venezia,<br />

Carracci, Pietro da Cortona e Bernini a Roma, e <strong>Francesco</strong> Solimena a Napoli, fu un<br />

grande decoratore, arrivando a una pittura luminosa e vivace, adatta ai suoi<br />

grandiosi cicli decorativi di Versailles e St. Sulpice.<br />

Il Watteau, mai in Italia, ebbe modo di conoscere le opere di Raffaello, Correggio,<br />

Parmigianino, Paolo Veronese, Tiziano, messe a sua disposizione nel palazzo del<br />

collezionista Crozat.<br />

F. Boucher fu in Italia dal 1728 al ’31, studiò il Correggio e i grandi decoratori,<br />

Carracci, Pietro da Cortona e il Tiepolo. Carlo van Loo studiò a Roma dal 1728 al<br />

’34 presso Benedetto Luti; il fratello Giovan Battista lavorò a Roma e a Torino.<br />

Vissero per molti anni a Roma Gabriel Blanchet dal 1728, autore di quadri storici,<br />

mitologici e religiosi e di ritratti (frequentò lo studio del Mengs), e P. Subleyras,<br />

dal 1728 al ’49, anno in cui morì, tutti e due personalità centrali del pre-<br />

neoclassicismo. Pure nel ’28 si recarono a Roma M. F. Dandré-Bardon e C.<br />

Natoire; questi ebbe grande fama a Parigi con le eleganti composizioni ben<br />

adatte ai temi mitologici (ricordo del classicismo romano),cari al galante gusto<br />

rococò; tornò a Roma nel ’51 come direttore dell’accademia di Francia e morì a<br />

Castelgandolfo nel ’77.Ignazio Parrocel il giovane fu a Roma dal 1730 al ’40.Dal<br />

1735 al ’40 vi operò J. B. Pierre, dal ’38 al ’51 fu direttore dell’accademia di<br />

Francia J. F. de Troy, successore di Vleughels; A. de Favray, a Roma dal 1738 al<br />

’44, e J. Barbault, dal 1748 al ’66, anno in cui morì, si distinsero per la scelta di<br />

580


soggetti pittoreschi. C. F. de la Traverse lavorò a Roma dal 1748 al ’54. J.<br />

Duplessis fu allievo a Roma del Subleyras dal 1749 al ’57.<br />

G. B. Greuze maturò il proprio stile studiando la pittura bolognese (specialmente<br />

G. Reni e Dolci) e romana del secolo; viaggiò in Italia dal 1756 al ‘57. Troviamo a<br />

Roma J. B. Deshays, detto il romano, dal 1751 al ’54; J. H. Fragonard, discepolo di<br />

Natoire, dal 1756 al ’61 con l’abbé de Saint-Non, guardando ai Carracci e a Pietro<br />

da Cortona( fu poi a Parma e nel ‘73 a Venezia dove si dedicò alla copia del<br />

Tiepolo); J. Aubry e B. Gagnereaux dal 1776 al ’93 (quest’ultimo si recò poi a<br />

Firenze dove morì nel ’95), e Pietro Ignazio Parrocel, anche incisore, morto nel<br />

1775.<br />

Ricordiamo che fu a Roma verso il 1765 il ginevrino J. E. Liotard, celebre ritrattista<br />

in smalto e a pastello.<br />

Molti artisti francesi trassero ispirazione dal paesaggio italiano e dalle vedute di<br />

Roma. Già verso la fine del secolo XVI troviamo E. de Martellange. Celebre fu C.<br />

Gellée (C. Lorrain ), detto il Lorenese, che dal 1613 visse quasi sempre a Roma<br />

dove morì nel ’82; fu in gioventù nella bottega di Agostino Tassi, quadraturista e<br />

paesaggista, che era stato dapprima influenzato da Brill ed Elsheimer, poi portato<br />

a un sentimento più classico, desunto dal Domenichino. Il Lorenese, a contatto<br />

con la cerchia dei nordici, soprattutto con Swanevelt, fu stimolato per una<br />

osservazione minuta delle cose, per un’analisi della realtà; l’altro aspetto fu il<br />

classicismo dei bolognesi, il cui processo di idealizzazione del paesaggio gli<br />

consentì in parallelo con Poussin di elaborare e filtrare in atelier gli appunti e i<br />

disegni presi dal vivo, di organizzarli secondo una visione ideale della natura;<br />

l’artista, vero erede della poesia di Giorgione, dipinse la campagna romana con<br />

animo quasi romantico. G. Dughet, allievo e seguace di N. Poussin, nato e vissuto<br />

quasi sempre a Roma, guardò al Lorenese nelle sue ampie vedute della campagna<br />

romana con pittoresche rovine. C. J. Vernet, in Italia dal 1734 al ’53, accademico<br />

di S. Luca, seppe cogliere i valori luministici e atmosferici del paesaggio italiano<br />

(Baia di Napoli, Campagna romana), formandosi alla scuola di Andrea Locatelli,<br />

artista dal gusto arcadico e pittoresco, e di Giovan Battista Pannini,vedutista che<br />

rese immagini di paesaggi con fantastiche architetture e rovine. J. B. Lallemand fu<br />

a Roma e a Napoli dal 1744 al ’58. Verso il ’50 soggiornò a Roma J. N. Julliard.<br />

Ebbe importanza per la nuova concezione delle vedute romane il Natoire: egli<br />

spinse i giovani borsisti a uscire dagli studi e a disegnare la città dal vero; Roma<br />

dai molteplici volti, antica, medioevale e moderna,diventa il tema prediletto di<br />

tutta una generazione di artisti (Robert, Fragonard, Amand, Desprez, Nicolle,ecc.).<br />

581


Anche il carnevale e le tradizioni popolari romane diventano motivi di<br />

ispirazione:ne lasciarono magnifici esempi anche disegnatori e incisori, come J. B.<br />

Pierre. J. M. Vien (a Roma nel 1748) e Fragonard.<br />

A. Manglard, allievo di G. Vanvitelli, visse a lungo a Roma,ove morì nel 1760;<br />

lavorò al servizio dei Rospigliosi, si ispirò alla campagna romana (celebri le vedute<br />

di Maccarese e Zagarolo) e fu autore di marine. H. Robert, a Roma dal 1754,<br />

discepolo di Giovan Battista Pannini, conobbe le incisioni del Piranesi,<br />

specializzandosi come pittore di rovine; nel ’61 visitò Tivoli e la campagna<br />

romana con l’abbé di Saint-Non e con J. H. Fragonard, con il quale ebbe in<br />

comune il patetico senso della fragilità umana che tradusse nel prediletto genere<br />

delle vedute di rovine, con animo quasi romantico, nel paesaggio italiano di<br />

ispirazione classicheggiante e archeologica e nel “capriccio” pittoresco; Robert<br />

ripartì da Roma nel ’65. C. F. Lacroix (Grenier) fu a Roma tra il 1754 e il ’61,<br />

celebre per le marine. J. H. Fragonard fece un secondo viaggio in Italia, dal 1773<br />

al ’75, andando da Roma a Napoli con Bergeret de Grandcourt, autore del diario di<br />

viaggio, e con F. N. Vincent. P. Prudon fu in Italia dal 1785 al 1789, attratto dai<br />

marmi antichi e dallo sfumato della pittura leonardesca.P.Prudon fu in Italia dal<br />

1785 al 1789,attratto dai marmi antichi e dalla pittura leonardesca.<br />

Tra il 1590 e il 1620 la pittura spagnola prende il suo corso maggiore con lo<br />

studio dei pittori italiani, soprattutto di Caravaggio e dei caravaggeschi.<br />

La scuola di Valencia è la prima ad accogliere il nuovo naturalismo con F. de<br />

Ribalta che durante un viaggio in Italia alla scuola dei Carracci conobbe la pittura<br />

di Sebastiano del Piombo, del Correggio e di Raffaello, arrivando poi<br />

all’esperienza realistica caravaggesca; <strong>nei</strong> disegni si espresse con la tecnica del<br />

Cambiaso. Il Ribalta influì su G. de Ribera, detto lo Spagnoletto, che soggiornò a<br />

lungo in Italia, specie a Napoli, maturando uno stile dallo straordinario vigore<br />

formale; egli, reduce dalle prime esperienze romane, giunse a Napoli nel 1616 e vi<br />

rimase, dirigendo una fiorente scuola. Citiamo inoltre J. J. De Espinosa, allievo del<br />

Ribalta, che studiò all’accademia ispano-italiana a Valencia e fu poi a Bologna.<br />

La scuola andalusa, specie quella di Siviglia, fu dapprima sotto l’influsso della<br />

corrente “romanista” come in J. De las Roelas, seguace in Italia dei Carracci, poi si<br />

accostò al luminismo caravaggesco; ciò si può notare in parte nella pittura di<br />

Zurbaran e nelle opere giovanili di Murillo. Verso il 1620 fu a Roma J. Martinez di<br />

Saragozza.<br />

La scuola di Castiglia ebbe il più alto rappresentante in D. Velasquez che si recò a<br />

Roma nel 1630 su consiglio di P. P. Rubens, allora in Spagna; fu ospite del<br />

cardinale <strong>Francesco</strong> Barberini, conobbe il suo segretario Cassiano del Pozzo,<br />

582


grande collezionista di opere d’arte; influenzato in gioventù dal Caravaggio e dai<br />

suoi seguaci spagnoli, fu poi attratto da Poussin, Pietro da Cortona, Sacchi,<br />

Algardi (tutti dell’orbita raffaellesca e carraccesca); prima di imbarcarsi per<br />

Barcellona, a Napoli conobbe il Ribera; di nuovo a Roma nel ’49, fu nominato<br />

accademico di S. Luca e dei Virtuosi al Pantheon; a Venezia acquistò opere di<br />

Tiziano, Paolo Veronese e il bozzetto del Tintoretto per il Paradiso di palazzo<br />

ducale che pagò ben 12000 scudi; l’Italia divenne così più di una parentesi, il<br />

momento basilare di un’intera esistenza; tornato in patria, il ricordo classico della<br />

sua esperienza romana si fuse con il “colpo venetian” in modo semplice e<br />

armonico.<br />

Citiamo altri pittori spagnoli che subirono l’arte italiana: J. A. Escalante, allievo in<br />

patria di Francisco Rizi (o Ricci, figlio del pittore italiano Antonio emigrato in<br />

Spagna), fu influenzato soprattutto da Tintoretto e Tiziano. Claudio Coello, allievo<br />

dello stesso Rizi, fu in Italia tra il 1656 e il ’64, risentendo nelle tele dell’arte dei<br />

veneti e negli affreschi di quella di Pietro da Cortona. J. De Arellano in gioventù<br />

imitò Mario de’Fiori. F. Herrera il giovane verso il 1650 studiò a Roma dove si fece<br />

conoscere per le nature morte, innestando nella sua pittura effetti luministici,<br />

mediati dai veneti. Del luminismo veneziano risentì il madrileno C. J. V. Antolinez.<br />

A. Palomino de Castro (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I) subì in patria l’influsso di Luca Giordano. F.<br />

Perez Sierra ( sec. <strong>XVII</strong>I) fu allievo a Napoli di Aniello Falcone. S. Muñoz studiò a<br />

Roma con Carlo Maratta. A. Gonzales Velasquez fu allievo di Corrado Giaquinto, a<br />

Roma dal 1751 al ’55 e poi dal ’58 al ’64. M. Maella vi compì i suoi studi ( verso il<br />

1760), così come D. Palacio. L. Melendez, nato a Napoli, fu attratto dal Recco e<br />

dal Ruoppolo, diventando celebre come autore di nature morte. F. Goya y<br />

Lucientes nel 1766 conobbe il Tiepolo a Madrid, entrò nella cerchia del<br />

neoclassico R. Mengs; per consiglio di questo compì un viaggio a Roma, nel ’70 fu<br />

a Parma dove vinse il secondo premio in un concorso indetto dall’accademia<br />

d’arte; nel ’72 fu a Saragozza (gli affreschi di N. S. del Pilar rivelano l’influenza del<br />

Tiepolo).<br />

Tra i pittori portoghesi citiamo F. Vieira de Matos( detto Vieira lusitano) (sec.<strong>XVII</strong>I),<br />

discepolo a Roma del Luti e del Trevisani; A. Gonçalves, discepolo a Lisbona di<br />

Giulio Cesare da Temine, pittore seguace del Maratta e di Sebastiano Conca nelle<br />

tele di soggetto religioso.<br />

Passiamo ai pittori dell’area germanica che nel periodo barocco e rococò subirono<br />

gli influssi dell’arte italiana.<br />

Elsheimer fu a Venezia e nel 1600 a Roma, si accostò al caravaggismo per lo stile<br />

luministico; sotto l’influsso della pittura veneziana e poi di Annibale Carracci<br />

divenne uno dei creatori del realismo paesaggistico moderno. G. Wals fu nel 1614<br />

583


a Napoli, dal ’16 al ’18 presso Agostino Tassi che lo influenzò, lavorò dopo il<br />

1620 con C. Lorrain, nel ’30 fu a Genova e a Savona, di nuovo a Napoli nel ’32,<br />

morì in Calabria nel ’40. J. Liss fu a Roma dal 1622 al ’24 e a Venezia dal ’24 al<br />

’29, anno in cui morì; subì l’influsso del Caravaggio, di Rubens e dei veneti,<br />

prediligendo una pittura di esuberante ricchezza cromatica. Joachim Sandrart,<br />

pittore e incisore, viaggiò in Italia dal 1627 al ’35, a Venezia dove studiò Tiziano e<br />

Paolo Veronese, a Firenze, a Roma, a Napoli e in Sicilia, scrisse un trattato sui<br />

pittori allora operanti a Roma (Bernini, Sacchi, Domenichino, Poussin, ecc.). J.<br />

Boechorst fu in Italia dal 1630 al ’39. J. H. Schönfeld si perfezionò a Napoli e a<br />

Roma nel 1633, influenzato da Massimo Stanzione e Bernardo Cavallino,<br />

caravaggeschi. F. Gümpp, austriaco, studiò presso Guido Reni. Lo svizzero C.<br />

Störer, dal 1640 a Milano per molti anni, fu allievo di Ercole Procaccini il giovane.<br />

Dal 1650 al ’54 soggiornò a Roma Johann Heinrich Roos, detto Rosa da Tivoli, che<br />

dipinse paesaggi dal vero della campagna romana e di Tivoli e si specializzò in<br />

figure di animali. A Venezia si stabilì nel 1657 Johann Karl Loth, allievo di Pier<br />

Liberi, che ottenne largo successo con una pittura di acceso naturalismo,<br />

risentendo della tradizione locale e delle correnti caravaggesche, anche se in<br />

seguito la sua maniera si fece più pacata e più chiara per influenza, forse, del<br />

Maratta. D. Seiter, austriaco, detto Monsù Daniele o Daniele fiammingo, fu allievo<br />

a Venezia del Loth(1657) e a Roma del Maratta, per poi andare a Torino. Presso il<br />

Loth fu anche J. Rottmayr, decoratore austriaco. H. A. Veissenkirchner fu a Roma<br />

nel 1675, studiò l’arte di Pietro da Cortona e i bolognesi, a Venezia avvicinò G.<br />

Langetti e A. Zanchi, attraverso i quali conobbe la scuola napoletana, formandosi<br />

così uno stile eclettico. C. Reder, detto monsù Leandro, fu dal 1686 a Roma dove<br />

morì nel 1729,servì i Rospigliosi a Zagarolo, noto come pittore di battaglie, di<br />

bambocciate, di frutta. Barocchi in senso rigoroso furono J. Spillenberg (o<br />

Spilnberg), ungherese, che a Venezia subì l’influsso del Tintoretto, e i fratelli<br />

Schor, figli di quel Giovanni Paolo, assistente del Bernini, condotti a Napoli dal<br />

marchese del Carpio, ambasciatore spagnolo, divenuto viceré di Napoli dal 1683<br />

al ’87, che raccolse e portò in patria vari quaderni di disegni della scuola<br />

napoletana; con loro fu anche il giovane Fischer von Erlach che a Napoli ebbe<br />

tempo di organizzare un maestoso “teatro del mare”, per poi andarsene a<br />

costruire la Vienna barocca. Ignazio Stern si stabilì a Roma verso il 1700; suo<br />

figlio Ludovico, nato e morto a Roma, fu attivo in grandi imprese di commissione<br />

chiesastica o di privata destinazione (presso i Borghese). Dal 1711 al ’13 studiò a<br />

Roma presso C. Ghezzi Cosmas Damian Asam che portò a Monaco lo stile<br />

romano, influendo sulla pittura del suo allievo M. Günther, attratto poi dai<br />

contempora<strong>nei</strong> veneti. T. C. Scheffler subì influenze del Pozzo attraverso l’Asam.<br />

584


J. Hackoffer, austriaco, studiò a Roma. Il suo connazionale M. Görz studiò a<br />

Venezia, Padova, Pavia e Roma. C. Berentz lavorò quasi sempre a Roma, dove morì<br />

nel 1722, dedicandosi alla natura morta nel sontuoso gusto del Cerquozzi. G. P.<br />

Rugendas fu a Venezia nel 1692 e passò molti anni in Italia, celebre come pittore<br />

di battaglie. Tra il 1700 e il ’09 soggiornò in Italia A. Pesne, di origine francese,<br />

studiò a Roma, a Napoli, e nel 1710 a Venezia, diventando il pià insigne<br />

decoratore tedesco del secolo, influenzato dallo stile del Tiziano e del Veronese.<br />

D. Gran, austriaco, studiò dapprima presso Sebastiano Ricci a Venezia, quindi fu<br />

presso il Solimena e i pittori della scuola napoletana. M. Speer fece un viaggio a<br />

Napoli e subì l’influsso del Solimena. Johan Jakob Zeiler (o Zeiller), austriaco,<br />

studiò a Napoli presso il Solimena e a Roma presso Sebastiano Conca. Franz<br />

Anton Zeiler fu a Roma presso il Giaquinto e a Venezia presso Sebastiano Ricci. M.<br />

Tuscher, per qualche tempo in Italia, subì influssi del Maratta e di Sebastiano<br />

Conca. Johann Heinrich Tischbein il vecchio fu a Venezia presso il Piazzetta. F.<br />

Sigrist, austriaco, e P. Troger, di Monguelfo, studiarono a Venezia,subendo<br />

l’influsso di Tiepolo e Piazzetta; il secondo fu poi a Napoli dove seguì il Solimena<br />

e il Giordano. J. Zick si rifà alla scuola prospettica di padre Pozzo <strong>nei</strong> grandi<br />

affreschi, eseguiti in patria. J. A. Peters a Roma fu membro dell’accademia di S.<br />

Luca. La seconda generazione dei pittori austriaci si muove attorno alla<br />

personalità di Maulbertsch che guarda al Tiepolo e agli altri grandi veneziani per il<br />

dominio dello spazio pittorico. Tra i romanizzanti citiamo U. Franck (sec. <strong>XVII</strong>), S.<br />

M. von Sandrart (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), M. Engelbrecht e lo svizzero J. Meuer (sec. <strong>XVII</strong>I).<br />

Di formazione completamente italiana fu F. Habermann, ornatista e incisore,<br />

autore di una bella veduta prospettica di Roma.<br />

Tra i paesisti troviamo J. F. Beich, in Italia tra il 1700 e il ’09 ( fu a Livorno, Roma e<br />

Napoli), vicino allo stile di S. Rosa, Lorrain, Dughet.<br />

Tra i pittori dell’area britannica: J. M. Wright fu nel 1648 accademico di S. Luca a<br />

Roma; G. Kneller frequentò lo studio del Maratta, risentì della sua pittura e di<br />

quella del Baciccia, e fu anche a Venezia; W. Kent studiò a Roma dal 1709 al ’19<br />

presso Benedetto Luti; J. Smibert, scozzese, fu in Italia dal 1717 al ’20, copiando<br />

opere di Raffaello, Tiziano, Rubens e van Dyck; S. Scott, si ispirò al Canaletto che<br />

era appena giunto a Londra (1742); G. Knapton, ritrattista e incisore, soggiornò in<br />

Italia verso il 1740; fu allievo del Verrio a Londra J. Thornhill.<br />

Per gli artisti britannici attivi in Italia negli ultimi decenni del <strong>XVII</strong>I secolo si<br />

rimanda alla lezione sul neoclassicismo.<br />

Tra i boemi che subirono l’arte italiana citiamo K. Screta che fu in Italia dal 1630<br />

al ’38, studiò i veneti, particolarmente Paolo Veronese, e lavorò nella bottega del<br />

Reni a Bologna, subendo influssi del Carracci e del Guercino; P. Brandl che s’ispirò<br />

585


al tardo caravaggismo e studiò le opere dei veneti nella galleria del castello di<br />

Praga; J. Kupezki che studiò Correggio, Tiziano e Reni e operò dal 1700 al ’09 a<br />

Roma, aprendo uno studio; U. Reiner, perfezionatosi in Italia, che si accostò alla<br />

maniera del Pozzo; J. C. Kracher, moravo, influenzato dalla pittura veneta; F. X.<br />

Palko, di Breslavia, che studiò a Venezia.<br />

Tra i polacchi citiamo F. Lekszycki che studiò in Italia e subì il caravaggismo; S.<br />

Czechowicz, allievo del Maratta; E. Szymonowicz-Siemiginowski, formatosi a<br />

Roma, così come T. Kuntze, detto Taddeo Polacco, seguace dei modi tardo-<br />

barocchi romani (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I).<br />

Tra i danesi troviamo Monsù Bernardo (sec. <strong>XVII</strong>), attivo a Roma, Bergamo e<br />

Ravenna; H. Krock (sec.<strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), pittore di soggetti storici,che studiò con il<br />

Maratta a Roma.<br />

Tra gli svedesi D. K. Ehrenstrahl, a Roma presso Pietro da Cortona verso il 1650,<br />

barocco negli affreschi, subì <strong>nei</strong> quadri di soggetto religioso influssi di<br />

Michelangelo e Rubens; G. de Marées a Venezia risentì dello stile del Piazzetta; J.<br />

Richter, vedutista, operò anch’egli a Venezia dal 1695 al 1745; A. Roslin, famoso<br />

ritrattista, fu in Italia nel 1747.<br />

In Grecia <strong>nei</strong> <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I la pittura di icone si ispirò all’arte italiana; la<br />

maggior parte degli agiografi compì a Venezia i propri studi e fu influenzata<br />

dall’arte del Cinquecento e del Settecento veneto; citiamo Doxaras, ammiratore<br />

del Veronese, e Koutoùzes, discepolo del Tiepolo.<br />

Nei <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I operarono in Italia numerosi incisori stranieri. J. Callot fu<br />

indotto dal pittore Bellange, che gli descrisse con entusiasmo le opere d’arte viste<br />

, a visitare le città italiane; nel 1608 si unì all’ambasciata inviata da Enrico IV al<br />

papa; suoi compagni a Roma furono i pittori Henriet e Deruet; nel 1612 si recò a<br />

Firenze,dove conobbe Poccetti, M. Rosselli e G.da San Giovanni che lo<br />

influenzarono molto nel disegno, e studiò le incisioni di Parigi e Cantagallina; nel<br />

’21 tornò in patria. A Roma sotto la guida del connazionale P. Thomassin apprese<br />

l’incisione per copertura, ideata dal Barocci; trovò in Italia influssi decisivi per la<br />

sua formazione, perfezionando la tecnica del bulino,copiando opere dei manieristi<br />

e di Carracci; a Firenze si cimentò nell’acquaforte e predilesse in seguito questa<br />

tecnica che gli permise effetti di più ampia libertà ed espressività di linee.<br />

Matteo Greuter, a Roma dal 1606, delineò una pianta della città e una carta<br />

d’Italia, in dodici fogli, la più grande pubblicata fino allora.<br />

Tra i seguaci della maniera di Marcantonio Raimondi citiamo J. Morin, J. Boulanger<br />

e J. Lutma. Incisero nel gusto di Stefano della Bella V. Regnard (a Roma dal 1630<br />

al ’50), I. Silvestre, anche pittore, che fu più volte in Italia (celebri le sue vedute di<br />

città italiane, Roma, Firenze, Venezia,ecc.) e, in ordine alfabetico, Bernard, F,<br />

586


Chavenau, N. Cochin, F. Collignon, Girardin, C. Goyrand, Le Dolceur, Mayreau, M.<br />

Natalis, F. Poilly, van Marlen,ecc. Ricordiamo che la fama di cui godeva a Parigi<br />

salvò Stefano della Bella da un tentativo di violenza da parte di un gruppo di<br />

parigini contrari al partito di Mazzarino e degli Italiani che allora contava molto in<br />

Francia; l’incisore fu riconosciuto da alcuni e sottratto all’ira della folla.<br />

Tra gli olandesi venuti in Italia Jan Both (a Roma nel 1639) e Nicolas Berchem si<br />

possono considerare i più grandi incisori italianizzanti per le loro composizioni<br />

agresti; paesista fu anche Andries Both, morto a Venezia nel 1642.<br />

Nel secolo <strong>XVII</strong> Roma continuò ad essere il centro dell’incisione artistica; vi<br />

impiantarono tipografie C. Duchet, E. van Schoel, P. Springer, N. van Aelst, P.<br />

Schenk. Nel 1631 Vincenzo Giustiniani decise di fare riprodurre i pezzi più<br />

prestigiosi della sua collezione archeologica (statue, busti, sarcofagi,ecc.)in una<br />

serie di tavole incise a bulino, vero e proprio catalogo illustrato, primo nel suo<br />

genere nella storia del collezionismo, che intitolò “Galleria Giustiniana”; allo scopo<br />

incaricò una fitta schiera di disegnatori e incisori attivi a Roma ma anche fatti<br />

venire appositamente dall’estero, alcuni dei quali risedettero durante l’impresa nel<br />

palazzo Giustiniani, creandovi una sorta di accademia di grafica. Tra gli stranieri<br />

citiamo C. Audran, C. Bloemaert, J.Frederick e Matteo Greuter,G. Ladame, T.<br />

Matham, C. Mellan, M. Natalis, R. van Persyn, V. Regnard, J. Van Sandrart; si arrivò<br />

così alla creazione di 322 matrici.<br />

Per quanto riguarda le stampe originali dei grandi incisori italiani, si sa che erano<br />

molto diffuse in Europa, da quelle di Marcantonio Raimondi e di Federico Barocci,<br />

a quelle di Annibale Carracci, di Pietro Testa,detto il Lucchesino, di Stefano della<br />

Bella, di Antonio Tempesta, di Salvator Rosa, di Benedetto Castiglioni, detto il<br />

Grechetto, ecc.<br />

Molti incisori stranieri coltivarono in sommo grado la riproduzione di dipinti di<br />

maestri italiani (Raffaello, Giulio Romano, Michelangelo, Tiziano, Tintoretto, Paolo<br />

Veronese, Pietro da Cortona, Carracci, Domenichino, Ciro Ferri, ecc.),<br />

diffondendone la conoscenza in Europa; citiamo G. C. Adler, J. Amman, C. Audran,<br />

J. Barbault, J. Baron, D. Barrière, C. Bloemaert (morto a Roma nel 1680, autore di<br />

circa 400 fogli), J. Blondeau, G. Chasteau, A. Choiseul-Gouffier, R. Collin, J.<br />

Comin, C. de la Haye, J. Deseine, N. Dorigny, J. Episcopus, B. Farjat, G. G.Frey, J. F.<br />

Greuter, W. Hamilton, J. Haussart, W. Hollar, W. Killian, B. Lepicié, J. Mathan, G.<br />

Merigot, J. Moucheron, F. Nodot, G. Perelle, J. Pesne, C. Randon, R. Rouhier,<br />

Raffaele e Giulio II Sadeler, F. Spierre, G. Vallet, R. van Audenard, L. Visscher, L.<br />

Vosterman, S. Vouillemont, C. T. Weiling, A. Westerhout, G. Wouters,ecc.<br />

587


Le riproduzioni dei dipinti costituirono, oltre che la migliore fonte d’ispirazione<br />

per gli artisti, il libro di testo per gli studenti di tutte le accademie d’arte<br />

d’Europa, soprattutto per quelli che non ebbero modo di recarsi in Italia.<br />

Si sa che numerose incisioni giunsero a Rembrandt per mezzo di C. de Jongle,<br />

amico editore e mercante di stampe; il pittore aveva anche, nel proprio studio,<br />

dipinti di Giorgione, Raffaello, Palma il vecchio, Bassano, Carracci, ecc. tanto che<br />

poteva rispondere a chi gli chiedeva il perché del suo rifiuto di recarsi in Italia ,<br />

che lì poteva benissimo studiare l’arte italiana, tante erano le riproduzioni<br />

circolanti e numerosi gli originali di pittura sott’occhio.<br />

Ora diamo inizio all’elenco dei pittori italiani che svolsero attività all’estero <strong>nei</strong><br />

<strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I.<br />

Nel 1607 Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, si imbarca da Napoli per l’isola<br />

di Malta; qui, accolto con grandi onori, è insignito della Croce di Cavaliere di<br />

grazia; egli sarebbe potuto diventare il pittore ufficiale dell’Ordine, invece la sua<br />

dimora laggiù fu come sempre di breve durata, fino al 6 ottobre 1608, giorno in<br />

cui, scalato il muro del carcere dove era stato rinchiuso per un’offesa fatta a un<br />

cavaliere di giustizia,fuggì su una feluca a Siracusa, tanto rapidamente “che non<br />

potè essere raggiunto”. Le opere eseguite a Malta sono: “S. Girolamo”,<br />

“Decollazione del Battista” per la cattedrale di La Valletta,il ritratto del gran<br />

maestro dell’Ordine in piedi, un altro dello stesso seduto, “Amore dormiente” e “S.<br />

Giovanni Battista alla sorgente”.<br />

Seguirono il maestro nell’isola Lionello Spada e Mario Minniti.<br />

Vi fu anche Mattia Preti; trasferitosi nel 1661 da Roma, dove era stato insignito<br />

del cavalierato dell’Ordine, diventa il pittore ufficiale e lavora con grandissimo<br />

fervore ; affresca l’abside, la volta e la lunetta della chiesa di S. Giovanni, dipinge<br />

numerose tele per l’isola e per l’estero; è sepolto con altri nobili nella chiesa di S.<br />

Giovanni che costituisce uno dei più grandiosi complessi del ‘600 italiano per le<br />

numerose opere che l’adornano.. Fecondo ripetitore delle proprie invenzioni,il<br />

Preti impegnò la colta creatività in decorazioni solenni e sontuose che ebbero<br />

largo seguito.<br />

Lavorarono per chiese e palazzi di Malta Giuseppe Arena, Jacopo da Petralia,<br />

l’Orbetto, ecc; vi fu anche Giuliano Pericciuoli che <strong>nei</strong> suoi lunghi viaggi nel<br />

Mediterraneo e in Oriente si fermò anche a Costantinopoli e in Egitto.<br />

Per la qualificazione del gusto pittorico iberico all’inizio del secolo <strong>XVII</strong> bisogna<br />

valutare l’influenza esercitata dall’opera di Orazio Borgianni, e la presenza in<br />

Spagna dal 1611, e per tutta la vita, di Giovan Battista Maino (o Mayno),<br />

caravaggeschi. Il primo a Roma stringe amicizia con il pittore francese P. Orfelin,<br />

abitante a Saragozza, cui si deve se, non ancora ventenne, va in Spagna (1593),<br />

588


dove rimane fino al 1608; vive a Valladolid, sede della corte; il più importante<br />

gruppo delle sue opere si trova nel convento di Porta Coeli di quella città, ma altre<br />

tele sono in chiese e palazzi di città spagnole. Il Maino (Fray), forse allievo del<br />

Caravaggio, esegue a Toledo affreschi nel convento di S. Pietro Martire, a Madrid<br />

nel ’12 è nominato maestro di disegno del futuro Filippo IV e soprintendente alle<br />

pitture; entrato nell’ordine dei domenicani, dipinge numerosissime tele di<br />

soggetto religioso, ma è noto anche come valente ritrattista.Opere sono a<br />

Cordova nella cattedrale e al Prado (Allegoria); amico del Velasquez, è celebrato<br />

da Lope de Vega.<br />

Anche Giuliano Pericciuoli è nominato da Filippo III maestro di disegno di suo<br />

figlio.<br />

Nello stesso periodo opera a Murcia Annibale Bolci, lavora con Giorgio Donati e<br />

<strong>Francesco</strong> Miller, ma nulla resta della sua opera.<br />

Donato Mascagni (Frate Arsenio) soggiornò ai primi del ‘600 a Valladolid, dove<br />

rimangono quadri da lui firmati e datati.<br />

Angelo Nardi fu in Spagna dal 1607, pittore di corte di Filippo III, affrescò nella<br />

chiesa della Guardia a Toledo e nel convento delle benedettine a Jaèn, decorò la<br />

cappella al Carmen Descalzo di Madrid; altre opere sono nelle chiese di Alcalà de<br />

Henares, Gatafe, Vallecas,ecc.<br />

Felice Castello, figlio di Fabrizio (vedi lez.n.19), collabora con Vincenzo Carducci<br />

per la serie dei quadri del Paular.<br />

Giovan Battista Crescenzi, caravaggesco, nel 1617 va in Spagna con il cardinale<br />

Zapata, ponendosi al servizio di Filippo III, dipinge nature morte su vetro di cui<br />

nulla rimane; ha come aiuto Bartolomeo Cavarozzi, detto “dei Crescenzi”, fino al<br />

1622.<br />

Mattia Preti, caravaggesco, s’imbarca per la Spagna a Livorno assieme al nunzio<br />

Panciroli; la sua permanenza in terra iberica,sebbene non documentata, viene da<br />

alcuni situata intorno al 1643-’44 (molte sue tele sono conservate in collezioni,<br />

chiese e palazzi di Spagna).<br />

Baccio del Bianco (Di Bartolomeo Bianchi) fu decoratore, oltre che scenografo, a<br />

Madrid nel 1650.<br />

Agostino Mitelli, pittore, incisore, architetto, studia a Bologna alla scuola dei<br />

Carracci e del Dentone, assieme a Michele Colonna, col quale lavora tutta la vita;<br />

mentre questi si specializza nelle figure, il Mitelli eccelle nelle prospettive. Notato<br />

dal Velasquez durante il suo viaggio in Italia (1649), è chiamato assieme al<br />

Colonna al servizio di Filippo IV, e raggiunge la Spagna nel ’52, dove affresca tre<br />

sale al pianterreno e (su disegni del Velasquez) il salone degli specchi dell’Alcazar<br />

di Madrid, nonché la cappella di San Paolo al Buen Retiro; mentre è impegnato ad<br />

589


affrescare lo scalone principale del convento delle Descalzas Reales, sempre con il<br />

Colonna dà inizio nel ’60 agli affreschi per la cupola della chiesa della “Merced<br />

Calzada”. Muore a Madrid improvvisamente il 2 agosto dello stesso anno mentre è<br />

intento a decorare per il marchese di Hélice una fontana, con la favola di<br />

Narciso,nella sua villa sulla strada verso El Pardo,opera la cui esatta prospettiva<br />

suscita lo stupore dei visitatori. La sua scomparsa suscita grande rimpianto da<br />

parte di Velasquez che muore cinque giorni dopo. Su alcuni suoi bozzetti<br />

<strong>Francesco</strong> Ricci eseguì affreschi nella cupola di S. Antonio dei Portoghesi, poi<br />

ritoccati da Luca Giordano.<br />

Angelo Michele Colonna, mentre il Mitelli fa sfoggio di architetture, dipinge figure<br />

(Aurora, la Notte, la Caduta di Fetonte) e imitazioni di bassorilievi in bronzo. La<br />

morte del compagno lo costringe a terminare da solo l’opera (la fontana),<br />

terminata la quale, nel ’63 rientra a Bologna.<br />

(Ricordiamo che questi due pittori fanno parte della schiera dei quadraturisti,<br />

autori di pittura murale a prospettive, già usata nel ‘500 ma praticata nel ‘600 e<br />

nel ‘700 come specialità, nata in ambiente bolognese con Curti, Dentone, Bibiena,<br />

per creare una scenografica illusione di spazio, aperto fantasticamente).<br />

Dionisio Mantovani è in Spagna nel 1656 e riceve l’incarico di alcune pitture per la<br />

cappella di Atocha da eseguire con F. Ricci; alla morte di Angelo Nardi (1665) è<br />

nominato pittore del re, specializzato in prospettive ornamentali; lavora in<br />

collaborazione con <strong>Francesco</strong> Ricci, nella chiesa di S. Isidro a Madrid e nella<br />

cattedrale di Toledo; esegue affreschi nella casa del marchese de los Velbales, del<br />

marchese di Elche, dell’antica nunziatura ( perduti).<br />

Lavorarono nello stesso periodo Giovanni Andrea Ricci, fratello di <strong>Francesco</strong>,<br />

Giovan Battista Novara ( a Valenza), Girolamo Lucenti ( a Siviglia e a Granada).<br />

Pietro Antonio Tozzi in una lettera dalla Spagna riferisce degli incontri con molti<br />

artisti italiani a Siviglia e del soggiorno a Madrid dove è accolto con molta<br />

simpatia , e si meraviglia della poca stima che gli spagnoli hanno verso i propri<br />

pittori.Molte furono le richieste direttamente in Italia: inviarono loro tele in<br />

Spagna, tra gli altri, Giovanni Lanfranco e Battistello Caracciolo.<br />

Giovan Battista Lupicini lavorò nella chiesa di S. <strong>Francesco</strong> a Saragozza con Pietro<br />

Micier e fu molto ammirato, da essere considerato il più grande pittore del tempo.<br />

<strong>Francesco</strong> Leonardoni, dopo aver viaggiato in Europa, è a Madrid nel 1680 come<br />

pittore della regina Marianna di Neuburg; nel ’94, alla morte di C. Coello, è<br />

nominato pittore del re; vive al Buen Retiro dove muore nel 1711;stimato per i<br />

suoi ritratti in miniatura, è noto soprattutto come pittore chiesastico.<br />

Luca Giordano fu chiamato in Spagna, essendo già famoso, per il tramite<br />

dell’inviato speciale di Carlo II a Napoli; molte sue opere lo avevano preceduto.<br />

590


Arrivato a Madrid nel 1692,accompagnato dal figlio, dal nipote e forse dal pittore<br />

De Matteis, nel settembre dello stesso anno, dopo avere dipinto due quadri per il<br />

Buen Retiro (Trionfo dell’Arcangelo Michele e S. Antonio da Padova),si trasferisce<br />

all’Escuriale dove dà inizio agli affreschi della basilica e dello scalone principale,<br />

durati un anno e dieci mesi; rientrato a Madrid, esegue gli affreschi, oggi perduti,<br />

nella cappella dell’Alcazar; del ’94 sono gli affreschi del Casòn del Buen Retiro<br />

(Allegoria del Tosòn d’oro), del ’97 la serie dei quadri di Guadalupe (Vita della<br />

Vergine). Tra il ’97 e il’98 sono realizzati gli affreschi della cattedrale di Toledo;<br />

con la decorazione delle chiese di Atocha e di S. Antonio dei Portoghesi, dove<br />

ritocca e termina l’opera di F. Ricci, hanno fine i lavori della corte; fu suo<br />

collaboratore, fino al 1701, Giuseppe Simonelli, “imitatore eccellente del suo<br />

colore”. La morte di Carlo II (1700) e l’ascesa di Filippo V segnano il sopravvento<br />

in Spagna di artisti francesi; nel 1702 il Giordano lascia Madrid, a Napoli continua<br />

a dipingere per ordine del sovrano le dodici tele con le storie di Salomone<br />

destinate alla cappella reale dell’Alcazar e terminate dal Solimena,giunte a<br />

destinazione nel 1710.<br />

Carlo Garofalo, allievo del Giordano, lo raggiunge in Spagna alla corte di Carlo II;<br />

nel ’92 è nominato pittore del re, si specializza in pitture su vetro, cristallo e<br />

specchi.<br />

Andrea Belvedere, detto abate Andrea, celebre per composizioni floreali, fu<br />

chiamato nel ‘92 su segnalazione del Giordano presso la corte a Madrid; fu anche<br />

commediografo e impresario teatrale.<br />

Giuseppe Recco fu chiamato da Filippo IV e lavorò poi per Carlo III, rimanendo a<br />

lungo con il Giordano, eseguendo un gran numero di opere, soprattutto nature<br />

morte; sua figlia Elena, pittrice, fu chiamata da Carlo III.<br />

Fra Paolo d’Alcamo, missionario,partì dalla Spagna per il Messico; fu il primo<br />

italiano che visitò la città di Cholula, ove dipinse la volta di stucco della chiesa<br />

domenicana.<br />

Nel secolo <strong>XVII</strong> ricordiamo inoltre attivi in Spagna Michele e Stefano Angelini, Pier<br />

Mattia Baldi, <strong>Francesco</strong> Camillo, Giovanni Campino, <strong>Francesco</strong> Granello, Giacomo<br />

Narducci, Paolo Pagani, Giovan Battista Paggi, <strong>Francesco</strong> Romanelli,Giuseppe<br />

Romani, Fabrizio Santafede, Emilio Savonazzi, Giovan Battista Semeria, Giulio<br />

Cesare Semini, Lorenzo Viana.<br />

Tra il secolo <strong>XVII</strong> e il <strong>XVII</strong>I operarono Alberto da Arnone, Andrea Lanzani,<br />

Bonaventura Ligli, Nicola Vaccaro e Pier Lorenzo Spoletini, ritrattista alle corti di<br />

Spagna e Portogallo.<br />

Ferdinando Bibiena e suo figlio Giuseppe, decoratori di teatri, furono chiamati a<br />

Barcellona da Carlo III nel 1708.<br />

591


<strong>Francesco</strong> Solimena secondo alcuni storici sarebbe stato in Spagna nel 1702.<br />

Bartolomeo Rusca fu pittore di corte a Madrid nel 1714.<br />

Andrea Procaccini nel 1719, su segnalazione del card. Acquaviva, è invitato in<br />

Spagna dove giunge assieme a Giuseppe Astati nel ’20, e viene nominato primo<br />

pittore di Camera, e destinato a La Granja (residenza reale di S. Idelfonso). E’<br />

impegnato in opere architettoniche e nella decorazione di chiese e palazzi con<br />

composizioni originali o tratte da Raffaello. Nel 1722 con Orlando Salvatucci<br />

compila l’inventario della collezione appartenente al Maratta e fa da tramite per<br />

l’acquisto della stessa da parte di Filippo V. Ancora per incarico del sovrano fa da<br />

tramite per l’acquisto a Roma della collezione di statue antiche già appartenute<br />

alla regina Cristina di Svezia (1724). Nel ’29 è nominato con Sempronio Subissati<br />

sovrintendente ai lavori de la Granja (architettura e decorazione). Nel ’30 si<br />

trasferisce a Siviglia dove assume la direzione di una fabbrica d’arazzi e vi<br />

acquista, sempre per conto del sovrano, 149 quadri della vita di Cristo (oggi nel<br />

palazzo di Riofrio); secondo alcuni storici essi furono dipinti nel ’30 dal Sani, dal<br />

Sasso e dal Fedeli che già lavoravano a La Granja, secondo altri invece furono<br />

dipinti a Roma da vari pittori, tra i quali Benedetto Luti. Al Procaccini si deve<br />

altresì la raccolta di 1366 disegni appartenenti al Maratta, oggi all’accademia di S.<br />

Ferdinando. Da un documento del ’30 risulta che l’artista ha lavorato in<br />

quell’anno a Granada. E’ autore dei disegni per la serie di arazzi, realizzati con<br />

Domenico Sani e tessuti a Madrid (S. Barbara) e a Siviglia; muore a La Granja ed è<br />

sepolto a Segovia.<br />

Giacomo Bonavia, pittore, scenografo e architetto, è nominato professore di<br />

architettura con Giovan Battista Sacchetti all’accademia di Madrid nel 1752;<br />

decora il teatro del Buen Retiro, quello reale di Madrid e gli interni dei palazzi di<br />

Aranjuez e di La Granja.<br />

B. Galluzzi, aiutante del Bonavia, esegue decorazioni nel Gabinetto della regina al<br />

palazzo reale di Aranjuez; nel 1733 è a capo di una squadra di decoratori in cui<br />

troviamo Prospero de Mortola.<br />

Bartolomeo Rusca è ingaggiato dal marchese Scotti e dal conte Rocca per lavorare<br />

in Spagna; vi giunge nel 1734 e con il Fedeli fa parte di un gruppo di pittori che,<br />

sotto la direzione del Bonavia, esegue scenografie per il teatro del Buen Retiro;<br />

affresca la galleria bassa del palazzo di La Granja (1742-’45) con il Sani, il Sasso e<br />

il Fedeli, il palazzo di Riofrio, nonché la chiesa di S. Michele a Madrid (’45); pittore<br />

di Camera, assieme al Rusca diventa aiutante dell’Amigoni (vedi avanti).<br />

Felice Fedeli, al servizio della corte di Spagna dal 1734, è aiutante del Procaccini,<br />

del Bonavia e dell’Amigoni.<br />

Donato Creti lavora per il sovrano nel 1737.<br />

592


Andrea Locatelli, segnalato dallo Juvarra, è chiamato a dipingere a La Granja;<br />

esegue due sovrapporte nella stanza cinese.<br />

Jacopo Amigoni nel 1747 fu chiamato in Spagna come pittore di corte e molto<br />

dipinse specialmente per i palazzi del Buen Retiro e di Aranjuez (Le quattro<br />

stagioni e Le quattro parti del mondo); nella casita del Labrador fece gli affreschi<br />

della volta nella sala da pranzo; eseguì molte tele e gli arazzi del palazzo reale di<br />

Madrid; fu nominato primo pittore di Camera e direttore dell’accademia di S.<br />

Ferdinando in cui dominò con lui lo spirito classicista che ormai faceva sentire il<br />

suo influsso da Roma , dove erano mandati a studiare i giovani artisti.<br />

Giuseppe Bonito, detto Peppariello, è noto in Spagna come autore di scene di<br />

genere, bambocciate e ritratti; alcuni storici affermano che , pur avendo lavorato<br />

per la corte , non si sarebbe mai mosso da Napoli, limitandosi ad inviare a Madrid<br />

le proprie opere; secondo altre fonti vi sarebbe stato verso il 1751.<br />

Corrado Giaquinto nel 1753, in seguito alla morte dell’Amigoni (avvenuta l’anno<br />

precedente) e per interessamento del celebre cantante Farinelli, è chiamato a<br />

Madrid per affrescare le volte di palazzo reale e per lavorare come scenografo al<br />

teatro del Buen Retiro; nello stesso anno è nominato da Ferdinando VI primo<br />

pittore di Camera nonché direttore dell’accademia di S.Ferdinando, succedendo<br />

all’Amigoni. Nel ’60 è destinato alla R. Fabrica de Tapices; all’arrivo del Mengs<br />

lascia il servizio a corte e rientra in Italia nel ’62. Egli fu molto ammirato dal<br />

giovane Goya; lasciò numerose tele in chiese e palazzi di Spagna.<br />

Domenico Servidori, pittore del re, lavora in Spagna dal 1753 al ’73.<br />

Maria Maddalena Olivieri, nata a Parigi, figlia di Giovanni Domenico, primo<br />

direttore della sezione di scultura dell’accademia di S. Ferdinando, viene nominata<br />

nel 1759 accademica onoraria dell’accademia.<br />

Nel 1761 si recò a Madrid Gian Battista Tiepolo con i figli Giandomenico e Lorenzo<br />

al servizio di Carlo III; affrescò” La Gloria di Spagna” nel soffitto della sala del<br />

trono in palazzo reale, l’”Apoteosi della monarchia spagnola” in un’altra sala e<br />

l’”Apoteosi di Enea” nella sala della Guardia. La storia degli ultimi anni del pittore<br />

in Spagna è triste; egli si vede incompreso e osteggiato; gettava ombra sulla sua<br />

fama la presenza a corte del Mengs, fautore di un ritorno alla classicità, protetto<br />

da alti prelati che non gradivano il sapore pagano delle opere tiepolesche. Ma il<br />

vecchio artista nel ’69 ricevé l’incarico di affrescare l’abside di S. Ildefonso ad<br />

Aranjuez e presentò subito i disegni preparatori; la morte lo colse al lavoro<br />

davanti al cavalletto dove stava probabilmente dando gli ultimi ritocchi al “S.<br />

Pasquale Baylon” che venne poi inciso dal figlio Giandomenico dalla cui opera<br />

grafica trarrà preziosi insegnamenti il Goya.<br />

593


Filippo Fontana nel 1769 si stabilisce a Valencia dove si dedica a pitture<br />

prospettiche e a scenografie teatrali, affresca una galleria nella casa del conte di<br />

Sirat, lavora alla chiesa di S. Lorenzo e a quella di S. Bartolomeo; a Castellon de la<br />

Plana dipinge la facciata del convento di S. <strong>Francesco</strong>, opera distrutta da un<br />

uragano nel 1788. Nel ’75 è nominato membro della reale accademia di S. Carlo, è<br />

autore della porta di Rusafa, nel ’86 passa a Madrid al servizio del principe delle<br />

Asturie (il futuro Carlo IV) per il quale costruisce un grandioso presepio (’88); per<br />

l’incoronazione del re allestisce gli ornamenti scultorei ordinati dal marchese di<br />

Cogolludo davanti alla sua dimora madrilena.<br />

Paolo Sirtori, pittore di prospettive ad affresco e a tempera, in Spagna indicato<br />

come Pablo Romano, lavora a Murcia dal 1767 al ’92; dipinge quadri d’altare nelle<br />

chiese di Murcia e di Cartagena. Tra le sue opere perdute vanno ricordate le<br />

decorazioni dei palazzi di Beniel e del Bailo Avellaneda, nonché del palazzo<br />

episcopale di Murcia, costruito da Baldassarre Canestro.<br />

Ricordiamo infine operosi in Spagna nel secolo <strong>XVII</strong>I Caterina Amigoni,<br />

miniaturista, celebre come ritrattista su medaglioni, Mariano Nanni che disegnò<br />

quattordici cartoni per la manifattura dei tappeti destinati alla chiesa di S. Barbara<br />

a Madrid, Alessandro Mari, autore di tele con soggetti storici, e inoltre Gertrude<br />

Bertoni, Gennaro Boltri, Domenico e Gaetano Brandi, Giuseppe Chiesa, Bettino<br />

Cignaroli, Luigi Eusebi, Pier Liberi, Giacomo Nanni, Pellegrino Parodi, <strong>Francesco</strong><br />

Pavona, <strong>Francesco</strong> Peloni.<br />

Tra il <strong>XVII</strong>I e il XIX secolo Ferdinando Brambilla lavorò all’Escuriale e ad Aranjuez.<br />

In Portogallo troviamo nel secolo <strong>XVII</strong> <strong>Francesco</strong> e Giulio Gentileschi, figli di<br />

Orazio. Giovanni Coli, in collaborazione con Filippo Gherardi dipinse a Roma un<br />

quadro rappresentante la Trinità per una chiesa di Lisbona.<br />

Nel secolo <strong>XVII</strong>I Giuseppe Antonio Landi, anche architetto, fu inviato dal re<br />

Giovanni V in Brasile dove lavorò specialmente nel Parà, a Belem.<br />

Agostino Chiozza dimorava a Lisbona nel 1714.<br />

Vincenzo Baccarelli andò in Portogallo al principio del secolo ed esercitò una certa<br />

influenza sui pittori locali; opera sua firmata è la decorazione della volta nella<br />

“portaria” del convento presso la chiesa di S. Vicente de Fora a Lisbona; allievo a<br />

Roma di Pietro da Cortona, introdusse l’arte del maestro nelle decorazioni.<br />

Agostino Binetti, chiamato Pedro Binhete, lavorò a Lisbona nella prima metà del<br />

secolo.<br />

Carlo Antonio Leoni fu a Lisbona durante i regni di Giovanni V e di D. José I e vi<br />

dipinse numerosi ritratti.<br />

Giuseppe Palmieri ricevé dalla corte varie ordinazioni di quadri di cacce.<br />

<strong>Francesco</strong> Pavona nel 1735 andò a Lisbona dove svolse la propria attività.<br />

594


Pietro Guarienti, storico, antiquario, fu a Lisbona tra il 1730 e il ’36 svolgendo una<br />

varia attività di pittore, catalogatore e restauratore di dipinti.<br />

Tommaso Bellotto, chiamato Bellot, lavorò a Lisbona verso la metà del secolo.<br />

Pellegrino Parodi andò a Lisbona alla metà del secolo e vi dipinse numerosi ritratti<br />

e quadri religiosi.<br />

<strong>Francesco</strong> Foschini fu chiamato a Lisbona nel 1771 dal marchese di Pombal e<br />

diresse la manifattura reale della maiolica.<br />

Giuseppe Carlo Binetti, figlio di Agostino, lavorò in collaborazione con l’Azzolini<br />

<strong>nei</strong> teatri reali; nel ’81 tradusse in portoghese e pubblicò le “Regras das cinco<br />

ordens de arquitectura” del Vignola.<br />

Bernardino Gagliardini andò nel 1785 a Lisbona ove dipinse i ritratti di molti<br />

membri della famiglia reale e di varie personalità politiche; per la “camara<br />

ecclesiastica” di quella città dipinse una serie di quadri rappresentanti i patriarchi<br />

portoghesi.<br />

Giuseppe Trono nel 1785 andò a Lisbona dove dipinse molti quadri ed eseguì<br />

copie di miniature degli antichi maestri; ricordiamo il suo quadro dell’altare<br />

maggiore nella chiesa della Concezione, annessa alla scuola militare di Lisbona.<br />

Infine ricordiamo Giovanni Paolo Bibiena, Biagio Chicchi, Giuseppe del Cusco,<br />

<strong>Francesco</strong> Fabbri, Domenico Francia, Giovanni Odazzi, Giacomo Zoboli.<br />

Inviarono tele per committenti portoghesi <strong>Francesco</strong> Trevisani che per il convento<br />

di Mafra eseguì la tela dell’altare maggiore”Madonna con Bambino e S. Ambrogio”,<br />

e Corrado Giaquinto che fece un quadro raffigurante “La discesa dello Spirito<br />

Santo” per la cappella di S. Rocco a Lisbona (oggi nel museo d’arte della città).<br />

Nei paesi dell’America Latina svolsero attività i pittori Gianfrancesco Muzi in<br />

Brasile e Petri in Cile (sec. <strong>XVII</strong>I).<br />

Nei paesi di lingua tedesca innumerevoli furono i pittori italiani chiamati ad<br />

affrescare interni di chiese e palazzi, a dipingere pale d’altare e ad eseguire<br />

ritratti.<br />

Giovan Pietro de Pomis con i suoi quadri a soggetto religioso si conquistò il nome<br />

di pittore della Controriforma; la tela dell’altare maggiore nella chiesa di S. Maria<br />

Ausiliatrice a Graz divenne l’archetipo della Madonna dispensatrice di grazie <strong>nei</strong><br />

paesi alpini; molte tele sono conservate nelle collezioni private, nel museo<br />

provinciale e in chiese di Graz.<br />

Filippo Ferma lavorò a Vienna dal 1601 al ’07.<br />

Agostino e Ferrante Decio dipinsero medaglioni in miniatura per Rodolfo II.<br />

Baccio del Bianco fece pitture nel palazzo Waldstein a Praga.<br />

595


Giovan Battista Canevale con Girolamo Mariani dipinse un “trionfo” per Rodolfo II<br />

(1606-’11), decorò il municipio del quartiere praghese Hradcany e le scuderie del<br />

castello, il nuovo palazzo del duca von Braunschweig nello stesso quartiere; fu<br />

rettore della congregazione degli Italiani a Praga; nel ’34 era ancora pittore di<br />

corte a Vienna.<br />

Cosmo Piazza girò a lungo <strong>nei</strong> paesi alpini dipingendo specialmente per le chiese<br />

dei cappuccini al cui ordine apparteneva; fece la pala dell’altare maggiore per la<br />

chiesa dell’ordine a Innsbruck (1606), passò insieme ad alcuni confratelli nel<br />

convento di Linz e vi dipinse varie tele; fece anche una pala d’altare per la chiesa<br />

di S. Egidio a Vienna.<br />

Giovanni Giacomo Terzano dipinse la pala dell’altare maggiore della chiesa<br />

conventuale di Neuberg (1610) e quella per la parrocchiale di Bruck sulla Mur<br />

(1647); i suoi quadri si distinguono per un’insolita vivezza di colore.<br />

Martino Fugo, dal 1612 a Vienna, dipinse un arco trionfale eretto in occasione<br />

dell’ingresso di Ferdinando II (1619).<br />

Giovanni Collet fu al servizio della corte di Innsbruck dal 1613.<br />

Nicolò Pellegrino lavorò nella villa di Hellbrun (1613) e più tardi a Vienna.<br />

Egidio Verbena fu a Graz nel 1613; non è nota l’attività da lui svolta.<br />

<strong>Francesco</strong> Luchesi, al servizio della corte a Innsbruck, forse è l’autore degli<br />

affreschi nel nuovo Palazzo della città.<br />

Gasparo Della fu a Vienna tra il 1617 e il ’54, dipinse alcuni affreschi nel<br />

lazzaretto; nel ’36 fu alle dipendenze della corte e nel ’54 a quelle del principe di<br />

Liechtenstein (nessun lavoro è pervenuto).<br />

Margherita Caffi visse per qualche tempo, verso il 1620, alla corte di Innsbruck e<br />

dipinse ricercatissimi quadri di fiori.<br />

Arsenio Mascagni, frate, affrescò le volte e dipinse alcune pale d’altare nel duomo<br />

di Salisburgo dal 1622 al ’30; nella villa di Hellbrunn eseguì dei grandi affreschi<br />

con scene, introducendo in Austria il gusto delle prospettive; il convento di<br />

Nonnberg, le chiese di Hütten, Siezenheim, Mittersil, ecc. conservano suoi lavori.<br />

<strong>Francesco</strong> da Siena aiutò il Mascagni negli affreschi del duomo di Salisburgo; gli è<br />

attribuito il “ Martirio di S. Sebastiano” nella chiesa dei francescani della città.<br />

Ignazio Solari, figlio dell’architetto Santino, anch’egli aiuto del Mascagni nel<br />

duomo salisburghese, dipinse vari quadri, tra cui uno per il duomo e “Il<br />

Calvario”per la chiesa conventuale di S. Pietro (1632).<br />

Baldassarre Mitisini venne chiamato da Burgau (Germania) a Innsbruck per<br />

svolgere non precisati lavori(1624).<br />

Ilario Duvinio operò a Kufstein verso il 1625.<br />

596


Furono a Graz Paolo Mattie e Giovanni Antonio Ambrosio (questi fra il 1623 e il<br />

’34).<br />

Bartolomeo Spazio lavorò dal 1626 al ’28 nell’abbazia di Klosterneuburg.<br />

Mario Balassi accompagnò a Vienna il Piccolomini e ritrasse Ferdinando III.<br />

Nella stessa capitale lavorarono Giovanni Coli e Filippo Gherardi.<br />

Presso la corte di Innsbruck Elia Narici (Narizio) ritrasse vari membri della famiglia<br />

arciducale, intorno al 1626.<br />

Teofilo Turri, chiamato Polak dopo un soggiorno in Polonia, pittore di corte<br />

dell’arciduca Massimiliano, affrescò in parte la volta della chiesa di corte a<br />

Innsbruck (1626), dipinse la pala dell’altare maggiore nella chiesa dei serviti<br />

(1628) e la “Trinità” nella cupola della chiesa dei gesuiti (1632); lasciò traccia del<br />

suo passaggio a Salisburgo e a Mülln.<br />

Giovanni Ledenti, pittore, scenografo e ingegnere, a Vienna tra il 1626 e il ’46,<br />

svolse un’attività molto varia, dipinse scene di battaglia e prospettive, creò<br />

decorazioni teatrali.<br />

Giovan Battista Ghidoni entrò al servizio dei principi di Liechtenstein (1638) e per<br />

loro affrescò il castello di Eisgrub (1643), quello di Feldsberg e probabilmente la<br />

chiesa di questa cittadina; rimase in Austria fin oltre il ’50.<br />

Nel 1642 lavorò a Grafenegg il Bonvicini.<br />

Leonardo Fetz (Fezzi?) lavorò a Graz per il conte di Marsberg e divenne poi pittore<br />

di corte (1643), fornì pale d’altare al convento di Göss, ai padri cappuccini di<br />

Leibnitz e alla chiesa di S. Caterina a Laming; affrescò anche un soffitto nella<br />

parrocchia di Mariazell, dipinse tavole venatorie.<br />

Pier Liberi, detto il libertino, nel 1628 si recò a Costantinopoli, nel ’32 fu fatto<br />

prigioniero dai turchi a Mitilene e portato a Tunisi da cui riuscì a fuggire; dopo<br />

altre vicende guerresche si dedicò per sempre alla pittura, nel ’37 fu in Spagna,<br />

poi in Francia, dal ’43 si stabilì a Venezia donde in seguito si recò a Vienna; qui fu<br />

nominato pittore di corte.<br />

Lorenzo Lippi, pittore e poeta, fu ad Innsbruck nel 1648 al seguito di Claudia de’<br />

Medici, vedova dell’arciduca Leopoldo V; egli, riconoscente per essere stato<br />

nominato pittore di corte, le dedicò il suo poema “Il Malmantile riparato”.<br />

<strong>Francesco</strong> Caratti partecipò alla decorazione della cappella Cernin nella chiesa<br />

degli irlandesi a Praga.<br />

Carlo Carlone operò a Vienna dal 1648 al ’65.<br />

Giulio Quaglio il vecchio eseguì affreschi a Vienna, a Salisburgo e a Laibach.<br />

Carlo Dolci fu chiamato a Innsbruck per eseguire il ritratto della figlia di<br />

Ferdinando d’Austria.<br />

597


<strong>Francesco</strong> Montelatici, detto Cecco Bravo, lavorò ad Innsbruck dove morì nel<br />

1661.<br />

Guido Canalassi, detto Cagnacci, in un primo tempo spedì da Venezia i quadri che<br />

frequentemente gli venivano ordinati dall’Austria; solo tardi si decise a varcare le<br />

Alpi,ebbe il titolo di pittore di corte, morì a Vienna nel 1681.<br />

Carpoforo Tencala (o Tencalla) eseguì affreschi nella chiesa di Lambach (1659)<br />

con i quali introdusse in Austria il gusto per il dipinto su tutta la volta ponendo un<br />

freno all’invadenza degli stucchi; poi affrescò il soffitto della chiesa dei<br />

domenicani a Vienna e la sacrestia della chiesa di S. Croce nella Selva viennese;<br />

affrescò una ricca serie di scene mitologiche nel castello di Trautenfels (1670).<br />

<strong>Francesco</strong> Ferrari fu al servizio di Leopoldo I come pittore e scenografo.<br />

Giovanni Battista Colomba dipinse le volte del santuario di Mariazell (1660-’80);<br />

lavorò nel Joanneum a Graz e nella chiesa di S. Martino a Proleb (1668),più tardi si<br />

recò in Boemia (è spesso confuso con lo scultore omonimo).<br />

Eugenio Corradi decorò alcuni archi trionfali eretti in occasione dell’ingresso di<br />

Leopoldo I a Graz, adornò di pitture la carrozza di gala dell’abate di Admont<br />

(1660).<br />

<strong>Francesco</strong> Costanzo Catanio dipinse il ritratto dell’arciduca Leopoldo Guglielmo in<br />

veste di trionfatore.<br />

Giulio Benso fu a Vienna nel 1664 e lavorò per la nuova chiesa dell’abate di<br />

Schotten.<br />

<strong>Francesco</strong> Latiri fu nominato pittore di corte a Innsbruck nel 1665.<br />

Ludovico Ottavio Burnacini decorò vari palazzi di Vienna e dintorni, Giacomo e<br />

Marcantonio furono pittori di corte a Vienna verso il 1670.<br />

Antonio Biepo eseguì alcuni affreschi nel castello di Neudenstein in Carinzia<br />

(1667), Giovanni Dellero nella chiesa conventuale di Ardagger (1678).<br />

Matteo Managetta dipinse una tela per la chiesa dei francescani a Vienna (1671) e<br />

tre antipendi per la chiesa dell’ordine teutonico (1676); insegnò nell’accademia<br />

pittorica fondata da Leopoldo I.<br />

Nel 1681 Antonio Allio, nel ’89 Domenico Cetto e Giovanni <strong>Francesco</strong> Splendore<br />

svolsero attività a Vienna.<br />

Giovanni Carlone nel 1691 affrescò tre sale nel convento di S. Croce nella Selva<br />

viennese.<br />

Giovanni Maria Morandi visse per qualche anno alla corte di Vienna e ritrasse più<br />

volte l’imperatore,la famiglia imperiale e personaggi di corte; eseguì molti quadri<br />

per committenti tedeschi.<br />

Per Ferdinando, duca del Tirolo, eseguirono ritratti su medaglioni Giovan Battista<br />

Stefaneschi e Ippolito Galantini.<br />

598


In Germania fu più lenta l’opera di penetrazione della pittura barocca e meno<br />

richiesta nel secolo <strong>XVII</strong> l’attività dei pittori italiani; le regioni meridionali e le città<br />

rette da principi-vescovi furono le prime ad accoglierla.<br />

Giovanni e Teodoro Rossa furono attivi a Bamberga; il primo, pittore di stemmi,<br />

tra il 1600 e il ’24, il secondo tra il ’25 e il ’36.<br />

<strong>Francesco</strong> Rugia dal 1631 al ’32 lavorò a Düsseldorf per il conte palatino; nel ’35<br />

fu a Colonia.<br />

Innocenzo Domenico Baratti affrescò la chiesa e il convento di Vornbach,e lavorò a<br />

Burghausen (1637).<br />

Pier Liberi, in Germania nel 1652, dipinse molti quadri e pale d’altare a Würzburg,<br />

Schleissheim, Dresda, e nel castello di Pommersfelden; qui e a Gaibach operò il<br />

figlio Marco per il principe L. von Schönborn.<br />

<strong>Francesco</strong> Paletta, pittore nella manifattura di ceramiche di Hannover verso il<br />

1658, ebbe l’incarico di insegnare disegno alla principessa elettrice.<br />

Giacomo Scianzi decorò la cappella di S. Elisabetta nel duomo di Breslavia e<br />

partecipò alla decorazione pittorica dell’abbazia di Fürstenfeld-Brück.<br />

Giovan Gaspare Patenti fu attivo ad Amburgo dove morì nel 1682; suo figlio<br />

Mattia, pittore e incisore come il padre, nacque e operò nella stessa città.<br />

Stefano Cadani nel 1669 eseguì il quadro “L’Ascensione” per la chiesa di Eisenberg<br />

presso Dresda.<br />

Carlo Antonio Bussi lavorò soprattutto a Passavia dove decorò con alcuni affreschi<br />

il duomo, il palazzo vescovile, la chiesa di S. Stefano e la cappella di corte; al<br />

duomo lavorò anche Antonio Galiardi.<br />

Giuseppe Antonio Caccioli fu chiamato in Germania dal principe del Baden al cui<br />

servizio rimase per alcuni anni.<br />

Antonio Domenico Triva, allievo del Guercino, fu a Monaco dal 1665 e nel ’70 fu<br />

nominato pittore di corte; decorò di affreschi la camera papale della Residenza e<br />

alcuni soffitti del castello di Nymphenburg; nel ’80 dipinse tre pale d’altare per la<br />

chiesa parrocchiale di Landsberg, una per la chiesa conventuale di Beihartig e<br />

un’altra per la chiesa delle orsoline di Landshut; altri suoi quadri sono a<br />

Schleissheim e a Dresda.<br />

Giovanni <strong>Francesco</strong> Rosa lavorò a Monaco dal 1674 al 1701 come pittore di corte,<br />

decorò l’appartamento reale e il salone dei cavalieri nella Residenza.<br />

Pietro Bellotti fu chiamato presso la corte di Monaco dalla principessa Enrichetta<br />

Adelaide di Savoia; il duca Ferdinando gli affidò la direzione delle sue collezioni<br />

artistiche.<br />

Isabella Maria del Pozzo dal 1674 fu pittrice di corte presso la stessa principessa.<br />

599


Carpoforo Tencala (o Tencalla) dipinse nella navata maggiore del duomo di<br />

Passavia; nel 1687 Giovanni Splendore faceva un contratto per affreschi nello<br />

stesso duomo; vi lavorò anche Andrea Solari che poi dipinse nella chiesa di<br />

Vilshofen e quindi si recò in Francia e in Olanda; in questa stessa chiesa e poi nel<br />

convento di Schlierbach fece affreschi Giovanni Carlone; Jacopo Antonio Maza,<br />

dopo avere collaborato con questo pittore nella chiesa di Vilshofen, dipinse nella<br />

cupola “L’incoronazione della Vergine”.<br />

Antonio Maria Bernardi e il fratello Fabrizio, quadraturisti, appartengono a quella<br />

schiera di pittori decoratori che si imposero in Germania e in Austria con la loro<br />

genialità, potendo svolgere la loro attività in molti castelli e palazzi principeschi<br />

sorti alla fine del secolo <strong>XVII</strong> e all’inizio del <strong>XVII</strong>I e nelle grandi chiese delle regioni<br />

occidentali e meridionali. Importante fu la loro opera per lo sviluppo della pittura<br />

di prospettive architettoniche; prima al servizio dell’elettore di Baviera, Antonio<br />

Maria lavorò a Schleissheim e a Lutheim (1685), poi <strong>nei</strong> castelli di Düsseldorf e di<br />

Bensberg per l’elettore Giovanni Guglielmo; affrescò nel convento delle<br />

carmelitane, nella chiesa delle celestine e nella sacrestia della cappella di corte a<br />

Düsseldorf con Luca Bonaveri; insieme con A. Fabri decorò la chiesa di S. Andrea,<br />

infine eseguì le decorazioni della cappella della Concordia nella fortezza di<br />

Friedrichsburg.<br />

Tommaso Giusti, pittore, architetto e scenografo, si recò ad Hannover nel 1689 e<br />

nel ’93 divenne pittore di corte; fu chiamato più volte a Berlino per svolgervi la<br />

sua opera di scenografo e decoratore; decorò di pitture i teatri di Hannover e<br />

Göhrde; qui nel 1707 affrescò anche il castello di caccia; decorò infine di affreschi<br />

i castelli di Herrenhausen, di Linden e di Leine.<br />

Martino Zendralli, pittore di corte a Monaco nel 1688, vi lavorò fino al 1745.<br />

<strong>Francesco</strong> Antonio Giorgioli, dopo avere lavorato in Polonia, nel 1691 si recò ad<br />

Eisenberg, in Germania, con l’amico stuccatore Girolamo Rossi, al servizio del<br />

duca che aveva iniziato la costruzione di un castello e di una chiesa in stile<br />

italiano; nello stesso anno fu a Coburgo e a Weimar, nel ’94 nel cantone di S.<br />

Gallo (Svizzera), a Pfäfers, con tre stuccatori, G. Pietro Neurone, Giovanni Bettini e<br />

Antonio Peri; eseguì tre grandi affreschi nel castello di Willisau presso Lucerna e<br />

nel castello di Heidegg; lavorò nella chiesa di Muri, in quella di Baden, nel castello<br />

di Sch<strong>nei</strong>singer in Argovia, nell’abbazia di S. Meinardo a Etzel (dove fece stucchi il<br />

Neurone); fu poi con il figlio a S. Blasien (chiesa conventuale) nello Schwazwald; a<br />

Rheinau decorò la chiesa abbaziale ( con il figlio) nella navata, nel transetto e nella<br />

volta del coro, quindi fu nel Baden dove lavorò nell’abbazia di S. Trudpert, e a<br />

Karlsruhe (nella cappella del castello); infine con il Neurone decorò il coro di S.<br />

Nicola a Herznach in Argovia.<br />

600


Lazzaro Maria Sanguinetti lavorò in Boemia e in varie regioni della Germania; tra il<br />

1692 e il ’95 dipinse nel castello di Schlackenwerth, nel 1702 era primo pittore<br />

del duca Leopoldo di Luneville; due anni prima aveva dipinto nella cappella del<br />

castello presso Bonn, nel ’12 eseguì cinque soffitti nel castello di Philippshug<br />

presso Ehrenbreitstein ed altre opere ancora; si conservano di lui alcuni affreschi<br />

nel castello di Weilburg e una Deposizione (1728) presso Wittingau, nonché delle<br />

pitture firmate nella chiesa presso Löhnberg.<br />

Carlo Felice Guissoni lavorò a Monaco dove divenne pittore di corte nel 1692.<br />

Paolo Pagani dipinse in Germania e in Moravia quadri per molte chiese, nel 1692<br />

affrescò la cupola e la volta della chiesa di Welchrad e vi fece anche una pala<br />

d’altare.<br />

Giovanni Antonio Castelli, pittore e stuccatore, nel 1694 eseguì affreschi nella<br />

chiesa delle salesiane ad Amberg.<br />

Carlo e Luca Bonaveri lavorarono dal 1694 per molti anni presso l’elettore<br />

Giovanni Guglielmo a Düsseldorf; Luca affrescò nel collegio dei gesuiti a<br />

Coblenza.<br />

Ricordiamo che lo stesso elettore chiamò a Julich e a Brieg molti artisti italiani, gli<br />

architetti Domenico Martinelli e Antonio Riva, lo scultore Gabriele de Grupello, i<br />

pittori Domenico Zanetti, Antonio Milanese, Antonio Maria Bernardi, Antonio<br />

Bellucci (vedi avanti); egli aveva come segretario il Riparini, sposo di Maria Luisa di<br />

Toscana.<br />

Nella Residenza di Coburgo lavorarono tra il 1695 e il’98 Ludovico Castelli e<br />

Bartolomeo Luchese.<br />

Nel 1696 Domenico Cadorati lavorò per l’elettore Federico II a Berlino insieme con<br />

Giovan Battista Bangi, miniaturista, “con molti altri italiani, pagati molto bene”-<br />

così riferisce in un suo diario il patrizio Alessandro Bichi in viaggio nella città<br />

tedesca.<br />

Tra il secolo <strong>XVII</strong> e il <strong>XVII</strong>I troviamo <strong>Francesco</strong> Antonio Meloni, anche incisore,<br />

morto a Vienna e Paolo Antonio Alboni, pittore di paesaggi decorativi alla corte<br />

viennese; Giuseppe Artaria lavorò presso l’elettore di Colonia.<br />

Ricordiamo l’opera di alcuni pittori italiani del secolo <strong>XVII</strong> e dei primi decenni del<br />

successivo per committenti tedeschi e austriaci:<br />

Annibale Carracci dipinse il ritratto del cardinale Khlesl conservato nel duomo di<br />

S. Stefano a Vienna (1628). Pietro da Cortona eseguì quadri per la Germania.<br />

Filippo Lauri inviò da Roma alcune tele raffiguranti la Madonna; altre ne inviò da<br />

Bologna Andrea Camassei. Giovanni Lanfranco dipinse una pala d’altare per la<br />

chiesa dei domenicani di Augusta, ordinatagli dalla famiglia Függer, lavorò anche<br />

601


per la Francia e per la Svizzera. Luca Ferrari, detto Luca da Reggio, allievo di G.<br />

Reni, dipinse una pala d’altare per il duomo di Bamberga.<br />

Giuseppe Alberti rifiutò sempre, nonostante reiterati inviti, di recarsi in Austria; da<br />

Venezia e Cavalese ove risiedeva inviò specialmente nel Tirolo diverse sue opere;<br />

grande è l’influsso da lui esercitato sull’arte austriaca, poiché molti pittori<br />

austriaci del primo Settecento furono suoi allievi. Carlo Cignani ebbe dalla<br />

Germania per la sua fama molte commissioni: alcuni quadri allegorici o di<br />

soggetto biblico che dipinse per il castello di Würzburg e alcuni quadri che gli<br />

commise l’elettore di Baviera Giovanni Guglielmo (ora nella chiesa dei teatini a<br />

Monaco e nelle gallerie di Augusta e Monaco); sette tele sono nel castello di<br />

Weissenstein a Pommersfelden. <strong>Francesco</strong> Solimena dipinse tre quadri per questo<br />

castello, commissionati dagli Schönborn. Antonio Zanchi dipinse due pale d’altare<br />

per la chiesa dei teatini a Monaco. Antonio Balestra lavorò molto per l’elettore di<br />

Düsseldorf e per i principi Schönborn che gli ordinarono molti quadri per i castelli<br />

di Gaibach e Pommersfelden. Baldassarre Franceschini dipinse un quadro per il<br />

castello di Wilhelmshöhe presso Cassel. Gregorio Lazzarini forse non fu mai in<br />

Germania ma inviò a principi tedeschi suoi quadri quali “Ercole e Onfale” della<br />

galleria di Cassel e l’altro con lo stesso soggetto nella galleria degli Schönborn nel<br />

castello di Pommersfelden. Giovanni Ambrogio Mainardi dipinse molti quadri per<br />

il duomo di Breslavia ma non è sicuro se vi si sia recato personalmente. Giuseppe<br />

Chiari eseguì in Italia diversi quadri per principi tedeschi. Giuseppe Maria Crespi<br />

lavorò più volte per Filippo d’Assia Darmstadt e nel 1729 divenne suo pittore di<br />

corte; opere sue sono a Dresda e a Darmstadt; lavorò anche per l’Austria e per<br />

l’Ungheria. Giovan Battista Pittoni inviò opere sue a Dresda, nel Württemberg e a<br />

Colonia; due suoi quadri, eseguiti per l’elettore di Sassonia, sono nella galleria di<br />

Dresda. Sebastiano Conca dipinse molti quadri per il castello di Pommersfelden<br />

per incarico dei signori von Schönborn; lavorò anche per il vescovo di Colonia.<br />

Giovanni Conca dipinse due pale d’altare per il nuovo duomo di Wurzburg.<br />

Benedetto Luti lavorò per Lotario <strong>Francesco</strong> Schönborn, elettore di Magonza, che<br />

lo nominò nel 1712 cavaliere dell’impero; eseguì quadri per committenti tedeschi,<br />

per l’elettore di Dusseldorf; sue opere sono a Pommersfelden, Schleissheim,<br />

Burghausen, Cassel, Dresda. <strong>Francesco</strong> Trevisani, detto il Romano, non risulta che<br />

sia stato in Germania, molti suoi quadri sono nel castello di Pommersfelden, altri<br />

nelle gallerie di Dresda, Düsseldorf, Königsberg, Schleissheim, Postdam e Colonia.<br />

Giovan Battista Piazzetta ebbe alcune commissioni per Colonia dal principe<br />

elettore Clemente Augusto, pale d’altare come ”L’Assunzione” per l’ordine<br />

teutonico di Francoforte, un’”Adorazione dei pastori” per l’abbazia di<br />

Münsterscharzach. Alcune tele di Angelo Trevisani sono nel castello di<br />

602


Pommersfelden. Bartolomeo Letterini nel 1731 dipinse una pala d’altare per la<br />

chiesa di Partenkirchen.<br />

Riprendiamo ora l’elenco dei pittori italiani attivi <strong>nei</strong> paesi di lingua tedesca:<br />

Andrea Pozzo fu chiamato nel 1703 dall’imperatore Leopoldo cui aveva dedicato il<br />

trattato “Prospectiva pictorum et architectorum” (1693-1702) che ebbe molte<br />

ristampe e fu la somma dell’illusionismo barocco; a Vienna affrescò la volta della<br />

biblioteca e il salone del palazzo Liechtenstein; altri affreschi fece nella chiesa dei<br />

gesuiti (finta cupola),in cui progettò un altare, e nelle chiese di S. Anna e di S.<br />

Pietro; gli affreschi nella chiesa di S. <strong>Francesco</strong> Saverio a Trencin sono stati<br />

eseguiti su suoi disegni. Egli dipinse anche una pala d’altare per la chiesa di S.<br />

Martino a Bamberga e una finta cupola a Triefenstein; ebbe il gusto della<br />

definizione illusoria dello spazio e creò essenziali punti di riferimento per l’arte<br />

settecentesca dei paesi tedeschi, influendo su Martino e Bartolomeo Altomonte,su<br />

J. M. Rottmayr, su A. F. Maulpertsh,ecc.<br />

Martino Altomonte (chiamato Hohenberg), nato a Napoli nel 1657, fu dapprima al<br />

servizio della corte di Polonia; nel 1703 fu chiamato dall’imperatore a Vienna,ove<br />

decorò il palazzo del Belvedere, decorò il palazzo Mirabell a Salisburgo, eseguì<br />

pale d’altare e affreschi per conventi, diffondendo il gusto barocco italiano in una<br />

accezione facile e brillante. A lui e al Solimena deve molto l’accademia di pittura,<br />

fondata da P. Strudel, che ne subisce l’influsso e vi si conforma anche lo stile di D.<br />

Graun.<br />

Carlo Ludovico Castelli, dopo avere lavorato nel castello di Weimar e nella cappella<br />

del convento di S. Michele a Bamberga, affrescò nel 1703 la sala da pranzo e<br />

quella da concerto del castello di Glüksburg, la residenza e la cappella del castello<br />

di Saafeld, nel ’05 alcune parti del castello di Eisenach con Giovanni Pietro<br />

Castelli, nel ’06 il castello di Meiningen, nel ’11 il casino di Altemburg con la<br />

collaborazione di Giovanni Domenico Castelli; più tardi risulta attivo in Assia e a<br />

Waldeck; dopo avere affrescato l’orangerie a Kassel,nel ’21 decorò l’appartamento<br />

al primo piano, cappella e banco padronale, ad Arolsen, e la grande sala del<br />

castello di Friedrichstein a Bad Wildungen; dal ’27 le scale e la nuova sala del<br />

consiglio nel municipio di Aquisgrana.<br />

Luca Antonio Colombo (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), per ventiquattro anni pittore di corte del<br />

duca di Würtemberg, affrescò la chiesa dei benedettini di Zwiefalten, il convento<br />

dei cistercensi di Schöntal e il Deutschaus di Heilbronn; alcune sale dei castelli di<br />

Ludwigsburg, Biberich, Ettlingen, il convento delle suore di Frauenalb, la chiesa di<br />

Salem, i pennacchi della cupola del duomo di Fulda; altre sue opere sono le<br />

pitture del salone nel castello Favorite di Magonza e della cupola del Römer di<br />

603


Francoforte; qui dipinse anche la volta del salone rotondo del palazzo Thurn und<br />

Taxis; lavorò anche a Kassel, Vienna, Pest e Praga.<br />

Marco Antonio Chiarini, anche architetto, chiamato a Vienna nel 1697 da Eugenio<br />

di Savoia, dipinse con il Lanzani la sala rossa del palazzo d’inverno del principe;<br />

negli anni 1710-’14 e tra il ’15 e il ’26 soggiornò ancora a Vienna, affrescò con<br />

Giuseppe Gambarini la sala azzurra nel palazzo d’inverno e la sala lunga<br />

(biblioteca), la sala dei marmi nel Belvedere inferiore, avendo come collaboratore<br />

Carlo Innocenzo Carlone e Martino Altomonte per le figure ne “L’apoteosi del<br />

principe”; alla grandiosa impresa collaborò anche il genero e discepolo Gaetano<br />

Fanti che poi, cessata l’attività del suocero, rimase solo nell’esecuzione. Altri<br />

lavori del Chiarini furono gli affreschi della sala terrena del palazzo Trautson (con<br />

il Fanti), i grandiosi affreschi nella volta dello scalone, della galleria e della sala<br />

ovale di palazzo Daun-Kinski (pure con il Fanti); le figure furono eseguite da Carlo<br />

Innocenzo Carlone.<br />

Di Andrea Lanzani, stabilitosi a Vienna nel 1697, collaboratore del Chiarini, due<br />

tele sono conservate nel castello di Pommersfelden (1706).<br />

Gaetano Fanti ebbe come primo incarico a Vienna la quadratura del presbiterio<br />

della chiesa di S. Paolo, eseguita con Carlo Innocenzo Carlone. Oltre che<br />

dall’imperatore Carlo VI, dall’arcivescovo di Salisburgo e dai principali monasteri,<br />

ricevette commissioni dalla più alta nobiltà dei paesi asburgici; il diretto influsso<br />

delle quadrature del Chiarini si scorge nelle pitture della volta della sala eroica del<br />

Theatermuseum a Vienna che il Fanti eseguì con J. van Schuppen durante le estati<br />

del 1728 e del ’29. Negli anni ’26-’31 creò le quadrature nella chiesa di S. Carlo a<br />

Vienna, mentre nel ’36 terminò le finte volte a cupola degli oratori; nel ’29<br />

insieme con il Rottmayr affrescò la volta del presbiterio nella chiesa del convento<br />

di Klosterneuburg; nel ’31 iniziò l’intensa attività del Fanti nell’abbazia di Melk,<br />

con affreschi eseguiti insieme al Troger. Al ’34 risale l’esecuzione del complesso<br />

decorativo del salone del parlamento moravo a Brno, commissionata a lui e al<br />

Gran dal principe Kaunitz; le ultime quadrature del pittore si trovano nella chiesa<br />

dei gesuiti a Györ in Ungheria (’44-’47). Fra le opere andate perdute ricordiamo la<br />

volta dello scalone e la cappella decorate con Bartolomeo Altomonte, del castello<br />

Mirabell a Salisburgo per l’arcivescovo Harrach (’25), il salone per Carlo Vi nel<br />

castello imperiale di Vienna dove affrescò anche una sala in occasione del<br />

matrimonio di Maria Teresa con <strong>Francesco</strong> di Lorena (’36), la palazzina, già<br />

Harrach, a Vienna, dove il Fanti decorò due stanze e un salone nel ’29-’30 e un<br />

altro nel ’37.<br />

Il figlio Vincenzo lavorò in Boemia, Austria e Germania; collaborò all’esecuzione<br />

degli affreschi di Melk; come successore del padre nel ’60 fu nominato direttore<br />

604


della galleria Liechtenstein, fu al servizio come pittore di questa famiglia; le fonti<br />

riferiscono di dipinti nel presbiterio della chiesa di Eisgrub e di alcuni quadri per il<br />

castello; nel ’72 Vincenzo ricevette il titolo di consigliere imperiale e fu maestro di<br />

disegno della famiglia dell’imperatore.<br />

Giovanni Segala decorò l’interno del castello di Linden presso Herrenhausen.<br />

Giuseppe Roli fu pittore e intagliatore di corte del principe del Baden.<br />

Ferrante Amendola lavorò particolarmente per la corte di Baviera.<br />

Ulrico Righi operò a Magonza.<br />

Sebastiano Ricci fu a Schönbrunn tra il 1701 e il ’03.<br />

Raimondo Mancini fu pittore di corte del margravio Ludovico Guglielmo I del<br />

Baden, lavorò anche in Austria.<br />

Elia Galli, attivo ad Amburgo negli ultimi decenni del Seicento, pittore di ritratti e<br />

composizioni con figure, intorno al 1711 fu pittore di corte del duca di Holstein-<br />

Gottorp, lavorò <strong>nei</strong> castelli di Gottorp e Husum.<br />

Giovanni <strong>Francesco</strong> Marchini affrescò la volta del duomo di S. Martino a Bamberga<br />

(1702), lavorò come pittore di corte a Magonza tra il 1721 e il ’22 e quindi come<br />

pittore della famiglia Schönborn affrescò la cappella di S. Valentino di<br />

Unterleiterbach e le chiese parrocchiali di Walldürn (1723-’24) e di Wiesentheid<br />

(’28); decorò poi la facciata e l’interno del castello di Bruchsal e il castello<br />

Weissenstein a Pommersfelden (’17), nel ’30 decorò di pitture la cupola della<br />

cappella di S. Croce nel mausoleo degli Schönborn di Wiesentheid.<br />

Sebastiano Bombelli a Innsbruck lavorò per l’arciduca Giuseppe, a Vienna ritrasse<br />

la famiglia dell’imperatore Leopoldo; fu pittore di corte a Monaco, dal 1705 al ’11<br />

fece i ritratti di molti principi tedeschi, lavorò per i duchi di Brunswick e di<br />

Lüneburg.<br />

Antonio Maria Beduzzi, dal 1708 ingegnere teatrale alla corte di Vienna, curò<br />

l’allestimento del “castrum doloris” di Giuseppe I; suo capolavoro è la decorazione<br />

ad affresco della sala maggiore del Landhaus di Vienna (1710), così come il<br />

soffitto della sacrestia dell’abbazia di Melk.<br />

Antonio Bellucci fu pittore di corte a Vienna, protetto da Giuseppe I e Carlo VI,<br />

dipinse nella cappella di Feldsberg, fece lavori in dieci sale del palazzo<br />

Liechtenstein; il principe elettore Giovanni Guglielmo lo chiamò a Düsseldorf;<br />

dopo essere stato a Londra, nel 1716 ritornò in Germania, decorò a Bensberg la<br />

galleria del castello; dipinse molti quadri per principi tedeschi; se ne conservano<br />

nelle gallerie di Augusta, Monaco, Schleissheim, Norimberga, Pommersfelden.<br />

Carlo Innocenzo Carlone, fratello dello stuccatore Diego, fu attivo in Austria dal<br />

1710 al ’37; dipinse a Linz una pala d’altare nella chiesa dei carmelitani e affrescò<br />

con <strong>Francesco</strong> Massenta la sala del consiglio; con lo stesso eseguì affreschi nella<br />

605


chiesa della Trinità a Paura presso Lambach; lo troviamo poi come frescante nella<br />

chiesa dei benedettini a Lambach, nella villa imperiale a Kremsmünster, nella<br />

chiesa di S. <strong>Francesco</strong> di Paola a Leopoldstadt, nella parrocchiale di Gross-<br />

Sieghartsee, nella cappella del castello di Schlosshoff, nel castello di corte a<br />

Schöneberg, nella villa imperiale di Helzendorff; a Vienna lavorò nel palazzo del<br />

Belvedere inferiore con il Chiarini e con lo stesso nel palazzo Daun-Kinski, nel<br />

presbiterio della chiesa di S. Paolo con il Fanti; eseguì il quadro d’altare<br />

nella chiesa dell’ospedale spagnolo e poi quelli della chiesa dei francescani a<br />

Leopoldstadt e della parrocchiale di Kirchberg. A Breslavia affrescò una cappella<br />

nella cattedrale e molti lavori fece nelle sale del castello di corte; a Praga dipinse<br />

lo scalone e due sale nel palazzo dei conti Gallas, lavorò anche a Lubiana e<br />

dipinse due pale d’altare per l’abbazia di Einsiedeln in Svizzera; in Germania<br />

lavorò per il duca di Würtemberg, per i principi elettori di Colonia, di Treviri e<br />

della Baviera; a Passavia affrescò nel palazzo di corte, eseguì una pala d’altare<br />

nella chiesa dei gesuiti e vari dipinti <strong>nei</strong> dintorni della città; a Bonn suoi affreschi<br />

sono nelle Stiegen Hauses e nel palazzo dell’università, ad Heinsheim nel castello<br />

di corte, a Ludwigsburg nella chiesa di corte e nel castello (con quadri e pale<br />

d’altare); nella residenza di corte a Stoccarda, nella sala e nella cappella del<br />

palazzo del margravio di Ansbach, nel palazzo dell’elettore di Colonia a Brühl (lo<br />

scalone, due sale e la cappella); nella collegiata di Weingarten si conservano due<br />

pale d’altare.<br />

Tutta l’opera del Carlone è volta a glorificare, tramite complessi apparati<br />

allegorici, le virtù dei suoi protettori.<br />

Giovan Pietro Giorgioli, figlio di <strong>Francesco</strong> Antonio, nel 1712 lavorò a S. Trudpert,<br />

nel ’14 in Aub (Alta Franconia) con un affresco nella chiesa parrocchiale, nel ’17 a<br />

Karlsruhe con affreschi nella chiesa del castello, nel ’21 a Säckingen con le pitture<br />

nella Stiftskirche di S. Fridolin.<br />

Quirino Antonio Giorgioli, altro figlio di <strong>Francesco</strong> Antonio, nel 1725 affrescò a<br />

Mannheim la cupola della chiesa del convento delle agostiniane.<br />

Bartolomeo Altomonte operò prevalentemente in Austria, spesso in collaborazione<br />

col padre Martino; ricordiamo di lui gli affreschi nel convento di S. Florian a Linz.<br />

Ippolito Sconzani lavorò con Bartolomeo Altomonte come quadraturista; decorò la<br />

chiesa del convento di Melk e due soffitti nel convento di S. Florian.<br />

Antonio Tassi,quadraturista, con lo stesso Altomonte,lavorò nella<br />

Heiligenkreuzerhof di Vienna, nella chiesa dei domenicani a S. Polten, nel<br />

convento di S. Florian, ecc.<br />

Giovanni Carlone dipinse nel monastero di Schlierbach (Alta Austria).<br />

606


Ferdinando, <strong>Francesco</strong> e Giuseppe Galli Bibiena furono a Vienna nel 1712 come<br />

decoratori teatrali, oltre che scenografi. Quest’ultimo decorò il catafalco<br />

dell’imperatrice Eleonora nella chiesa di S. Agostino, fu poi a Dresda dove decorò<br />

il teatro dell’Opera e lavorò in seguito a Monaco, Praga, Linz, Stoccarda e Berlino;<br />

con il figlio Carlo, al servizio del margravio Federico di Bayreuth,decorò il teatro di<br />

corte.<br />

Antonio Galli Bibiena eseguì la decorazione pittorica a finta architettura nella<br />

chiesa della Trinità a Bratislava e decorò esternamente il palazzo municipale<br />

(1717); lavorò anche nel teatro di Vienna.<br />

Alessandro Galli Bibiena fu pittore e architetto dell’elettore palatino a Mannheim.<br />

Carlo, chiamato nel 1753 dall’elettore di Baviera, decorò il nuovo teatro di<br />

Monaco, e poi fu a Berlino, chiamato da Federico II.<br />

Giovanni Antonio Pellegrini a Düsseldorf nel 1713 ebbe l’incarico dall’elettore<br />

palatino di decorare alcune sale del castello di Bensberg, nel ’16 ad Hannover<br />

dipinse la pala d’altare della chiesa di S. Clemente; nel ’24 fu a Würzburg e per il<br />

principe Schönborn dipinse nel castello di Pommersfelden e in quello di<br />

Schleissheim; nel ’25 lo troviamo a Dresda, quindi a Vienna dove rimase fino al<br />

’30 e dove dipinse nella chiesa di S. Carlo e nella cupola della chiesa dei salesiani ;<br />

nel ’37 decorò di affreschi il castello di Mannheim; dipinse pale d’altare per la<br />

chiesa di corte di Dresda e per le chiese di Fussen, Frankenthal e Fussgonheim;<br />

altri suoi dipinti sono nella residenza di Würzburg oltre che in molte gallerie<br />

tedesche.<br />

Jacopo Amigoni, pittore e incisore, lavorò in Baviera dal 1717 al ’27 per il principe<br />

elettore; quadri suoi si trovano a Monaco, nella Frauenkirche e nel palazzo della<br />

Residenza; eseguì affreschi (un soffitto) a Nymphenburg, nelle abbazie di<br />

Benediktebeuern (la cupola della cappella di S. Benedetto) e di Ottobeuren, nel<br />

castello di Schleissheim; altri suoi dipinti si conservano ad Augusta, Francoforte,<br />

Braunschweig e in numerose collezioni pubbliche e private tedesche; eseguì i<br />

ritratti dell’imperatore di Germania e d’Austria, e dello zar di Russia.<br />

Gaspare Diziani, chiamato in Sassonia da Federico Augusto II intorno al 1717,<br />

dipinse alcune pale d’altare per la chiesa di Dresda, trascorse alcuni anni presso<br />

quella corte; nella Residenza di Monaco vi sono di lui quattro sovrapporte.<br />

Giovan Battista Grone nel 1719 fu presso lo stesso sovrano; nel ’20 divenne<br />

scenografo di corte, decorò di affreschi il soffitto del teatro dell’opera e la cupola<br />

della Frauenkirche a Dresda (1734), il castello di caccia di Moritzburg e la cappella<br />

del castello di Hubertusburg; eseguì una pala d’altare per la chiesa di<br />

Grosshatmanndorf; nel ’40 fu nominato architetto di corte. Morì a Dresda.<br />

607


Domenico Maria Fratta dal 1719 in poi visse e lavorò in Germania dedicandosi<br />

specialmente al disegno.<br />

Carlo Lugano collaborò con molti altri italiani alla decorazione del castello di<br />

Mannheim, cominciata nel 1720.<br />

Bartolomeo Scotti fu pittore di corte del duca di Würtemberg; affrescò la chiesa di<br />

Dangendorf e dipinse una pala d’altare per la chiesa del convento di Zwiefalten.<br />

Livio Retti fra il 1720 e il ’50 lavorò in Germania decorando di affreschi i castelli di<br />

Ludwigsburg, Ansbach, Mergentheim e Würzburg.<br />

Mauro e Pompeo Aldovrandini decorarono di pitture il teatro dell’Opera di Dresda;<br />

il secondo lavorò anche in altre città tedesche, a Praga e a Vienna.<br />

Lorenzo Rossi nel 1721 divenne pittore di corte a Dresda, collaborò con il Grone<br />

alle pitture del castello di Moritzburg; lavorò anche in Slovacchia.<br />

Bonaventura Rossi fu chiamato a Berlino da re Federico I per il quale eseguì<br />

decorazioni pittoriche a Charlottenburg; nel ’31, divenuto pittore di corte a<br />

Dresda, dipinse alcuni affreschi nella reggia.<br />

Giacomo Monari intorno al 1722 lavorava per la corte di Baviera come decoratore<br />

teatrale.<br />

Jacopo Pellandelli visse e lavorò a Ueberlingen, a Ottobeuren (1723), Engelwies<br />

(’24) e Neudingen (’25).<br />

<strong>Francesco</strong> Domenico Minetti nel 1725 decorò di pitture le pareti e il soffitto della<br />

chiesa di Buttstädt.<br />

Lorenzo Bossi eseguì pitture nel castello di caccia di Moritzburg presso Dresda nel<br />

1726.<br />

Antonio Gresta nel 1726 fu chiamato a Bruchsal dove dipinse nella chiesa di corte<br />

e nel castello.<br />

<strong>Francesco</strong> Bernardini dal 1722 al ’35 fu a Mannheim, prima come pittore aulico,<br />

poi scenografo di corte; opere sono a Mannheim, nel castello, nel teatro<br />

dell’Opera, nella chiesa dei cappuccini, nel castello di Bensberg, nel palazzo Thurn<br />

und Taxis di Francoforte (nelle scale e nell’ingresso); egli affrescò a Fussen la sala<br />

capitolare di S. Maria, dipinse il soffitto della navata centrale del duomo di<br />

Hildesheim, con Aprili decorò la cattedrale di Aquisgrana; un affresco e due<br />

quadri sono nella parrocchiale di Simmern, una pala d’altare è nella parrocchiale<br />

di Kettenis in Belgio.<br />

Andrea Zucchi, pittore e incisore, chiamato a Dresda nel 1726 per collaborare alla<br />

collezione di acqueforti della Galleria, nel ’38 lavorò alla decorazione del teatro<br />

dell’Opera.<br />

Giovan Battista II Natali intorno al 1730 era pittore di corte del principe elettore di<br />

Colonia; opere sono a Schleissheim.<br />

608


Rosalba Carriera nel 1730 si recò a Vienna, invitata da Carlo VI, e vi rimase per<br />

otto mesi; ebbe numerose ordinazioni e ritrasse anche il Metastasio; in seguito da<br />

Venezia spedì molte tele specialmente per il duca di Meclemburgo, per Federico di<br />

Danimarca, per l’elettore di Sassonia; C. Cole, mercante d’arte, le procurò molti<br />

committenti inglesi.<br />

Federico Bencovich operò in Austria e Germania ( la sua pittura, di un cromatismo<br />

denso, dai forti chiaroscuri, caratterizzata da un’enfasi drammatica, ebbe larga<br />

influenza sugli artisti locali); dipinse per il vescovo di Bamberga, quattro tele per il<br />

castello di Pommersfelden,a Vienna lavorò per il ramo austriaco degli Schönborn,<br />

nel 1734 dipinse nella Residenza di Würzburg quattro tele e fu nominato pittore<br />

di corte, nel ’37 dipinse una grandiosa pala d’altare per il castello di Schönborn-<br />

Malleborn.<br />

Carlo <strong>Francesco</strong> Rusca nel 1736 a Cassel ebbe dal principe Carlo di Waldeck<br />

l’incarico di fargli il ritratto; fu invitato alla corte di Hannover ove rimase per<br />

qualche tempo, poi invitato in Prussia da Federico Guglielmo I si recò a Berlino e<br />

Postdam; più tardi volendo tornare ad Hannover si trattenne a Wolfenbüttel presso<br />

la duchessa di Braunschweig per la quale dipinse un ritratto del marito defunto.<br />

Varie sue opere sono in molte gallerie tedesche e precisamente nel<br />

Landesmuseum e nel Vaterlandmuseum di Braunschweig, nell’università di<br />

Gottingen, nel Rittergut di Lucklum, nella Behn-haus di Lubecca e nel<br />

Landesmuseum di Schwerin, alcuni ritratti sono nella galleria e nel castello di<br />

Wilhelmshöhe; lavorò anche in Svizzera.<br />

Giovan Battista Ferrandini (o Ferratini) nel 1740 dipinse due pale d’altare per il<br />

duca di Würtemberg; affrescò il soffitto della chiesa di Lontheim.<br />

Ferdinando Carlo Bruni fu pittore di corte dell’elettore Massimiliano di Baviera<br />

intorno al 1740.<br />

Stefano Torelli, anche incisore,visse in Germania per vent’anni; nel 1740,<br />

chiamato a Dresda da Augusto II, decorò la chiesa di corte, la sala delle udienze a<br />

Bayreuth, quindi il castello di Altdobern, il castello di Nieschwitz, il municipio di<br />

Lubecca, il duomo di Frauenburg; nel ’61 fu chiamato in Russia.<br />

Luigi Dassareto visse e lavorò a Magonza ove nel 1752 era accettato come<br />

cittadino.<br />

Bartolomeo Nazzari, scultore, pittore e incisore, nel 1744 andò a Francoforte ,<br />

chiamato da Carlo VII per il quale aveva già eseguito lavori; bene accolto dalla<br />

corte ebbe molte commissioni: fra altri la principessa di Thurm und Taxis che gli<br />

commise due quadri( oggi nella biblioteca di Francoforte); altri suoi quadri sono<br />

nella galleria di Dresda.<br />

Giampaolo Gaspari dipinse alla corte di Baviera.<br />

609


Bernardo Bellotto, detto il Canaletto, nipote di Antonio Canal, anch’egli detto il<br />

Canaletto, pittore e incisore, andò nel 1745 a Monaco di Baviera e vi dipinse<br />

vedute della città e del castello di Nymphenburg, nel ’46 andò a Dresda, dove fu<br />

nominato pittore di corte e dove rimase fino al ’67, eseguendo numerosissime<br />

vedute della città, di Pirna e di altre località della Sassonia; nel ’59 fu a Vienna<br />

dove dipinse oltre che per l’imperatore anche per il cancelliere Kaunitz e per il<br />

principe di Liechtenstein; l’imperatrice Maria Teresa gli commissionò tredici<br />

vedute di Vienna e dintorni, F. F. Lobkowitz una tela raffigurante una veduta della<br />

piazza e del suo palazzo di Praga; in seguito il Bellotto fu presso l’elettore di<br />

Baviera e dal ’67 si trasferì a Varsavia.<br />

Giovan Battista Colombo (o Colomba) pittore e scenografo a Mannheim,Stoccarda,<br />

Monaco, Lipsia, Amburgo, Braunschweig, Hannover e Magonza, lavorò nel castello<br />

Württ di Ludwigsburg, dove decorò anche il soffitto del teatro dell’Opera, a<br />

Francoforte nel Römer e nel palazzo Thurm und Taxis; per la chiesa di Uetersen<br />

dipinse la glorificazione della S. Trinità.<br />

Antonio Debittio verso il 1750 lavorò col Colombo a trasformare il Lusthaus di<br />

Stoccarda in teatro dell’opera; in questa città fondò con altri artisti l’accademia di<br />

Belle Arti.<br />

Sante Leoncini nel 1750 era pittore di corte a Dresda.<br />

Giuseppe Visconti nel 1750 fu chiamato a lavorare nella Residenza di Würzburg.<br />

<strong>Francesco</strong> Gandini, pittore e incisore, dal 1750 al ’59 fu disegnatore presso la<br />

Grande Galleria di Dresda, nel ’64 fu nominato disegnatore di corte; lavorò anche<br />

in Russia dove morì.<br />

Giuseppe Camerata il giovane, incisore e pittore, lavorò molto a Monaco e a<br />

Dresda, dove fu nominato pittore di corte.<br />

Bartolomeo Ignazio Cappello lavorò per il principe elettore di Magonza, per i<br />

vescovi di Spira e Chiemsee, per il cardinale conte di Schönborn; lavorò anche in<br />

Austria.<br />

Giuseppe Appiani decorò di pitture il salone del castello Seehof a Bamberga, la<br />

cappella della Santa Croce a Oberdorf, il refettorio del convento di Obermarchtal<br />

sul Danubio, la chiesa di corte di Beuggen, tutto l’interno della chiesa di S. Pietro<br />

a Magonza, il soffitto della chiesa di Lindau e in Svizzera la Residenza di<br />

Herrliberg presso Zurigo e nel 1759-’60 alcune parti del duomo di Arlesheim; nel<br />

’61-’62 il castello e l’antica chiesa del seminario di Meersburg, quindi la chiesa<br />

del castello di Althausen; nel ’65 iniziò i lavori per la decorazione pittorica del<br />

santuario di Vierzehnheiligen; dopo il ’70 lo troviamo a lavorare nella chiesa dei<br />

gesuiti a Würzburg; già sull’ottantina eseguì le pitture del palazzo Bolongaro a<br />

Hochst e quelle della chiesa di Camberg; nel ’83 decorò la chiesa del convento di<br />

610


Haydenfeld e l’anno dopo iniziò l’ultimo suo lavoro nel monastero di Triefenstein.<br />

Fondò a Magonza un’accademia di pittura che diresse fino all’ultimo.<br />

Giovan Battista Tiepolo nel 1750 si trasferì da Venezia a Würzburg con i figli Gian<br />

Domenico e Lorenzo; rimase per tre anni al servizio del principe-vescovo C. P. von<br />

Greiffenklau, decorandone la sontuosa residenza e dipingendo opere da cavalletto<br />

durante i mesi invernali. Gli affreschi nel soffitto e nelle pareti della Kaisersaal e<br />

nel soffitto dello scalone d’onore, raffiguranti temi storici, mitologici e allegorici,<br />

collegati nell’aulica celebrazione dell’imperatore F. Barbarossa, del vescovo Arolso<br />

e dello stesso committente, sono animati da un senso di prorompente vitalità<br />

nello slancio delle composizioni, nell’esaltante luminosità dei cieli, nello<br />

splendore degli accostamenti cromatici, in uno dei più grandiosi complessi<br />

pittorici che influirà enormemente sulla pittura tedesca. L’artista dipinse inoltre<br />

pale d’altare per la cappella della Residenza per la chiesa di S. Agostino di Diessen<br />

e per quella di Munsterschwarzach. A lui si ispirarono C. D. Asam e M. Gunther.<br />

Gian Domenico Tiepolo lavorò col padre negli affreschi di Würzburg, dove eseguì<br />

inoltre le sovrapporte della Kaisersaal; durante la permanenza in Germania<br />

dipinse altri quadri, oggi nel castello di Schleissheim.<br />

Anche Lorenzo Tiepolo collaborò con il padre.<br />

Michelangelo Unterberger, della Val di Fiemme, fu rettore dell’accademia delle Arti<br />

di Vienna nel 1751; la sua ampia produzione di opere sacre e di ritratti per il<br />

Tirolo, l’Austria e la Moravia è caratterizzata da una vivacità cromatica di gusto<br />

rococò.<br />

Gregorio Guglielmi nel 1753 fu a Dresda dove ebbe alcuni incarichi e vi rimase<br />

due anni; nel ’55 a Vienna dipinse il soffitto dell’accademia delle Scienze con<br />

soggetti indicati da Pietro Metastasio; nel ’61 e nel ’62 lavorò a Schönbrunn<br />

(soggetti storici sul soffitto del palazzo), nel ’64 fu chiamato a Berlino da Federico<br />

il Grande; decorò di affreschi alcune sale del palazzo del principe Enrico (ora<br />

università); ad Augusta affrescò il soffitto dello scalone del palazzo Muench (’68),<br />

l’antica Residenza del vescovo-principe, e il palazzo Liebert (’65).<br />

Michele Marieschi, ottimo vedutista, ebbe successo alla corte di Federico il Grande<br />

e lasciò alcune opere nelle Residenze di Postdam e Charlottemburg; altre sono<br />

nell’ università di Gottingen e nelle gallerie di Lipsia e Stoccarda.<br />

Giuseppe Ruffini dipinse due grandi tele per la Damenstftskirche a Monaco di<br />

Baviera.<br />

Carlo Donato Martini, pittore e stuccatore, lavorò con il padre Giuseppe nella<br />

chiesa di S. Giorgio ad Amburgo; nel 1756 eseguì stucchi e pitture in tre altari<br />

nella chiesa di Rellingen.<br />

Giovan Giacomo Martini, pittore e incisore, visse e lavorò in Turingia.<br />

611


Silverio De Lellis, pittore e mosaicista, pittore di corte a Monaco intorno al 1756,<br />

nel ’61 divenne direttore della fabbrica di mosaici della corte e membro<br />

dell’accademia di Bayreuth; nello stesso anno fece un ritratto del principe elettore<br />

di Baviera.<br />

Domenico Quaglio il vecchio lavorò a Vienna e a Salisburgo.<br />

Andrea Altomonte fu attivo in Austria come progettista, disegnatore e incisore;<br />

forse è identificabile con uno dei figli di Bartolomeo; eseguì progetti architettonici<br />

per i principi Schwarzenberg; dal 1763 fu al servizio di Maria Teresa come<br />

disegnatore teatrale e ingegnere.<br />

La stessa imperatrice posò per la pittrice Maria Maddalena Baldacci.<br />

Pietro Rotari visse e lavorò molto a Dresda dove dipinse tre pale d’altare per la<br />

chiesa di corte e diversi ritratti di membri della famiglia reale, oggi nella<br />

pinacoteca di Dresda e nel museo Federico di Berlino; lavorò anche in Austria.<br />

<strong>Francesco</strong> Giuseppe Casanova, fratello di Gian Giacomo, nato a Londra, pittore e<br />

incisore, a Parigi fu nominato “pittore del re” e membro dell’accademia; lavorò dal<br />

1783 in Austria, morì a Vienna.<br />

Gian Battista Casanova,fratello di Gian Giacomo, studiò a Dresda e a Venezia; a<br />

Roma eseguì disegni per J. J. Winckelmann e lavorò con R. Mengs; nel 1764 fu<br />

chiamato alla corte di Dresda,nominato professore e quindi direttore<br />

dell’accademia di Belle Arti e fu una vera autorità sia come pittore sia come<br />

storico della pittura; morì nella stessa città.<br />

<strong>Francesco</strong> Pavona visse e lavorò molto a Dresda e a Bayreuth dove ritrasse il<br />

margravio Federico; un suo quadro è anche nel castello di Wörlitz presso Dessau;<br />

lavorò anche in Portogallo, Spagna, Svezia e Danimarca.<br />

Bartolomeo Follin, pittore e incisore, lavorò a Dresda e a Bayreuth al servizio del<br />

margravio Federico il cui ritratto, dipinto dal Pavona, egli incise; nel 1761 fu<br />

nominato professore dell’accademia di Bayreuth, lavorò anche in Polonia.<br />

Andrea, Giambattista e Innocente Rensi, trentini, operarono quasi esclusivamente<br />

all’estero: Andrea fu alla corte di Leopoldo Antonio Firmian, arcivescovo di<br />

Salisburgo, trentino anche lui; Giambattista visse a Passavia, alla corte di un altro<br />

Firmian, Leopoldo Ernesto, principe-vescovo della città; lo seguì a Passavia nel<br />

1797 suo figlio Innocente, divenuto poi pittore di corte. Del primo ricordiamo gli<br />

affreschi nel duomo e nel castello di Leopoldskron e alcune opere nel Landhaus di<br />

Innsbruck.<br />

G. P. Lucello decorò di affreschi la chiesa parrocchiale di Dischingen nel 1771.<br />

Giuseppe Valeriani, decoratore, lavorò al servizio dell’elettore di Baviera nella<br />

Residenza di Monaco e nel castello di Schleissheim, con il fratello Domenico.<br />

612


Giampietro Zanotti,pittore e incisore, visse e lavorò molto in Germania; operò<br />

anche in Francia.<br />

Innocenzo Bellavite, pittore e scenografo, lavorò molto a Stoccarda e a Berlino;<br />

dipinse una veduta del castello di Sanssouci a Postdam.<br />

Pietro Scotti di Laino lavorò nel castello di Ludwigsburg al servizio del duca<br />

Gherardo Luigi di Würtemberg.<br />

Giosuè Scotti,figlio di Pietro, visse per sedici anni in Germania; fu pittore e<br />

scenografo di corte a Stoccarda, decorò di affreschi le chiese di Zwiefalten e di<br />

Dagendorf, nel 1767 fu nominato professore all’accademia di Belle Arti e quindi<br />

all’accademia militare; lavorò anche in Russia.<br />

Bartolomeo Scotti, fratello di Giosuè, fu pittore alla corte dei duchi di Würtemberg.<br />

Giovanni Giorgi visse a Francoforte dal 1770 al ’95 e si rese noto come ritrattista.<br />

Bernardino Galliari, pittore e scenografo, fu chiamato nel 1772 da Federico il<br />

Grande a Berlino come pittore e scenografo di corte, decorò di affreschi a sue<br />

spese la chiesa di S. Edvige a Berlino, lavorò anche in Francia e in Austria. Fu con<br />

lui il nipote Giovanni II; il fratello Fabrizio decorò il teatro imperiale di Vienna.<br />

Felicita Sartori, pittrice e miniaturista, lavorò alla corte di Sassonia dove ebbe<br />

grande successo.<br />

Davide Antonio Fossati, pittore e incisore, ebbe molte commissioni dall’elettore di<br />

Sassonia, decorò di affreschi l’abbazia di Martinsberg.<br />

Giuseppe Mariani visse e lavorò a Dresda, a Norimberga e in altre città della<br />

Germania.<br />

Vito Grego, pittore e miniaturista, lavorò a Monaco di Baviera.<br />

Domenico Francia lavorò a Praga e a Vienna, dette anche disegni per giardini.<br />

Carlo Atteggi decorò di affreschi il castello di Brühl.<br />

Giovanni Faccioli dipinse due pale d’altare per la cappella di S. Sebastiano a<br />

Grossaitingen (Baviera).<br />

Giovan Battista Farussi (o Farusi), pittore, fu insegnante e direttore dell’accademia<br />

di Dresda.<br />

Alessandro Macco e Davide Alessandri, pittori e miniaturisti, operarono presso la<br />

corte dell’elettore palatino.<br />

<strong>Francesco</strong> Antonio Sebastini visse in Germania dal 1773 al ’83, dipinse una pala<br />

d’altare per la chiesa dei minori conventuali e una per la chiesa dell’ospedale di<br />

Glogau, decorò di affreschi le chiese di Oberglogau, Himmerviltz e Gross-<br />

Ullersdorf.<br />

Pellegrino Parodi, figlio di Domenico, lavorò come ritrattista in Germania;fu anche<br />

in Inghilterra, Spagna e Portogallo; morì a Lisbona.<br />

613


Antonio Pinchetti, pittore e scenografo, nel 1774 fu a Mannheim, presso il<br />

principe elettore, nel ’78 seguì la corte a Monaco; decorò di affreschi il teatro di<br />

Mannheim.<br />

Giovanni Campigli intorno al 1777 lavorò per qualche tempo a Postdam e a<br />

Berlino.<br />

Giovan Battista Bagutti visse e lavorò a lungo nel Wurtemberg per la corte di quel<br />

principato; nella chiesa di Altdorf vi sono tre suoi medaglioni.<br />

Giovan Battista Tornielli lavorò nel castello di Celle.<br />

Geremia Davide Fiorino fu pittore, miniatore e acquerellista presso la corte<br />

dell’elettore palatino per il quale fece molte miniature su avorio; lavorò a Cassel e<br />

a Dresda, visse anche in Austria.<br />

Giovan Battista Internari lavorò a Dresda come ritrattista nel 1750.<br />

Pelliccia nel 1778 dipinse alcuni affreschi nel castello di Wandsbeck presso<br />

Amburgo, nel ’95 decorò la villa del nobile Reventlow a Enkendorf nello<br />

Schleswig-Holstein, lavoro che, interrotto per qualche tempo, fu ripreso nel ’97;<br />

tra il 1788 e il 1800 decorò di pitture la villa del nobile Baudissin a Knoop e dal<br />

1820 in poi lavorò con <strong>Francesco</strong> Antonio Taddei a decorare varie ville del<br />

Meclemburgo.<br />

Della famiglia Quaglio ricordiamo Lorenzo, chiamato a Mannheim come<br />

successore del Bibiena al teatro nazionale, nominato nel 1778 consigliere aulico;<br />

seguì il principe Carlo Teodoro nella nuova Residenza di Monaco, nel ’86 ebbe il<br />

titolo nobiliare, fu membro dell’accademia d’arte di Düsseldorf, decorò di pitture<br />

il teatro di Mannheim, il palazzo municipale e la chiesa dei cappuccini a Lauingen,<br />

il teatro della commedia di Francoforte sul Meno. Martino, suo fratello, collaborò<br />

alla decorazione del teatro di Mannheim e per il conte di Assia-Cassel lavorò al<br />

castello di Wain. Giulio III, nipote di Lorenzo, eseguì alcuni affreschi nello stesso<br />

teatro e decorò il teatro delle marionette; infine Giuseppe,pittore di corte, decorò<br />

il ridotto del teatro di Mannheim.<br />

Giuseppe Raimondi intorno al 1785 affrescò alcuni soffitti del castello<br />

Friedrichsfeld a Berlino.<br />

Pietro Giuseppe Abati fu a Vienna pittore decoratore e di architetture.<br />

Attilio Sacchetti, pittore e disegnatore, fece molti lavori a Monaco.<br />

Giovanni Nepomuceno Della Croce visse a lungo a Burghausen, dipinse pale<br />

d’altare per le chiese di Aziburg e Reichertsheim, per la chiesa di S. Agostino di<br />

Au, per quella dello Spirito Santo di Burghausen, per la cappella del castello di<br />

Klebing, per la chiesa di S. Nicola di Passavia; decorò di pitture il portale<br />

meridionale della chiesa di S. Michele di Altotting.<br />

614


Suo figlio Clemente nacque a Burghausen, dipinse pale d’altare per le chiese di<br />

Eiberg, Friedofing, Niedergottesau; Pleisskirchen, Tittmoning e Wasserburg.<br />

Carlo Luca Pozzi lavorò come pittore in Germania.<br />

Carlo Ignazio Pozzi, architetto, pittore e scenografo, lavorò verso il 1791 a<br />

Francoforte come decoratore, nel ’99 entrò al servizio del duca di Dessau.<br />

Costantino Villani, pittore, visse e lavorò a Dresda dopo il 1794, fu anche in<br />

Polonia.<br />

Domenico Botri, architetto e miniatore, fu per qualche tempo presso l’elettore<br />

palatino; lavorò anche ad Amburgo dove dal 1794 al ’96 ritrasse molte<br />

personalità cittadine; fu attivo anche in Austria, Svezia e Francia.<br />

Rosa Castellazzi, miniaturista di valore, lavorò molto per la corte di Sassonia.<br />

Carlo Restallino si stabilì a Monaco dove ottenne fama come miniaturista; sono<br />

celebri i suoi ritratti di molti illustri personaggi; lavorò anche a Ratisbona, Berlino,<br />

Francoforte e Karlsruhe.<br />

Angelo Ferrari intorno al 1820 eseguì alcuni dipinti decorativi nel cortile del<br />

duomo di Eichstätt.<br />

Giacomo Federico Sartori, pittore e miniaturista, lavorò molto a Ludwigsburg e a<br />

Mannheim; fu anche in Lettonia.<br />

La miniaturista Giraldi lavorò a Colmar e a Karlsruhe dove era intorno al 1829.<br />

Ricordiamo infine tra i pittori che svolsero attività nel secolo <strong>XVII</strong>I o <strong>nei</strong> primi anni<br />

del XIX <strong>nei</strong> paesi di lingua tedesca Agostino Aglio, Giuseppe Albruzio, Giovanni<br />

Benso, Giovan Battista Bernardi, Antonio e Pietro Bossi, Diego <strong>Francesco</strong> Carlone,<br />

Cristiano Castelli (nato a Dresda), Domenico Magiotto, Domenico Egidio Rossi,<br />

<strong>Francesco</strong> Zuccarelli.<br />

In Svizzera troviamo i fratelli Torricelli (sec. XIX) che eseguirono affreschi nella<br />

chiesa dei gesuiti a Lucerna.<br />

In Ungheria nel secolo <strong>XVII</strong> furono Antonio Orsatti, Cristoforo Tencalla e Paolo<br />

Troger di Monguelfo che eseguì gli affreschi della chiesa di S. Ignazio a Giavarino<br />

con la collaborazione di Gaetano Fanti, autore delle finte architetture.<br />

Nel secolo <strong>XVII</strong>I: Daniele Antonio Fossati lavorò a Vienna, poi in Ungheria dove<br />

fece un grande affresco nel palazzo arcivescovile di Posonio (1728), e gli affreschi<br />

nel refettorio del convento dei benedettini a Pannonhalma (1729).<br />

Giovanni Giorgioli dipinse nel 1720 la biblioteca del collegio dei gesuiti di Tirnavia<br />

e fece i ritratti di otto cardinali.<br />

Antonio Galli Bibiena, pittore e scenografo, lavorò a Vienna indi in Ungheria,<br />

chiamato dall’arcivescovo Esterhàzy; decorò con finte architetture la cupola della<br />

615


chiesa della Trinità a Posonio, ed esternamente con prospetti il palazzo<br />

municipale; nel 1738 fece il progetto della porta trionfale eretta per il giubileo del<br />

principe Esteràzy. Fu poi a Belgrado e a Pietroburgo (qui fu anche lo scultore<br />

Albani,,conservatore delle collezioni d’arte,dopo essere stato al servizio del re di<br />

Polonia).<br />

Giovanni Schiavoni (sec. <strong>XVII</strong>I-XIX) dipinse una pala d’altare (Crocifissione) per la<br />

cattedrale di Agria,in Ungheria.<br />

In Slovenia Giulio II Quaglio (sec. <strong>XVII</strong>I) affrescò la cappella del castello Pustal a<br />

Skofja Loka; eseguì lavori nella cappella della cattedrale di Lubiana con i figli<br />

Raffaele e Giovanni.<br />

Passiamo ora alla Francia.<br />

Orazio Gentileschi fu chiamato a Parigi da Maria de’Medici, e dal 1624 al ’26<br />

attese alla decorazione del Palais de Luxemburg; rimane la grande tela della<br />

“Felicità pubblica”,in cui l’artista risente della maniera di Fontainebleau. Tiberio<br />

Tinelli fu pittore di Luigi XIII, ritrattista,pittore di storie e soggetti religiosi,<br />

nominato cavaliere dal sovrano. <strong>Francesco</strong> Gentileschi, figlio di Orazio, fu ad<br />

Angers tra il 1650 e il ’65, nominato pittore di corte. Pietro Bellotti lavorò per il<br />

cardinale Mazzarino, oltre che per l’elettore di Baviera. Gian <strong>Francesco</strong> Romanelli,<br />

detto il viterbese, fu chiamato a corte nel 1646 e successivamente nel ’55, e<br />

colmato di onori; per il Mazzarino decorò una galleria del suo palazzo (oggi<br />

biblioteca) con soggetti mitologici e storici, mentre al Louvre, nelle sale degli<br />

imperatori romani,lasciò una notevole impronta della sua arte, esercitando grande<br />

influsso sulla pittura francese. Gian <strong>Francesco</strong> Grimaldi, detto il bolognese, anche<br />

architetto e incisore, fu chiamato dal Mazzarino a Parigi ove dipinse serie di<br />

paesaggi nel suo palazzo, nell’appartamento di Anna d’Austria e nella sala di<br />

Diana (del Candelabro) al Louvre, nella chiesa dei gesuiti (S. Sacramento).<br />

Molti pittori italiani eseguirono in patria opere per committenti francesi:<br />

l’ambasciatore a Roma incaricò Giacinto Gimignani, oltre a quattro suoi<br />

connazionali, di illustrare episodi della Gerusalemme Liberata per il suo castello<br />

presso Parigi; il segretario di Luigi XIV, il banchiere de la Vrillière, ingaggiò, per<br />

abbellire con quadri il proprio palazzo parigino, il Guercino, l’Orbetto e Pietro da<br />

Cortona che inviò tre tele da Roma.<br />

Con l’assolutismo di Luigi XIV e del suo ministro Colbert si ebbe l’accentramento<br />

delle arti a corte; l’Accademia, fondata a Parigi nel 1648 sull’esempio di quelle<br />

italiane, diventa uno strumento di dittatura artistica e impone i principi del<br />

classicismo che trionfa in tutti i rami dell’arte.<br />

616


<strong>Francesco</strong> Maria Borzone (Bourzon) divenne pittore di corte di Luigi XIV nel 1650;<br />

nel ’63 fu nominato aggregato all’Accademia, eseguì nove affreschi negli<br />

appartamenti del Louvre, paesaggi e vedute nel castello di Vincennes.<br />

Paolo de Matteis fu per tre anni pittore di Luigi XIV, eseguì un suo ritratto,<br />

affrescò la sede della Compagnia delle Indie. Pittore di corte fu anche Benedetto<br />

Gennari. <strong>Francesco</strong> Fracanzano operò e morì in Francia in tarda età. Giulio Benso<br />

decorò il palazzo del principe a Cagnes. Giulio Maino (o Mayno) lavorò a Parigi,<br />

dipingendo soggetti religiosi e ritratti di cavalieri. Giovanni Gherardini fu a Nevers<br />

e a Parigi dove dipinse nella biblioteca dell’antica casa dei gesuiti (poi liceo<br />

Charlemagne).<br />

Ricordiamo anche tra i pittori italiani attivi in Francia nel secolo <strong>XVII</strong> Angelo<br />

Michele Colonna, Giovanni Angelo Canini,morto a Parigi, Antonio Verrio, autore di<br />

una pala d’altare per una chiesa di Tolosa, Pietro Ricchi, detto il lucchese.<br />

Vincenzo Cifrondi (o Zifrondi) (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I) lavorò a lungo nella Grande<br />

Chartreuse di Grenoble; Gregorio de Ferrari lavorò a Marsiglia.<br />

Dal 1702 al ’05 fece molti lavori Paolo de Matteis.<br />

Nel 1717 fu a Parigi Sebastiano Ricci, eseguì due tele per il reggente di Francia ed<br />

ebbe il titolo di accademico.<br />

Giovanni Antonio Pellegrini fu a Parigi nel 1717, nel ’20 e nel ’33; ebbe influenza<br />

sul Settecento francese per il suo tocco rapido e sommario e per la raffinatezza<br />

cromatica.<br />

Rosalba Carriera, insuperabile nella tecnica del pastello, fu invitata nel 1720 dal<br />

mercante Crozat a Parigi dove conobbe i principali artisti e ritrasse molti dei<br />

personaggi più in vista, tra i quali il giovane Luigi XV; grande fu il suo successo,<br />

tanto che nell’ottobre dello stesso anno fu eccezionalmente eletta e fece parte<br />

dell’accademia di pittura di Parigi; il Perroneau, il Quentin de la Tour e il Liotard<br />

non seppero sottrarsi alla sua influenza nella tecnica del pastello. Per prima<br />

dipinse ritratti su avorio, recandone in Francia l’usanza, poi rapidamente diffusa;<br />

tra i suoi imitatori citiamo il Melder, e molti altri subirono il suo fascino di<br />

miniaturista.<br />

Verso il 1740 furono in Francia Gaetano Brunetti e il figlio Paolo Antonio,<br />

decoratori di teatri.<br />

Dal 1749 al ’76 operò a Tolosa e a Nantes Pietro Bellotti junior che dipinse vedute.<br />

Giuseppe Baldrighi si recò a Parigi nel 1751 a spese del duca di Parma e fu eletto<br />

membro dell’accademia di Belle Arti; ad Angers si conserva la sua “Carità romana”.<br />

Paolo Brunetti con il padre Gaetano eseguì le pitture nella cappella dell’Hospice<br />

des enfants; affrescò lo scalone dell’Hotel de Luynes, fece decorazioni nell’ Hotel<br />

Subise, nel Richelieu e nell’Egmont, dipinse nel castello di Bellevue presso<br />

617


Meudon, nella cappella delle” Anime del Purgatorio” in S. Margherita (rue S.<br />

Bernard); fu “peintre doreur et décorateur” del Théatre français dal 1753 alla<br />

morte (1783).<br />

Lavorarono inoltre in Francia nel secolo <strong>XVII</strong>I l’Algeri, Jacopo Amigoni, Giuseppe e<br />

Carlo Bibiena, Gregorio de Ferrari, Gian Giacomo Miraglio, Anton Maria Zanetti; tra<br />

i miniaturisti ricordiamo <strong>Francesco</strong> Capanna (o Campana) al servizio di Maria<br />

Antonietta (pitture su scatole, tabacchiere, bomboniere,ecc.), Raffaele Bacchi che<br />

fece i ritratti di molti membri dell’aristocrazia e del principe di Condé,<br />

l’Anguissola, il Costa; tra il <strong>XVII</strong>I e il XIX secolo Ferdinando Quaglia, protetto<br />

dall’imperatrice Giuseppina, della quale fece un notevole ritratto.<br />

Tra i pittori italiani in Inghilterra troviamo Orazio Gentileschi, invitato a Londra nel<br />

1626 dal duca di Buckingham, ministro di Carlo I, e creato pittore ufficiale al<br />

servizio della corte con pensione annua di 500 sterline; lavorò molto per il<br />

palazzo reale di Greenwich, oltre che per quello del duca, fino al ’39, anno della<br />

sua morte; ricordiamo “Diana cacciatrice” per il duca di La Roche-Grujon, ”Lot e le<br />

figlie”, “Riposo durante la fuga in Egitto”, “Mosè salvato dalle acque”, “Le muse”,<br />

“Giuseppe e la moglie di Putifarre”, opere in cui si allontanò dal caravaggismo.<br />

Anche i suoi figli furono in Inghilterra, Artemisia nel ’38, e <strong>Francesco</strong> e Giulio nel<br />

’41.<br />

Giuliano Pericciuoli,pittore di corte, a Londra eseguì il ritratto di Carlo I.<br />

Benedetto Gennari junior fece tra l’altro i ritratti degli Stuart Carlo II e Giacomo II;<br />

il suo ruolo, oltre che di pittore e ritrattista ufficiale, fu per quasi un ventennio<br />

quello di consigliere influente nella politica degli acquisti reali, e la sua<br />

comprensibile inclinazione per i bolognesi (era nipote del Guercino) fruttò i primi<br />

ingressi sensazionale della pittura emiliana.<br />

Antonio Verrio dal 1676 lavorò con grande successo, introducendo nella pittura<br />

inglese l’uso delle vaste decorazioni ad affresco; decorò i castelli reali di Windsor<br />

e Hampton Court.<br />

Giovanni Antonio Pellegrini, invitato in Inghilterra dall’ambasciatore inglese a<br />

Venezia C. Montagu, fu attivo in quel paese dal 1708 al ’13, e poi nel<br />

’19,diffondendo la sua pittura aerea e festosa; affrescò la cupola e dipinse tele<br />

per Castle Howard, con la collaborazione di Marco Ricci, nipote di Sebastiano, <strong>nei</strong><br />

lavori ad affresco; lavorò in Kimbalton Castle e Norfolk Hall ; con lo stesso aiuto<br />

affrescò nella casa di lord Burlington in Arlington Street; eseguì poi con<br />

Sebastiano Ricci un ciclo decorativo sullo scalone di Burlington House e uno nella<br />

residenza del duca di Portland in St. James Square; lasciò tracce notevoli della sua<br />

arte.<br />

618


Sebastiano Ricci, giunto nel 1712 a Londra,chiamato dal nipote Marco e protetto<br />

da lord Burlington, portò il gusto veronesiano, decorò l’abside dell’ospedale a<br />

Chelsea, dei soffitti a Burlington House, alcuni interni della residenza di campagna<br />

del duca di Portland nel Buckinghamshire; nel ’16 si recò a Parigi, lasciando<br />

numerosissime opere, quadri e tele decorative in ville e palazzi inglesi.<br />

Marco Ricci viaggiò con lo zio, aiutandolo <strong>nei</strong> lavori soprattutto a Londra, dove<br />

fece quadri per lord Burlington.<br />

Niccolò Cassana fu primo pittore della regina Anna, fece il suo ritratto e quelli di<br />

molti personaggi della nobiltà, morì a Londra nel 1714.<br />

Antonio Canal, detto il Canaletto, nel 1722 entrò in contatto con l’ambiente<br />

inglese, per il tramite del console britannico a Venezia, collezionista d’arte. I<br />

committenti inglesi acquistavano spesso intere serie di quadri; tra il 1730 e il ’40<br />

il conte di Carlisle ne acquistò una quindicina e il duca di Bedford ventiquattro. La<br />

collezione personale dello Smith ne comprendeva cinquantaquattro, oltre a 140<br />

disegni; nel ’54 il Canaletto si recò in Inghilterra, presentato da M. Swing al duca<br />

di Richmond; eseguì numerose vedute di Londra e rimase fino al ’55.<br />

Antonio Bellucci eseguì nel 1716 decorazioni di soffitti e porte nel palazzo del<br />

duca di Chandos; sono rimasti un grandioso soffitto a Buckingham Palace e uno<br />

alla Burlington House.<br />

Dal 1729 Jacopo Amigoni eseguì decorazioni di palazzi londinesi e numerosi<br />

ritratti di aristocratici; dipinse nel teatro del Covent Garden, lavorò alla casa di<br />

lord Tankerville in St. James Square con la collaborazione di Gaetano Brunetti, in<br />

Powi-house, a Moor Park ( dove si conservano le Storie di Giove ed Io), a Chandos<br />

house, in S. Lorenzo a Whitchurch, sempre con il Brunetti; fondò con G. Wagner<br />

una scuola di incisione,rimase in Inghilterra fino al ’39.<br />

Gaetano Brunetti fu in Inghilterra nel 1730 con il figlio Paolo Antonio, dedicandosi<br />

alle decorazioni teatrali.<br />

Vincenzo Damini lavorò a Londra come ritrattista dal 1720 al ’30.<br />

Andrea Casali, in Inghilterra nel 1741 per 25 anni, divenne famoso come<br />

ritrattista e lavorò molto per chiese e dimore nobili.<br />

Andrea Soldi operò a Londra dal 1735 al ’71, anno della sua morte; nel ’66 fu<br />

eletto membro della Società degli artisti.<br />

<strong>Francesco</strong> Zuccarelli fu a Londra nel 1751-’52 e nel ’68; si dedicò specialmente<br />

alla pittura di paesaggio. Le sue composizioni trattate con tanta facilità di tocco e<br />

di ispirazione soddisfecero le raffinatezze dei collezionisti e degli amatori e<br />

furono divulgate da numerosi incisori come Bartolozzi, Wagner e altri.<br />

Donato Creti, considerato precursore del Neoclassicismo, operò per il duca di<br />

Richmond.<br />

619


Carlo Bibiena fu in Inghilterra come decoratore di teatri. Ricordiamo anche Carlo<br />

<strong>Francesco</strong> Rusca, ritrattista.<br />

Presso la corte inglese lavorarono come miniaturisti Andrea e Alessandro Graglia<br />

(sec. <strong>XVII</strong>I-XIX).<br />

Per Giorgio I eseguì molte tele in patria Giovan Battista Cimaroli, paesaggista.<br />

Nelle Fiandre troviamo durante il secolo <strong>XVII</strong> Andrea Benedetti, pittore di nature<br />

morte, per alcuni anni ad Anversa, Ferdinando Bruni, Gian Antonio Caldelli,<br />

protetto dal duca di Lorena; nel 1716 Giovanni Antonio Pellegrini,chiamato dal<br />

principe elettore, fu ad Anversa e nel ’18 all’Aia; citiamo, tra i complessi decorativi<br />

dovuti al suo pennello rapido e leggero, quello al Brouwer-Huis di Anversa.<br />

Ricordiamo anche nel secolo <strong>XVII</strong>I Lorenzo Rossi e Carlo Bibiena.<br />

In Olanda operarono Giuliano Pericciuoli (sec. <strong>XVII</strong>), insegnante di disegno della<br />

principessa Luisa, e Sebastiano Ricci (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I).<br />

Per quanto riguarda la Svezia e la Danimarca, troviamo Giovanni Angelo Canini,<br />

chiamato dalla regina Cristina di Svezia,<strong>Francesco</strong> Pavona, pittore di corte a<br />

Stoccolma e a Copenaghen (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), Sebastiano Bombelli, autore del<br />

ritratto del sovrano danese (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), Domenico Francia, pittore di camera<br />

del re svedese (sec. <strong>XVII</strong>I), Alessandro Ferretti che nel 1748 dipinse nel castello di<br />

Stoccolma “Il trionfo della virtù”. Ricordiamo che studiò in Italia per alcuni anni il<br />

ritrattista svedese M. Dahl il vecchio che a Roma eseguì il ritratto della regina<br />

Cristina di Svezia.<br />

Sigismondo III Vasa, re di Polonia, chiamò Tommaso Dolabella che ornò con<br />

affreschi la sala di marmo del castello di Varsavia; altre opere sono a Cracovia: nel<br />

palazzo reale, nella chiesa e nel chiostro dei domenicani, nella chiesa di S. Barbara<br />

e del Corpus Domini; altre nel palazzo vescovile di Kielce, nella chiesa di Bielany,<br />

ecc; grande fu la sua influenza sulla pittura polacca.<br />

Per il sovrano Guido Reni eseguì il “Ratto d’Europa”.<br />

Giacinto Campana fu proposto da <strong>Francesco</strong> Albani come pittore di corte di<br />

Ladislao IV di Polonia; partecipò alla decorazione pittorica della cappella di S.<br />

Casimiro nella cattedrale di Wilna e nel castello reale di Varsavia, morì in Polonia<br />

verso il 1650,” non potendo resistere ai rigori di quei freddi, essendo gracile e<br />

poco sano”.<br />

Magnavacca fu presso lo stesso sovrano e dipinse per varie chiese di Polonia.<br />

Martino Altomonte nel 1684 divenne pittore di corte a Varsavia.<br />

Del Bene, allievo di Pietro da Cortona, fu attivo in Polonia alla fine del secolo <strong>XVII</strong>;<br />

opere sue sono a Vilna, nella villa del principe Sapieha, e nella chiesa di Pozaijscie.<br />

620


Michelangelo Palloni (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), notevole pittore di decorazioni<br />

monumentali, affrescò nel castello di Wilanow, nella cappella di S. Carlo del<br />

convento di Lowicz, a Vilna e a Pozaijscie.<br />

<strong>Francesco</strong> Antonio Giorgioli fu nel 1688 a Varsavia, chiamato da Gian Pietro<br />

Tencalla, architetto che lavorava per le corti austriaca e polacca; con il fratello<br />

Carlo Giuseppe eseguì per H. Lubomirski, padrone del castello di Ujazdòw, gli<br />

affreschi nella cupola, nel tamburo e <strong>nei</strong> pilastri sottostanti della chiesa di<br />

Czerniakòw.<br />

Tra gli altri pittori italiani in Polonia nel secolo <strong>XVII</strong> ricordiamo Giuseppe Grassi,<br />

Giovanni Stella, Teofilo Turri.<br />

Innocenzo Monti nel 1713 dipinse tele per la chiesa di S. Anna a Cracovia, decorò<br />

la cappella di S. Caterina con un “S. Giuseppe” e un “S. Pietro in carcere”.<br />

Giovan Battista Internari, ritrattista, nel 1756 fu alla corte di Augusto III a<br />

Varsavia.<br />

Antonio Tombari, chiamato dal re, affrescò il palazzo del conte S. Potocki a<br />

Varsavia.<br />

Bernardo Bellotto, dopo un soggiorno a Dresda, nel 1767 fu chiamato a Varsavia<br />

dal re e vi eseguì una serie di vedute della città, molto ammirate, dove luci e<br />

ombre sono insieme in un’atmosfera di malinconica fissità , con le case, le cupole<br />

e i ponti visti contro cieli amplissimi e un po’ smorzati, spesso riflessi nitidamente<br />

da acque immobili e chiare; il Bellotto, nominato pittore di corte, decorò anche il<br />

castello reale, aiutato dal figlio Lorenzo; questi lavorò anche nel castello di<br />

Gazdow e dipinse molte tele per la galleria del re.<br />

Per lo stesso sovrano lavorò a Varsavia Carlo Ranucci, paesaggista.<br />

Costantino Villani, chiamato da W. Strojnovski, lavorò molto in Polonia,dipinse<br />

nella cattedrale di Vilna,nel 1794 fu a Varsavia; dopo alcuni anni trascorsi a<br />

Dresda, nel 1808 tornò definitivamente a Varsavia, invitato dal conte Ossolinski;<br />

morì nel 1824.<br />

Nel secolo <strong>XVII</strong>I si ricorda anche il pittore <strong>Ridolfi</strong>ni.<br />

In Russia fu notevole l’apporto artistico italiano; Pietro il Grande mandò all’estero<br />

a scopo di studio alcuni giovani pittori i quali introdussero in patria lo stile e la<br />

tecnica italiani. Jacopo Amigoni eseguì il suo ritratto e quello dell’imperatrice.<br />

Bartolomeo Tarsia nel 1722 decorò alcune sale del palazzo Mensikov per Pietro I.<br />

Giuseppe Valeriani, pittore e scenografo, nel 1742 si recò a Pietroburgo, dove<br />

decorò l’appartamento della zarina Elisabetta, da cui era protetto, nel palazzo<br />

d’inverno, affrescò nel palazzo d’estate, quindi nel palazzo 8volta del grande<br />

salone) e nella chiesa di Carskoe-Selo, nel castello di Peterhof, in vari teatri,<br />

621


educando un’intera generazione di pittori russi; lavorò spesso con il fratello<br />

Domenico, morì a Pietroburgo nel ’61. Ambedue eseguirono per la corte numerosi<br />

ritratti.<br />

Pietro Gradizzi, chiamato in Russia con il figlio <strong>Francesco</strong>, sotto la direzione del<br />

Valeriani lavorò nel palazzo d’inverno a Pietroburgo e a Carskoe-Selo (dove<br />

dipinse “Bacco e Arianna”); decorò teatri e fece scenografie.<br />

Antonio Peresinotti (o Pariginotti), chiamato nel 1742, decorò i palazzi imperiali<br />

sotto la direzione del Valeriani; lavorò anche al teatro dell’Opera, nel ’67 divenne<br />

membro dell’accademia d’arte di Pietroburgo.<br />

Decoratori nel palazzo di Carskoe-Selo furono, oltre i quattro già citati,Giosuè<br />

Scotti,Giuseppe Bernasconi Belli, Triscorni, Medici, Volpato; per la magnificenza<br />

delle decorazioni gli interni ricordano quelli di Versailles.<br />

Pietro Rotari fu chiamato nel 1756 da Elisabetta I e visse gli ultimi anni di vita a<br />

Pietroburgo, lavorando come pittore di corte; eseguì ritratti di principi e sovrani<br />

(tra cui quello della zarina).<br />

Stefano Torelli, dopo avere lavorato in Germania, dal 1761 fu pittore aulico,<br />

lavorando nel palazzo d’inverno a Pietroburgo e nel palazzo di marmo a<br />

Oranjebaum; insegnò all’accademia di Belle Arti, fece molti ritratti (tra cui quello<br />

di Caterina II e quello della contessa Anna Cernysceva).).<br />

Serafino Barozzi fu chiamato dal Torelli insieme con il fratello Giuseppe<br />

Gioacchino; fino al ’64 lavorò al palazzo d’inverno, poi a Oranjebaum, eseguendo<br />

con gli altri due pittori le mirabili decorazioni nel palazzo cinese (sul soffitto di<br />

una sala è posta una tela di Giovan Battista Tiepolo, inviata dall’Italia).<br />

<strong>Francesco</strong> Fontebasso lavorò a Pietroburgo, eseguendo grandi decorazioni ad<br />

affresco nel palazzo d’inverno; nel ’61 fu nominato pittore di corte dalla zarina<br />

Elisabetta II..<br />

Gregorio Guglielmi lavorò per Caterina II, morì a Pietroburgo nel 1773.<br />

Giacomo Ferrari decorò la sala delle armi nel castello di Strjelna.<br />

Antonio Quaglio eseguì affreschi nel palazzo d’inverno a Pietroburgo.<br />

<strong>Francesco</strong> Gandini, famoso anche come incisore, servì le principali corti d’Europa,<br />

morì a Pietroburgo.<br />

Ricordiamo anche Carlo Bibiena, <strong>Francesco</strong> Bencini,Vincenzo Brioschi, Pietro de<br />

Rossi, Prospero Piroli, Galeazzo Quadrio, Giacomo Federico Sartori (sec. <strong>XVII</strong>I).<br />

L’insegnante ha concluso la lezione parlando del collezionismo d’arte che nel<br />

‘600 divenne un fenomeno europeo, al quale si dedicarono famosi personaggi.<br />

Rodolfo II d’Asburgo si circondò nella sua reggia praghese di tele veneziane del<br />

‘500 e del primo ‘600, un tesoro che scatenò la ben nota bramosia di opere d’arte<br />

622


italiane della regina Cristina di Svezia la quale, conquistata Praga nel 1648, non<br />

esitò ad impossessarsene, facendo saccheggiare il castello dalle sue truppe.<br />

A Roma la regina incrementò la collezione e vi aggiunse anche molte sculture<br />

classiche. Dopo la sua morte quadri e statue passarono per più mani, sempre a<br />

Roma; agli inizi del secolo <strong>XVII</strong>I il duca d’Orléans, reggente di Francia, intraprese<br />

trattative con il duca di Bracciano,l’attuale proprietario, per acquistare la<br />

collezione. E cos’ “Le tre età dell’uomo” di Tiziano, “Marte e Venere” e “Mercurio<br />

ed Erse” del Veronese e “La Madonna del passeggio” di Raffaello con un gran<br />

numero di altri quadri lasciarono l’Italia per sempre; nel 1724 le statue antiche,<br />

tra cui il gruppo di Castore e Polluce, furono acquistate dal re di Spagna.<br />

Nel 1612 con la morte di Vincenzo I Gonzaga, iniziava la decadenza e la crisi<br />

economica di questa famiglia, culminata nella vendita fatta nel 1627 della parte<br />

migliore della raccolta a Carlo I d’Inghilterra per il tramite del mercante<br />

fiammingo Nys, residente a Venezia, e nella parte restante che venne dispersa ai<br />

quattro angoli del mondo con il sacco di Mantova del 1630-’31. Il fulcro della<br />

raccolta di Hampton Court è costituito dalle opere acquistate dal sovrano inglese,<br />

tra cui figurano nove tele del Mantegna,gli undici Cesari del Tiziano (andati<br />

distrutti in un incendio nel 1734), alcune tele di Raffaello, dipinti della scuola<br />

veneta ( altre tele del Tiziano, Giovanni Bellini, Giorgione, Tintoretto, Paolo<br />

Veronese, J. Bassano) e di Lorenzo Lotto, Correggio (Educazione di Amore e<br />

Allegorie dei Vizi e delle Virtù, provenienti dallo studiolo di Isabella d’Este), Giulio<br />

Romano, Parmigianino. Il sovrano acquistò anche i cartoni di Raffaello che Leone X<br />

aveva mandato nelle Fiandre. Le collezioni d’arte hanno sempre avuto un valore<br />

formativo sugli artisti, la critica e il gusto; quella di Carlo I d’Inghilterra ebbe tale<br />

importanza in questo senso da spiegare gli influssi delle scuole italiane su artisti<br />

che mai visitarono l’Italia.<br />

In una seconda vendita , dopo la morte a Mantova, del duca Vincenzo II nel 1627,<br />

il suo successore Carlo I, duca di Nevers, si sbarazzò dei cartoni del Mantegna<br />

per il “Trionfo di Cesare” e di alcune sculture attribuite a Prassitele e a<br />

Michelangelo, oggi a Londra.<br />

Verso il 1650 il mercante veneziano Bartolomeo della Nave vendette la sua intera<br />

collezione all’Inghilterra, da dove passò poi all’arciduca Leopoldo Guglielmo<br />

d’Asburgo e infine alla città di Vienna; tra i molti quadri che lasciarono Venezia in<br />

questa occasione la Pala di S. Cassiano di Antonello da Messina, i”Tre filosofi” del<br />

Giorgione “La ninfa col pastore” del Tiziano (a Vienna).<br />

I fratelli Reynst di Amsterdam possedevano magnifici quadri veneziani, tra i quali<br />

il” Ritratto di A. Odoni” di L. Lotto(oggi a Londra); anche il” Ritratto di Ariosto” del<br />

Tiziano, ammirato da Rembrandt ad Amsterdam, passò a Londra.<br />

623


IL Windsor Castle conta oltre 700 disegni di Leonardo con appunti, già proprietà<br />

di Pompeo Leoni, acquistati da Carlo I in Spagna su consiglio di Arundel.<br />

Altrettanto eccellente e nutrita era la serie di pitture raccolte dal favorito di Carlo<br />

I, il duca di Buckingham, nel suo palazzo, la York House.<br />

T. Howard, conte di Arundel, nella sua casa di Londra formò una notevole raccolta<br />

di quadri, oggetti d’arte e d’antiquariato; durante i suoi frequenti viaggi in<br />

Olanda, Germania e Italia acquistò un gran numero di superbe opere, numero<br />

accresciuto dagli acquisti fatti per suo conto da ambasciatori e ministri del re in<br />

terre straniere. La collezione Arundel di oggetti d’arte fu donata nel 1667<br />

all’università di Oxford e poi all’Aschmolean Museum, quella dei libri passò alla<br />

Royal Society e al British Museum (qui è il codice di Leonardo).<br />

Hampton Court custodisce l’importante raccolta di dipinti degli ultimi Stuart e<br />

degli Hannover, come l’”Allegoria” di Annibale Carracci, opere di Reni,<br />

Domenichino, Guercino, Orazio e Artemisia Gentileschi, e quella dei primitivi<br />

come B. Daddi, il trittico della “Crocifissione” di Duccio, “S. Pietro martire” del<br />

Beato Angelico.<br />

Nel 1656 Leopoldo Guglielmo d’Austria, governatore del Belgio, ammiratore della<br />

pittura italiana,riempì di quadri veneziani le sale del castello di Praga, attingendo<br />

soprattutto a quella parte delle raccolte che il re Carlo I d’Inghilterra fu costretto a<br />

vendere in quel periodo; un’altra parte di queste opere fornì la base di<br />

un’importante collezione costituitasi in Moravia qualche anno più tardi, quella di<br />

K. Von Liechtenstein, vescovo di Olomouc.<br />

Un’altra grande raccolta è quella dei duchi di Wallenstein che per qualche tempo<br />

ospitarono Giacomo Casanova nel loro palazzo di Mala Strana, impiegandolo<br />

come bibliotecario. Importanti raccolte praghesi furono anche quelle di due<br />

famiglie nobiliari, i Czernin e i Berka di Dubà che acquistarono la maggior parte<br />

delle opere di scuola veneta , commissionandole in loco tramite quei loro<br />

esponenti che vissero a lungo a Venezia, plenipotenziari dell’ imperatore presso la<br />

Serenissima.<br />

Da Filippo III e Filippo IV di Spagna furono arricchite le collezioni reali; nel 1649 il<br />

Velasquez fu inviato in Italia per acquistare opere d’arte, come già per conto di<br />

sovrani e principi aveva fatto il Rubens, e per convincere Pietro da Cortona a<br />

recarsi in Spagna. Il Velasquez comprò per Filippo IV tele di Tiziano, Tintoretto e<br />

Paolo Veronese(“Venere e Adone”); le copie perfette di numerose sculture antiche<br />

delle collezioni Borghese, Vaticana, Ludovisi, Medici, Mattei, Caetani, Vitelleschi,<br />

Peretti-Montalto e Farnese per ornare le sale della residenza reale dell’Alcazar; gli<br />

esperti copisti artigiani furono Girolamo Ferrer, Cesare Sebastiani, Pietro del Duca,<br />

Orazio Albrizio, Matteo Bonarelli.<br />

624


Dalla Sicilia il viceré spedì a Madrid “La salita al Calvario” di Raffaello; da Napoli il<br />

duca di Medina inviò quadri di Raffaello, Tiziano e Correggio.<br />

Nel 1645 da parte del sovrano spagnolo fu acquistata una parte della collezione di<br />

Carlo I d’Inghilterra, messa in vendita; furono prese tele di Mantegna, Andrea del<br />

Sarto, Tintoretto e Paolo Veronese.<br />

La Francia di Richelieu, Mazzarino e Colbert seguì una politica mirante a favorire il<br />

collezionismo come espressione dell’autorità regia; nel 1628 il Richelieu acquistò<br />

a Casale Monferrato “S. Anna, la Madonna e il Bambino con l’agnello” di<br />

Leonardo. La raccolta del cardinale che comprendeva tra l’altro i due”Prigioni” di<br />

Michelangelo,”La cena in Emmaus”del Veronese, e le opere portate da Mantova, il<br />

cui palazzo ducale nel 1630 era stato saccheggiato dalle truppe francesi (tra i<br />

quadri ricordiamo quelli provenienti dallo studiolo di Isabella d’Este (“Il Parnaso” e<br />

“Trionfo della Virtù” del Mantegna, Costa e Perugino), confluì nelle collezioni di<br />

Luigi XIII di Francia che più tardi costituiranno il museo del Louvre. Il Richelieu<br />

fece costruire una serie di palazzi per ospitare le opere; la galleria della sua<br />

biblioteca era ornata di busti di imperatori romani.<br />

Il Mazzarino non fu meno degno di nota; riuscì a mettere insieme 546 quadri,<br />

moltissime statue, arazzi, gioielli, oggetti d’arte e antiquariato,e acquistò parte<br />

delle spoliazioni di Carlo I d’Inghilterra, così come fece il banchiere Jabach<br />

(obbligato poi a vendergli un certo numero di quadri). Prima di morire il cardinale<br />

offrì a Luigi XIV tutta la sua collezione, ma il re volle comprarne dagli eredi una<br />

parte, e affidò al Colbert l’incarico di acquistare “Antiope” e “Matrimonio mistico<br />

di s. Caterina” del Correggio, tre Raffaello (ritratto del Castiglione, S. Giorgio e il<br />

drago, S. Raffaele) e la “Venere del Pardo” di Tiziano che Filippo Iv aveva regalato<br />

a Carlo I; nel ’71 il Colbert si assicurò la collezione del banchiere Jabach che, oltre<br />

a 250000 disegni,comprendeva una serie eccezionale di tele, tra cui il “Concerto”<br />

di Giorgione, “S. Giovanni Battista “ di Leonardo,“La morte della Vergine” del<br />

Caravaggio, cinque opere di Tiziano ( l”Uomo dal guanto”,”La deposizione””La<br />

donna che si veste”,”Concerto campestre”,”Allegoria”),due di Giulio Romano,<br />

quattro di Guido Reni, “S. Cecilia” del Domenichino, “Susanna al bagno” e “Ester”<br />

del Veronese.<br />

La repubblica di Venezia donò al re Sole “Cena in casa di Simone”del Veronese; il<br />

principe Pamphili “La caccia” e” La pesca” di Annibale Carracci, “La buona ventura”<br />

del Caravaggio. Nel 1685lo stesso sovrano riuscì a cmperare dal principe Savelli<br />

due celebri sculture, il cosiddetto Germanico e il Cincinnato.<br />

Per quanto riguarda la trattatistica sul collezionismo ricordiamo che<br />

un”dilettante”, Giulio Mancini, medico di Urbano VIII, affrontò per primo (1617-<br />

’21) i problemi tipici del collezionista: come stabilire una valutazione<br />

625


commerciale, come riconoscere i falsi, come disporre le opere in casa, che criteri<br />

seguire nel restauro, ecc, argomenti che saranno sempre più sviluppati. Nascono<br />

anche le pubblicazioni peculiari del collezionismo che sono i cataloghi; le Aedes<br />

Barberinianae e le Aedes Giustinianae costituirono le prime trattazioni del genere,<br />

furono stampate a Roma nel secolo <strong>XVII</strong>, come una guida alle due importanti<br />

raccolte.<br />

La collezione del Kunsthistoriches Museum di Vienna, che già l’arciduca<br />

Ferdinando del Tirolo (sec. XVI) aveva arricchito con opere italiane (Raffaello,<br />

Moretto, ecc.), fu ingrandita dall’arciduca Leopoldo Guglielmo (sec. <strong>XVII</strong>) con<br />

dipinti di Giovanni Bellini, Antonello da Messina, Lorenzo Lotto, Giorgione, Palma<br />

il Vecchio, Tiziano, Tintoretto, Paolo Veronese, Mantegna, Fetti,ecc; acquistati alle<br />

aste dall’arciduca furono molti dipinti della collezione del duca di Buckingham<br />

(Andrea del Sarto, Tiziano, Guido Reni ) e un Tiziano da quella di Carlo I<br />

d’Inghilterra; nel ‘700 l’imperatrice Maria Teresa acquisterà la “Madonna del<br />

Rosario” del Caravaggio.<br />

In Baviera Massimiliano II portò le collezioni nel 1706 a ben mille quadri divisi tra<br />

Monaco e Schleissheim; verso la fine del ‘600 gli elettori palatini arricchirono le<br />

collezioni di Düsseldorf.<br />

La Galleria di Kassel si arricchì di opere italiane( Palma il Giovane, Cignani, ecc.),<br />

acquistate dal langravio Carlo (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I).<br />

L’Alte Pinakotek di Monaco con gli acquisti dovuti a Massimiliano Emanuele, duca<br />

di Wittelsbach (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I) annovera opere di Tiziano,Tintoretto, Domenichino,<br />

Guido Reni, G. B. Castiglione, Saraceni, A. Turchi; con Carlo Filippo si aggiunsero<br />

opere del Cavallino e del Magnasco.<br />

Verso la fine del Seicento si conclude l’età d’oro del collezionismo romano, quello<br />

delle grandi famiglie (Giustiniani, Colonna, Spada, Aldobrandini, Odescalchi,<br />

Borghese, Albani, Pamphili, Ludovisi, ecc.); si iniziano le dispersioni e le vendite.<br />

E’ impressionante calcolare l’enorme numero di opere emigrate dalle raccolte<br />

romane per arricchire i più importanti musei del mondo; basterà ricordare la<br />

vendita nel 1720 di ben 1300 sculture della raccolta Giustiniani al conte di<br />

Pembroke che acquistò marmi antichi anche dal card. Albani, alcuni della<br />

collezione Mazzarino,di lord Arundel, dei Valletta di Napoli.<br />

H. Somerset, terzo duca di Beaufort, acquistò opere della collezione Albani; nel<br />

1727 commissionò lo straordinario scrigno Badminton, eseguito a Firenze, tra le<br />

più alte opere decorative del secolo.<br />

Il secolo <strong>XVII</strong>I vide allargarsi enormemente il fenomeno del collezionismo,<br />

praticato da appassionati e personaggi di prestigio; comincia con la moda del<br />

626


Grand Tour in Italia da parte degli Inglesi un massiccio acquisto di opere d’arte,<br />

anche antiche.<br />

Padre Sebastiano Resta adunò per il vescovo di Arezzo una grande collezione di<br />

disegni di maestri antichi e contempora<strong>nei</strong> che nel 1710 furono acquistati da lord<br />

Somers. Lord Burlington pagò 1500 corone per un dipinto del Domenichino; T.<br />

Coke portò con sé numerosi dipinti per la sua residenza di Holkham; il marchese<br />

di Annandale rientrò nel 1720 a Hopetoun con oltre 300 quadri.<br />

La pittura veneziana fu un campo preso molto di mira dai collezionisti inglesi:<br />

acquirenti importanti furono J. Gray, J. Murray, J. Egerton, J. Udney che tra l’altro<br />

ordinò il furto della pala del Crocifisso nella chiesa dei gerolimini a Treviso. G.<br />

Strange patrocinò <strong>Francesco</strong> Guardi e acquistò molti dipinti del ‘500 veneziano.<br />

Due splendide tele del Canaletto, appartenenti al periodo londinese del pittore,<br />

furono comprate a Londra da F. F. Lobkowitz. Le collezioni reali di Windsor si<br />

arricchirono con Giorgio III che acquistò alcune tra le più belle opere del<br />

Canaletto, della raccolta di J. Smith (1762), per 40 anni console inglese a Venezia,<br />

suo grande committente( si conservano nelle collezioni reali 140 disegni e una<br />

cinquantina di vedute);egli concluse con l’elettore di Sassonia un’importante<br />

vendita de opere dello stesso Canaletto e acquistò opere della collezione Sagredo.<br />

Altri mercanti inglesi furono Wraight e Bute. Tra gli italiani citiamo Giuseppe<br />

Maria Sasso, il mercante preferito dagli inglesi, e il Della Lena (1764).<br />

La Galleria di Dresda fu fondata nel 1722 da Federico Augusto II che arricchì la<br />

raccolta iniziata nel secolo XVI da Augusto I ; acquistò la “Venere” del Giorgione,<br />

dipinti del Bassano e del Reni. Kinderman gli inviò dall’Italia opere di Cima da<br />

Conegliano, Liberi, Celesti,Pittoni, Albani, Giordano; il direttore della Galleria nel<br />

1725 comperò 62 dipinti italiani del ‘600, nel ’31 opere di Reni, Langetti, Bellucci.<br />

Per Federico Augusto III trattarono dall’Italia G. M. Crespi, A. M. Zanetti e<br />

l’Algarotti che gli procurò opere di Palma il Vecchio, Piazzetta, Tiepolo; in Italia il<br />

sovrano acquistò dal duca <strong>Francesco</strong> d’Este, per il tramite di intermediari,<br />

un’eccezionale raccolta di cento dipinti della collezione modenese, tra cui tre pale<br />

del Correggio, opere di Tiziano, Lavinia Fontana, Tintoretto, Dosso Dossi,<br />

Parmigianino, Andrea del Sarto, Annibale Carracci, Guercino, Reni,Tiarini; sempre<br />

dall’Italia giunsero opere di Ercole de’Roberti e del Cossa; nel 42 furono acquistati<br />

gli splendidi Fetti della collezione imperiale di Praga; nel ’49 altre opere<br />

(Tintoretto, Reni, Bartolomeo Veneto), nel ’54 la “Madonna sistina” di Raffaello,<br />

venduta dai benedettini di Piacenza.Giacomo Durazzo curò la formazione di una<br />

raccolta di stampe e disegni per l’arciduca Alberto di Sassonia, figlio di Augusto<br />

III,la cosiddetta Albertina. Molte altre opere della sua collezione furono disperse<br />

all’estero.<br />

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Anton Maria Zanetti accrebbe anche la collezione dello svedese Tessin e del<br />

principe del Liechtenstein e molte altre della propria raccolta furono disperse, così<br />

come molte di <strong>Francesco</strong> Algarotti.<br />

Per quanto riguarda gli amatori d’arte tedeschi, J. M. von der Schulemburg (sec.<br />

<strong>XVII</strong>I) fu protettore di Antonio Guardi e Giovan Battista Piazzetta, acquistò la<br />

raccolta Rota (1721) e molte opere della galleria del duca di Urbino. S. Streit,<br />

residente a Venezia, fu grande estimatore di Jacopo Amigoni.<br />

Per la Francia ricordiamo la celebre raccolta Orléans nel Palais royal di Parigi,<br />

detto un secondo Louvre, raccolta creata dal duca Filippo, reggente del trono di<br />

Francia dal 1715 al ’23, ricchissima di quadri italiani dal Rinascimento al Barocco;<br />

dal 1790 si iniziò la totale dispersione delle opere, vendute dalla famiglia in<br />

Inghilterra, dove vennero messe all’asta. Altri collezionisti furono gli ambasciatori<br />

D’Argenson e Zuckmantel e il ministro russo Mordwinoff.<br />

Concludiamo la lezione dicendo che non soltanto la pittura e la scultura attirarono<br />

l’attenzione dei mercanti, ma anche altre forme figurative dell’arte.<br />

E. Jabach acquistò 362 disegni dei Carracci.<br />

P. Crozat fu celebre collezionista soprattutto di disegni; nel 1721 negoziò per<br />

Filippo d’Orléans la collezione di Cristina di Svezia, a Bologna acquistò la<br />

collezione Boschi, a Roma le raccolte di numerosi artisti e quella del cardinale di<br />

Santa Croce, a Urbino disegni di Raffaello. Secondo alcuni studiosi il Crozat si<br />

vantava di possedere 155 disegni dell’urbinate, 292 di Polidoro da Caravaggio, e<br />

così via<br />

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