Pittura nei secoli XVII e XVIII - Francesco Ridolfi
Pittura nei secoli XVII e XVIII - Francesco Ridolfi
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<strong>Pittura</strong> <strong>nei</strong> <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I<br />
La ricerca sul Barocco e sul Rococò si conclude con l’opera degli innumerevoli<br />
pittori italiani attivi all’estero e, prima ancora, con un elenco degli stranieri che<br />
studiarono o si perfezionarono in Italia, o subirono in patria l’influsso dei suoi più<br />
grandi maestri.<br />
Il realismo caravaggesco, con la ricerca dei volumi e della luce, la nuova carica<br />
classicheggiante d’origine romana, l’eclettismo dei Carracci, il cortonismo e la<br />
pittura tonale veneta ispirarono <strong>nei</strong> <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I i pittori di tutta Europa.<br />
Con il Caravaggio e con i Carracci si attuò la rivoluzione antimanierista.<br />
La perentoria forza espressiva e polemica delle opere del primo suscitò immediato<br />
interesse, e siccome ciò avvenne a Roma, capitale europea delle arti, la risonanza<br />
fu grandissima.<br />
Pietro Bellori scrisse che Caravaggio ignorò ostentatamente la scultura della Roma<br />
antica, preferendo dipingere una zingara incontrata per caso o i bevitori e i bari<br />
nelle taverne o i fruttivendoli per strada. Mentre l’artista si trovava a Roma,<br />
nessun rivale osò imitare i suoi temi che ebbero subito enorme popolarità. Dopo il<br />
1606 però, fuggito da Roma il maestro, il suo allievo Bartolomeo Manfredi vide la<br />
possibilità di trovare uno spazio sul mercato; la sua rielaborazione dei temi<br />
caravaggeschi permise la loro rapida diffusione in tutta Europa; l’irresistibile<br />
potere di quel naturalismo fu come una rivelazione per i giovani pittori. “Avendo<br />
visto come lavorava il maestro- così riporta il Mancini- Manfredi si mise a<br />
convenir nella maniera del Caravaggio, ma con più finezza e dolcezza e<br />
diligenza”; questo stile fu detto “manfrediana methodus”. Altri caravaggeschi<br />
come Carlo Saraceni e Orazio Gentileschi lasciarono a loro volta tracce in molti<br />
pittori europei; il primo, veneziano, si distinse per il luminismo di una morbidezza<br />
e sensibilità di gusto veneto, il secondo arrivò ad effetti di luminosità chiara e<br />
trasparente.<br />
Molti furono gli artisti attratti a Roma dalla fama del Caravaggio, diffusa dal Van<br />
Mander (1603) in tutto il mondo tedesco-fiammingo; essi, tornati nelle loro città<br />
d’origine alla fine del secondo e nel corso del terzo decennio, contribuirono a<br />
diffondere il naturalismo, il problema di una luce”naturalistica”, continuando a<br />
produrre opere di stile caravaggesco anche oltre la metà del secolo <strong>XVII</strong>,<br />
stabilendo il polo olandese in Utrecht e quello fiammingo in Anversa.<br />
Anche molti pittori francesi subirono l’influsso del Caravaggio; nella zona attorno<br />
a via Margutta si stabilirono, tra i tanti,S. Vouet, J. Le Clerc, Valentin de Boulogne,<br />
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N. Tournier che si appassionarono alle scene di taverna e ai soggetti con<br />
truffatori, ladri, zingari e popolani. Molti altri si rifecero all’eredità naturalistica<br />
attraverso gli influssi fiamminghi e olandesi.<br />
Dopo il 1620 a Roma sale la fama dei Carracci; le riforme da questi introdotte si<br />
fondavano sull’aderenza alla realtà piuttosto che sulla fantasia immaginifica di<br />
pura invenzione artistica alla quale tendevano in quel periodo i manieristi;<br />
Ludovico e Annibale Carracci idearono un nuovo genere di bottega artistica che<br />
chiamarono Accademia degli Incamminati, sorta a Bologna, con l’intento di<br />
osservare la natura ed esprimere la verosimiglianza. La decorazione di palazzo<br />
Farnese (1597-1600) a Roma, opera di Annibale Carracci, avvio della grande<br />
pittura murale barocca, è fondamentale per le generazioni future; l’obiettivo è<br />
quello di una colta bellezza, sia essa degli antichi o del Rinascimento raffaellesco<br />
e michelangiolesco, punto fermo per la storia del classicismo europeo. Lo stesso<br />
si può dire per la pittura di paesaggio, arcadico e pastorale, come nella “Fuga in<br />
Egitto” del 1605, ricordando che il tema era caro ad Annibale anche quando<br />
narrava le atmosfere più dense della pianura emiliana. Negli ultimi anni di vita il<br />
pittore si dedicò quasi esclusivamente alla rappresentazione di scene religiose e<br />
in particolare alla “Pietà”: qui egli inaugurò un approccio alla rappresentazione<br />
delle emozioni che avrebbe influenzato tutto il <strong>XVII</strong> secolo anche in Francia;<br />
codificato da scrittori come il Bellori e il Félibien quest’approccio divenne noto<br />
come “.teoria degli affetti”. Dunque, dalle tarde realizzazioni di Annibale sorse<br />
tutta la tradizione dei canoni di espressione classica la cui influenza toccò anche<br />
la poesia e il teatro. E’ il periodo in cui gli artisti francesi sotto l’influsso del<br />
classicismo italiano trovarono uno stile elegante, rigoroso, preciso, razionale,<br />
distaccato. Citiamo ad esempio tra i realizzatori di quella “teoria degli affetti” P.<br />
de Champaigne ( di origine fiamminga), E. Le Sueur e i fratelli Le Nain, pittori che<br />
non scesero in Italia ma furono influenzati indirettamente dai maestri italiani; alla<br />
formazione del primo contribuirono il Vouet (attraverso il quale potè risentire del<br />
Caravaggio) e il Poussin (vedi avanti); il Le Sueur, allievo di Vouet nel 1632, si<br />
volse poi ai classici, a Raffaello, Carracci, Reni, Poussin; il Le Nain guardò alle<br />
bambocciate fiammingo-romane (vedi avanti), innalzandole però dal pittoresco al<br />
poetico in un moderato luminismo caravaggesco.<br />
Si può affermare che l’aspetto principale che caratterizza la pittura francese del<br />
Seicento è quello classicheggiante, derivato solo in parte dalla scuola di<br />
Fontainebleau, ma soprattutto dai soggiorni romani di moltissimi artisti.<br />
Il classicismo trovò dunque in Roma il suo centro d’irradiazione <strong>nei</strong> suoi vari<br />
aspetti (composizione, paesaggio, emotività, ecc.).<br />
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Giovan Pietro Bellori, “antiquario” di Roma al tempo di Clemente X,scrisse “Le vite<br />
dei pittori, scultori e architetti moderni” (1672), cui è premesso il discorso<br />
sull’”Idea della pittura, scultura e architettura”; con tale testo il Bellori si impose<br />
come personalità guida del classicismo secentesco, basato sul culto degli antichi e<br />
su quello di Raffaello, secondo un ideale di bellezza che l’autore vide incarnato<br />
nell’opera del Poussin. L’idea del Bello è quella teoria dell’arte, fondata<br />
sull’imitazione della natura emendata dai suoi difetti, che ispirò pittori come, per<br />
quanto riguarda l’Italia, il Reni, il Domenichino, il Guercino, l’Albani,il Sacchi , il<br />
Maratta, e tra gli stranieri soprattutto il Poussin, tutti nati da quella proposta<br />
carraccesca di esprimere la verosimiglianza.<br />
Guido Reni, dopo una fase caratterizzata da una maniera robusta e vivace che,<br />
accanto ad elementi carracceschi, ne presenta altri di derivazione caravaggesca,<br />
pur se travisati in senso accademico, si costruisce uno stile di una purezza ed<br />
eleganza classica, e diventa il letterario e raffinato rappresentante della pittura<br />
ideale. Domenico Zampieri, detto il Domenichino, seguace della tradizione<br />
classica cinquecentesca ( soprattutto raffaellesca) nell’esecuzione, uno dei<br />
migliori prodotti dell’eclettismo carraccesco, rese le figure con spirituale intimità<br />
di sentimenti, in scene chiare e armoniose, di una tranquilla semplicità, il<br />
massimo seguace della teoria del bello ideale, formulata da Giovan Battista<br />
Agucchi nel trattato della pittura, volta al classicismo. <strong>Francesco</strong> Albani fu famoso<br />
per le scene mitologiche e gli idilli con amorini. <strong>Francesco</strong> Barbieri, detto il<br />
Guercino, all’inizio si esaltò in un vivace gioco atmosferico e cromatico, e in<br />
vecchiaia ripiegò verso un pacato lirismo, sotto l’influsso della poetica di Guido<br />
Reni. Andrea Sacchi trasse la propria inclinazione classicistica dall’insegnamento<br />
dell’Albani, ma nutrì soprattutto la propria cultura sulle opere di Annibale<br />
Carracci, del Reni e del Domenichino. Carlo Maratta o Maratti, artista dall’eclettica<br />
produzione, caratterizzata da un suggestivo accademismo in sontuosi e<br />
penetranti ritratti e cicli di affreschi; si formò studiando le opere di Raffaello e del<br />
Carracci; notevole fu la sua importanza storica come principale agente del<br />
trapasso dall’iniziale pittoricismo barocco al neoclassicismo settecentesco di<br />
Pompeo Batoni e di Raffaele Mengs.<br />
In Poussin, <strong>nei</strong> suoi argomenti storici o sacri, si fa più direttamente sentire il<br />
fantasma illustre del repertorio greco-romano che si riflette in un equilibrio<br />
compositivo semplice e solenne, capace di disciplinare l’impeto drammatico; la<br />
tensione morale che accompagna la contemplazione della civiltà del passato si<br />
pone sotto l’insegna dell’ordine, della chiarezza e della semplicità che sono anche<br />
i cardini della scienza e della filosofia del nuovo tempo. Non meraviglia così<br />
l’interesse di Poussin per il paesaggio; durante le sue passeggiate per la<br />
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campagna romana egli riscopre nella verità dell’ambiente naturale quelle leggi<br />
d’armonia universale che legano la vicenda dell’uomo a quella della natura; ne<br />
nasce una sintesi sublime di natura e storia, di natura e mito, celebrata con<br />
assoluta chiarezza.<br />
In questo periodo, con il culto della classicità, rinasce l’interesse per l’arte antica.<br />
Con il Bellori, consulente della regina Cristina di Svezia, commissario pontificio<br />
alle antichità di Roma, furono poste le premesse dell’archeologia moderna, con<br />
l’insorgere dell’attenzione per i contesti originali, dell’esigenza di documentare i<br />
reperti, di conservare tutte le memorie storiche; egli scrisse” Admiranda<br />
romanarum antiquitatum ac veteris sculpturae vestigia” (1693), importante<br />
raccolta di fonti archeologiche. Prima di lui era stato commissario alle antichità di<br />
Roma Leonardo Agostini, antiquario di <strong>Francesco</strong> Barberini, che compilò “Le<br />
gemme antiche figurate”; <strong>Francesco</strong> Angeloni riconobbe tra i primi l’importanza<br />
dello studio delle monete antiche.<br />
Le collezioni personali di questi studiosi, le grandi scoperte archeologiche del<br />
tempo, tra le quali spiccano quelle di pittura (come le Nozze Aldobrandini)<br />
destarono l’ammirazione generale; il Colbert commissionò a C. Errard, direttore<br />
dell’Accademia di Francia a Roma, calchi in gesso del fregio della colonna traiana<br />
per una copia in bronzo dell’intero rilievo destinato alla corte.<br />
Filippo Baldinucci, autore di “Storia degli artisti” da Cimabue al 1670, scrisse il<br />
primo dizionario che abbia tentato di fissare la terminologia artistica, “Vocabolario<br />
dell’arte del disegno” (1681); Carlo Dati dedicò a Luigi XIV l’opera ”Vite dei pittori<br />
greci”; nel 1695 J. Dryden tradusse in inglese il Bellori classicista.<br />
Al di là di questo carattere classicistico la pittura barocca, ricca di correnti,<br />
derivazioni, deviazioni di ogni genere, si presenta a noi come un mondo<br />
tumultuoso, vivo, denso di imprevedibili sviluppi e conseguenze fin nel campo<br />
della pittura moderna; essa sfrutta le esperienze dei <strong>secoli</strong> precedenti, le<br />
conquiste di prospettiva aerea e lineare, colore, chiaroscuro, luminismo,<br />
concepisce inseparabili disegno e colore; i pittori si giovano della tecnica con<br />
maggiore libertà, rompendo il ritmo tradizionale delle composizioni; la pittura<br />
sfonda i soffitti delle chiese verso il cielo, mai come in questo secolo cercò di<br />
essere la potente alleata della Chiesa, celebrando la sua gloria.<br />
Giovanni Lanfranco, nato a Parma nel 1582 e morto a Roma nel 1647, dalle prime<br />
composizioni ancora fortemente influenzate dall’arte di Annibale Carracci, arriva<br />
alle raffinatissime ed eleganti immagini della maturità caratterizzate da forti<br />
contrasti luminosi e magiche atmosfere. Nella cupola di S. Andrea della Valle<br />
(1625-’28) a Roma, Lanfranco rielabora in senso barocco l’illusionismo<br />
correggesco, e annullando il limite fisico della struttura muraria, realizza la<br />
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visione del divino con il senso profondo dell’infinito proprio della poetica barocca.<br />
Con un vorticoso moto rotatorio delle figure librate nell’aria e con un’accentuata<br />
vibrazione luministica che si accende di toni dorati, l’artista trasmette a chi<br />
guarda la sensazione di un rapimento estatico, coinvolgendolo in una visione<br />
divina. Primo esempio di illusionismo barocco, modello per le decorazioni di volte<br />
, soffitti e cupole di chiese e palazzi nel secolo <strong>XVII</strong>, tale soluzione pittorica si<br />
fonda su una decisa spinta ascensionale, creata per esaltare l’irrazionale, il<br />
soprannaturale e lo spirito, secondo il nuovo orientamento della Chiesa trionfante.<br />
A Napoli il pittore fissa il momento più alto della storia del Barocco meridionale<br />
con la cupola della cappella del Tesoro di S. Gennaro nel duomo di Napoli (1641-<br />
’43), modello per Mattia Preti, Luca Giordano e <strong>Francesco</strong> Solimena.<br />
Su questi stessi e sul Pozzo, sul Baciccia e sul Tiepolo, oltre che sui quadraturisti,<br />
influì il decorativismo di Pietro da Cortona, ricco di cornici, cartocci e ghirlande,<br />
con composizioni basate su prospettive multiple e sull’illusione scenografica,<br />
motivi che trovarono largo sviluppo anche fuori d’Italia.<br />
Ha grande sviluppo anche la pittura profana su tela e su muro con temi mitologici<br />
e allegorici,sorgono nuove forme di ispirazione pittorica come il vedutismo<br />
(genere basato sulle vedute ideali, accostamento di edifici reali ad altri inventati),<br />
le scene di battaglia, di genere e la natura morta( fiori, frutta, oggetti inanimati,<br />
pesci, cacciagione,ecc.). Quest’ultima è stata considerata come la logica<br />
manifestazione della curiosità naturalistica fermentata nel secolo precedente e<br />
ravvivata all’inizio del secolo <strong>XVII</strong> dalle scoperte archeologiche e dall’osservazione<br />
scientifica; infatti, come le decorazioni vegetali di Raffaello alla Farnesina e di<br />
Giovanni da Udine nelle Logge vaticane hanno origine dal ritrovamento degli<br />
affreschi imperiali della Domus Aurea, così la catalogazione botanica e zoologica<br />
diffuse il gusto delle tavole finemente disegnate, che ebbe vasta fortuna.<br />
Riportiamo dei brevissimi cenni su altri pittori italiani dei <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I,<br />
maestri o ispiratori di artisti stranieri, indicati secondo l’elenco in cui questi ultimi<br />
saranno citati (vedi avanti).<br />
Michelangelo Cerquozzi ebbe fama come pittore di battaglie e come vivace e<br />
personale autore di “bambocciate”. Benedetto Luti si espresse con una pittura<br />
elegante che piaceva per i morbidi impasti di colore e per i preziosi effetti di luce.<br />
Mario de’Fiori fu celebre per le composizioni floreali dal gusto decorativo. Luca<br />
Giordano, pittore di prodigiosa fecondità, fu all’inizio influenzato da Guido Reni,<br />
poi da Pietro da Cortona, Lanfranco e Rubens; la barocca grandiosità compositiva<br />
degli affreschi si dissolve nella ariosità della nuova pittura “atmosferica”, sciolta<br />
da ogni riferimento naturalistico e frutto di libera fantasia. Aniello Falcone<br />
importò a Napoli il caravaggismo dei bamboccianti e si specializzò nel genere<br />
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delle battaglie, arrivando a soluzioni di intenso pittoricismo. Corrado Giaquinto,<br />
attratto dall’arte di Luca Giordano, ne dette un’interpretazione coloristica di gusto<br />
più lieve ed elegante, con elementi stilistici prossimi al Lanfranco e a Pietro da<br />
Cortona. Giuseppe Recco, pittore di genere e nature morte, possiede uno stile<br />
che, contrariamente a quello degli olandesi, è caratterizzato dalla pennellata<br />
libera e dalle composizioni fantasiose. Giovan Battista Ruoppolo, pittore di<br />
genere, mostra una graduale adesione al gusto barocco, conclusa nella sontuosa<br />
ricchezza dei suoi trofei vegetali o marini dall’assoluta lucidità compositiva.<br />
<strong>Francesco</strong> Trevisani fu pittore di raffinata piacevolezza, dal graduale eclettismo e<br />
dalle luminose gamme cromatiche dei suoi dipinti. Giovanni Andrea de Ferrari<br />
aderì a un deciso realismo pittorico non immune da echi caravaggeschi, di Rubens<br />
e van Dyck, in cui il colore non più fine a se stesso tende alla rappresentazione<br />
concreta delle cose. Massimo Stanzione determinò una svolta fondamentale nella<br />
pittura napoletana accogliendo, in un moderno eclettismo, la lezione della realtà<br />
caravaggesca come substrato culturale da contemperare con le regole dell’ideale<br />
del Reni. Bernardo Cavallino svolse un ruolo preminente nell’ambito della pittura<br />
napoletana nella fase di trapasso dal lucido naturalismo di marca caravaggesca a<br />
ricerche più raffinatamente pittoriche, approdando a un prezioso cromatismo.<br />
Ercole Procaccini il giovane accolse nel proprio stile l’influenza carraccesca e<br />
rubensiana. Giambattista Langetti, allievo di Pietro da Cortona, fu a Venezia dove<br />
contribuì alla definizione di un gusto pittorico violentemente naturalistico, affine a<br />
quello di Ribera. Antonio Zanchi è il tipico rappresentante del tardo secentismo a<br />
Venezia; la sua pittura, volta a creare vistosi effetti di chiaroscuro violento in<br />
composizioni affollate che tendono ala decorazione,è indice di un gusto derivante<br />
dalla maniera del Ribera e del Giordano. Pietro Liberi si esprime con una pittura<br />
disinvolta che si inserisce nella tradizione del colorismo veneto. Pier Leone Ghezzi<br />
si dedicò con gusto eclettico alla pittura, soprattutto ad affresco, con scene di vita<br />
contemporanea, ed eseguì una serie ricchissima di disegni, eccezionale repertorio<br />
bonariamente caricaturale della società del suo tempo. Andrea Pozzo ebbe il<br />
gusto della definizione illusoria dello spazio; la sua opera di impianto prospettico<br />
si affidò a movimentate e fantastiche architetture illusionistiche, aprendo così la<br />
via a una concezione decorativa di larga fortuna. <strong>Francesco</strong> Solimena, detto Abate<br />
Ciccio, fu pittore dal vivacissimo estro decorativo, dalla maniera caratterizzata da<br />
grande abilità nell’organizzare con chiarezza costruttiva vaste composizioni con<br />
numerose composizioni fortemente chiaroscurate. Sebastiano Conca mostra<br />
adesione al gusto barocco che si ispira particolarmente a Luca Giordano, ma<br />
appare elegantemente temperato da una componente di classicismo, tipico del<br />
Maratta.<br />
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Mentre nel secolo <strong>XVII</strong> fu Roma il centro europeo della pittura, nel successivo il<br />
primato passò a Venezia. Gli splendori del Settecento veneziano dimostrano che<br />
se c’è sempre un rapporto tra arte e società,esso tuttavia non va cercato nella<br />
equivalenza tra sviluppo artistico ed economico- politico. All’alba del secolo <strong>XVII</strong>I<br />
la gloriosa repubblica veneta era infatti ormai entrata nel cono d’ombra di una<br />
crisi irreversibile, la sua potenza economica viveva un lento declino; eppure<br />
proprio in questo clima esplode una clamorosa fioritura di talenti artistici senza<br />
paragone, una schioppettate salva di fuochi d’artificio, tanto luminosa da<br />
rischiarare l’intera Europa. Già, perché i protagonisti di questa stagione veneziana<br />
non si limitarono a produrre opere per Venezia ma fecero della loro arte una delle<br />
ultime merci d’esportazione di una repubblica che di scambi commerciali aveva<br />
sempre prosperato; così Sebastiano e Marco Ricci, Piazzetta, Pellegrini, Amigoni,<br />
Carriera, Canaletto, Bellotto, Guardi, Giambattista e Giandomenico Tiepolo, Pietro<br />
e Alessandro Longhi, ecc.<br />
Tre di loro in particolare influirono su artisti stranieri: Sebastiano Ricci, Giovan<br />
Battista Piazzetta e Giambattista Tiepolo.<br />
Il primo assommò nella propria opera molte influenze nel campo della tradizione<br />
decorativa, dal Correggio al Parmigianino e al Carracci, fino ai cortoneschi; nello<br />
stesso tempo, stimolato anche dal Pellegrini, si avvicinò alle forme più ariose della<br />
maniera rococò, prendendo a modello la pittura di Paolo Veronese. Il Piazzetta<br />
mitigò la propria ispirazione barocca con una accentuazione dei valori<br />
chiaroscurali e plastici, mutuati alla lontana dal Caravaggio, ma poi si abbandonò<br />
Alla grande libertà della luce e del colore, in parallelo col Ricci e col Tiepolo.<br />
Giambattista Tiepolo, formatosi sotto l’influsso dapprima del Piazzetta e in<br />
seguito anche del Veronese, portò la decorazione barocca ad una espansione e a<br />
uno splendore eccezionali; si dedicò soprattutto all’affresco, raggiungendo per la<br />
trasparente luminosità del colore, per la dinamicità delle figure, per la ricchezza<br />
delle composizioni, risultati assai alti.<br />
Abbiamo detto che innumerevoli furono gli artisti stranieri dei <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I<br />
passati per Roma ad apprendere il nuovo stile; scrisse il Mancini che” in Roma<br />
molti franzesi e fiamminghi che vanno e vengono non li si può dar regola”, e su<br />
tutti la temperie infuocata dell’ambiente romano doveva presentarsi sconcertante<br />
per la molteplicità degli aspetti di ricerca, per la ricchezza delle poetiche e per la<br />
convivenza feconda delle più diverse esperienze.<br />
Tra i pittori che non scesero in Italia fu Rembrandt, allievo in patria di P. Lastman,<br />
formatosi in Italia sul Caravaggio e sui Carracci, la cui influenza si avvertirà nelle<br />
opere del grande pittore. Un aspetto luministico e naturalistico è nell’opera<br />
dell’olandese F. Hals, filtrato attraverso i pittori di Utrecht; J. Jordaens, fiammingo,<br />
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attinse alle esperienze figurative più dissimili, dalla corrente classicista romana, a<br />
Michelangelo, dal tardo Cinquecento veneto a Caravaggio, prima degli influssi<br />
rubensiani. J. Vermeer, olandese, è probabile che si sia formato a contatto dei<br />
caravaggisti di Utrecht, e attraverso la conoscenza delle opere del Gentileschi,<br />
dalla luminosità chiara e trasparente.<br />
Con la premessa che molti artisti stranieri ebbero l’opportunità di soggiornare a<br />
lungo in Italia <strong>nei</strong> <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I perchè al servizio di mecenati, pontefici,<br />
ecclesiastici, principi e aristocratici, mentre altri vi restarono per studio o<br />
perfezionamento, diamo inizio al loro elenco con P. P. Rubens, fiammingo; giunto<br />
a Venezia nel 1600, assimilò il cromatismo della scuola locale, eseguendo copie<br />
da Tiziano, Veronese e Tintoretto; dopo poco divenne pittore del duca di Mantova<br />
e fece per lui numerose copie di grandi maestri;durante la sua permanenza in<br />
Italia, sostò ripetutamente anche a Genova e a Roma, dove trasse disegni da<br />
Raffaello e Michelangelo, conobbe le opere dei Carracci e soprattutto ammirò il<br />
realismo caravaggesco. Nelle sue opere sacre, eseguite a Roma fino al 1608<br />
esprime l’esaltazione di un cattolicesimo grandioso, magniloquente e glorificante<br />
con un linguaggio esuberante e fecondo. Floris van Dijck di Haarlem lavorò presso<br />
il Cavalier d’Arpino a Roma negli anni 1600-’01. Martin Valkenborch il vecchio fu<br />
a Venezia nel 1602 e a Roma due anni dopo, acquistando fama come ritrattista.<br />
W. Van Nieulandt, detto Guglielmo Terranova, fu a Roma presso P. Brill dal 1602 al<br />
’05. T. van Loon, detto Monsù Teodoro, il più fedele forse al caravaggismo, fu a<br />
Roma dal 1602 al ’09 e dal ’28 al ’32.Gerard Terborch il vecchio fu a Venezia nel<br />
1603, a Roma e a Napoli nel ’09. F. Sneyders fu dal 1603 al ’09 a Roma, Napoli e<br />
Milano (presso Federico Borromeo), celebre per i quadri di genere. H.<br />
Terbrugghen fu in Italia dal 1604 al ’14 e potè forse avvicinare il Caravaggio, il<br />
primo olandese interprete dello stile caravaggesco nella direzione svolta dal<br />
Gentileschi e dal Saraceni, con effetti di luminosità che precorrono il Vermeer, così<br />
come fece Johann Pijnas che nel 1606 a Roma conobbe questi due pittori e<br />
l’Elsheimer (vedi avanti). A. Janssens, detto J. Van Nuyssen, autore di composizioni<br />
mitologiche e allegoriche, fu in Italia dal 1606 al’10, traendo copiosi suggerimenti<br />
dai maestri italiani, occupando una posizione intermedia tra i caravaggisti e i<br />
rubensiani. D. Teniers il vecchio fu a Roma negli anni 1607-’08. Cornelis de Wael<br />
fu a Venezia dal 1610 al ’20, a Roma e infine a Genova dove aprì con il fratello<br />
Luca uno studio molto frequentato. G. Honthorst, detto Gherardo delle Notti,<br />
influenzato oltre che dal Caravaggio, dal Bassano e dal Reni, soggiornò a Roma<br />
dal 1610 al ’22, protetto dal marchese Vincenzo Giustiniani, e , tornato in patria,<br />
a Utrecht, vi divenne il caposcuola dei caravaggisti olandesi. Gerard Seghers a<br />
Roma dal 1611 al ’21, prima caravaggesco, si orientò poi verso Rubens. Federico<br />
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Valkenborch fu a Venezia verso il 1613. G. Douffet fu dal 1614 al ’24 a Roma,<br />
Napoli e Venezia, caravaggesco e rubensiano nelle prime opere, si accostò al<br />
classicismo in quelle della maturità. N. Regnier, detto Niccolò Renieri, fu a Roma<br />
tra il 1615 e il ’25, dal ’26 a Venezia dove morì nel ’67; prima caravaggesco, fu<br />
attratto dal classicismo dei bolognesi. Il maggiore tra i caravaggisti fiamminghi fu<br />
T. Rombouts lavorò a Roma, Firenze e Pisa dal 1616 al ’25.D. van Baburen,<br />
caravaggesco, fu a Roma dal 1617 al ’20. A. van Utrecht, pittore di nature morte,<br />
nel 1620 viaggiò in Italia, oltre che in Francia e Germania. L. de Susio fu a Roma<br />
nel 1620, così come Jacques van Oost il vecchio che legò il colorismo rubensiano<br />
con lo stile dei Carracci, e come J. Van Bijlert, influenzato dal Caravaggio e dai<br />
bolognesi, dal 1620 al ’25, e P. Bor, a Roma dal 1620 al ’23. L. Bramer, detto<br />
Leonardo delle Notti, fu a Genova e a Roma dal 1620 al ’27; con W. Grabeth e altri<br />
fu tra i fondatori dell’Associazione degli artisti olandesi a Roma nel 1623, la<br />
Schilderbent, creata in aperto contrasto con l’Accademia di S. Luca. Jacques Stella<br />
(Stellaert) a Firenze nel 1620 conobbe Jacopo Ligozzi,veneto, e nel ’33 a Roma fu<br />
seguace di Poussin. J. Susterman, ritrattista, fu attivo a Firenze dal 1621, pittore<br />
ufficiale della corte medicea, lavorò anche a Parma, Piacenza,Mantova, Ferrara e<br />
Genova. A. van Dyck,che studiò ad Anversa presso il “romanista” H. van Balen, nel<br />
suo soggiorno in Italia dal 1621 al ’27, a Genova, Roma, Venezia, Firenze, Palermo<br />
e ancora a Genova, si formò sulla pittura veneta e su quella bolognese; il<br />
soggiorno italiano ebbe in lui una funzione fortemente chiarificatrice; specie <strong>nei</strong><br />
ritratti egli trasse enorme profitto dai suoi severi studi perché il soggetto vi è<br />
inteso con somma freschezza e vivezza e il colorito vi è forte e luminoso. Studiò<br />
per alcuni anni in Italia anche uno dei suoi allievi, G. C. Bauer, celebre<br />
miniaturista. L. Finson nel 1622 a Napoli ebbe contatti diretti con il Caravaggio.<br />
Jan Bruegel il giovane fu a Milano, a Genova e dal 1622 al ’25 in Sicilia,<br />
distinguendosi come autore di soggetti sacri, profani e floreali. Jan Roos fu a<br />
Roma e nel 1622 a Genova,dove morì nel ’38, autore di nature morte e di figure di<br />
animali. Furono a Roma W. Pietersz, dal 1625 al ’28, Daniel Seghers, autore di<br />
nature morte, dal 1625 al ’27, e L. Cousin( Luigi Gentile o Luigi Primo ) dal 1625<br />
al ’55.<br />
P. van Laer, detto il Bamboccio, stabilitosi a Roma dal 1625 al ’38, iniziò un<br />
genere di pittura ripreso poi da un gruppo di pittori olandesi, fiamminghi e<br />
francesi, operanti a Roma dalla metà del secolo <strong>XVII</strong> fino ai primi decenni del<br />
successivo, che furono detti bamboccianti; essi diedero vita a un importante filone<br />
della pittura che sviluppò, sulla meditazione di idee caravaggesche (la libertà<br />
compositiva, il magistero nell’usare luci e ombre) un realismo antiretorico, di vena<br />
narrativa, con descrizioni di vita popolare e quotidiana. Essi diffusero nel nord-<br />
574
Europa l’idea di un’ Italia popolata di contadini abbigliati in maniera pittoresca,<br />
che conducono le greggi lungo le strade antiche in paesaggi immersi in una luce<br />
dorata; traevano ispirazione da un filone di pittura che aveva come tema lo<br />
scenario italiano (quello di Brill, Carracci, Domenichino, Poussin, Lorrain, Salvator<br />
Rosa, ecc.); si dedicarono alla scena urbana, con vedute e scorci di Roma, o scene<br />
ambientate in paeselli o in campagna, contribuendo ad attirare intorno all’Italia un<br />
fascino nuovo, un desiderio di conoscere da parte degli artisti e degli uomini di<br />
cultura stranieri.<br />
I bamboccianti ebbero largo seguito, in contrasto con la cultura figurativa del<br />
barocco romano; tra i più importanti seguaci di Van Laer citiamo J. Miel (dal 1636<br />
in Italia, prima a Roma e poi a Torino), G. B. Wenix (dal 1640 in Italia, per quattro<br />
anni presso il cardinale Giovan Battista Pamphili, futuro Innocenzo X), Gerard<br />
Terborch il giovane, già caravaggesco in Utrecht ( a Roma dal 1640 al ’42), J.<br />
Asselyn (a Roma dal 1641 al ’ 45), P. Wouwermann (mai in Italia), K. Dujardin (o<br />
Dugardjn, a Roma dal 1642 al ’47, quindi a Venezia ove morì nel ’78). M. Sweert,<br />
dopo un tirocinio con i caravaggeschi di Utrecht, visse in sodalizio con i<br />
bamboccianti a Roma dal 1648 al ’56, ma in seguito oscillò tra la corrente realista<br />
e quella classicista. E. Keil, detto Monsù Bernardo, fu a Roma dal 1656 al ’87;<br />
troviamo anche i francesi J. C. Richard de Saint-Non, pittore e incisore, e F.<br />
Duflos, per molti anni in Italia dal 1729.<br />
Riprendiamo ora l’elenco dei pittori che trattarono soggetti sacri e profani, storici<br />
e mitologici, ritratti e nature morte.<br />
A.van Diepenbeeck e J. Thomas visitarono l’Italia nel 1627 e nel ’38. M. Stomer nel<br />
1630 fu a Roma ove studiò con l’Honthorst; in seguito passò a Napoli e in Sicilia,<br />
diffondendo il luminismo, rappresentando fin oltre la metà del secolo l’ultima fase<br />
del movimento caravaggesco. Giovanni Fyt (o Feydt), a Roma dal 1630 al ’45,<br />
dipinse soprattutto nature morte. J. Van den Hoecke, già allievo del Rubens,<br />
lavorò a Roma. Michele de Amberes studiò a Genova con Giovanni Andrea de<br />
Ferrari. G. Damery verso il 1635 studiò a Roma con Pietro da Cortona. N.<br />
Bernaerts, allievo di Snyders, fu in Italia verso il 1640, dipingendo soprattutto<br />
animali. Giovanni Hourbraken eseguì pale d’altare a Messina nel 1635; il figlio<br />
Nicolino si specializzò in nature morte. B. Flémalle fu a Roma nel 1638. O. van<br />
Schvieck, detto Marseus, fu a Roma verso il 1640; C. Pietersz dal 1642 al ’45; vi<br />
lavorò anche J. De Haase, pittore di battaglie. Willem van Aelst fu a Firenze tra il<br />
1645 e il ’56. H. Verschuring soggiornò in città italiane dal ‘1646 al ’54. M.<br />
Desubleo, detto Michele Fiammingo, studiò e lavorò a Parma, Bologna, Venezia e<br />
Milano, influenzato dal Reni e dal Guercino. L. Defrance, noto per i suoi quadri di<br />
genere, fu a Roma dal 1655 al ’59. P. Mulier il giovane, detto il Tempesta, autore<br />
575
di celebri marine e di scene di tempesta, dal 1660 al ’70 lavorò a Roma, Venezia,<br />
Piacenza e Milano. Abraham Bruegel, detto il Napoletano, fu dal 11671 a Napoli<br />
ove fondò una scuola, e dopo un soggiorno a Roma si specializzò in fiori,<br />
risentendo del Cerquozzi. Furono in Italia negli anni ’70 J. Van Egmont, K. Van<br />
Vogelaer detto Carlo de’ Fiori (a Roma), Onofrio Loth (a Napoli), autore di nature<br />
morte alla Cerquozzi; D. de Coninck (dal 1670 al ’87); J. Voet (dal 1673 al ’78),<br />
ritrattista, influenzato dal Maratta,al servizio dei Colonna e degli Odescalchi;<br />
Pieter van Bloemen, detto Monsù Stendardo, a Roma dal 1674 al ’94, autore di<br />
dipinti di paesi, battaglie, animali e ritratti. J. Mieris il giovane fu nel 1680 a Roma<br />
dove morì nel ’90. Verso il 1690 soggiornò a Roma F. Werner von Tamm, noto<br />
come Monsù Duprait, autore di nature morte. Tra il <strong>XVII</strong> e il <strong>XVII</strong>I secolo troviamo<br />
Giovan Battista Bruegel, pittore di nature morte, a Roma e a Napoli; P. Angillis;<br />
Jacques van Oost il giovane, di formazione completamente italiana; J. E. Quellyn<br />
che fu a Roma e a Venezia, dove subì l’influsso di Paolo Veronese.<br />
All’inizio del secolo <strong>XVII</strong>I studiò a Firenze presso Tommaso Redi, pittore dallo stile<br />
classicheggiante, J. Grison; dal 1751 al ’82 fu a Roma J. Vermoelen, e J. Verhagen<br />
dal 1771 al ’73, immune dal neoclassicismo, allora imperante.<br />
Parliamo ora dei romanizzanti o romanisti, cioè di quel gruppo di paesaggisti che<br />
si ispirarono a un particolare aspetto della pittura italiana, al gusto del paesaggio<br />
laziale con rovine.<br />
La storia dei paesaggisti nordici italianizzanti del secolo <strong>XVII</strong> fu un prolungamento<br />
del dialogo che si era tenuto tra i Paesi Bassi e Venezia per tutto il ‘500; la pittura<br />
di paesaggio beneficiò in modo notevole degli scambi avvenuti a Venezia tra<br />
artisti come Sustris e Tiziano, tra Cort e Tiziano, tra Tintoretto e Paolo Veronese.<br />
I pittori olandesi si recano a Roma alla ricerca di una nuova suggestione<br />
d’atmosfera; il loro studio si compie a diretto contatto con la natura; nasce una<br />
pittura pastorale, in cui figure, rovine e paesaggio sono unificati da una luce<br />
dorata. Il paesaggio italiano inoltre, offrendo spunti di ispirazione romantica,<br />
contrappone la varietà della natura alla monotonia del paesaggio olandese.<br />
Citiamo tra i moltissimi pittori romanizzanti: J. Piynas, P. Lastman e H. Goudt che<br />
nel 1605 si raccolsero intorno ad Elsheimer; C. van Poelenburg, a Roma dal 1617<br />
al’23, uno dei fondatori della compagnia di pittori olandesi e fiamminghi, poi<br />
attivo a Firenze presso i Medici; B. Breembergh, a Roma dal 1620 al ’29, anch’egli<br />
tra i fondatori; W. Van de Wackert; A. Pynaker; H. van Swanevelt, detto Ermanno<br />
fiammingo, a Roma dal 1629 al ’38; J. Hoefnagel,anche incisore, che lavorò per il<br />
cardinale Farnese; Jan Both, vissuto a lungo a Roma e in altre parti d’Italia, noto<br />
per i suoi paesaggi idealizzati, animati da scene mitologiche e storiche,<br />
sull’esempio dei Carracci e di C. Lorrain, dagli effetti di aurora e tramonto; J.<br />
576
Hackaert, autore di paesaggi sul tipo di quelli del Both, idillici e delicati (bella<br />
veduta del lago Trasimeno), a Roma dal 1635 al ’38; L. Holstein che nel 1635<br />
restaurò le carte geografiche dipinte nella galleria del palazzo del Vaticano; J. De<br />
Bisshop; J. Glauber, detto Polidoro, anche incisore; J. Lingellbach, per sei anni a<br />
Roma; i già citati K. Dujardin e J. Asselyn; C. P. Berchem, anche incisore, che fece<br />
il primo viaggio in Italia dal 1642 al ’45, il secondo a Roma dal ’53 al ’55, forse il<br />
più noto dei paesisti olandesi italianizzanti, che ambientò scene di vita pastorale,<br />
spesso immerse in una calda luce dorata. Lo imitarono A: W. Van de Velde, a<br />
Roma nel ’53, con paesaggi di campagna e spiagge; P. A. Immenraet, a lungo a<br />
Roma dal 1670; Josse Momper III che operò per la famiglia Chigi e morì a Roma,<br />
dopo il 1688; Frans Bloemen, detto Orizzonte, a Roma dal 1687 al 1749, anno in<br />
cui morì; Isaac de Moucheron, detto Ordonnance, a Roma dal 1694 al ’97.<br />
Dipinti di vedute panoramiche o di ampie porzioni del tessuto urbano di Roma ,<br />
dal Campo Vaccino al Pincio, dal Vaticano al Gianicolo, ecc., furono eseguiti da<br />
molti artisti; la fisionomia della città barocca, interessata dalle straordinarie<br />
imprese architettoniche volute dai papi mecenati, a partire dalla fine del ‘500 fino<br />
al ‘700, ci è stata tramandata dalle opere di Gerard Terborch il vecchio, a Roma<br />
dal 1606 al ’09, autore di vedute esattissime della città; di Pieter Bloemen, detto<br />
Monsù Stendardo, con suo fratello Norbert, detto Cefalo; di Gaspar van Wittel, o<br />
Vanvitelli, detto “dagli occhiali”, alunno del vedutista M. Withoos (che era stato in<br />
Italia dal 1648 al ’50), operoso a Roma e in altre parti d’Italia, autore di celebri<br />
panorami di città, tra cui appunto Roma e dintorni, Venezia, Napoli, Verona,<br />
Firenze, ecc; di H. van Lindt, detto “Lo studio”, celebre vedutista, seguace del<br />
Vanvitelli, vissuto a Roma dalla gioventù alla morte(1763). Hanno lasciato vedute<br />
della città di Roma anche molti disegnatori e incisori, come L. Cruyl, L. de Lincher,<br />
C. Meyer, Cornelis Bloemart, F. Hogenberg, F. B. Werner, P. Schenk (sec. <strong>XVII</strong>-<br />
<strong>XVII</strong>I).<br />
Trattiamo ora dei pittori francesi.<br />
G. de la Tour fu a Roma a fianco dei protagonisti del naturalismo caravaggesco,<br />
cioè Gentileschi, Saraceni e Manfredi. S. Vouet fu dapprima a Venezia (1612),<br />
soggiornò poi a Roma dal ’14 al ’27, guardando al Caravaggio, quindi ai<br />
bolognesi, specialmente al Reni e al Guercino, ma anche al cromatismo veneto, e<br />
fuse queste esperienze in uno stile temperato e classicheggiante; tornato in<br />
patria, influì sulla grande decorazione pittorica francese. Furono con lui in Italia<br />
L. de Troyes, D. d’Auvergne, J. B. Viole. J. Le Clerc fu allievo dell’Elsheimer e del<br />
Saraceni, a Roma dal 1613 e a Venezia dal ’19, terminando i dipinti di questo<br />
maestro in palazzo ducale, unendo il luminismo caravaggesco al colore veneziano<br />
che portò in Lorena. L. Valentin de Boulogne, pittore di genere e di storie, fu a<br />
577
Roma nel 1614, allievo di Vouet e di Manfredi, fino al ’32, anno della sua morte;<br />
predilesse il mondo dei bassifondi romani, mentre <strong>nei</strong> quadri di soggetto religioso<br />
rivela una profonda aderenza allo spirito caravaggesco, così come <strong>nei</strong> paesaggi.<br />
G. Vignon, compagno di Vouet, contribuì invece a diffondere in Francia dopo il<br />
soggiorno romano del 1618 la corrente classicheggiante. N. Tournier fu a Roma<br />
dal 1619 al ’26, unendo la drammaticità caravaggesca all’esuberanza barocca. T.<br />
Bigot, a Roma dal 1620 al ’31, da alcuni storici è stato identificato con il<br />
Trufamond, autore di opere dai forti contrasti di luce, nel filone caravaggesco.<br />
Con il nome di Monsù Desiderio sono indicati due pittori lorenesi, attivi a Napoli<br />
contemporaneamente, e cioè Didier Barra, autore di minuziose vedute paesistiche,<br />
e F. de Nomé che eseguì vedute fantastiche ed irreali, all’origine del capriccio<br />
settecentesco, con quelle di Salvator Rosa. Nel 1623 fu a Roma presso il Vouet<br />
Charles Mellin, morto a Roma nel ’49. Dal 1624 fu presso lo stesso pittore Claude<br />
Mellan, pure incisore, e a Roma rimase fino al ’49, frequentò fino al ’36 <strong>Francesco</strong><br />
Villamena, pittore e incisore nell’orbita stilistica di Agostino Carracci. Nel 1624 fu<br />
a Venezia J. Blanchard, chiamato il Tiziano francese, giacchè di questo maestro e<br />
del colorismo veneto raccolse echi notevoli. G. François studiò con Vouet e poi<br />
con Guido Reni. Ricordiamo inoltre che lo stile caravaggesco si diffuse a Parigi per<br />
mezzo di O. Gentileschi, in Francia tra il 1623 e il ’25;L. de La Hyre ne subì<br />
l’influsso, dopo avere studiato a Fontainebleau.<br />
N. Poussin fino dalla giovinezza lega la propria vocazione artistica ad una<br />
nostalgia del mondo antico e allo studio della pittura italiana, osservata nelle<br />
collezioni reali; con questo bagaglio culturale, cui si aggiunse la conoscenza<br />
approfondita del manierismo della scuola di Fontainebleau e delle incisioni da<br />
opere di Raffaello e Giulio Romano, egli giunse a Roma nel 1624, raccomandato<br />
alla corte papale dal poeta Marino in quegli anni a Parigi, e vi restò fino alla morte<br />
(1665), tranne una parentesi di due anni a Parigi. Nell’ambiente artistico romano<br />
manifestò una singolare propensione verso quella moda spiccatamente neoveneta<br />
che allora coinvolgeva artisti d’estrazione diversa (Pietro da Cortona, Sacchi, Mola,<br />
Testa, ecc.) e che era favorita dalla presenza dei “Baccanali” di Tiziano, passati<br />
dalla corte estense al cardinale legato Aldobrandini.<br />
Nel raggio della suggestione tizianesca rientra la prima produzione italiana di<br />
Poussin; ma un nitido rigore disegnativi distingue già l’artista dalla sensibilità più<br />
liberamente proiettata verso effetti atmosferici di un Pietro da Cortona. Una<br />
singolare divaricazione si registra nella sua poetica con una fantasia che cresce<br />
su una profonda meditazione intellettuale; la poesia lirica del colore di Tiziano e<br />
la misura epica dell’ideale di Raffaello e dei grandi pittori del ‘600 bolognese; in<br />
578
sintesi, egli si ispirò ai principi di un rigoroso classicismo e allo studio dei modelli<br />
antichi. Fu suo collaboratore a Roma J. Lemaire.<br />
Per comprendere come la pittura francese del ‘600 sia giunta a questo ideale,<br />
ricordiamo che nel 1665 fu fondata a Roma l’accademia di Francia per offrire agli<br />
artisti francesi il modo di “là se former le goût et la manière”.<br />
Poussin era l’esempio da seguire, bisognava a tutti i costi diventare romani, anzi i<br />
più classicisti tra i classicisti romani. Il giudizio dato dal Bernini a Parigi che “la<br />
maniera degli artisti francesi è triste e meschina e che bisogna dare loro il senso<br />
della grandezza “ è la stessa idea espressa dal Poussin anni prima nella “maniera<br />
magnifica” e che presto si chiamerà il”grand goût”. Le copie dei dipinti antichi,<br />
come “Le nozze Aldobrandini”, e dei moderni, come le”Stanze” di Raffaello, si<br />
moltiplicarono e il Poussin diresse Lemaire e Nicolas Mignard in questo esercizio.<br />
Nel 1627 fu a Roma, dove morì nel ’89, C. Errard, nominato primo direttore<br />
dell’accademia di Francia. Guardarono alla grande pittura romana F. Terrier,<br />
allievo di Lanfranco nel 1629 e di Pietro da Cortona nel ’45, autore di due raccolte<br />
di incisioni di sculture antiche, e P. Dumoins. Bartolomeo Parrocel fu a Roma nel<br />
1630. C. A. Dufresnoy, a Roma dal 1633 al ’53, si ispirò a Carracci e a Tiziano,<br />
cercò di unire il colore veneziano alla composizione classica, scrisse un famoso<br />
poema “De arte graphica” in lode del colore e del Tiziano. Jean Tassel ( o Tasset)<br />
fu a Roma dal 1634 al ’45.<br />
Richard Tassel, formatosi nell’ambiente dei tardomanieristi di Fontainebleau,si<br />
volse poi alla pittura dei grandi maestri italiani; a 18 anni fu a Bologna presso<br />
Guido Reni, a Roma frequentò l’ambiente dei caravaggeschi, a Venezia maturò<br />
l’ispirazione per la scultura. S. Bourdon fu dal 1634 al ’37 a Roma e poi a Venezia,<br />
seguendo il gusto dei bamboccianti. Nicolas Mignard portò lo stile di Carracci,<br />
Albani e Reni in Francia, dopo due anni passati a Roma presso il Poussin, dal 1635<br />
al ’37, e poi nel ‘57; il fratello Pierre, a Roma dal 1635 al ’57, guardò soprattutto<br />
ai Carracci. J. Boulanger, allievo di Guido Reni, fu poi pittore di corte a Modena. L.<br />
Baugin, per i suoi dipinti religiosi ispirati a quelli di Guido Reni, fu detto “le petit<br />
Guide”. Jacques Courtois, detto il Borgognone, fu per quindici anni in Italia, lavorò<br />
a Milano e a Roma, attratto dallo stile di Cerquozzi e dei bamboccianti; il fratello<br />
Guglielmo fu alla scuola di Pietro da Cortona (1635), morì a Roma nel ’79. Fu a<br />
Roma dal 1642 M. A. Restout, seguace di Poussin. Nello stesso anno vi andò C. Le<br />
Brun che restò fino al ’46, subendo Poussin, Raffaello e i bolognesi, divenendo poi<br />
a Versailles il pittore ufficiale di Luigi XIV. Nello stesso periodo furono a Roma gli<br />
incisori e pittori R. La Fage e N. Chapron (m.1656) e J. B. Monnoyer, celebre per le<br />
nature morte. Thomas Blanchet soggiornò a Roma dal 1649 al ’53, a contatto con<br />
Algardi, Poussin, Le Brun e Sacchi, autore di soggetti sacri e mitologici. L. Dorigny<br />
579
fu a Venezia e a Verona e a Roma nel 1671, pittore di storie. Giuseppe<br />
Parrocel,detto “delle battaglie”, seguace di S. Rosa, dal 1667 al ’75 fu a Roma e a<br />
Venezia. Studiarono a Roma Noël e Antoine Coypel, padre e figlio (1672-’76); si<br />
ispira a Pietro da Cortona il loro soffitto della cappella di Versailles. A. Rivalz fu a<br />
Roma tra il 1687 e il 1701. Ignazio Parrocel il vecchio viaggiò per l’Italia dal 1690<br />
al 1704. N. Vleughels venne in Italia nel 1696, soggiornò a Roma e a Venezia , dal<br />
1724 al ’37 diresse l’accademia di Francia; furono suoi allievi Adam, Bouchardon,<br />
Van Loo, Natoire, Pigalle, Boucher, fino a Subleyras. J. C. de la Fosse che a Roma e<br />
a Venezia studiò i grandi decoratori, li imitò nelle sue opere a Parigi e a Versailles,<br />
volgendosi, alla pari di J. Jouvenet, a un linguaggio apertamente barocco; nelle<br />
decorazioni del Louvre, delle Tuileries, e nel lavoro più notevole, la cupola de “Les<br />
Invalides” rappresentò la reazione a Le Brun e all’accademismo. Pietro Parrocel<br />
frequentò la studio di Carlo Maratta. Carlo Parrocel fu a Roma dal 1712 al ’21.<br />
Stefano Parrocel, detto il romano, vi arrivò ne 1717, vi divenne accademico di S.<br />
Luca e vi lavorò quasi sempre. F. Lemoyne, formatosi alla scuola della grande<br />
decorazione veneziana, che aveva potuto conoscere dapprima a Parigi, attraverso<br />
A. Pellegrini, e più tardi in Italia (1723) sugli esempi di Sebastiano Ricci a Venezia,<br />
Carracci, Pietro da Cortona e Bernini a Roma, e <strong>Francesco</strong> Solimena a Napoli, fu un<br />
grande decoratore, arrivando a una pittura luminosa e vivace, adatta ai suoi<br />
grandiosi cicli decorativi di Versailles e St. Sulpice.<br />
Il Watteau, mai in Italia, ebbe modo di conoscere le opere di Raffaello, Correggio,<br />
Parmigianino, Paolo Veronese, Tiziano, messe a sua disposizione nel palazzo del<br />
collezionista Crozat.<br />
F. Boucher fu in Italia dal 1728 al ’31, studiò il Correggio e i grandi decoratori,<br />
Carracci, Pietro da Cortona e il Tiepolo. Carlo van Loo studiò a Roma dal 1728 al<br />
’34 presso Benedetto Luti; il fratello Giovan Battista lavorò a Roma e a Torino.<br />
Vissero per molti anni a Roma Gabriel Blanchet dal 1728, autore di quadri storici,<br />
mitologici e religiosi e di ritratti (frequentò lo studio del Mengs), e P. Subleyras,<br />
dal 1728 al ’49, anno in cui morì, tutti e due personalità centrali del pre-<br />
neoclassicismo. Pure nel ’28 si recarono a Roma M. F. Dandré-Bardon e C.<br />
Natoire; questi ebbe grande fama a Parigi con le eleganti composizioni ben<br />
adatte ai temi mitologici (ricordo del classicismo romano),cari al galante gusto<br />
rococò; tornò a Roma nel ’51 come direttore dell’accademia di Francia e morì a<br />
Castelgandolfo nel ’77.Ignazio Parrocel il giovane fu a Roma dal 1730 al ’40.Dal<br />
1735 al ’40 vi operò J. B. Pierre, dal ’38 al ’51 fu direttore dell’accademia di<br />
Francia J. F. de Troy, successore di Vleughels; A. de Favray, a Roma dal 1738 al<br />
’44, e J. Barbault, dal 1748 al ’66, anno in cui morì, si distinsero per la scelta di<br />
580
soggetti pittoreschi. C. F. de la Traverse lavorò a Roma dal 1748 al ’54. J.<br />
Duplessis fu allievo a Roma del Subleyras dal 1749 al ’57.<br />
G. B. Greuze maturò il proprio stile studiando la pittura bolognese (specialmente<br />
G. Reni e Dolci) e romana del secolo; viaggiò in Italia dal 1756 al ‘57. Troviamo a<br />
Roma J. B. Deshays, detto il romano, dal 1751 al ’54; J. H. Fragonard, discepolo di<br />
Natoire, dal 1756 al ’61 con l’abbé de Saint-Non, guardando ai Carracci e a Pietro<br />
da Cortona( fu poi a Parma e nel ‘73 a Venezia dove si dedicò alla copia del<br />
Tiepolo); J. Aubry e B. Gagnereaux dal 1776 al ’93 (quest’ultimo si recò poi a<br />
Firenze dove morì nel ’95), e Pietro Ignazio Parrocel, anche incisore, morto nel<br />
1775.<br />
Ricordiamo che fu a Roma verso il 1765 il ginevrino J. E. Liotard, celebre ritrattista<br />
in smalto e a pastello.<br />
Molti artisti francesi trassero ispirazione dal paesaggio italiano e dalle vedute di<br />
Roma. Già verso la fine del secolo XVI troviamo E. de Martellange. Celebre fu C.<br />
Gellée (C. Lorrain ), detto il Lorenese, che dal 1613 visse quasi sempre a Roma<br />
dove morì nel ’82; fu in gioventù nella bottega di Agostino Tassi, quadraturista e<br />
paesaggista, che era stato dapprima influenzato da Brill ed Elsheimer, poi portato<br />
a un sentimento più classico, desunto dal Domenichino. Il Lorenese, a contatto<br />
con la cerchia dei nordici, soprattutto con Swanevelt, fu stimolato per una<br />
osservazione minuta delle cose, per un’analisi della realtà; l’altro aspetto fu il<br />
classicismo dei bolognesi, il cui processo di idealizzazione del paesaggio gli<br />
consentì in parallelo con Poussin di elaborare e filtrare in atelier gli appunti e i<br />
disegni presi dal vivo, di organizzarli secondo una visione ideale della natura;<br />
l’artista, vero erede della poesia di Giorgione, dipinse la campagna romana con<br />
animo quasi romantico. G. Dughet, allievo e seguace di N. Poussin, nato e vissuto<br />
quasi sempre a Roma, guardò al Lorenese nelle sue ampie vedute della campagna<br />
romana con pittoresche rovine. C. J. Vernet, in Italia dal 1734 al ’53, accademico<br />
di S. Luca, seppe cogliere i valori luministici e atmosferici del paesaggio italiano<br />
(Baia di Napoli, Campagna romana), formandosi alla scuola di Andrea Locatelli,<br />
artista dal gusto arcadico e pittoresco, e di Giovan Battista Pannini,vedutista che<br />
rese immagini di paesaggi con fantastiche architetture e rovine. J. B. Lallemand fu<br />
a Roma e a Napoli dal 1744 al ’58. Verso il ’50 soggiornò a Roma J. N. Julliard.<br />
Ebbe importanza per la nuova concezione delle vedute romane il Natoire: egli<br />
spinse i giovani borsisti a uscire dagli studi e a disegnare la città dal vero; Roma<br />
dai molteplici volti, antica, medioevale e moderna,diventa il tema prediletto di<br />
tutta una generazione di artisti (Robert, Fragonard, Amand, Desprez, Nicolle,ecc.).<br />
581
Anche il carnevale e le tradizioni popolari romane diventano motivi di<br />
ispirazione:ne lasciarono magnifici esempi anche disegnatori e incisori, come J. B.<br />
Pierre. J. M. Vien (a Roma nel 1748) e Fragonard.<br />
A. Manglard, allievo di G. Vanvitelli, visse a lungo a Roma,ove morì nel 1760;<br />
lavorò al servizio dei Rospigliosi, si ispirò alla campagna romana (celebri le vedute<br />
di Maccarese e Zagarolo) e fu autore di marine. H. Robert, a Roma dal 1754,<br />
discepolo di Giovan Battista Pannini, conobbe le incisioni del Piranesi,<br />
specializzandosi come pittore di rovine; nel ’61 visitò Tivoli e la campagna<br />
romana con l’abbé di Saint-Non e con J. H. Fragonard, con il quale ebbe in<br />
comune il patetico senso della fragilità umana che tradusse nel prediletto genere<br />
delle vedute di rovine, con animo quasi romantico, nel paesaggio italiano di<br />
ispirazione classicheggiante e archeologica e nel “capriccio” pittoresco; Robert<br />
ripartì da Roma nel ’65. C. F. Lacroix (Grenier) fu a Roma tra il 1754 e il ’61,<br />
celebre per le marine. J. H. Fragonard fece un secondo viaggio in Italia, dal 1773<br />
al ’75, andando da Roma a Napoli con Bergeret de Grandcourt, autore del diario di<br />
viaggio, e con F. N. Vincent. P. Prudon fu in Italia dal 1785 al 1789, attratto dai<br />
marmi antichi e dallo sfumato della pittura leonardesca.P.Prudon fu in Italia dal<br />
1785 al 1789,attratto dai marmi antichi e dalla pittura leonardesca.<br />
Tra il 1590 e il 1620 la pittura spagnola prende il suo corso maggiore con lo<br />
studio dei pittori italiani, soprattutto di Caravaggio e dei caravaggeschi.<br />
La scuola di Valencia è la prima ad accogliere il nuovo naturalismo con F. de<br />
Ribalta che durante un viaggio in Italia alla scuola dei Carracci conobbe la pittura<br />
di Sebastiano del Piombo, del Correggio e di Raffaello, arrivando poi<br />
all’esperienza realistica caravaggesca; <strong>nei</strong> disegni si espresse con la tecnica del<br />
Cambiaso. Il Ribalta influì su G. de Ribera, detto lo Spagnoletto, che soggiornò a<br />
lungo in Italia, specie a Napoli, maturando uno stile dallo straordinario vigore<br />
formale; egli, reduce dalle prime esperienze romane, giunse a Napoli nel 1616 e vi<br />
rimase, dirigendo una fiorente scuola. Citiamo inoltre J. J. De Espinosa, allievo del<br />
Ribalta, che studiò all’accademia ispano-italiana a Valencia e fu poi a Bologna.<br />
La scuola andalusa, specie quella di Siviglia, fu dapprima sotto l’influsso della<br />
corrente “romanista” come in J. De las Roelas, seguace in Italia dei Carracci, poi si<br />
accostò al luminismo caravaggesco; ciò si può notare in parte nella pittura di<br />
Zurbaran e nelle opere giovanili di Murillo. Verso il 1620 fu a Roma J. Martinez di<br />
Saragozza.<br />
La scuola di Castiglia ebbe il più alto rappresentante in D. Velasquez che si recò a<br />
Roma nel 1630 su consiglio di P. P. Rubens, allora in Spagna; fu ospite del<br />
cardinale <strong>Francesco</strong> Barberini, conobbe il suo segretario Cassiano del Pozzo,<br />
582
grande collezionista di opere d’arte; influenzato in gioventù dal Caravaggio e dai<br />
suoi seguaci spagnoli, fu poi attratto da Poussin, Pietro da Cortona, Sacchi,<br />
Algardi (tutti dell’orbita raffaellesca e carraccesca); prima di imbarcarsi per<br />
Barcellona, a Napoli conobbe il Ribera; di nuovo a Roma nel ’49, fu nominato<br />
accademico di S. Luca e dei Virtuosi al Pantheon; a Venezia acquistò opere di<br />
Tiziano, Paolo Veronese e il bozzetto del Tintoretto per il Paradiso di palazzo<br />
ducale che pagò ben 12000 scudi; l’Italia divenne così più di una parentesi, il<br />
momento basilare di un’intera esistenza; tornato in patria, il ricordo classico della<br />
sua esperienza romana si fuse con il “colpo venetian” in modo semplice e<br />
armonico.<br />
Citiamo altri pittori spagnoli che subirono l’arte italiana: J. A. Escalante, allievo in<br />
patria di Francisco Rizi (o Ricci, figlio del pittore italiano Antonio emigrato in<br />
Spagna), fu influenzato soprattutto da Tintoretto e Tiziano. Claudio Coello, allievo<br />
dello stesso Rizi, fu in Italia tra il 1656 e il ’64, risentendo nelle tele dell’arte dei<br />
veneti e negli affreschi di quella di Pietro da Cortona. J. De Arellano in gioventù<br />
imitò Mario de’Fiori. F. Herrera il giovane verso il 1650 studiò a Roma dove si fece<br />
conoscere per le nature morte, innestando nella sua pittura effetti luministici,<br />
mediati dai veneti. Del luminismo veneziano risentì il madrileno C. J. V. Antolinez.<br />
A. Palomino de Castro (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I) subì in patria l’influsso di Luca Giordano. F.<br />
Perez Sierra ( sec. <strong>XVII</strong>I) fu allievo a Napoli di Aniello Falcone. S. Muñoz studiò a<br />
Roma con Carlo Maratta. A. Gonzales Velasquez fu allievo di Corrado Giaquinto, a<br />
Roma dal 1751 al ’55 e poi dal ’58 al ’64. M. Maella vi compì i suoi studi ( verso il<br />
1760), così come D. Palacio. L. Melendez, nato a Napoli, fu attratto dal Recco e<br />
dal Ruoppolo, diventando celebre come autore di nature morte. F. Goya y<br />
Lucientes nel 1766 conobbe il Tiepolo a Madrid, entrò nella cerchia del<br />
neoclassico R. Mengs; per consiglio di questo compì un viaggio a Roma, nel ’70 fu<br />
a Parma dove vinse il secondo premio in un concorso indetto dall’accademia<br />
d’arte; nel ’72 fu a Saragozza (gli affreschi di N. S. del Pilar rivelano l’influenza del<br />
Tiepolo).<br />
Tra i pittori portoghesi citiamo F. Vieira de Matos( detto Vieira lusitano) (sec.<strong>XVII</strong>I),<br />
discepolo a Roma del Luti e del Trevisani; A. Gonçalves, discepolo a Lisbona di<br />
Giulio Cesare da Temine, pittore seguace del Maratta e di Sebastiano Conca nelle<br />
tele di soggetto religioso.<br />
Passiamo ai pittori dell’area germanica che nel periodo barocco e rococò subirono<br />
gli influssi dell’arte italiana.<br />
Elsheimer fu a Venezia e nel 1600 a Roma, si accostò al caravaggismo per lo stile<br />
luministico; sotto l’influsso della pittura veneziana e poi di Annibale Carracci<br />
divenne uno dei creatori del realismo paesaggistico moderno. G. Wals fu nel 1614<br />
583
a Napoli, dal ’16 al ’18 presso Agostino Tassi che lo influenzò, lavorò dopo il<br />
1620 con C. Lorrain, nel ’30 fu a Genova e a Savona, di nuovo a Napoli nel ’32,<br />
morì in Calabria nel ’40. J. Liss fu a Roma dal 1622 al ’24 e a Venezia dal ’24 al<br />
’29, anno in cui morì; subì l’influsso del Caravaggio, di Rubens e dei veneti,<br />
prediligendo una pittura di esuberante ricchezza cromatica. Joachim Sandrart,<br />
pittore e incisore, viaggiò in Italia dal 1627 al ’35, a Venezia dove studiò Tiziano e<br />
Paolo Veronese, a Firenze, a Roma, a Napoli e in Sicilia, scrisse un trattato sui<br />
pittori allora operanti a Roma (Bernini, Sacchi, Domenichino, Poussin, ecc.). J.<br />
Boechorst fu in Italia dal 1630 al ’39. J. H. Schönfeld si perfezionò a Napoli e a<br />
Roma nel 1633, influenzato da Massimo Stanzione e Bernardo Cavallino,<br />
caravaggeschi. F. Gümpp, austriaco, studiò presso Guido Reni. Lo svizzero C.<br />
Störer, dal 1640 a Milano per molti anni, fu allievo di Ercole Procaccini il giovane.<br />
Dal 1650 al ’54 soggiornò a Roma Johann Heinrich Roos, detto Rosa da Tivoli, che<br />
dipinse paesaggi dal vero della campagna romana e di Tivoli e si specializzò in<br />
figure di animali. A Venezia si stabilì nel 1657 Johann Karl Loth, allievo di Pier<br />
Liberi, che ottenne largo successo con una pittura di acceso naturalismo,<br />
risentendo della tradizione locale e delle correnti caravaggesche, anche se in<br />
seguito la sua maniera si fece più pacata e più chiara per influenza, forse, del<br />
Maratta. D. Seiter, austriaco, detto Monsù Daniele o Daniele fiammingo, fu allievo<br />
a Venezia del Loth(1657) e a Roma del Maratta, per poi andare a Torino. Presso il<br />
Loth fu anche J. Rottmayr, decoratore austriaco. H. A. Veissenkirchner fu a Roma<br />
nel 1675, studiò l’arte di Pietro da Cortona e i bolognesi, a Venezia avvicinò G.<br />
Langetti e A. Zanchi, attraverso i quali conobbe la scuola napoletana, formandosi<br />
così uno stile eclettico. C. Reder, detto monsù Leandro, fu dal 1686 a Roma dove<br />
morì nel 1729,servì i Rospigliosi a Zagarolo, noto come pittore di battaglie, di<br />
bambocciate, di frutta. Barocchi in senso rigoroso furono J. Spillenberg (o<br />
Spilnberg), ungherese, che a Venezia subì l’influsso del Tintoretto, e i fratelli<br />
Schor, figli di quel Giovanni Paolo, assistente del Bernini, condotti a Napoli dal<br />
marchese del Carpio, ambasciatore spagnolo, divenuto viceré di Napoli dal 1683<br />
al ’87, che raccolse e portò in patria vari quaderni di disegni della scuola<br />
napoletana; con loro fu anche il giovane Fischer von Erlach che a Napoli ebbe<br />
tempo di organizzare un maestoso “teatro del mare”, per poi andarsene a<br />
costruire la Vienna barocca. Ignazio Stern si stabilì a Roma verso il 1700; suo<br />
figlio Ludovico, nato e morto a Roma, fu attivo in grandi imprese di commissione<br />
chiesastica o di privata destinazione (presso i Borghese). Dal 1711 al ’13 studiò a<br />
Roma presso C. Ghezzi Cosmas Damian Asam che portò a Monaco lo stile<br />
romano, influendo sulla pittura del suo allievo M. Günther, attratto poi dai<br />
contempora<strong>nei</strong> veneti. T. C. Scheffler subì influenze del Pozzo attraverso l’Asam.<br />
584
J. Hackoffer, austriaco, studiò a Roma. Il suo connazionale M. Görz studiò a<br />
Venezia, Padova, Pavia e Roma. C. Berentz lavorò quasi sempre a Roma, dove morì<br />
nel 1722, dedicandosi alla natura morta nel sontuoso gusto del Cerquozzi. G. P.<br />
Rugendas fu a Venezia nel 1692 e passò molti anni in Italia, celebre come pittore<br />
di battaglie. Tra il 1700 e il ’09 soggiornò in Italia A. Pesne, di origine francese,<br />
studiò a Roma, a Napoli, e nel 1710 a Venezia, diventando il pià insigne<br />
decoratore tedesco del secolo, influenzato dallo stile del Tiziano e del Veronese.<br />
D. Gran, austriaco, studiò dapprima presso Sebastiano Ricci a Venezia, quindi fu<br />
presso il Solimena e i pittori della scuola napoletana. M. Speer fece un viaggio a<br />
Napoli e subì l’influsso del Solimena. Johan Jakob Zeiler (o Zeiller), austriaco,<br />
studiò a Napoli presso il Solimena e a Roma presso Sebastiano Conca. Franz<br />
Anton Zeiler fu a Roma presso il Giaquinto e a Venezia presso Sebastiano Ricci. M.<br />
Tuscher, per qualche tempo in Italia, subì influssi del Maratta e di Sebastiano<br />
Conca. Johann Heinrich Tischbein il vecchio fu a Venezia presso il Piazzetta. F.<br />
Sigrist, austriaco, e P. Troger, di Monguelfo, studiarono a Venezia,subendo<br />
l’influsso di Tiepolo e Piazzetta; il secondo fu poi a Napoli dove seguì il Solimena<br />
e il Giordano. J. Zick si rifà alla scuola prospettica di padre Pozzo <strong>nei</strong> grandi<br />
affreschi, eseguiti in patria. J. A. Peters a Roma fu membro dell’accademia di S.<br />
Luca. La seconda generazione dei pittori austriaci si muove attorno alla<br />
personalità di Maulbertsch che guarda al Tiepolo e agli altri grandi veneziani per il<br />
dominio dello spazio pittorico. Tra i romanizzanti citiamo U. Franck (sec. <strong>XVII</strong>), S.<br />
M. von Sandrart (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), M. Engelbrecht e lo svizzero J. Meuer (sec. <strong>XVII</strong>I).<br />
Di formazione completamente italiana fu F. Habermann, ornatista e incisore,<br />
autore di una bella veduta prospettica di Roma.<br />
Tra i paesisti troviamo J. F. Beich, in Italia tra il 1700 e il ’09 ( fu a Livorno, Roma e<br />
Napoli), vicino allo stile di S. Rosa, Lorrain, Dughet.<br />
Tra i pittori dell’area britannica: J. M. Wright fu nel 1648 accademico di S. Luca a<br />
Roma; G. Kneller frequentò lo studio del Maratta, risentì della sua pittura e di<br />
quella del Baciccia, e fu anche a Venezia; W. Kent studiò a Roma dal 1709 al ’19<br />
presso Benedetto Luti; J. Smibert, scozzese, fu in Italia dal 1717 al ’20, copiando<br />
opere di Raffaello, Tiziano, Rubens e van Dyck; S. Scott, si ispirò al Canaletto che<br />
era appena giunto a Londra (1742); G. Knapton, ritrattista e incisore, soggiornò in<br />
Italia verso il 1740; fu allievo del Verrio a Londra J. Thornhill.<br />
Per gli artisti britannici attivi in Italia negli ultimi decenni del <strong>XVII</strong>I secolo si<br />
rimanda alla lezione sul neoclassicismo.<br />
Tra i boemi che subirono l’arte italiana citiamo K. Screta che fu in Italia dal 1630<br />
al ’38, studiò i veneti, particolarmente Paolo Veronese, e lavorò nella bottega del<br />
Reni a Bologna, subendo influssi del Carracci e del Guercino; P. Brandl che s’ispirò<br />
585
al tardo caravaggismo e studiò le opere dei veneti nella galleria del castello di<br />
Praga; J. Kupezki che studiò Correggio, Tiziano e Reni e operò dal 1700 al ’09 a<br />
Roma, aprendo uno studio; U. Reiner, perfezionatosi in Italia, che si accostò alla<br />
maniera del Pozzo; J. C. Kracher, moravo, influenzato dalla pittura veneta; F. X.<br />
Palko, di Breslavia, che studiò a Venezia.<br />
Tra i polacchi citiamo F. Lekszycki che studiò in Italia e subì il caravaggismo; S.<br />
Czechowicz, allievo del Maratta; E. Szymonowicz-Siemiginowski, formatosi a<br />
Roma, così come T. Kuntze, detto Taddeo Polacco, seguace dei modi tardo-<br />
barocchi romani (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I).<br />
Tra i danesi troviamo Monsù Bernardo (sec. <strong>XVII</strong>), attivo a Roma, Bergamo e<br />
Ravenna; H. Krock (sec.<strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), pittore di soggetti storici,che studiò con il<br />
Maratta a Roma.<br />
Tra gli svedesi D. K. Ehrenstrahl, a Roma presso Pietro da Cortona verso il 1650,<br />
barocco negli affreschi, subì <strong>nei</strong> quadri di soggetto religioso influssi di<br />
Michelangelo e Rubens; G. de Marées a Venezia risentì dello stile del Piazzetta; J.<br />
Richter, vedutista, operò anch’egli a Venezia dal 1695 al 1745; A. Roslin, famoso<br />
ritrattista, fu in Italia nel 1747.<br />
In Grecia <strong>nei</strong> <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I la pittura di icone si ispirò all’arte italiana; la<br />
maggior parte degli agiografi compì a Venezia i propri studi e fu influenzata<br />
dall’arte del Cinquecento e del Settecento veneto; citiamo Doxaras, ammiratore<br />
del Veronese, e Koutoùzes, discepolo del Tiepolo.<br />
Nei <strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I operarono in Italia numerosi incisori stranieri. J. Callot fu<br />
indotto dal pittore Bellange, che gli descrisse con entusiasmo le opere d’arte viste<br />
, a visitare le città italiane; nel 1608 si unì all’ambasciata inviata da Enrico IV al<br />
papa; suoi compagni a Roma furono i pittori Henriet e Deruet; nel 1612 si recò a<br />
Firenze,dove conobbe Poccetti, M. Rosselli e G.da San Giovanni che lo<br />
influenzarono molto nel disegno, e studiò le incisioni di Parigi e Cantagallina; nel<br />
’21 tornò in patria. A Roma sotto la guida del connazionale P. Thomassin apprese<br />
l’incisione per copertura, ideata dal Barocci; trovò in Italia influssi decisivi per la<br />
sua formazione, perfezionando la tecnica del bulino,copiando opere dei manieristi<br />
e di Carracci; a Firenze si cimentò nell’acquaforte e predilesse in seguito questa<br />
tecnica che gli permise effetti di più ampia libertà ed espressività di linee.<br />
Matteo Greuter, a Roma dal 1606, delineò una pianta della città e una carta<br />
d’Italia, in dodici fogli, la più grande pubblicata fino allora.<br />
Tra i seguaci della maniera di Marcantonio Raimondi citiamo J. Morin, J. Boulanger<br />
e J. Lutma. Incisero nel gusto di Stefano della Bella V. Regnard (a Roma dal 1630<br />
al ’50), I. Silvestre, anche pittore, che fu più volte in Italia (celebri le sue vedute di<br />
città italiane, Roma, Firenze, Venezia,ecc.) e, in ordine alfabetico, Bernard, F,<br />
586
Chavenau, N. Cochin, F. Collignon, Girardin, C. Goyrand, Le Dolceur, Mayreau, M.<br />
Natalis, F. Poilly, van Marlen,ecc. Ricordiamo che la fama di cui godeva a Parigi<br />
salvò Stefano della Bella da un tentativo di violenza da parte di un gruppo di<br />
parigini contrari al partito di Mazzarino e degli Italiani che allora contava molto in<br />
Francia; l’incisore fu riconosciuto da alcuni e sottratto all’ira della folla.<br />
Tra gli olandesi venuti in Italia Jan Both (a Roma nel 1639) e Nicolas Berchem si<br />
possono considerare i più grandi incisori italianizzanti per le loro composizioni<br />
agresti; paesista fu anche Andries Both, morto a Venezia nel 1642.<br />
Nel secolo <strong>XVII</strong> Roma continuò ad essere il centro dell’incisione artistica; vi<br />
impiantarono tipografie C. Duchet, E. van Schoel, P. Springer, N. van Aelst, P.<br />
Schenk. Nel 1631 Vincenzo Giustiniani decise di fare riprodurre i pezzi più<br />
prestigiosi della sua collezione archeologica (statue, busti, sarcofagi,ecc.)in una<br />
serie di tavole incise a bulino, vero e proprio catalogo illustrato, primo nel suo<br />
genere nella storia del collezionismo, che intitolò “Galleria Giustiniana”; allo scopo<br />
incaricò una fitta schiera di disegnatori e incisori attivi a Roma ma anche fatti<br />
venire appositamente dall’estero, alcuni dei quali risedettero durante l’impresa nel<br />
palazzo Giustiniani, creandovi una sorta di accademia di grafica. Tra gli stranieri<br />
citiamo C. Audran, C. Bloemaert, J.Frederick e Matteo Greuter,G. Ladame, T.<br />
Matham, C. Mellan, M. Natalis, R. van Persyn, V. Regnard, J. Van Sandrart; si arrivò<br />
così alla creazione di 322 matrici.<br />
Per quanto riguarda le stampe originali dei grandi incisori italiani, si sa che erano<br />
molto diffuse in Europa, da quelle di Marcantonio Raimondi e di Federico Barocci,<br />
a quelle di Annibale Carracci, di Pietro Testa,detto il Lucchesino, di Stefano della<br />
Bella, di Antonio Tempesta, di Salvator Rosa, di Benedetto Castiglioni, detto il<br />
Grechetto, ecc.<br />
Molti incisori stranieri coltivarono in sommo grado la riproduzione di dipinti di<br />
maestri italiani (Raffaello, Giulio Romano, Michelangelo, Tiziano, Tintoretto, Paolo<br />
Veronese, Pietro da Cortona, Carracci, Domenichino, Ciro Ferri, ecc.),<br />
diffondendone la conoscenza in Europa; citiamo G. C. Adler, J. Amman, C. Audran,<br />
J. Barbault, J. Baron, D. Barrière, C. Bloemaert (morto a Roma nel 1680, autore di<br />
circa 400 fogli), J. Blondeau, G. Chasteau, A. Choiseul-Gouffier, R. Collin, J.<br />
Comin, C. de la Haye, J. Deseine, N. Dorigny, J. Episcopus, B. Farjat, G. G.Frey, J. F.<br />
Greuter, W. Hamilton, J. Haussart, W. Hollar, W. Killian, B. Lepicié, J. Mathan, G.<br />
Merigot, J. Moucheron, F. Nodot, G. Perelle, J. Pesne, C. Randon, R. Rouhier,<br />
Raffaele e Giulio II Sadeler, F. Spierre, G. Vallet, R. van Audenard, L. Visscher, L.<br />
Vosterman, S. Vouillemont, C. T. Weiling, A. Westerhout, G. Wouters,ecc.<br />
587
Le riproduzioni dei dipinti costituirono, oltre che la migliore fonte d’ispirazione<br />
per gli artisti, il libro di testo per gli studenti di tutte le accademie d’arte<br />
d’Europa, soprattutto per quelli che non ebbero modo di recarsi in Italia.<br />
Si sa che numerose incisioni giunsero a Rembrandt per mezzo di C. de Jongle,<br />
amico editore e mercante di stampe; il pittore aveva anche, nel proprio studio,<br />
dipinti di Giorgione, Raffaello, Palma il vecchio, Bassano, Carracci, ecc. tanto che<br />
poteva rispondere a chi gli chiedeva il perché del suo rifiuto di recarsi in Italia ,<br />
che lì poteva benissimo studiare l’arte italiana, tante erano le riproduzioni<br />
circolanti e numerosi gli originali di pittura sott’occhio.<br />
Ora diamo inizio all’elenco dei pittori italiani che svolsero attività all’estero <strong>nei</strong><br />
<strong>secoli</strong> <strong>XVII</strong> e <strong>XVII</strong>I.<br />
Nel 1607 Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, si imbarca da Napoli per l’isola<br />
di Malta; qui, accolto con grandi onori, è insignito della Croce di Cavaliere di<br />
grazia; egli sarebbe potuto diventare il pittore ufficiale dell’Ordine, invece la sua<br />
dimora laggiù fu come sempre di breve durata, fino al 6 ottobre 1608, giorno in<br />
cui, scalato il muro del carcere dove era stato rinchiuso per un’offesa fatta a un<br />
cavaliere di giustizia,fuggì su una feluca a Siracusa, tanto rapidamente “che non<br />
potè essere raggiunto”. Le opere eseguite a Malta sono: “S. Girolamo”,<br />
“Decollazione del Battista” per la cattedrale di La Valletta,il ritratto del gran<br />
maestro dell’Ordine in piedi, un altro dello stesso seduto, “Amore dormiente” e “S.<br />
Giovanni Battista alla sorgente”.<br />
Seguirono il maestro nell’isola Lionello Spada e Mario Minniti.<br />
Vi fu anche Mattia Preti; trasferitosi nel 1661 da Roma, dove era stato insignito<br />
del cavalierato dell’Ordine, diventa il pittore ufficiale e lavora con grandissimo<br />
fervore ; affresca l’abside, la volta e la lunetta della chiesa di S. Giovanni, dipinge<br />
numerose tele per l’isola e per l’estero; è sepolto con altri nobili nella chiesa di S.<br />
Giovanni che costituisce uno dei più grandiosi complessi del ‘600 italiano per le<br />
numerose opere che l’adornano.. Fecondo ripetitore delle proprie invenzioni,il<br />
Preti impegnò la colta creatività in decorazioni solenni e sontuose che ebbero<br />
largo seguito.<br />
Lavorarono per chiese e palazzi di Malta Giuseppe Arena, Jacopo da Petralia,<br />
l’Orbetto, ecc; vi fu anche Giuliano Pericciuoli che <strong>nei</strong> suoi lunghi viaggi nel<br />
Mediterraneo e in Oriente si fermò anche a Costantinopoli e in Egitto.<br />
Per la qualificazione del gusto pittorico iberico all’inizio del secolo <strong>XVII</strong> bisogna<br />
valutare l’influenza esercitata dall’opera di Orazio Borgianni, e la presenza in<br />
Spagna dal 1611, e per tutta la vita, di Giovan Battista Maino (o Mayno),<br />
caravaggeschi. Il primo a Roma stringe amicizia con il pittore francese P. Orfelin,<br />
abitante a Saragozza, cui si deve se, non ancora ventenne, va in Spagna (1593),<br />
588
dove rimane fino al 1608; vive a Valladolid, sede della corte; il più importante<br />
gruppo delle sue opere si trova nel convento di Porta Coeli di quella città, ma altre<br />
tele sono in chiese e palazzi di città spagnole. Il Maino (Fray), forse allievo del<br />
Caravaggio, esegue a Toledo affreschi nel convento di S. Pietro Martire, a Madrid<br />
nel ’12 è nominato maestro di disegno del futuro Filippo IV e soprintendente alle<br />
pitture; entrato nell’ordine dei domenicani, dipinge numerosissime tele di<br />
soggetto religioso, ma è noto anche come valente ritrattista.Opere sono a<br />
Cordova nella cattedrale e al Prado (Allegoria); amico del Velasquez, è celebrato<br />
da Lope de Vega.<br />
Anche Giuliano Pericciuoli è nominato da Filippo III maestro di disegno di suo<br />
figlio.<br />
Nello stesso periodo opera a Murcia Annibale Bolci, lavora con Giorgio Donati e<br />
<strong>Francesco</strong> Miller, ma nulla resta della sua opera.<br />
Donato Mascagni (Frate Arsenio) soggiornò ai primi del ‘600 a Valladolid, dove<br />
rimangono quadri da lui firmati e datati.<br />
Angelo Nardi fu in Spagna dal 1607, pittore di corte di Filippo III, affrescò nella<br />
chiesa della Guardia a Toledo e nel convento delle benedettine a Jaèn, decorò la<br />
cappella al Carmen Descalzo di Madrid; altre opere sono nelle chiese di Alcalà de<br />
Henares, Gatafe, Vallecas,ecc.<br />
Felice Castello, figlio di Fabrizio (vedi lez.n.19), collabora con Vincenzo Carducci<br />
per la serie dei quadri del Paular.<br />
Giovan Battista Crescenzi, caravaggesco, nel 1617 va in Spagna con il cardinale<br />
Zapata, ponendosi al servizio di Filippo III, dipinge nature morte su vetro di cui<br />
nulla rimane; ha come aiuto Bartolomeo Cavarozzi, detto “dei Crescenzi”, fino al<br />
1622.<br />
Mattia Preti, caravaggesco, s’imbarca per la Spagna a Livorno assieme al nunzio<br />
Panciroli; la sua permanenza in terra iberica,sebbene non documentata, viene da<br />
alcuni situata intorno al 1643-’44 (molte sue tele sono conservate in collezioni,<br />
chiese e palazzi di Spagna).<br />
Baccio del Bianco (Di Bartolomeo Bianchi) fu decoratore, oltre che scenografo, a<br />
Madrid nel 1650.<br />
Agostino Mitelli, pittore, incisore, architetto, studia a Bologna alla scuola dei<br />
Carracci e del Dentone, assieme a Michele Colonna, col quale lavora tutta la vita;<br />
mentre questi si specializza nelle figure, il Mitelli eccelle nelle prospettive. Notato<br />
dal Velasquez durante il suo viaggio in Italia (1649), è chiamato assieme al<br />
Colonna al servizio di Filippo IV, e raggiunge la Spagna nel ’52, dove affresca tre<br />
sale al pianterreno e (su disegni del Velasquez) il salone degli specchi dell’Alcazar<br />
di Madrid, nonché la cappella di San Paolo al Buen Retiro; mentre è impegnato ad<br />
589
affrescare lo scalone principale del convento delle Descalzas Reales, sempre con il<br />
Colonna dà inizio nel ’60 agli affreschi per la cupola della chiesa della “Merced<br />
Calzada”. Muore a Madrid improvvisamente il 2 agosto dello stesso anno mentre è<br />
intento a decorare per il marchese di Hélice una fontana, con la favola di<br />
Narciso,nella sua villa sulla strada verso El Pardo,opera la cui esatta prospettiva<br />
suscita lo stupore dei visitatori. La sua scomparsa suscita grande rimpianto da<br />
parte di Velasquez che muore cinque giorni dopo. Su alcuni suoi bozzetti<br />
<strong>Francesco</strong> Ricci eseguì affreschi nella cupola di S. Antonio dei Portoghesi, poi<br />
ritoccati da Luca Giordano.<br />
Angelo Michele Colonna, mentre il Mitelli fa sfoggio di architetture, dipinge figure<br />
(Aurora, la Notte, la Caduta di Fetonte) e imitazioni di bassorilievi in bronzo. La<br />
morte del compagno lo costringe a terminare da solo l’opera (la fontana),<br />
terminata la quale, nel ’63 rientra a Bologna.<br />
(Ricordiamo che questi due pittori fanno parte della schiera dei quadraturisti,<br />
autori di pittura murale a prospettive, già usata nel ‘500 ma praticata nel ‘600 e<br />
nel ‘700 come specialità, nata in ambiente bolognese con Curti, Dentone, Bibiena,<br />
per creare una scenografica illusione di spazio, aperto fantasticamente).<br />
Dionisio Mantovani è in Spagna nel 1656 e riceve l’incarico di alcune pitture per la<br />
cappella di Atocha da eseguire con F. Ricci; alla morte di Angelo Nardi (1665) è<br />
nominato pittore del re, specializzato in prospettive ornamentali; lavora in<br />
collaborazione con <strong>Francesco</strong> Ricci, nella chiesa di S. Isidro a Madrid e nella<br />
cattedrale di Toledo; esegue affreschi nella casa del marchese de los Velbales, del<br />
marchese di Elche, dell’antica nunziatura ( perduti).<br />
Lavorarono nello stesso periodo Giovanni Andrea Ricci, fratello di <strong>Francesco</strong>,<br />
Giovan Battista Novara ( a Valenza), Girolamo Lucenti ( a Siviglia e a Granada).<br />
Pietro Antonio Tozzi in una lettera dalla Spagna riferisce degli incontri con molti<br />
artisti italiani a Siviglia e del soggiorno a Madrid dove è accolto con molta<br />
simpatia , e si meraviglia della poca stima che gli spagnoli hanno verso i propri<br />
pittori.Molte furono le richieste direttamente in Italia: inviarono loro tele in<br />
Spagna, tra gli altri, Giovanni Lanfranco e Battistello Caracciolo.<br />
Giovan Battista Lupicini lavorò nella chiesa di S. <strong>Francesco</strong> a Saragozza con Pietro<br />
Micier e fu molto ammirato, da essere considerato il più grande pittore del tempo.<br />
<strong>Francesco</strong> Leonardoni, dopo aver viaggiato in Europa, è a Madrid nel 1680 come<br />
pittore della regina Marianna di Neuburg; nel ’94, alla morte di C. Coello, è<br />
nominato pittore del re; vive al Buen Retiro dove muore nel 1711;stimato per i<br />
suoi ritratti in miniatura, è noto soprattutto come pittore chiesastico.<br />
Luca Giordano fu chiamato in Spagna, essendo già famoso, per il tramite<br />
dell’inviato speciale di Carlo II a Napoli; molte sue opere lo avevano preceduto.<br />
590
Arrivato a Madrid nel 1692,accompagnato dal figlio, dal nipote e forse dal pittore<br />
De Matteis, nel settembre dello stesso anno, dopo avere dipinto due quadri per il<br />
Buen Retiro (Trionfo dell’Arcangelo Michele e S. Antonio da Padova),si trasferisce<br />
all’Escuriale dove dà inizio agli affreschi della basilica e dello scalone principale,<br />
durati un anno e dieci mesi; rientrato a Madrid, esegue gli affreschi, oggi perduti,<br />
nella cappella dell’Alcazar; del ’94 sono gli affreschi del Casòn del Buen Retiro<br />
(Allegoria del Tosòn d’oro), del ’97 la serie dei quadri di Guadalupe (Vita della<br />
Vergine). Tra il ’97 e il’98 sono realizzati gli affreschi della cattedrale di Toledo;<br />
con la decorazione delle chiese di Atocha e di S. Antonio dei Portoghesi, dove<br />
ritocca e termina l’opera di F. Ricci, hanno fine i lavori della corte; fu suo<br />
collaboratore, fino al 1701, Giuseppe Simonelli, “imitatore eccellente del suo<br />
colore”. La morte di Carlo II (1700) e l’ascesa di Filippo V segnano il sopravvento<br />
in Spagna di artisti francesi; nel 1702 il Giordano lascia Madrid, a Napoli continua<br />
a dipingere per ordine del sovrano le dodici tele con le storie di Salomone<br />
destinate alla cappella reale dell’Alcazar e terminate dal Solimena,giunte a<br />
destinazione nel 1710.<br />
Carlo Garofalo, allievo del Giordano, lo raggiunge in Spagna alla corte di Carlo II;<br />
nel ’92 è nominato pittore del re, si specializza in pitture su vetro, cristallo e<br />
specchi.<br />
Andrea Belvedere, detto abate Andrea, celebre per composizioni floreali, fu<br />
chiamato nel ‘92 su segnalazione del Giordano presso la corte a Madrid; fu anche<br />
commediografo e impresario teatrale.<br />
Giuseppe Recco fu chiamato da Filippo IV e lavorò poi per Carlo III, rimanendo a<br />
lungo con il Giordano, eseguendo un gran numero di opere, soprattutto nature<br />
morte; sua figlia Elena, pittrice, fu chiamata da Carlo III.<br />
Fra Paolo d’Alcamo, missionario,partì dalla Spagna per il Messico; fu il primo<br />
italiano che visitò la città di Cholula, ove dipinse la volta di stucco della chiesa<br />
domenicana.<br />
Nel secolo <strong>XVII</strong> ricordiamo inoltre attivi in Spagna Michele e Stefano Angelini, Pier<br />
Mattia Baldi, <strong>Francesco</strong> Camillo, Giovanni Campino, <strong>Francesco</strong> Granello, Giacomo<br />
Narducci, Paolo Pagani, Giovan Battista Paggi, <strong>Francesco</strong> Romanelli,Giuseppe<br />
Romani, Fabrizio Santafede, Emilio Savonazzi, Giovan Battista Semeria, Giulio<br />
Cesare Semini, Lorenzo Viana.<br />
Tra il secolo <strong>XVII</strong> e il <strong>XVII</strong>I operarono Alberto da Arnone, Andrea Lanzani,<br />
Bonaventura Ligli, Nicola Vaccaro e Pier Lorenzo Spoletini, ritrattista alle corti di<br />
Spagna e Portogallo.<br />
Ferdinando Bibiena e suo figlio Giuseppe, decoratori di teatri, furono chiamati a<br />
Barcellona da Carlo III nel 1708.<br />
591
<strong>Francesco</strong> Solimena secondo alcuni storici sarebbe stato in Spagna nel 1702.<br />
Bartolomeo Rusca fu pittore di corte a Madrid nel 1714.<br />
Andrea Procaccini nel 1719, su segnalazione del card. Acquaviva, è invitato in<br />
Spagna dove giunge assieme a Giuseppe Astati nel ’20, e viene nominato primo<br />
pittore di Camera, e destinato a La Granja (residenza reale di S. Idelfonso). E’<br />
impegnato in opere architettoniche e nella decorazione di chiese e palazzi con<br />
composizioni originali o tratte da Raffaello. Nel 1722 con Orlando Salvatucci<br />
compila l’inventario della collezione appartenente al Maratta e fa da tramite per<br />
l’acquisto della stessa da parte di Filippo V. Ancora per incarico del sovrano fa da<br />
tramite per l’acquisto a Roma della collezione di statue antiche già appartenute<br />
alla regina Cristina di Svezia (1724). Nel ’29 è nominato con Sempronio Subissati<br />
sovrintendente ai lavori de la Granja (architettura e decorazione). Nel ’30 si<br />
trasferisce a Siviglia dove assume la direzione di una fabbrica d’arazzi e vi<br />
acquista, sempre per conto del sovrano, 149 quadri della vita di Cristo (oggi nel<br />
palazzo di Riofrio); secondo alcuni storici essi furono dipinti nel ’30 dal Sani, dal<br />
Sasso e dal Fedeli che già lavoravano a La Granja, secondo altri invece furono<br />
dipinti a Roma da vari pittori, tra i quali Benedetto Luti. Al Procaccini si deve<br />
altresì la raccolta di 1366 disegni appartenenti al Maratta, oggi all’accademia di S.<br />
Ferdinando. Da un documento del ’30 risulta che l’artista ha lavorato in<br />
quell’anno a Granada. E’ autore dei disegni per la serie di arazzi, realizzati con<br />
Domenico Sani e tessuti a Madrid (S. Barbara) e a Siviglia; muore a La Granja ed è<br />
sepolto a Segovia.<br />
Giacomo Bonavia, pittore, scenografo e architetto, è nominato professore di<br />
architettura con Giovan Battista Sacchetti all’accademia di Madrid nel 1752;<br />
decora il teatro del Buen Retiro, quello reale di Madrid e gli interni dei palazzi di<br />
Aranjuez e di La Granja.<br />
B. Galluzzi, aiutante del Bonavia, esegue decorazioni nel Gabinetto della regina al<br />
palazzo reale di Aranjuez; nel 1733 è a capo di una squadra di decoratori in cui<br />
troviamo Prospero de Mortola.<br />
Bartolomeo Rusca è ingaggiato dal marchese Scotti e dal conte Rocca per lavorare<br />
in Spagna; vi giunge nel 1734 e con il Fedeli fa parte di un gruppo di pittori che,<br />
sotto la direzione del Bonavia, esegue scenografie per il teatro del Buen Retiro;<br />
affresca la galleria bassa del palazzo di La Granja (1742-’45) con il Sani, il Sasso e<br />
il Fedeli, il palazzo di Riofrio, nonché la chiesa di S. Michele a Madrid (’45); pittore<br />
di Camera, assieme al Rusca diventa aiutante dell’Amigoni (vedi avanti).<br />
Felice Fedeli, al servizio della corte di Spagna dal 1734, è aiutante del Procaccini,<br />
del Bonavia e dell’Amigoni.<br />
Donato Creti lavora per il sovrano nel 1737.<br />
592
Andrea Locatelli, segnalato dallo Juvarra, è chiamato a dipingere a La Granja;<br />
esegue due sovrapporte nella stanza cinese.<br />
Jacopo Amigoni nel 1747 fu chiamato in Spagna come pittore di corte e molto<br />
dipinse specialmente per i palazzi del Buen Retiro e di Aranjuez (Le quattro<br />
stagioni e Le quattro parti del mondo); nella casita del Labrador fece gli affreschi<br />
della volta nella sala da pranzo; eseguì molte tele e gli arazzi del palazzo reale di<br />
Madrid; fu nominato primo pittore di Camera e direttore dell’accademia di S.<br />
Ferdinando in cui dominò con lui lo spirito classicista che ormai faceva sentire il<br />
suo influsso da Roma , dove erano mandati a studiare i giovani artisti.<br />
Giuseppe Bonito, detto Peppariello, è noto in Spagna come autore di scene di<br />
genere, bambocciate e ritratti; alcuni storici affermano che , pur avendo lavorato<br />
per la corte , non si sarebbe mai mosso da Napoli, limitandosi ad inviare a Madrid<br />
le proprie opere; secondo altre fonti vi sarebbe stato verso il 1751.<br />
Corrado Giaquinto nel 1753, in seguito alla morte dell’Amigoni (avvenuta l’anno<br />
precedente) e per interessamento del celebre cantante Farinelli, è chiamato a<br />
Madrid per affrescare le volte di palazzo reale e per lavorare come scenografo al<br />
teatro del Buen Retiro; nello stesso anno è nominato da Ferdinando VI primo<br />
pittore di Camera nonché direttore dell’accademia di S.Ferdinando, succedendo<br />
all’Amigoni. Nel ’60 è destinato alla R. Fabrica de Tapices; all’arrivo del Mengs<br />
lascia il servizio a corte e rientra in Italia nel ’62. Egli fu molto ammirato dal<br />
giovane Goya; lasciò numerose tele in chiese e palazzi di Spagna.<br />
Domenico Servidori, pittore del re, lavora in Spagna dal 1753 al ’73.<br />
Maria Maddalena Olivieri, nata a Parigi, figlia di Giovanni Domenico, primo<br />
direttore della sezione di scultura dell’accademia di S. Ferdinando, viene nominata<br />
nel 1759 accademica onoraria dell’accademia.<br />
Nel 1761 si recò a Madrid Gian Battista Tiepolo con i figli Giandomenico e Lorenzo<br />
al servizio di Carlo III; affrescò” La Gloria di Spagna” nel soffitto della sala del<br />
trono in palazzo reale, l’”Apoteosi della monarchia spagnola” in un’altra sala e<br />
l’”Apoteosi di Enea” nella sala della Guardia. La storia degli ultimi anni del pittore<br />
in Spagna è triste; egli si vede incompreso e osteggiato; gettava ombra sulla sua<br />
fama la presenza a corte del Mengs, fautore di un ritorno alla classicità, protetto<br />
da alti prelati che non gradivano il sapore pagano delle opere tiepolesche. Ma il<br />
vecchio artista nel ’69 ricevé l’incarico di affrescare l’abside di S. Ildefonso ad<br />
Aranjuez e presentò subito i disegni preparatori; la morte lo colse al lavoro<br />
davanti al cavalletto dove stava probabilmente dando gli ultimi ritocchi al “S.<br />
Pasquale Baylon” che venne poi inciso dal figlio Giandomenico dalla cui opera<br />
grafica trarrà preziosi insegnamenti il Goya.<br />
593
Filippo Fontana nel 1769 si stabilisce a Valencia dove si dedica a pitture<br />
prospettiche e a scenografie teatrali, affresca una galleria nella casa del conte di<br />
Sirat, lavora alla chiesa di S. Lorenzo e a quella di S. Bartolomeo; a Castellon de la<br />
Plana dipinge la facciata del convento di S. <strong>Francesco</strong>, opera distrutta da un<br />
uragano nel 1788. Nel ’75 è nominato membro della reale accademia di S. Carlo, è<br />
autore della porta di Rusafa, nel ’86 passa a Madrid al servizio del principe delle<br />
Asturie (il futuro Carlo IV) per il quale costruisce un grandioso presepio (’88); per<br />
l’incoronazione del re allestisce gli ornamenti scultorei ordinati dal marchese di<br />
Cogolludo davanti alla sua dimora madrilena.<br />
Paolo Sirtori, pittore di prospettive ad affresco e a tempera, in Spagna indicato<br />
come Pablo Romano, lavora a Murcia dal 1767 al ’92; dipinge quadri d’altare nelle<br />
chiese di Murcia e di Cartagena. Tra le sue opere perdute vanno ricordate le<br />
decorazioni dei palazzi di Beniel e del Bailo Avellaneda, nonché del palazzo<br />
episcopale di Murcia, costruito da Baldassarre Canestro.<br />
Ricordiamo infine operosi in Spagna nel secolo <strong>XVII</strong>I Caterina Amigoni,<br />
miniaturista, celebre come ritrattista su medaglioni, Mariano Nanni che disegnò<br />
quattordici cartoni per la manifattura dei tappeti destinati alla chiesa di S. Barbara<br />
a Madrid, Alessandro Mari, autore di tele con soggetti storici, e inoltre Gertrude<br />
Bertoni, Gennaro Boltri, Domenico e Gaetano Brandi, Giuseppe Chiesa, Bettino<br />
Cignaroli, Luigi Eusebi, Pier Liberi, Giacomo Nanni, Pellegrino Parodi, <strong>Francesco</strong><br />
Pavona, <strong>Francesco</strong> Peloni.<br />
Tra il <strong>XVII</strong>I e il XIX secolo Ferdinando Brambilla lavorò all’Escuriale e ad Aranjuez.<br />
In Portogallo troviamo nel secolo <strong>XVII</strong> <strong>Francesco</strong> e Giulio Gentileschi, figli di<br />
Orazio. Giovanni Coli, in collaborazione con Filippo Gherardi dipinse a Roma un<br />
quadro rappresentante la Trinità per una chiesa di Lisbona.<br />
Nel secolo <strong>XVII</strong>I Giuseppe Antonio Landi, anche architetto, fu inviato dal re<br />
Giovanni V in Brasile dove lavorò specialmente nel Parà, a Belem.<br />
Agostino Chiozza dimorava a Lisbona nel 1714.<br />
Vincenzo Baccarelli andò in Portogallo al principio del secolo ed esercitò una certa<br />
influenza sui pittori locali; opera sua firmata è la decorazione della volta nella<br />
“portaria” del convento presso la chiesa di S. Vicente de Fora a Lisbona; allievo a<br />
Roma di Pietro da Cortona, introdusse l’arte del maestro nelle decorazioni.<br />
Agostino Binetti, chiamato Pedro Binhete, lavorò a Lisbona nella prima metà del<br />
secolo.<br />
Carlo Antonio Leoni fu a Lisbona durante i regni di Giovanni V e di D. José I e vi<br />
dipinse numerosi ritratti.<br />
Giuseppe Palmieri ricevé dalla corte varie ordinazioni di quadri di cacce.<br />
<strong>Francesco</strong> Pavona nel 1735 andò a Lisbona dove svolse la propria attività.<br />
594
Pietro Guarienti, storico, antiquario, fu a Lisbona tra il 1730 e il ’36 svolgendo una<br />
varia attività di pittore, catalogatore e restauratore di dipinti.<br />
Tommaso Bellotto, chiamato Bellot, lavorò a Lisbona verso la metà del secolo.<br />
Pellegrino Parodi andò a Lisbona alla metà del secolo e vi dipinse numerosi ritratti<br />
e quadri religiosi.<br />
<strong>Francesco</strong> Foschini fu chiamato a Lisbona nel 1771 dal marchese di Pombal e<br />
diresse la manifattura reale della maiolica.<br />
Giuseppe Carlo Binetti, figlio di Agostino, lavorò in collaborazione con l’Azzolini<br />
<strong>nei</strong> teatri reali; nel ’81 tradusse in portoghese e pubblicò le “Regras das cinco<br />
ordens de arquitectura” del Vignola.<br />
Bernardino Gagliardini andò nel 1785 a Lisbona ove dipinse i ritratti di molti<br />
membri della famiglia reale e di varie personalità politiche; per la “camara<br />
ecclesiastica” di quella città dipinse una serie di quadri rappresentanti i patriarchi<br />
portoghesi.<br />
Giuseppe Trono nel 1785 andò a Lisbona dove dipinse molti quadri ed eseguì<br />
copie di miniature degli antichi maestri; ricordiamo il suo quadro dell’altare<br />
maggiore nella chiesa della Concezione, annessa alla scuola militare di Lisbona.<br />
Infine ricordiamo Giovanni Paolo Bibiena, Biagio Chicchi, Giuseppe del Cusco,<br />
<strong>Francesco</strong> Fabbri, Domenico Francia, Giovanni Odazzi, Giacomo Zoboli.<br />
Inviarono tele per committenti portoghesi <strong>Francesco</strong> Trevisani che per il convento<br />
di Mafra eseguì la tela dell’altare maggiore”Madonna con Bambino e S. Ambrogio”,<br />
e Corrado Giaquinto che fece un quadro raffigurante “La discesa dello Spirito<br />
Santo” per la cappella di S. Rocco a Lisbona (oggi nel museo d’arte della città).<br />
Nei paesi dell’America Latina svolsero attività i pittori Gianfrancesco Muzi in<br />
Brasile e Petri in Cile (sec. <strong>XVII</strong>I).<br />
Nei paesi di lingua tedesca innumerevoli furono i pittori italiani chiamati ad<br />
affrescare interni di chiese e palazzi, a dipingere pale d’altare e ad eseguire<br />
ritratti.<br />
Giovan Pietro de Pomis con i suoi quadri a soggetto religioso si conquistò il nome<br />
di pittore della Controriforma; la tela dell’altare maggiore nella chiesa di S. Maria<br />
Ausiliatrice a Graz divenne l’archetipo della Madonna dispensatrice di grazie <strong>nei</strong><br />
paesi alpini; molte tele sono conservate nelle collezioni private, nel museo<br />
provinciale e in chiese di Graz.<br />
Filippo Ferma lavorò a Vienna dal 1601 al ’07.<br />
Agostino e Ferrante Decio dipinsero medaglioni in miniatura per Rodolfo II.<br />
Baccio del Bianco fece pitture nel palazzo Waldstein a Praga.<br />
595
Giovan Battista Canevale con Girolamo Mariani dipinse un “trionfo” per Rodolfo II<br />
(1606-’11), decorò il municipio del quartiere praghese Hradcany e le scuderie del<br />
castello, il nuovo palazzo del duca von Braunschweig nello stesso quartiere; fu<br />
rettore della congregazione degli Italiani a Praga; nel ’34 era ancora pittore di<br />
corte a Vienna.<br />
Cosmo Piazza girò a lungo <strong>nei</strong> paesi alpini dipingendo specialmente per le chiese<br />
dei cappuccini al cui ordine apparteneva; fece la pala dell’altare maggiore per la<br />
chiesa dell’ordine a Innsbruck (1606), passò insieme ad alcuni confratelli nel<br />
convento di Linz e vi dipinse varie tele; fece anche una pala d’altare per la chiesa<br />
di S. Egidio a Vienna.<br />
Giovanni Giacomo Terzano dipinse la pala dell’altare maggiore della chiesa<br />
conventuale di Neuberg (1610) e quella per la parrocchiale di Bruck sulla Mur<br />
(1647); i suoi quadri si distinguono per un’insolita vivezza di colore.<br />
Martino Fugo, dal 1612 a Vienna, dipinse un arco trionfale eretto in occasione<br />
dell’ingresso di Ferdinando II (1619).<br />
Giovanni Collet fu al servizio della corte di Innsbruck dal 1613.<br />
Nicolò Pellegrino lavorò nella villa di Hellbrun (1613) e più tardi a Vienna.<br />
Egidio Verbena fu a Graz nel 1613; non è nota l’attività da lui svolta.<br />
<strong>Francesco</strong> Luchesi, al servizio della corte a Innsbruck, forse è l’autore degli<br />
affreschi nel nuovo Palazzo della città.<br />
Gasparo Della fu a Vienna tra il 1617 e il ’54, dipinse alcuni affreschi nel<br />
lazzaretto; nel ’36 fu alle dipendenze della corte e nel ’54 a quelle del principe di<br />
Liechtenstein (nessun lavoro è pervenuto).<br />
Margherita Caffi visse per qualche tempo, verso il 1620, alla corte di Innsbruck e<br />
dipinse ricercatissimi quadri di fiori.<br />
Arsenio Mascagni, frate, affrescò le volte e dipinse alcune pale d’altare nel duomo<br />
di Salisburgo dal 1622 al ’30; nella villa di Hellbrunn eseguì dei grandi affreschi<br />
con scene, introducendo in Austria il gusto delle prospettive; il convento di<br />
Nonnberg, le chiese di Hütten, Siezenheim, Mittersil, ecc. conservano suoi lavori.<br />
<strong>Francesco</strong> da Siena aiutò il Mascagni negli affreschi del duomo di Salisburgo; gli è<br />
attribuito il “ Martirio di S. Sebastiano” nella chiesa dei francescani della città.<br />
Ignazio Solari, figlio dell’architetto Santino, anch’egli aiuto del Mascagni nel<br />
duomo salisburghese, dipinse vari quadri, tra cui uno per il duomo e “Il<br />
Calvario”per la chiesa conventuale di S. Pietro (1632).<br />
Baldassarre Mitisini venne chiamato da Burgau (Germania) a Innsbruck per<br />
svolgere non precisati lavori(1624).<br />
Ilario Duvinio operò a Kufstein verso il 1625.<br />
596
Furono a Graz Paolo Mattie e Giovanni Antonio Ambrosio (questi fra il 1623 e il<br />
’34).<br />
Bartolomeo Spazio lavorò dal 1626 al ’28 nell’abbazia di Klosterneuburg.<br />
Mario Balassi accompagnò a Vienna il Piccolomini e ritrasse Ferdinando III.<br />
Nella stessa capitale lavorarono Giovanni Coli e Filippo Gherardi.<br />
Presso la corte di Innsbruck Elia Narici (Narizio) ritrasse vari membri della famiglia<br />
arciducale, intorno al 1626.<br />
Teofilo Turri, chiamato Polak dopo un soggiorno in Polonia, pittore di corte<br />
dell’arciduca Massimiliano, affrescò in parte la volta della chiesa di corte a<br />
Innsbruck (1626), dipinse la pala dell’altare maggiore nella chiesa dei serviti<br />
(1628) e la “Trinità” nella cupola della chiesa dei gesuiti (1632); lasciò traccia del<br />
suo passaggio a Salisburgo e a Mülln.<br />
Giovanni Ledenti, pittore, scenografo e ingegnere, a Vienna tra il 1626 e il ’46,<br />
svolse un’attività molto varia, dipinse scene di battaglia e prospettive, creò<br />
decorazioni teatrali.<br />
Giovan Battista Ghidoni entrò al servizio dei principi di Liechtenstein (1638) e per<br />
loro affrescò il castello di Eisgrub (1643), quello di Feldsberg e probabilmente la<br />
chiesa di questa cittadina; rimase in Austria fin oltre il ’50.<br />
Nel 1642 lavorò a Grafenegg il Bonvicini.<br />
Leonardo Fetz (Fezzi?) lavorò a Graz per il conte di Marsberg e divenne poi pittore<br />
di corte (1643), fornì pale d’altare al convento di Göss, ai padri cappuccini di<br />
Leibnitz e alla chiesa di S. Caterina a Laming; affrescò anche un soffitto nella<br />
parrocchia di Mariazell, dipinse tavole venatorie.<br />
Pier Liberi, detto il libertino, nel 1628 si recò a Costantinopoli, nel ’32 fu fatto<br />
prigioniero dai turchi a Mitilene e portato a Tunisi da cui riuscì a fuggire; dopo<br />
altre vicende guerresche si dedicò per sempre alla pittura, nel ’37 fu in Spagna,<br />
poi in Francia, dal ’43 si stabilì a Venezia donde in seguito si recò a Vienna; qui fu<br />
nominato pittore di corte.<br />
Lorenzo Lippi, pittore e poeta, fu ad Innsbruck nel 1648 al seguito di Claudia de’<br />
Medici, vedova dell’arciduca Leopoldo V; egli, riconoscente per essere stato<br />
nominato pittore di corte, le dedicò il suo poema “Il Malmantile riparato”.<br />
<strong>Francesco</strong> Caratti partecipò alla decorazione della cappella Cernin nella chiesa<br />
degli irlandesi a Praga.<br />
Carlo Carlone operò a Vienna dal 1648 al ’65.<br />
Giulio Quaglio il vecchio eseguì affreschi a Vienna, a Salisburgo e a Laibach.<br />
Carlo Dolci fu chiamato a Innsbruck per eseguire il ritratto della figlia di<br />
Ferdinando d’Austria.<br />
597
<strong>Francesco</strong> Montelatici, detto Cecco Bravo, lavorò ad Innsbruck dove morì nel<br />
1661.<br />
Guido Canalassi, detto Cagnacci, in un primo tempo spedì da Venezia i quadri che<br />
frequentemente gli venivano ordinati dall’Austria; solo tardi si decise a varcare le<br />
Alpi,ebbe il titolo di pittore di corte, morì a Vienna nel 1681.<br />
Carpoforo Tencala (o Tencalla) eseguì affreschi nella chiesa di Lambach (1659)<br />
con i quali introdusse in Austria il gusto per il dipinto su tutta la volta ponendo un<br />
freno all’invadenza degli stucchi; poi affrescò il soffitto della chiesa dei<br />
domenicani a Vienna e la sacrestia della chiesa di S. Croce nella Selva viennese;<br />
affrescò una ricca serie di scene mitologiche nel castello di Trautenfels (1670).<br />
<strong>Francesco</strong> Ferrari fu al servizio di Leopoldo I come pittore e scenografo.<br />
Giovanni Battista Colomba dipinse le volte del santuario di Mariazell (1660-’80);<br />
lavorò nel Joanneum a Graz e nella chiesa di S. Martino a Proleb (1668),più tardi si<br />
recò in Boemia (è spesso confuso con lo scultore omonimo).<br />
Eugenio Corradi decorò alcuni archi trionfali eretti in occasione dell’ingresso di<br />
Leopoldo I a Graz, adornò di pitture la carrozza di gala dell’abate di Admont<br />
(1660).<br />
<strong>Francesco</strong> Costanzo Catanio dipinse il ritratto dell’arciduca Leopoldo Guglielmo in<br />
veste di trionfatore.<br />
Giulio Benso fu a Vienna nel 1664 e lavorò per la nuova chiesa dell’abate di<br />
Schotten.<br />
<strong>Francesco</strong> Latiri fu nominato pittore di corte a Innsbruck nel 1665.<br />
Ludovico Ottavio Burnacini decorò vari palazzi di Vienna e dintorni, Giacomo e<br />
Marcantonio furono pittori di corte a Vienna verso il 1670.<br />
Antonio Biepo eseguì alcuni affreschi nel castello di Neudenstein in Carinzia<br />
(1667), Giovanni Dellero nella chiesa conventuale di Ardagger (1678).<br />
Matteo Managetta dipinse una tela per la chiesa dei francescani a Vienna (1671) e<br />
tre antipendi per la chiesa dell’ordine teutonico (1676); insegnò nell’accademia<br />
pittorica fondata da Leopoldo I.<br />
Nel 1681 Antonio Allio, nel ’89 Domenico Cetto e Giovanni <strong>Francesco</strong> Splendore<br />
svolsero attività a Vienna.<br />
Giovanni Carlone nel 1691 affrescò tre sale nel convento di S. Croce nella Selva<br />
viennese.<br />
Giovanni Maria Morandi visse per qualche anno alla corte di Vienna e ritrasse più<br />
volte l’imperatore,la famiglia imperiale e personaggi di corte; eseguì molti quadri<br />
per committenti tedeschi.<br />
Per Ferdinando, duca del Tirolo, eseguirono ritratti su medaglioni Giovan Battista<br />
Stefaneschi e Ippolito Galantini.<br />
598
In Germania fu più lenta l’opera di penetrazione della pittura barocca e meno<br />
richiesta nel secolo <strong>XVII</strong> l’attività dei pittori italiani; le regioni meridionali e le città<br />
rette da principi-vescovi furono le prime ad accoglierla.<br />
Giovanni e Teodoro Rossa furono attivi a Bamberga; il primo, pittore di stemmi,<br />
tra il 1600 e il ’24, il secondo tra il ’25 e il ’36.<br />
<strong>Francesco</strong> Rugia dal 1631 al ’32 lavorò a Düsseldorf per il conte palatino; nel ’35<br />
fu a Colonia.<br />
Innocenzo Domenico Baratti affrescò la chiesa e il convento di Vornbach,e lavorò a<br />
Burghausen (1637).<br />
Pier Liberi, in Germania nel 1652, dipinse molti quadri e pale d’altare a Würzburg,<br />
Schleissheim, Dresda, e nel castello di Pommersfelden; qui e a Gaibach operò il<br />
figlio Marco per il principe L. von Schönborn.<br />
<strong>Francesco</strong> Paletta, pittore nella manifattura di ceramiche di Hannover verso il<br />
1658, ebbe l’incarico di insegnare disegno alla principessa elettrice.<br />
Giacomo Scianzi decorò la cappella di S. Elisabetta nel duomo di Breslavia e<br />
partecipò alla decorazione pittorica dell’abbazia di Fürstenfeld-Brück.<br />
Giovan Gaspare Patenti fu attivo ad Amburgo dove morì nel 1682; suo figlio<br />
Mattia, pittore e incisore come il padre, nacque e operò nella stessa città.<br />
Stefano Cadani nel 1669 eseguì il quadro “L’Ascensione” per la chiesa di Eisenberg<br />
presso Dresda.<br />
Carlo Antonio Bussi lavorò soprattutto a Passavia dove decorò con alcuni affreschi<br />
il duomo, il palazzo vescovile, la chiesa di S. Stefano e la cappella di corte; al<br />
duomo lavorò anche Antonio Galiardi.<br />
Giuseppe Antonio Caccioli fu chiamato in Germania dal principe del Baden al cui<br />
servizio rimase per alcuni anni.<br />
Antonio Domenico Triva, allievo del Guercino, fu a Monaco dal 1665 e nel ’70 fu<br />
nominato pittore di corte; decorò di affreschi la camera papale della Residenza e<br />
alcuni soffitti del castello di Nymphenburg; nel ’80 dipinse tre pale d’altare per la<br />
chiesa parrocchiale di Landsberg, una per la chiesa conventuale di Beihartig e<br />
un’altra per la chiesa delle orsoline di Landshut; altri suoi quadri sono a<br />
Schleissheim e a Dresda.<br />
Giovanni <strong>Francesco</strong> Rosa lavorò a Monaco dal 1674 al 1701 come pittore di corte,<br />
decorò l’appartamento reale e il salone dei cavalieri nella Residenza.<br />
Pietro Bellotti fu chiamato presso la corte di Monaco dalla principessa Enrichetta<br />
Adelaide di Savoia; il duca Ferdinando gli affidò la direzione delle sue collezioni<br />
artistiche.<br />
Isabella Maria del Pozzo dal 1674 fu pittrice di corte presso la stessa principessa.<br />
599
Carpoforo Tencala (o Tencalla) dipinse nella navata maggiore del duomo di<br />
Passavia; nel 1687 Giovanni Splendore faceva un contratto per affreschi nello<br />
stesso duomo; vi lavorò anche Andrea Solari che poi dipinse nella chiesa di<br />
Vilshofen e quindi si recò in Francia e in Olanda; in questa stessa chiesa e poi nel<br />
convento di Schlierbach fece affreschi Giovanni Carlone; Jacopo Antonio Maza,<br />
dopo avere collaborato con questo pittore nella chiesa di Vilshofen, dipinse nella<br />
cupola “L’incoronazione della Vergine”.<br />
Antonio Maria Bernardi e il fratello Fabrizio, quadraturisti, appartengono a quella<br />
schiera di pittori decoratori che si imposero in Germania e in Austria con la loro<br />
genialità, potendo svolgere la loro attività in molti castelli e palazzi principeschi<br />
sorti alla fine del secolo <strong>XVII</strong> e all’inizio del <strong>XVII</strong>I e nelle grandi chiese delle regioni<br />
occidentali e meridionali. Importante fu la loro opera per lo sviluppo della pittura<br />
di prospettive architettoniche; prima al servizio dell’elettore di Baviera, Antonio<br />
Maria lavorò a Schleissheim e a Lutheim (1685), poi <strong>nei</strong> castelli di Düsseldorf e di<br />
Bensberg per l’elettore Giovanni Guglielmo; affrescò nel convento delle<br />
carmelitane, nella chiesa delle celestine e nella sacrestia della cappella di corte a<br />
Düsseldorf con Luca Bonaveri; insieme con A. Fabri decorò la chiesa di S. Andrea,<br />
infine eseguì le decorazioni della cappella della Concordia nella fortezza di<br />
Friedrichsburg.<br />
Tommaso Giusti, pittore, architetto e scenografo, si recò ad Hannover nel 1689 e<br />
nel ’93 divenne pittore di corte; fu chiamato più volte a Berlino per svolgervi la<br />
sua opera di scenografo e decoratore; decorò di pitture i teatri di Hannover e<br />
Göhrde; qui nel 1707 affrescò anche il castello di caccia; decorò infine di affreschi<br />
i castelli di Herrenhausen, di Linden e di Leine.<br />
Martino Zendralli, pittore di corte a Monaco nel 1688, vi lavorò fino al 1745.<br />
<strong>Francesco</strong> Antonio Giorgioli, dopo avere lavorato in Polonia, nel 1691 si recò ad<br />
Eisenberg, in Germania, con l’amico stuccatore Girolamo Rossi, al servizio del<br />
duca che aveva iniziato la costruzione di un castello e di una chiesa in stile<br />
italiano; nello stesso anno fu a Coburgo e a Weimar, nel ’94 nel cantone di S.<br />
Gallo (Svizzera), a Pfäfers, con tre stuccatori, G. Pietro Neurone, Giovanni Bettini e<br />
Antonio Peri; eseguì tre grandi affreschi nel castello di Willisau presso Lucerna e<br />
nel castello di Heidegg; lavorò nella chiesa di Muri, in quella di Baden, nel castello<br />
di Sch<strong>nei</strong>singer in Argovia, nell’abbazia di S. Meinardo a Etzel (dove fece stucchi il<br />
Neurone); fu poi con il figlio a S. Blasien (chiesa conventuale) nello Schwazwald; a<br />
Rheinau decorò la chiesa abbaziale ( con il figlio) nella navata, nel transetto e nella<br />
volta del coro, quindi fu nel Baden dove lavorò nell’abbazia di S. Trudpert, e a<br />
Karlsruhe (nella cappella del castello); infine con il Neurone decorò il coro di S.<br />
Nicola a Herznach in Argovia.<br />
600
Lazzaro Maria Sanguinetti lavorò in Boemia e in varie regioni della Germania; tra il<br />
1692 e il ’95 dipinse nel castello di Schlackenwerth, nel 1702 era primo pittore<br />
del duca Leopoldo di Luneville; due anni prima aveva dipinto nella cappella del<br />
castello presso Bonn, nel ’12 eseguì cinque soffitti nel castello di Philippshug<br />
presso Ehrenbreitstein ed altre opere ancora; si conservano di lui alcuni affreschi<br />
nel castello di Weilburg e una Deposizione (1728) presso Wittingau, nonché delle<br />
pitture firmate nella chiesa presso Löhnberg.<br />
Carlo Felice Guissoni lavorò a Monaco dove divenne pittore di corte nel 1692.<br />
Paolo Pagani dipinse in Germania e in Moravia quadri per molte chiese, nel 1692<br />
affrescò la cupola e la volta della chiesa di Welchrad e vi fece anche una pala<br />
d’altare.<br />
Giovanni Antonio Castelli, pittore e stuccatore, nel 1694 eseguì affreschi nella<br />
chiesa delle salesiane ad Amberg.<br />
Carlo e Luca Bonaveri lavorarono dal 1694 per molti anni presso l’elettore<br />
Giovanni Guglielmo a Düsseldorf; Luca affrescò nel collegio dei gesuiti a<br />
Coblenza.<br />
Ricordiamo che lo stesso elettore chiamò a Julich e a Brieg molti artisti italiani, gli<br />
architetti Domenico Martinelli e Antonio Riva, lo scultore Gabriele de Grupello, i<br />
pittori Domenico Zanetti, Antonio Milanese, Antonio Maria Bernardi, Antonio<br />
Bellucci (vedi avanti); egli aveva come segretario il Riparini, sposo di Maria Luisa di<br />
Toscana.<br />
Nella Residenza di Coburgo lavorarono tra il 1695 e il’98 Ludovico Castelli e<br />
Bartolomeo Luchese.<br />
Nel 1696 Domenico Cadorati lavorò per l’elettore Federico II a Berlino insieme con<br />
Giovan Battista Bangi, miniaturista, “con molti altri italiani, pagati molto bene”-<br />
così riferisce in un suo diario il patrizio Alessandro Bichi in viaggio nella città<br />
tedesca.<br />
Tra il secolo <strong>XVII</strong> e il <strong>XVII</strong>I troviamo <strong>Francesco</strong> Antonio Meloni, anche incisore,<br />
morto a Vienna e Paolo Antonio Alboni, pittore di paesaggi decorativi alla corte<br />
viennese; Giuseppe Artaria lavorò presso l’elettore di Colonia.<br />
Ricordiamo l’opera di alcuni pittori italiani del secolo <strong>XVII</strong> e dei primi decenni del<br />
successivo per committenti tedeschi e austriaci:<br />
Annibale Carracci dipinse il ritratto del cardinale Khlesl conservato nel duomo di<br />
S. Stefano a Vienna (1628). Pietro da Cortona eseguì quadri per la Germania.<br />
Filippo Lauri inviò da Roma alcune tele raffiguranti la Madonna; altre ne inviò da<br />
Bologna Andrea Camassei. Giovanni Lanfranco dipinse una pala d’altare per la<br />
chiesa dei domenicani di Augusta, ordinatagli dalla famiglia Függer, lavorò anche<br />
601
per la Francia e per la Svizzera. Luca Ferrari, detto Luca da Reggio, allievo di G.<br />
Reni, dipinse una pala d’altare per il duomo di Bamberga.<br />
Giuseppe Alberti rifiutò sempre, nonostante reiterati inviti, di recarsi in Austria; da<br />
Venezia e Cavalese ove risiedeva inviò specialmente nel Tirolo diverse sue opere;<br />
grande è l’influsso da lui esercitato sull’arte austriaca, poiché molti pittori<br />
austriaci del primo Settecento furono suoi allievi. Carlo Cignani ebbe dalla<br />
Germania per la sua fama molte commissioni: alcuni quadri allegorici o di<br />
soggetto biblico che dipinse per il castello di Würzburg e alcuni quadri che gli<br />
commise l’elettore di Baviera Giovanni Guglielmo (ora nella chiesa dei teatini a<br />
Monaco e nelle gallerie di Augusta e Monaco); sette tele sono nel castello di<br />
Weissenstein a Pommersfelden. <strong>Francesco</strong> Solimena dipinse tre quadri per questo<br />
castello, commissionati dagli Schönborn. Antonio Zanchi dipinse due pale d’altare<br />
per la chiesa dei teatini a Monaco. Antonio Balestra lavorò molto per l’elettore di<br />
Düsseldorf e per i principi Schönborn che gli ordinarono molti quadri per i castelli<br />
di Gaibach e Pommersfelden. Baldassarre Franceschini dipinse un quadro per il<br />
castello di Wilhelmshöhe presso Cassel. Gregorio Lazzarini forse non fu mai in<br />
Germania ma inviò a principi tedeschi suoi quadri quali “Ercole e Onfale” della<br />
galleria di Cassel e l’altro con lo stesso soggetto nella galleria degli Schönborn nel<br />
castello di Pommersfelden. Giovanni Ambrogio Mainardi dipinse molti quadri per<br />
il duomo di Breslavia ma non è sicuro se vi si sia recato personalmente. Giuseppe<br />
Chiari eseguì in Italia diversi quadri per principi tedeschi. Giuseppe Maria Crespi<br />
lavorò più volte per Filippo d’Assia Darmstadt e nel 1729 divenne suo pittore di<br />
corte; opere sue sono a Dresda e a Darmstadt; lavorò anche per l’Austria e per<br />
l’Ungheria. Giovan Battista Pittoni inviò opere sue a Dresda, nel Württemberg e a<br />
Colonia; due suoi quadri, eseguiti per l’elettore di Sassonia, sono nella galleria di<br />
Dresda. Sebastiano Conca dipinse molti quadri per il castello di Pommersfelden<br />
per incarico dei signori von Schönborn; lavorò anche per il vescovo di Colonia.<br />
Giovanni Conca dipinse due pale d’altare per il nuovo duomo di Wurzburg.<br />
Benedetto Luti lavorò per Lotario <strong>Francesco</strong> Schönborn, elettore di Magonza, che<br />
lo nominò nel 1712 cavaliere dell’impero; eseguì quadri per committenti tedeschi,<br />
per l’elettore di Dusseldorf; sue opere sono a Pommersfelden, Schleissheim,<br />
Burghausen, Cassel, Dresda. <strong>Francesco</strong> Trevisani, detto il Romano, non risulta che<br />
sia stato in Germania, molti suoi quadri sono nel castello di Pommersfelden, altri<br />
nelle gallerie di Dresda, Düsseldorf, Königsberg, Schleissheim, Postdam e Colonia.<br />
Giovan Battista Piazzetta ebbe alcune commissioni per Colonia dal principe<br />
elettore Clemente Augusto, pale d’altare come ”L’Assunzione” per l’ordine<br />
teutonico di Francoforte, un’”Adorazione dei pastori” per l’abbazia di<br />
Münsterscharzach. Alcune tele di Angelo Trevisani sono nel castello di<br />
602
Pommersfelden. Bartolomeo Letterini nel 1731 dipinse una pala d’altare per la<br />
chiesa di Partenkirchen.<br />
Riprendiamo ora l’elenco dei pittori italiani attivi <strong>nei</strong> paesi di lingua tedesca:<br />
Andrea Pozzo fu chiamato nel 1703 dall’imperatore Leopoldo cui aveva dedicato il<br />
trattato “Prospectiva pictorum et architectorum” (1693-1702) che ebbe molte<br />
ristampe e fu la somma dell’illusionismo barocco; a Vienna affrescò la volta della<br />
biblioteca e il salone del palazzo Liechtenstein; altri affreschi fece nella chiesa dei<br />
gesuiti (finta cupola),in cui progettò un altare, e nelle chiese di S. Anna e di S.<br />
Pietro; gli affreschi nella chiesa di S. <strong>Francesco</strong> Saverio a Trencin sono stati<br />
eseguiti su suoi disegni. Egli dipinse anche una pala d’altare per la chiesa di S.<br />
Martino a Bamberga e una finta cupola a Triefenstein; ebbe il gusto della<br />
definizione illusoria dello spazio e creò essenziali punti di riferimento per l’arte<br />
settecentesca dei paesi tedeschi, influendo su Martino e Bartolomeo Altomonte,su<br />
J. M. Rottmayr, su A. F. Maulpertsh,ecc.<br />
Martino Altomonte (chiamato Hohenberg), nato a Napoli nel 1657, fu dapprima al<br />
servizio della corte di Polonia; nel 1703 fu chiamato dall’imperatore a Vienna,ove<br />
decorò il palazzo del Belvedere, decorò il palazzo Mirabell a Salisburgo, eseguì<br />
pale d’altare e affreschi per conventi, diffondendo il gusto barocco italiano in una<br />
accezione facile e brillante. A lui e al Solimena deve molto l’accademia di pittura,<br />
fondata da P. Strudel, che ne subisce l’influsso e vi si conforma anche lo stile di D.<br />
Graun.<br />
Carlo Ludovico Castelli, dopo avere lavorato nel castello di Weimar e nella cappella<br />
del convento di S. Michele a Bamberga, affrescò nel 1703 la sala da pranzo e<br />
quella da concerto del castello di Glüksburg, la residenza e la cappella del castello<br />
di Saafeld, nel ’05 alcune parti del castello di Eisenach con Giovanni Pietro<br />
Castelli, nel ’06 il castello di Meiningen, nel ’11 il casino di Altemburg con la<br />
collaborazione di Giovanni Domenico Castelli; più tardi risulta attivo in Assia e a<br />
Waldeck; dopo avere affrescato l’orangerie a Kassel,nel ’21 decorò l’appartamento<br />
al primo piano, cappella e banco padronale, ad Arolsen, e la grande sala del<br />
castello di Friedrichstein a Bad Wildungen; dal ’27 le scale e la nuova sala del<br />
consiglio nel municipio di Aquisgrana.<br />
Luca Antonio Colombo (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), per ventiquattro anni pittore di corte del<br />
duca di Würtemberg, affrescò la chiesa dei benedettini di Zwiefalten, il convento<br />
dei cistercensi di Schöntal e il Deutschaus di Heilbronn; alcune sale dei castelli di<br />
Ludwigsburg, Biberich, Ettlingen, il convento delle suore di Frauenalb, la chiesa di<br />
Salem, i pennacchi della cupola del duomo di Fulda; altre sue opere sono le<br />
pitture del salone nel castello Favorite di Magonza e della cupola del Römer di<br />
603
Francoforte; qui dipinse anche la volta del salone rotondo del palazzo Thurn und<br />
Taxis; lavorò anche a Kassel, Vienna, Pest e Praga.<br />
Marco Antonio Chiarini, anche architetto, chiamato a Vienna nel 1697 da Eugenio<br />
di Savoia, dipinse con il Lanzani la sala rossa del palazzo d’inverno del principe;<br />
negli anni 1710-’14 e tra il ’15 e il ’26 soggiornò ancora a Vienna, affrescò con<br />
Giuseppe Gambarini la sala azzurra nel palazzo d’inverno e la sala lunga<br />
(biblioteca), la sala dei marmi nel Belvedere inferiore, avendo come collaboratore<br />
Carlo Innocenzo Carlone e Martino Altomonte per le figure ne “L’apoteosi del<br />
principe”; alla grandiosa impresa collaborò anche il genero e discepolo Gaetano<br />
Fanti che poi, cessata l’attività del suocero, rimase solo nell’esecuzione. Altri<br />
lavori del Chiarini furono gli affreschi della sala terrena del palazzo Trautson (con<br />
il Fanti), i grandiosi affreschi nella volta dello scalone, della galleria e della sala<br />
ovale di palazzo Daun-Kinski (pure con il Fanti); le figure furono eseguite da Carlo<br />
Innocenzo Carlone.<br />
Di Andrea Lanzani, stabilitosi a Vienna nel 1697, collaboratore del Chiarini, due<br />
tele sono conservate nel castello di Pommersfelden (1706).<br />
Gaetano Fanti ebbe come primo incarico a Vienna la quadratura del presbiterio<br />
della chiesa di S. Paolo, eseguita con Carlo Innocenzo Carlone. Oltre che<br />
dall’imperatore Carlo VI, dall’arcivescovo di Salisburgo e dai principali monasteri,<br />
ricevette commissioni dalla più alta nobiltà dei paesi asburgici; il diretto influsso<br />
delle quadrature del Chiarini si scorge nelle pitture della volta della sala eroica del<br />
Theatermuseum a Vienna che il Fanti eseguì con J. van Schuppen durante le estati<br />
del 1728 e del ’29. Negli anni ’26-’31 creò le quadrature nella chiesa di S. Carlo a<br />
Vienna, mentre nel ’36 terminò le finte volte a cupola degli oratori; nel ’29<br />
insieme con il Rottmayr affrescò la volta del presbiterio nella chiesa del convento<br />
di Klosterneuburg; nel ’31 iniziò l’intensa attività del Fanti nell’abbazia di Melk,<br />
con affreschi eseguiti insieme al Troger. Al ’34 risale l’esecuzione del complesso<br />
decorativo del salone del parlamento moravo a Brno, commissionata a lui e al<br />
Gran dal principe Kaunitz; le ultime quadrature del pittore si trovano nella chiesa<br />
dei gesuiti a Györ in Ungheria (’44-’47). Fra le opere andate perdute ricordiamo la<br />
volta dello scalone e la cappella decorate con Bartolomeo Altomonte, del castello<br />
Mirabell a Salisburgo per l’arcivescovo Harrach (’25), il salone per Carlo Vi nel<br />
castello imperiale di Vienna dove affrescò anche una sala in occasione del<br />
matrimonio di Maria Teresa con <strong>Francesco</strong> di Lorena (’36), la palazzina, già<br />
Harrach, a Vienna, dove il Fanti decorò due stanze e un salone nel ’29-’30 e un<br />
altro nel ’37.<br />
Il figlio Vincenzo lavorò in Boemia, Austria e Germania; collaborò all’esecuzione<br />
degli affreschi di Melk; come successore del padre nel ’60 fu nominato direttore<br />
604
della galleria Liechtenstein, fu al servizio come pittore di questa famiglia; le fonti<br />
riferiscono di dipinti nel presbiterio della chiesa di Eisgrub e di alcuni quadri per il<br />
castello; nel ’72 Vincenzo ricevette il titolo di consigliere imperiale e fu maestro di<br />
disegno della famiglia dell’imperatore.<br />
Giovanni Segala decorò l’interno del castello di Linden presso Herrenhausen.<br />
Giuseppe Roli fu pittore e intagliatore di corte del principe del Baden.<br />
Ferrante Amendola lavorò particolarmente per la corte di Baviera.<br />
Ulrico Righi operò a Magonza.<br />
Sebastiano Ricci fu a Schönbrunn tra il 1701 e il ’03.<br />
Raimondo Mancini fu pittore di corte del margravio Ludovico Guglielmo I del<br />
Baden, lavorò anche in Austria.<br />
Elia Galli, attivo ad Amburgo negli ultimi decenni del Seicento, pittore di ritratti e<br />
composizioni con figure, intorno al 1711 fu pittore di corte del duca di Holstein-<br />
Gottorp, lavorò <strong>nei</strong> castelli di Gottorp e Husum.<br />
Giovanni <strong>Francesco</strong> Marchini affrescò la volta del duomo di S. Martino a Bamberga<br />
(1702), lavorò come pittore di corte a Magonza tra il 1721 e il ’22 e quindi come<br />
pittore della famiglia Schönborn affrescò la cappella di S. Valentino di<br />
Unterleiterbach e le chiese parrocchiali di Walldürn (1723-’24) e di Wiesentheid<br />
(’28); decorò poi la facciata e l’interno del castello di Bruchsal e il castello<br />
Weissenstein a Pommersfelden (’17), nel ’30 decorò di pitture la cupola della<br />
cappella di S. Croce nel mausoleo degli Schönborn di Wiesentheid.<br />
Sebastiano Bombelli a Innsbruck lavorò per l’arciduca Giuseppe, a Vienna ritrasse<br />
la famiglia dell’imperatore Leopoldo; fu pittore di corte a Monaco, dal 1705 al ’11<br />
fece i ritratti di molti principi tedeschi, lavorò per i duchi di Brunswick e di<br />
Lüneburg.<br />
Antonio Maria Beduzzi, dal 1708 ingegnere teatrale alla corte di Vienna, curò<br />
l’allestimento del “castrum doloris” di Giuseppe I; suo capolavoro è la decorazione<br />
ad affresco della sala maggiore del Landhaus di Vienna (1710), così come il<br />
soffitto della sacrestia dell’abbazia di Melk.<br />
Antonio Bellucci fu pittore di corte a Vienna, protetto da Giuseppe I e Carlo VI,<br />
dipinse nella cappella di Feldsberg, fece lavori in dieci sale del palazzo<br />
Liechtenstein; il principe elettore Giovanni Guglielmo lo chiamò a Düsseldorf;<br />
dopo essere stato a Londra, nel 1716 ritornò in Germania, decorò a Bensberg la<br />
galleria del castello; dipinse molti quadri per principi tedeschi; se ne conservano<br />
nelle gallerie di Augusta, Monaco, Schleissheim, Norimberga, Pommersfelden.<br />
Carlo Innocenzo Carlone, fratello dello stuccatore Diego, fu attivo in Austria dal<br />
1710 al ’37; dipinse a Linz una pala d’altare nella chiesa dei carmelitani e affrescò<br />
con <strong>Francesco</strong> Massenta la sala del consiglio; con lo stesso eseguì affreschi nella<br />
605
chiesa della Trinità a Paura presso Lambach; lo troviamo poi come frescante nella<br />
chiesa dei benedettini a Lambach, nella villa imperiale a Kremsmünster, nella<br />
chiesa di S. <strong>Francesco</strong> di Paola a Leopoldstadt, nella parrocchiale di Gross-<br />
Sieghartsee, nella cappella del castello di Schlosshoff, nel castello di corte a<br />
Schöneberg, nella villa imperiale di Helzendorff; a Vienna lavorò nel palazzo del<br />
Belvedere inferiore con il Chiarini e con lo stesso nel palazzo Daun-Kinski, nel<br />
presbiterio della chiesa di S. Paolo con il Fanti; eseguì il quadro d’altare<br />
nella chiesa dell’ospedale spagnolo e poi quelli della chiesa dei francescani a<br />
Leopoldstadt e della parrocchiale di Kirchberg. A Breslavia affrescò una cappella<br />
nella cattedrale e molti lavori fece nelle sale del castello di corte; a Praga dipinse<br />
lo scalone e due sale nel palazzo dei conti Gallas, lavorò anche a Lubiana e<br />
dipinse due pale d’altare per l’abbazia di Einsiedeln in Svizzera; in Germania<br />
lavorò per il duca di Würtemberg, per i principi elettori di Colonia, di Treviri e<br />
della Baviera; a Passavia affrescò nel palazzo di corte, eseguì una pala d’altare<br />
nella chiesa dei gesuiti e vari dipinti <strong>nei</strong> dintorni della città; a Bonn suoi affreschi<br />
sono nelle Stiegen Hauses e nel palazzo dell’università, ad Heinsheim nel castello<br />
di corte, a Ludwigsburg nella chiesa di corte e nel castello (con quadri e pale<br />
d’altare); nella residenza di corte a Stoccarda, nella sala e nella cappella del<br />
palazzo del margravio di Ansbach, nel palazzo dell’elettore di Colonia a Brühl (lo<br />
scalone, due sale e la cappella); nella collegiata di Weingarten si conservano due<br />
pale d’altare.<br />
Tutta l’opera del Carlone è volta a glorificare, tramite complessi apparati<br />
allegorici, le virtù dei suoi protettori.<br />
Giovan Pietro Giorgioli, figlio di <strong>Francesco</strong> Antonio, nel 1712 lavorò a S. Trudpert,<br />
nel ’14 in Aub (Alta Franconia) con un affresco nella chiesa parrocchiale, nel ’17 a<br />
Karlsruhe con affreschi nella chiesa del castello, nel ’21 a Säckingen con le pitture<br />
nella Stiftskirche di S. Fridolin.<br />
Quirino Antonio Giorgioli, altro figlio di <strong>Francesco</strong> Antonio, nel 1725 affrescò a<br />
Mannheim la cupola della chiesa del convento delle agostiniane.<br />
Bartolomeo Altomonte operò prevalentemente in Austria, spesso in collaborazione<br />
col padre Martino; ricordiamo di lui gli affreschi nel convento di S. Florian a Linz.<br />
Ippolito Sconzani lavorò con Bartolomeo Altomonte come quadraturista; decorò la<br />
chiesa del convento di Melk e due soffitti nel convento di S. Florian.<br />
Antonio Tassi,quadraturista, con lo stesso Altomonte,lavorò nella<br />
Heiligenkreuzerhof di Vienna, nella chiesa dei domenicani a S. Polten, nel<br />
convento di S. Florian, ecc.<br />
Giovanni Carlone dipinse nel monastero di Schlierbach (Alta Austria).<br />
606
Ferdinando, <strong>Francesco</strong> e Giuseppe Galli Bibiena furono a Vienna nel 1712 come<br />
decoratori teatrali, oltre che scenografi. Quest’ultimo decorò il catafalco<br />
dell’imperatrice Eleonora nella chiesa di S. Agostino, fu poi a Dresda dove decorò<br />
il teatro dell’Opera e lavorò in seguito a Monaco, Praga, Linz, Stoccarda e Berlino;<br />
con il figlio Carlo, al servizio del margravio Federico di Bayreuth,decorò il teatro di<br />
corte.<br />
Antonio Galli Bibiena eseguì la decorazione pittorica a finta architettura nella<br />
chiesa della Trinità a Bratislava e decorò esternamente il palazzo municipale<br />
(1717); lavorò anche nel teatro di Vienna.<br />
Alessandro Galli Bibiena fu pittore e architetto dell’elettore palatino a Mannheim.<br />
Carlo, chiamato nel 1753 dall’elettore di Baviera, decorò il nuovo teatro di<br />
Monaco, e poi fu a Berlino, chiamato da Federico II.<br />
Giovanni Antonio Pellegrini a Düsseldorf nel 1713 ebbe l’incarico dall’elettore<br />
palatino di decorare alcune sale del castello di Bensberg, nel ’16 ad Hannover<br />
dipinse la pala d’altare della chiesa di S. Clemente; nel ’24 fu a Würzburg e per il<br />
principe Schönborn dipinse nel castello di Pommersfelden e in quello di<br />
Schleissheim; nel ’25 lo troviamo a Dresda, quindi a Vienna dove rimase fino al<br />
’30 e dove dipinse nella chiesa di S. Carlo e nella cupola della chiesa dei salesiani ;<br />
nel ’37 decorò di affreschi il castello di Mannheim; dipinse pale d’altare per la<br />
chiesa di corte di Dresda e per le chiese di Fussen, Frankenthal e Fussgonheim;<br />
altri suoi dipinti sono nella residenza di Würzburg oltre che in molte gallerie<br />
tedesche.<br />
Jacopo Amigoni, pittore e incisore, lavorò in Baviera dal 1717 al ’27 per il principe<br />
elettore; quadri suoi si trovano a Monaco, nella Frauenkirche e nel palazzo della<br />
Residenza; eseguì affreschi (un soffitto) a Nymphenburg, nelle abbazie di<br />
Benediktebeuern (la cupola della cappella di S. Benedetto) e di Ottobeuren, nel<br />
castello di Schleissheim; altri suoi dipinti si conservano ad Augusta, Francoforte,<br />
Braunschweig e in numerose collezioni pubbliche e private tedesche; eseguì i<br />
ritratti dell’imperatore di Germania e d’Austria, e dello zar di Russia.<br />
Gaspare Diziani, chiamato in Sassonia da Federico Augusto II intorno al 1717,<br />
dipinse alcune pale d’altare per la chiesa di Dresda, trascorse alcuni anni presso<br />
quella corte; nella Residenza di Monaco vi sono di lui quattro sovrapporte.<br />
Giovan Battista Grone nel 1719 fu presso lo stesso sovrano; nel ’20 divenne<br />
scenografo di corte, decorò di affreschi il soffitto del teatro dell’opera e la cupola<br />
della Frauenkirche a Dresda (1734), il castello di caccia di Moritzburg e la cappella<br />
del castello di Hubertusburg; eseguì una pala d’altare per la chiesa di<br />
Grosshatmanndorf; nel ’40 fu nominato architetto di corte. Morì a Dresda.<br />
607
Domenico Maria Fratta dal 1719 in poi visse e lavorò in Germania dedicandosi<br />
specialmente al disegno.<br />
Carlo Lugano collaborò con molti altri italiani alla decorazione del castello di<br />
Mannheim, cominciata nel 1720.<br />
Bartolomeo Scotti fu pittore di corte del duca di Würtemberg; affrescò la chiesa di<br />
Dangendorf e dipinse una pala d’altare per la chiesa del convento di Zwiefalten.<br />
Livio Retti fra il 1720 e il ’50 lavorò in Germania decorando di affreschi i castelli di<br />
Ludwigsburg, Ansbach, Mergentheim e Würzburg.<br />
Mauro e Pompeo Aldovrandini decorarono di pitture il teatro dell’Opera di Dresda;<br />
il secondo lavorò anche in altre città tedesche, a Praga e a Vienna.<br />
Lorenzo Rossi nel 1721 divenne pittore di corte a Dresda, collaborò con il Grone<br />
alle pitture del castello di Moritzburg; lavorò anche in Slovacchia.<br />
Bonaventura Rossi fu chiamato a Berlino da re Federico I per il quale eseguì<br />
decorazioni pittoriche a Charlottenburg; nel ’31, divenuto pittore di corte a<br />
Dresda, dipinse alcuni affreschi nella reggia.<br />
Giacomo Monari intorno al 1722 lavorava per la corte di Baviera come decoratore<br />
teatrale.<br />
Jacopo Pellandelli visse e lavorò a Ueberlingen, a Ottobeuren (1723), Engelwies<br />
(’24) e Neudingen (’25).<br />
<strong>Francesco</strong> Domenico Minetti nel 1725 decorò di pitture le pareti e il soffitto della<br />
chiesa di Buttstädt.<br />
Lorenzo Bossi eseguì pitture nel castello di caccia di Moritzburg presso Dresda nel<br />
1726.<br />
Antonio Gresta nel 1726 fu chiamato a Bruchsal dove dipinse nella chiesa di corte<br />
e nel castello.<br />
<strong>Francesco</strong> Bernardini dal 1722 al ’35 fu a Mannheim, prima come pittore aulico,<br />
poi scenografo di corte; opere sono a Mannheim, nel castello, nel teatro<br />
dell’Opera, nella chiesa dei cappuccini, nel castello di Bensberg, nel palazzo Thurn<br />
und Taxis di Francoforte (nelle scale e nell’ingresso); egli affrescò a Fussen la sala<br />
capitolare di S. Maria, dipinse il soffitto della navata centrale del duomo di<br />
Hildesheim, con Aprili decorò la cattedrale di Aquisgrana; un affresco e due<br />
quadri sono nella parrocchiale di Simmern, una pala d’altare è nella parrocchiale<br />
di Kettenis in Belgio.<br />
Andrea Zucchi, pittore e incisore, chiamato a Dresda nel 1726 per collaborare alla<br />
collezione di acqueforti della Galleria, nel ’38 lavorò alla decorazione del teatro<br />
dell’Opera.<br />
Giovan Battista II Natali intorno al 1730 era pittore di corte del principe elettore di<br />
Colonia; opere sono a Schleissheim.<br />
608
Rosalba Carriera nel 1730 si recò a Vienna, invitata da Carlo VI, e vi rimase per<br />
otto mesi; ebbe numerose ordinazioni e ritrasse anche il Metastasio; in seguito da<br />
Venezia spedì molte tele specialmente per il duca di Meclemburgo, per Federico di<br />
Danimarca, per l’elettore di Sassonia; C. Cole, mercante d’arte, le procurò molti<br />
committenti inglesi.<br />
Federico Bencovich operò in Austria e Germania ( la sua pittura, di un cromatismo<br />
denso, dai forti chiaroscuri, caratterizzata da un’enfasi drammatica, ebbe larga<br />
influenza sugli artisti locali); dipinse per il vescovo di Bamberga, quattro tele per il<br />
castello di Pommersfelden,a Vienna lavorò per il ramo austriaco degli Schönborn,<br />
nel 1734 dipinse nella Residenza di Würzburg quattro tele e fu nominato pittore<br />
di corte, nel ’37 dipinse una grandiosa pala d’altare per il castello di Schönborn-<br />
Malleborn.<br />
Carlo <strong>Francesco</strong> Rusca nel 1736 a Cassel ebbe dal principe Carlo di Waldeck<br />
l’incarico di fargli il ritratto; fu invitato alla corte di Hannover ove rimase per<br />
qualche tempo, poi invitato in Prussia da Federico Guglielmo I si recò a Berlino e<br />
Postdam; più tardi volendo tornare ad Hannover si trattenne a Wolfenbüttel presso<br />
la duchessa di Braunschweig per la quale dipinse un ritratto del marito defunto.<br />
Varie sue opere sono in molte gallerie tedesche e precisamente nel<br />
Landesmuseum e nel Vaterlandmuseum di Braunschweig, nell’università di<br />
Gottingen, nel Rittergut di Lucklum, nella Behn-haus di Lubecca e nel<br />
Landesmuseum di Schwerin, alcuni ritratti sono nella galleria e nel castello di<br />
Wilhelmshöhe; lavorò anche in Svizzera.<br />
Giovan Battista Ferrandini (o Ferratini) nel 1740 dipinse due pale d’altare per il<br />
duca di Würtemberg; affrescò il soffitto della chiesa di Lontheim.<br />
Ferdinando Carlo Bruni fu pittore di corte dell’elettore Massimiliano di Baviera<br />
intorno al 1740.<br />
Stefano Torelli, anche incisore,visse in Germania per vent’anni; nel 1740,<br />
chiamato a Dresda da Augusto II, decorò la chiesa di corte, la sala delle udienze a<br />
Bayreuth, quindi il castello di Altdobern, il castello di Nieschwitz, il municipio di<br />
Lubecca, il duomo di Frauenburg; nel ’61 fu chiamato in Russia.<br />
Luigi Dassareto visse e lavorò a Magonza ove nel 1752 era accettato come<br />
cittadino.<br />
Bartolomeo Nazzari, scultore, pittore e incisore, nel 1744 andò a Francoforte ,<br />
chiamato da Carlo VII per il quale aveva già eseguito lavori; bene accolto dalla<br />
corte ebbe molte commissioni: fra altri la principessa di Thurm und Taxis che gli<br />
commise due quadri( oggi nella biblioteca di Francoforte); altri suoi quadri sono<br />
nella galleria di Dresda.<br />
Giampaolo Gaspari dipinse alla corte di Baviera.<br />
609
Bernardo Bellotto, detto il Canaletto, nipote di Antonio Canal, anch’egli detto il<br />
Canaletto, pittore e incisore, andò nel 1745 a Monaco di Baviera e vi dipinse<br />
vedute della città e del castello di Nymphenburg, nel ’46 andò a Dresda, dove fu<br />
nominato pittore di corte e dove rimase fino al ’67, eseguendo numerosissime<br />
vedute della città, di Pirna e di altre località della Sassonia; nel ’59 fu a Vienna<br />
dove dipinse oltre che per l’imperatore anche per il cancelliere Kaunitz e per il<br />
principe di Liechtenstein; l’imperatrice Maria Teresa gli commissionò tredici<br />
vedute di Vienna e dintorni, F. F. Lobkowitz una tela raffigurante una veduta della<br />
piazza e del suo palazzo di Praga; in seguito il Bellotto fu presso l’elettore di<br />
Baviera e dal ’67 si trasferì a Varsavia.<br />
Giovan Battista Colombo (o Colomba) pittore e scenografo a Mannheim,Stoccarda,<br />
Monaco, Lipsia, Amburgo, Braunschweig, Hannover e Magonza, lavorò nel castello<br />
Württ di Ludwigsburg, dove decorò anche il soffitto del teatro dell’Opera, a<br />
Francoforte nel Römer e nel palazzo Thurm und Taxis; per la chiesa di Uetersen<br />
dipinse la glorificazione della S. Trinità.<br />
Antonio Debittio verso il 1750 lavorò col Colombo a trasformare il Lusthaus di<br />
Stoccarda in teatro dell’opera; in questa città fondò con altri artisti l’accademia di<br />
Belle Arti.<br />
Sante Leoncini nel 1750 era pittore di corte a Dresda.<br />
Giuseppe Visconti nel 1750 fu chiamato a lavorare nella Residenza di Würzburg.<br />
<strong>Francesco</strong> Gandini, pittore e incisore, dal 1750 al ’59 fu disegnatore presso la<br />
Grande Galleria di Dresda, nel ’64 fu nominato disegnatore di corte; lavorò anche<br />
in Russia dove morì.<br />
Giuseppe Camerata il giovane, incisore e pittore, lavorò molto a Monaco e a<br />
Dresda, dove fu nominato pittore di corte.<br />
Bartolomeo Ignazio Cappello lavorò per il principe elettore di Magonza, per i<br />
vescovi di Spira e Chiemsee, per il cardinale conte di Schönborn; lavorò anche in<br />
Austria.<br />
Giuseppe Appiani decorò di pitture il salone del castello Seehof a Bamberga, la<br />
cappella della Santa Croce a Oberdorf, il refettorio del convento di Obermarchtal<br />
sul Danubio, la chiesa di corte di Beuggen, tutto l’interno della chiesa di S. Pietro<br />
a Magonza, il soffitto della chiesa di Lindau e in Svizzera la Residenza di<br />
Herrliberg presso Zurigo e nel 1759-’60 alcune parti del duomo di Arlesheim; nel<br />
’61-’62 il castello e l’antica chiesa del seminario di Meersburg, quindi la chiesa<br />
del castello di Althausen; nel ’65 iniziò i lavori per la decorazione pittorica del<br />
santuario di Vierzehnheiligen; dopo il ’70 lo troviamo a lavorare nella chiesa dei<br />
gesuiti a Würzburg; già sull’ottantina eseguì le pitture del palazzo Bolongaro a<br />
Hochst e quelle della chiesa di Camberg; nel ’83 decorò la chiesa del convento di<br />
610
Haydenfeld e l’anno dopo iniziò l’ultimo suo lavoro nel monastero di Triefenstein.<br />
Fondò a Magonza un’accademia di pittura che diresse fino all’ultimo.<br />
Giovan Battista Tiepolo nel 1750 si trasferì da Venezia a Würzburg con i figli Gian<br />
Domenico e Lorenzo; rimase per tre anni al servizio del principe-vescovo C. P. von<br />
Greiffenklau, decorandone la sontuosa residenza e dipingendo opere da cavalletto<br />
durante i mesi invernali. Gli affreschi nel soffitto e nelle pareti della Kaisersaal e<br />
nel soffitto dello scalone d’onore, raffiguranti temi storici, mitologici e allegorici,<br />
collegati nell’aulica celebrazione dell’imperatore F. Barbarossa, del vescovo Arolso<br />
e dello stesso committente, sono animati da un senso di prorompente vitalità<br />
nello slancio delle composizioni, nell’esaltante luminosità dei cieli, nello<br />
splendore degli accostamenti cromatici, in uno dei più grandiosi complessi<br />
pittorici che influirà enormemente sulla pittura tedesca. L’artista dipinse inoltre<br />
pale d’altare per la cappella della Residenza per la chiesa di S. Agostino di Diessen<br />
e per quella di Munsterschwarzach. A lui si ispirarono C. D. Asam e M. Gunther.<br />
Gian Domenico Tiepolo lavorò col padre negli affreschi di Würzburg, dove eseguì<br />
inoltre le sovrapporte della Kaisersaal; durante la permanenza in Germania<br />
dipinse altri quadri, oggi nel castello di Schleissheim.<br />
Anche Lorenzo Tiepolo collaborò con il padre.<br />
Michelangelo Unterberger, della Val di Fiemme, fu rettore dell’accademia delle Arti<br />
di Vienna nel 1751; la sua ampia produzione di opere sacre e di ritratti per il<br />
Tirolo, l’Austria e la Moravia è caratterizzata da una vivacità cromatica di gusto<br />
rococò.<br />
Gregorio Guglielmi nel 1753 fu a Dresda dove ebbe alcuni incarichi e vi rimase<br />
due anni; nel ’55 a Vienna dipinse il soffitto dell’accademia delle Scienze con<br />
soggetti indicati da Pietro Metastasio; nel ’61 e nel ’62 lavorò a Schönbrunn<br />
(soggetti storici sul soffitto del palazzo), nel ’64 fu chiamato a Berlino da Federico<br />
il Grande; decorò di affreschi alcune sale del palazzo del principe Enrico (ora<br />
università); ad Augusta affrescò il soffitto dello scalone del palazzo Muench (’68),<br />
l’antica Residenza del vescovo-principe, e il palazzo Liebert (’65).<br />
Michele Marieschi, ottimo vedutista, ebbe successo alla corte di Federico il Grande<br />
e lasciò alcune opere nelle Residenze di Postdam e Charlottemburg; altre sono<br />
nell’ università di Gottingen e nelle gallerie di Lipsia e Stoccarda.<br />
Giuseppe Ruffini dipinse due grandi tele per la Damenstftskirche a Monaco di<br />
Baviera.<br />
Carlo Donato Martini, pittore e stuccatore, lavorò con il padre Giuseppe nella<br />
chiesa di S. Giorgio ad Amburgo; nel 1756 eseguì stucchi e pitture in tre altari<br />
nella chiesa di Rellingen.<br />
Giovan Giacomo Martini, pittore e incisore, visse e lavorò in Turingia.<br />
611
Silverio De Lellis, pittore e mosaicista, pittore di corte a Monaco intorno al 1756,<br />
nel ’61 divenne direttore della fabbrica di mosaici della corte e membro<br />
dell’accademia di Bayreuth; nello stesso anno fece un ritratto del principe elettore<br />
di Baviera.<br />
Domenico Quaglio il vecchio lavorò a Vienna e a Salisburgo.<br />
Andrea Altomonte fu attivo in Austria come progettista, disegnatore e incisore;<br />
forse è identificabile con uno dei figli di Bartolomeo; eseguì progetti architettonici<br />
per i principi Schwarzenberg; dal 1763 fu al servizio di Maria Teresa come<br />
disegnatore teatrale e ingegnere.<br />
La stessa imperatrice posò per la pittrice Maria Maddalena Baldacci.<br />
Pietro Rotari visse e lavorò molto a Dresda dove dipinse tre pale d’altare per la<br />
chiesa di corte e diversi ritratti di membri della famiglia reale, oggi nella<br />
pinacoteca di Dresda e nel museo Federico di Berlino; lavorò anche in Austria.<br />
<strong>Francesco</strong> Giuseppe Casanova, fratello di Gian Giacomo, nato a Londra, pittore e<br />
incisore, a Parigi fu nominato “pittore del re” e membro dell’accademia; lavorò dal<br />
1783 in Austria, morì a Vienna.<br />
Gian Battista Casanova,fratello di Gian Giacomo, studiò a Dresda e a Venezia; a<br />
Roma eseguì disegni per J. J. Winckelmann e lavorò con R. Mengs; nel 1764 fu<br />
chiamato alla corte di Dresda,nominato professore e quindi direttore<br />
dell’accademia di Belle Arti e fu una vera autorità sia come pittore sia come<br />
storico della pittura; morì nella stessa città.<br />
<strong>Francesco</strong> Pavona visse e lavorò molto a Dresda e a Bayreuth dove ritrasse il<br />
margravio Federico; un suo quadro è anche nel castello di Wörlitz presso Dessau;<br />
lavorò anche in Portogallo, Spagna, Svezia e Danimarca.<br />
Bartolomeo Follin, pittore e incisore, lavorò a Dresda e a Bayreuth al servizio del<br />
margravio Federico il cui ritratto, dipinto dal Pavona, egli incise; nel 1761 fu<br />
nominato professore dell’accademia di Bayreuth, lavorò anche in Polonia.<br />
Andrea, Giambattista e Innocente Rensi, trentini, operarono quasi esclusivamente<br />
all’estero: Andrea fu alla corte di Leopoldo Antonio Firmian, arcivescovo di<br />
Salisburgo, trentino anche lui; Giambattista visse a Passavia, alla corte di un altro<br />
Firmian, Leopoldo Ernesto, principe-vescovo della città; lo seguì a Passavia nel<br />
1797 suo figlio Innocente, divenuto poi pittore di corte. Del primo ricordiamo gli<br />
affreschi nel duomo e nel castello di Leopoldskron e alcune opere nel Landhaus di<br />
Innsbruck.<br />
G. P. Lucello decorò di affreschi la chiesa parrocchiale di Dischingen nel 1771.<br />
Giuseppe Valeriani, decoratore, lavorò al servizio dell’elettore di Baviera nella<br />
Residenza di Monaco e nel castello di Schleissheim, con il fratello Domenico.<br />
612
Giampietro Zanotti,pittore e incisore, visse e lavorò molto in Germania; operò<br />
anche in Francia.<br />
Innocenzo Bellavite, pittore e scenografo, lavorò molto a Stoccarda e a Berlino;<br />
dipinse una veduta del castello di Sanssouci a Postdam.<br />
Pietro Scotti di Laino lavorò nel castello di Ludwigsburg al servizio del duca<br />
Gherardo Luigi di Würtemberg.<br />
Giosuè Scotti,figlio di Pietro, visse per sedici anni in Germania; fu pittore e<br />
scenografo di corte a Stoccarda, decorò di affreschi le chiese di Zwiefalten e di<br />
Dagendorf, nel 1767 fu nominato professore all’accademia di Belle Arti e quindi<br />
all’accademia militare; lavorò anche in Russia.<br />
Bartolomeo Scotti, fratello di Giosuè, fu pittore alla corte dei duchi di Würtemberg.<br />
Giovanni Giorgi visse a Francoforte dal 1770 al ’95 e si rese noto come ritrattista.<br />
Bernardino Galliari, pittore e scenografo, fu chiamato nel 1772 da Federico il<br />
Grande a Berlino come pittore e scenografo di corte, decorò di affreschi a sue<br />
spese la chiesa di S. Edvige a Berlino, lavorò anche in Francia e in Austria. Fu con<br />
lui il nipote Giovanni II; il fratello Fabrizio decorò il teatro imperiale di Vienna.<br />
Felicita Sartori, pittrice e miniaturista, lavorò alla corte di Sassonia dove ebbe<br />
grande successo.<br />
Davide Antonio Fossati, pittore e incisore, ebbe molte commissioni dall’elettore di<br />
Sassonia, decorò di affreschi l’abbazia di Martinsberg.<br />
Giuseppe Mariani visse e lavorò a Dresda, a Norimberga e in altre città della<br />
Germania.<br />
Vito Grego, pittore e miniaturista, lavorò a Monaco di Baviera.<br />
Domenico Francia lavorò a Praga e a Vienna, dette anche disegni per giardini.<br />
Carlo Atteggi decorò di affreschi il castello di Brühl.<br />
Giovanni Faccioli dipinse due pale d’altare per la cappella di S. Sebastiano a<br />
Grossaitingen (Baviera).<br />
Giovan Battista Farussi (o Farusi), pittore, fu insegnante e direttore dell’accademia<br />
di Dresda.<br />
Alessandro Macco e Davide Alessandri, pittori e miniaturisti, operarono presso la<br />
corte dell’elettore palatino.<br />
<strong>Francesco</strong> Antonio Sebastini visse in Germania dal 1773 al ’83, dipinse una pala<br />
d’altare per la chiesa dei minori conventuali e una per la chiesa dell’ospedale di<br />
Glogau, decorò di affreschi le chiese di Oberglogau, Himmerviltz e Gross-<br />
Ullersdorf.<br />
Pellegrino Parodi, figlio di Domenico, lavorò come ritrattista in Germania;fu anche<br />
in Inghilterra, Spagna e Portogallo; morì a Lisbona.<br />
613
Antonio Pinchetti, pittore e scenografo, nel 1774 fu a Mannheim, presso il<br />
principe elettore, nel ’78 seguì la corte a Monaco; decorò di affreschi il teatro di<br />
Mannheim.<br />
Giovanni Campigli intorno al 1777 lavorò per qualche tempo a Postdam e a<br />
Berlino.<br />
Giovan Battista Bagutti visse e lavorò a lungo nel Wurtemberg per la corte di quel<br />
principato; nella chiesa di Altdorf vi sono tre suoi medaglioni.<br />
Giovan Battista Tornielli lavorò nel castello di Celle.<br />
Geremia Davide Fiorino fu pittore, miniatore e acquerellista presso la corte<br />
dell’elettore palatino per il quale fece molte miniature su avorio; lavorò a Cassel e<br />
a Dresda, visse anche in Austria.<br />
Giovan Battista Internari lavorò a Dresda come ritrattista nel 1750.<br />
Pelliccia nel 1778 dipinse alcuni affreschi nel castello di Wandsbeck presso<br />
Amburgo, nel ’95 decorò la villa del nobile Reventlow a Enkendorf nello<br />
Schleswig-Holstein, lavoro che, interrotto per qualche tempo, fu ripreso nel ’97;<br />
tra il 1788 e il 1800 decorò di pitture la villa del nobile Baudissin a Knoop e dal<br />
1820 in poi lavorò con <strong>Francesco</strong> Antonio Taddei a decorare varie ville del<br />
Meclemburgo.<br />
Della famiglia Quaglio ricordiamo Lorenzo, chiamato a Mannheim come<br />
successore del Bibiena al teatro nazionale, nominato nel 1778 consigliere aulico;<br />
seguì il principe Carlo Teodoro nella nuova Residenza di Monaco, nel ’86 ebbe il<br />
titolo nobiliare, fu membro dell’accademia d’arte di Düsseldorf, decorò di pitture<br />
il teatro di Mannheim, il palazzo municipale e la chiesa dei cappuccini a Lauingen,<br />
il teatro della commedia di Francoforte sul Meno. Martino, suo fratello, collaborò<br />
alla decorazione del teatro di Mannheim e per il conte di Assia-Cassel lavorò al<br />
castello di Wain. Giulio III, nipote di Lorenzo, eseguì alcuni affreschi nello stesso<br />
teatro e decorò il teatro delle marionette; infine Giuseppe,pittore di corte, decorò<br />
il ridotto del teatro di Mannheim.<br />
Giuseppe Raimondi intorno al 1785 affrescò alcuni soffitti del castello<br />
Friedrichsfeld a Berlino.<br />
Pietro Giuseppe Abati fu a Vienna pittore decoratore e di architetture.<br />
Attilio Sacchetti, pittore e disegnatore, fece molti lavori a Monaco.<br />
Giovanni Nepomuceno Della Croce visse a lungo a Burghausen, dipinse pale<br />
d’altare per le chiese di Aziburg e Reichertsheim, per la chiesa di S. Agostino di<br />
Au, per quella dello Spirito Santo di Burghausen, per la cappella del castello di<br />
Klebing, per la chiesa di S. Nicola di Passavia; decorò di pitture il portale<br />
meridionale della chiesa di S. Michele di Altotting.<br />
614
Suo figlio Clemente nacque a Burghausen, dipinse pale d’altare per le chiese di<br />
Eiberg, Friedofing, Niedergottesau; Pleisskirchen, Tittmoning e Wasserburg.<br />
Carlo Luca Pozzi lavorò come pittore in Germania.<br />
Carlo Ignazio Pozzi, architetto, pittore e scenografo, lavorò verso il 1791 a<br />
Francoforte come decoratore, nel ’99 entrò al servizio del duca di Dessau.<br />
Costantino Villani, pittore, visse e lavorò a Dresda dopo il 1794, fu anche in<br />
Polonia.<br />
Domenico Botri, architetto e miniatore, fu per qualche tempo presso l’elettore<br />
palatino; lavorò anche ad Amburgo dove dal 1794 al ’96 ritrasse molte<br />
personalità cittadine; fu attivo anche in Austria, Svezia e Francia.<br />
Rosa Castellazzi, miniaturista di valore, lavorò molto per la corte di Sassonia.<br />
Carlo Restallino si stabilì a Monaco dove ottenne fama come miniaturista; sono<br />
celebri i suoi ritratti di molti illustri personaggi; lavorò anche a Ratisbona, Berlino,<br />
Francoforte e Karlsruhe.<br />
Angelo Ferrari intorno al 1820 eseguì alcuni dipinti decorativi nel cortile del<br />
duomo di Eichstätt.<br />
Giacomo Federico Sartori, pittore e miniaturista, lavorò molto a Ludwigsburg e a<br />
Mannheim; fu anche in Lettonia.<br />
La miniaturista Giraldi lavorò a Colmar e a Karlsruhe dove era intorno al 1829.<br />
Ricordiamo infine tra i pittori che svolsero attività nel secolo <strong>XVII</strong>I o <strong>nei</strong> primi anni<br />
del XIX <strong>nei</strong> paesi di lingua tedesca Agostino Aglio, Giuseppe Albruzio, Giovanni<br />
Benso, Giovan Battista Bernardi, Antonio e Pietro Bossi, Diego <strong>Francesco</strong> Carlone,<br />
Cristiano Castelli (nato a Dresda), Domenico Magiotto, Domenico Egidio Rossi,<br />
<strong>Francesco</strong> Zuccarelli.<br />
In Svizzera troviamo i fratelli Torricelli (sec. XIX) che eseguirono affreschi nella<br />
chiesa dei gesuiti a Lucerna.<br />
In Ungheria nel secolo <strong>XVII</strong> furono Antonio Orsatti, Cristoforo Tencalla e Paolo<br />
Troger di Monguelfo che eseguì gli affreschi della chiesa di S. Ignazio a Giavarino<br />
con la collaborazione di Gaetano Fanti, autore delle finte architetture.<br />
Nel secolo <strong>XVII</strong>I: Daniele Antonio Fossati lavorò a Vienna, poi in Ungheria dove<br />
fece un grande affresco nel palazzo arcivescovile di Posonio (1728), e gli affreschi<br />
nel refettorio del convento dei benedettini a Pannonhalma (1729).<br />
Giovanni Giorgioli dipinse nel 1720 la biblioteca del collegio dei gesuiti di Tirnavia<br />
e fece i ritratti di otto cardinali.<br />
Antonio Galli Bibiena, pittore e scenografo, lavorò a Vienna indi in Ungheria,<br />
chiamato dall’arcivescovo Esterhàzy; decorò con finte architetture la cupola della<br />
615
chiesa della Trinità a Posonio, ed esternamente con prospetti il palazzo<br />
municipale; nel 1738 fece il progetto della porta trionfale eretta per il giubileo del<br />
principe Esteràzy. Fu poi a Belgrado e a Pietroburgo (qui fu anche lo scultore<br />
Albani,,conservatore delle collezioni d’arte,dopo essere stato al servizio del re di<br />
Polonia).<br />
Giovanni Schiavoni (sec. <strong>XVII</strong>I-XIX) dipinse una pala d’altare (Crocifissione) per la<br />
cattedrale di Agria,in Ungheria.<br />
In Slovenia Giulio II Quaglio (sec. <strong>XVII</strong>I) affrescò la cappella del castello Pustal a<br />
Skofja Loka; eseguì lavori nella cappella della cattedrale di Lubiana con i figli<br />
Raffaele e Giovanni.<br />
Passiamo ora alla Francia.<br />
Orazio Gentileschi fu chiamato a Parigi da Maria de’Medici, e dal 1624 al ’26<br />
attese alla decorazione del Palais de Luxemburg; rimane la grande tela della<br />
“Felicità pubblica”,in cui l’artista risente della maniera di Fontainebleau. Tiberio<br />
Tinelli fu pittore di Luigi XIII, ritrattista,pittore di storie e soggetti religiosi,<br />
nominato cavaliere dal sovrano. <strong>Francesco</strong> Gentileschi, figlio di Orazio, fu ad<br />
Angers tra il 1650 e il ’65, nominato pittore di corte. Pietro Bellotti lavorò per il<br />
cardinale Mazzarino, oltre che per l’elettore di Baviera. Gian <strong>Francesco</strong> Romanelli,<br />
detto il viterbese, fu chiamato a corte nel 1646 e successivamente nel ’55, e<br />
colmato di onori; per il Mazzarino decorò una galleria del suo palazzo (oggi<br />
biblioteca) con soggetti mitologici e storici, mentre al Louvre, nelle sale degli<br />
imperatori romani,lasciò una notevole impronta della sua arte, esercitando grande<br />
influsso sulla pittura francese. Gian <strong>Francesco</strong> Grimaldi, detto il bolognese, anche<br />
architetto e incisore, fu chiamato dal Mazzarino a Parigi ove dipinse serie di<br />
paesaggi nel suo palazzo, nell’appartamento di Anna d’Austria e nella sala di<br />
Diana (del Candelabro) al Louvre, nella chiesa dei gesuiti (S. Sacramento).<br />
Molti pittori italiani eseguirono in patria opere per committenti francesi:<br />
l’ambasciatore a Roma incaricò Giacinto Gimignani, oltre a quattro suoi<br />
connazionali, di illustrare episodi della Gerusalemme Liberata per il suo castello<br />
presso Parigi; il segretario di Luigi XIV, il banchiere de la Vrillière, ingaggiò, per<br />
abbellire con quadri il proprio palazzo parigino, il Guercino, l’Orbetto e Pietro da<br />
Cortona che inviò tre tele da Roma.<br />
Con l’assolutismo di Luigi XIV e del suo ministro Colbert si ebbe l’accentramento<br />
delle arti a corte; l’Accademia, fondata a Parigi nel 1648 sull’esempio di quelle<br />
italiane, diventa uno strumento di dittatura artistica e impone i principi del<br />
classicismo che trionfa in tutti i rami dell’arte.<br />
616
<strong>Francesco</strong> Maria Borzone (Bourzon) divenne pittore di corte di Luigi XIV nel 1650;<br />
nel ’63 fu nominato aggregato all’Accademia, eseguì nove affreschi negli<br />
appartamenti del Louvre, paesaggi e vedute nel castello di Vincennes.<br />
Paolo de Matteis fu per tre anni pittore di Luigi XIV, eseguì un suo ritratto,<br />
affrescò la sede della Compagnia delle Indie. Pittore di corte fu anche Benedetto<br />
Gennari. <strong>Francesco</strong> Fracanzano operò e morì in Francia in tarda età. Giulio Benso<br />
decorò il palazzo del principe a Cagnes. Giulio Maino (o Mayno) lavorò a Parigi,<br />
dipingendo soggetti religiosi e ritratti di cavalieri. Giovanni Gherardini fu a Nevers<br />
e a Parigi dove dipinse nella biblioteca dell’antica casa dei gesuiti (poi liceo<br />
Charlemagne).<br />
Ricordiamo anche tra i pittori italiani attivi in Francia nel secolo <strong>XVII</strong> Angelo<br />
Michele Colonna, Giovanni Angelo Canini,morto a Parigi, Antonio Verrio, autore di<br />
una pala d’altare per una chiesa di Tolosa, Pietro Ricchi, detto il lucchese.<br />
Vincenzo Cifrondi (o Zifrondi) (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I) lavorò a lungo nella Grande<br />
Chartreuse di Grenoble; Gregorio de Ferrari lavorò a Marsiglia.<br />
Dal 1702 al ’05 fece molti lavori Paolo de Matteis.<br />
Nel 1717 fu a Parigi Sebastiano Ricci, eseguì due tele per il reggente di Francia ed<br />
ebbe il titolo di accademico.<br />
Giovanni Antonio Pellegrini fu a Parigi nel 1717, nel ’20 e nel ’33; ebbe influenza<br />
sul Settecento francese per il suo tocco rapido e sommario e per la raffinatezza<br />
cromatica.<br />
Rosalba Carriera, insuperabile nella tecnica del pastello, fu invitata nel 1720 dal<br />
mercante Crozat a Parigi dove conobbe i principali artisti e ritrasse molti dei<br />
personaggi più in vista, tra i quali il giovane Luigi XV; grande fu il suo successo,<br />
tanto che nell’ottobre dello stesso anno fu eccezionalmente eletta e fece parte<br />
dell’accademia di pittura di Parigi; il Perroneau, il Quentin de la Tour e il Liotard<br />
non seppero sottrarsi alla sua influenza nella tecnica del pastello. Per prima<br />
dipinse ritratti su avorio, recandone in Francia l’usanza, poi rapidamente diffusa;<br />
tra i suoi imitatori citiamo il Melder, e molti altri subirono il suo fascino di<br />
miniaturista.<br />
Verso il 1740 furono in Francia Gaetano Brunetti e il figlio Paolo Antonio,<br />
decoratori di teatri.<br />
Dal 1749 al ’76 operò a Tolosa e a Nantes Pietro Bellotti junior che dipinse vedute.<br />
Giuseppe Baldrighi si recò a Parigi nel 1751 a spese del duca di Parma e fu eletto<br />
membro dell’accademia di Belle Arti; ad Angers si conserva la sua “Carità romana”.<br />
Paolo Brunetti con il padre Gaetano eseguì le pitture nella cappella dell’Hospice<br />
des enfants; affrescò lo scalone dell’Hotel de Luynes, fece decorazioni nell’ Hotel<br />
Subise, nel Richelieu e nell’Egmont, dipinse nel castello di Bellevue presso<br />
617
Meudon, nella cappella delle” Anime del Purgatorio” in S. Margherita (rue S.<br />
Bernard); fu “peintre doreur et décorateur” del Théatre français dal 1753 alla<br />
morte (1783).<br />
Lavorarono inoltre in Francia nel secolo <strong>XVII</strong>I l’Algeri, Jacopo Amigoni, Giuseppe e<br />
Carlo Bibiena, Gregorio de Ferrari, Gian Giacomo Miraglio, Anton Maria Zanetti; tra<br />
i miniaturisti ricordiamo <strong>Francesco</strong> Capanna (o Campana) al servizio di Maria<br />
Antonietta (pitture su scatole, tabacchiere, bomboniere,ecc.), Raffaele Bacchi che<br />
fece i ritratti di molti membri dell’aristocrazia e del principe di Condé,<br />
l’Anguissola, il Costa; tra il <strong>XVII</strong>I e il XIX secolo Ferdinando Quaglia, protetto<br />
dall’imperatrice Giuseppina, della quale fece un notevole ritratto.<br />
Tra i pittori italiani in Inghilterra troviamo Orazio Gentileschi, invitato a Londra nel<br />
1626 dal duca di Buckingham, ministro di Carlo I, e creato pittore ufficiale al<br />
servizio della corte con pensione annua di 500 sterline; lavorò molto per il<br />
palazzo reale di Greenwich, oltre che per quello del duca, fino al ’39, anno della<br />
sua morte; ricordiamo “Diana cacciatrice” per il duca di La Roche-Grujon, ”Lot e le<br />
figlie”, “Riposo durante la fuga in Egitto”, “Mosè salvato dalle acque”, “Le muse”,<br />
“Giuseppe e la moglie di Putifarre”, opere in cui si allontanò dal caravaggismo.<br />
Anche i suoi figli furono in Inghilterra, Artemisia nel ’38, e <strong>Francesco</strong> e Giulio nel<br />
’41.<br />
Giuliano Pericciuoli,pittore di corte, a Londra eseguì il ritratto di Carlo I.<br />
Benedetto Gennari junior fece tra l’altro i ritratti degli Stuart Carlo II e Giacomo II;<br />
il suo ruolo, oltre che di pittore e ritrattista ufficiale, fu per quasi un ventennio<br />
quello di consigliere influente nella politica degli acquisti reali, e la sua<br />
comprensibile inclinazione per i bolognesi (era nipote del Guercino) fruttò i primi<br />
ingressi sensazionale della pittura emiliana.<br />
Antonio Verrio dal 1676 lavorò con grande successo, introducendo nella pittura<br />
inglese l’uso delle vaste decorazioni ad affresco; decorò i castelli reali di Windsor<br />
e Hampton Court.<br />
Giovanni Antonio Pellegrini, invitato in Inghilterra dall’ambasciatore inglese a<br />
Venezia C. Montagu, fu attivo in quel paese dal 1708 al ’13, e poi nel<br />
’19,diffondendo la sua pittura aerea e festosa; affrescò la cupola e dipinse tele<br />
per Castle Howard, con la collaborazione di Marco Ricci, nipote di Sebastiano, <strong>nei</strong><br />
lavori ad affresco; lavorò in Kimbalton Castle e Norfolk Hall ; con lo stesso aiuto<br />
affrescò nella casa di lord Burlington in Arlington Street; eseguì poi con<br />
Sebastiano Ricci un ciclo decorativo sullo scalone di Burlington House e uno nella<br />
residenza del duca di Portland in St. James Square; lasciò tracce notevoli della sua<br />
arte.<br />
618
Sebastiano Ricci, giunto nel 1712 a Londra,chiamato dal nipote Marco e protetto<br />
da lord Burlington, portò il gusto veronesiano, decorò l’abside dell’ospedale a<br />
Chelsea, dei soffitti a Burlington House, alcuni interni della residenza di campagna<br />
del duca di Portland nel Buckinghamshire; nel ’16 si recò a Parigi, lasciando<br />
numerosissime opere, quadri e tele decorative in ville e palazzi inglesi.<br />
Marco Ricci viaggiò con lo zio, aiutandolo <strong>nei</strong> lavori soprattutto a Londra, dove<br />
fece quadri per lord Burlington.<br />
Niccolò Cassana fu primo pittore della regina Anna, fece il suo ritratto e quelli di<br />
molti personaggi della nobiltà, morì a Londra nel 1714.<br />
Antonio Canal, detto il Canaletto, nel 1722 entrò in contatto con l’ambiente<br />
inglese, per il tramite del console britannico a Venezia, collezionista d’arte. I<br />
committenti inglesi acquistavano spesso intere serie di quadri; tra il 1730 e il ’40<br />
il conte di Carlisle ne acquistò una quindicina e il duca di Bedford ventiquattro. La<br />
collezione personale dello Smith ne comprendeva cinquantaquattro, oltre a 140<br />
disegni; nel ’54 il Canaletto si recò in Inghilterra, presentato da M. Swing al duca<br />
di Richmond; eseguì numerose vedute di Londra e rimase fino al ’55.<br />
Antonio Bellucci eseguì nel 1716 decorazioni di soffitti e porte nel palazzo del<br />
duca di Chandos; sono rimasti un grandioso soffitto a Buckingham Palace e uno<br />
alla Burlington House.<br />
Dal 1729 Jacopo Amigoni eseguì decorazioni di palazzi londinesi e numerosi<br />
ritratti di aristocratici; dipinse nel teatro del Covent Garden, lavorò alla casa di<br />
lord Tankerville in St. James Square con la collaborazione di Gaetano Brunetti, in<br />
Powi-house, a Moor Park ( dove si conservano le Storie di Giove ed Io), a Chandos<br />
house, in S. Lorenzo a Whitchurch, sempre con il Brunetti; fondò con G. Wagner<br />
una scuola di incisione,rimase in Inghilterra fino al ’39.<br />
Gaetano Brunetti fu in Inghilterra nel 1730 con il figlio Paolo Antonio, dedicandosi<br />
alle decorazioni teatrali.<br />
Vincenzo Damini lavorò a Londra come ritrattista dal 1720 al ’30.<br />
Andrea Casali, in Inghilterra nel 1741 per 25 anni, divenne famoso come<br />
ritrattista e lavorò molto per chiese e dimore nobili.<br />
Andrea Soldi operò a Londra dal 1735 al ’71, anno della sua morte; nel ’66 fu<br />
eletto membro della Società degli artisti.<br />
<strong>Francesco</strong> Zuccarelli fu a Londra nel 1751-’52 e nel ’68; si dedicò specialmente<br />
alla pittura di paesaggio. Le sue composizioni trattate con tanta facilità di tocco e<br />
di ispirazione soddisfecero le raffinatezze dei collezionisti e degli amatori e<br />
furono divulgate da numerosi incisori come Bartolozzi, Wagner e altri.<br />
Donato Creti, considerato precursore del Neoclassicismo, operò per il duca di<br />
Richmond.<br />
619
Carlo Bibiena fu in Inghilterra come decoratore di teatri. Ricordiamo anche Carlo<br />
<strong>Francesco</strong> Rusca, ritrattista.<br />
Presso la corte inglese lavorarono come miniaturisti Andrea e Alessandro Graglia<br />
(sec. <strong>XVII</strong>I-XIX).<br />
Per Giorgio I eseguì molte tele in patria Giovan Battista Cimaroli, paesaggista.<br />
Nelle Fiandre troviamo durante il secolo <strong>XVII</strong> Andrea Benedetti, pittore di nature<br />
morte, per alcuni anni ad Anversa, Ferdinando Bruni, Gian Antonio Caldelli,<br />
protetto dal duca di Lorena; nel 1716 Giovanni Antonio Pellegrini,chiamato dal<br />
principe elettore, fu ad Anversa e nel ’18 all’Aia; citiamo, tra i complessi decorativi<br />
dovuti al suo pennello rapido e leggero, quello al Brouwer-Huis di Anversa.<br />
Ricordiamo anche nel secolo <strong>XVII</strong>I Lorenzo Rossi e Carlo Bibiena.<br />
In Olanda operarono Giuliano Pericciuoli (sec. <strong>XVII</strong>), insegnante di disegno della<br />
principessa Luisa, e Sebastiano Ricci (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I).<br />
Per quanto riguarda la Svezia e la Danimarca, troviamo Giovanni Angelo Canini,<br />
chiamato dalla regina Cristina di Svezia,<strong>Francesco</strong> Pavona, pittore di corte a<br />
Stoccolma e a Copenaghen (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), Sebastiano Bombelli, autore del<br />
ritratto del sovrano danese (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), Domenico Francia, pittore di camera<br />
del re svedese (sec. <strong>XVII</strong>I), Alessandro Ferretti che nel 1748 dipinse nel castello di<br />
Stoccolma “Il trionfo della virtù”. Ricordiamo che studiò in Italia per alcuni anni il<br />
ritrattista svedese M. Dahl il vecchio che a Roma eseguì il ritratto della regina<br />
Cristina di Svezia.<br />
Sigismondo III Vasa, re di Polonia, chiamò Tommaso Dolabella che ornò con<br />
affreschi la sala di marmo del castello di Varsavia; altre opere sono a Cracovia: nel<br />
palazzo reale, nella chiesa e nel chiostro dei domenicani, nella chiesa di S. Barbara<br />
e del Corpus Domini; altre nel palazzo vescovile di Kielce, nella chiesa di Bielany,<br />
ecc; grande fu la sua influenza sulla pittura polacca.<br />
Per il sovrano Guido Reni eseguì il “Ratto d’Europa”.<br />
Giacinto Campana fu proposto da <strong>Francesco</strong> Albani come pittore di corte di<br />
Ladislao IV di Polonia; partecipò alla decorazione pittorica della cappella di S.<br />
Casimiro nella cattedrale di Wilna e nel castello reale di Varsavia, morì in Polonia<br />
verso il 1650,” non potendo resistere ai rigori di quei freddi, essendo gracile e<br />
poco sano”.<br />
Magnavacca fu presso lo stesso sovrano e dipinse per varie chiese di Polonia.<br />
Martino Altomonte nel 1684 divenne pittore di corte a Varsavia.<br />
Del Bene, allievo di Pietro da Cortona, fu attivo in Polonia alla fine del secolo <strong>XVII</strong>;<br />
opere sue sono a Vilna, nella villa del principe Sapieha, e nella chiesa di Pozaijscie.<br />
620
Michelangelo Palloni (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I), notevole pittore di decorazioni<br />
monumentali, affrescò nel castello di Wilanow, nella cappella di S. Carlo del<br />
convento di Lowicz, a Vilna e a Pozaijscie.<br />
<strong>Francesco</strong> Antonio Giorgioli fu nel 1688 a Varsavia, chiamato da Gian Pietro<br />
Tencalla, architetto che lavorava per le corti austriaca e polacca; con il fratello<br />
Carlo Giuseppe eseguì per H. Lubomirski, padrone del castello di Ujazdòw, gli<br />
affreschi nella cupola, nel tamburo e <strong>nei</strong> pilastri sottostanti della chiesa di<br />
Czerniakòw.<br />
Tra gli altri pittori italiani in Polonia nel secolo <strong>XVII</strong> ricordiamo Giuseppe Grassi,<br />
Giovanni Stella, Teofilo Turri.<br />
Innocenzo Monti nel 1713 dipinse tele per la chiesa di S. Anna a Cracovia, decorò<br />
la cappella di S. Caterina con un “S. Giuseppe” e un “S. Pietro in carcere”.<br />
Giovan Battista Internari, ritrattista, nel 1756 fu alla corte di Augusto III a<br />
Varsavia.<br />
Antonio Tombari, chiamato dal re, affrescò il palazzo del conte S. Potocki a<br />
Varsavia.<br />
Bernardo Bellotto, dopo un soggiorno a Dresda, nel 1767 fu chiamato a Varsavia<br />
dal re e vi eseguì una serie di vedute della città, molto ammirate, dove luci e<br />
ombre sono insieme in un’atmosfera di malinconica fissità , con le case, le cupole<br />
e i ponti visti contro cieli amplissimi e un po’ smorzati, spesso riflessi nitidamente<br />
da acque immobili e chiare; il Bellotto, nominato pittore di corte, decorò anche il<br />
castello reale, aiutato dal figlio Lorenzo; questi lavorò anche nel castello di<br />
Gazdow e dipinse molte tele per la galleria del re.<br />
Per lo stesso sovrano lavorò a Varsavia Carlo Ranucci, paesaggista.<br />
Costantino Villani, chiamato da W. Strojnovski, lavorò molto in Polonia,dipinse<br />
nella cattedrale di Vilna,nel 1794 fu a Varsavia; dopo alcuni anni trascorsi a<br />
Dresda, nel 1808 tornò definitivamente a Varsavia, invitato dal conte Ossolinski;<br />
morì nel 1824.<br />
Nel secolo <strong>XVII</strong>I si ricorda anche il pittore <strong>Ridolfi</strong>ni.<br />
In Russia fu notevole l’apporto artistico italiano; Pietro il Grande mandò all’estero<br />
a scopo di studio alcuni giovani pittori i quali introdussero in patria lo stile e la<br />
tecnica italiani. Jacopo Amigoni eseguì il suo ritratto e quello dell’imperatrice.<br />
Bartolomeo Tarsia nel 1722 decorò alcune sale del palazzo Mensikov per Pietro I.<br />
Giuseppe Valeriani, pittore e scenografo, nel 1742 si recò a Pietroburgo, dove<br />
decorò l’appartamento della zarina Elisabetta, da cui era protetto, nel palazzo<br />
d’inverno, affrescò nel palazzo d’estate, quindi nel palazzo 8volta del grande<br />
salone) e nella chiesa di Carskoe-Selo, nel castello di Peterhof, in vari teatri,<br />
621
educando un’intera generazione di pittori russi; lavorò spesso con il fratello<br />
Domenico, morì a Pietroburgo nel ’61. Ambedue eseguirono per la corte numerosi<br />
ritratti.<br />
Pietro Gradizzi, chiamato in Russia con il figlio <strong>Francesco</strong>, sotto la direzione del<br />
Valeriani lavorò nel palazzo d’inverno a Pietroburgo e a Carskoe-Selo (dove<br />
dipinse “Bacco e Arianna”); decorò teatri e fece scenografie.<br />
Antonio Peresinotti (o Pariginotti), chiamato nel 1742, decorò i palazzi imperiali<br />
sotto la direzione del Valeriani; lavorò anche al teatro dell’Opera, nel ’67 divenne<br />
membro dell’accademia d’arte di Pietroburgo.<br />
Decoratori nel palazzo di Carskoe-Selo furono, oltre i quattro già citati,Giosuè<br />
Scotti,Giuseppe Bernasconi Belli, Triscorni, Medici, Volpato; per la magnificenza<br />
delle decorazioni gli interni ricordano quelli di Versailles.<br />
Pietro Rotari fu chiamato nel 1756 da Elisabetta I e visse gli ultimi anni di vita a<br />
Pietroburgo, lavorando come pittore di corte; eseguì ritratti di principi e sovrani<br />
(tra cui quello della zarina).<br />
Stefano Torelli, dopo avere lavorato in Germania, dal 1761 fu pittore aulico,<br />
lavorando nel palazzo d’inverno a Pietroburgo e nel palazzo di marmo a<br />
Oranjebaum; insegnò all’accademia di Belle Arti, fece molti ritratti (tra cui quello<br />
di Caterina II e quello della contessa Anna Cernysceva).).<br />
Serafino Barozzi fu chiamato dal Torelli insieme con il fratello Giuseppe<br />
Gioacchino; fino al ’64 lavorò al palazzo d’inverno, poi a Oranjebaum, eseguendo<br />
con gli altri due pittori le mirabili decorazioni nel palazzo cinese (sul soffitto di<br />
una sala è posta una tela di Giovan Battista Tiepolo, inviata dall’Italia).<br />
<strong>Francesco</strong> Fontebasso lavorò a Pietroburgo, eseguendo grandi decorazioni ad<br />
affresco nel palazzo d’inverno; nel ’61 fu nominato pittore di corte dalla zarina<br />
Elisabetta II..<br />
Gregorio Guglielmi lavorò per Caterina II, morì a Pietroburgo nel 1773.<br />
Giacomo Ferrari decorò la sala delle armi nel castello di Strjelna.<br />
Antonio Quaglio eseguì affreschi nel palazzo d’inverno a Pietroburgo.<br />
<strong>Francesco</strong> Gandini, famoso anche come incisore, servì le principali corti d’Europa,<br />
morì a Pietroburgo.<br />
Ricordiamo anche Carlo Bibiena, <strong>Francesco</strong> Bencini,Vincenzo Brioschi, Pietro de<br />
Rossi, Prospero Piroli, Galeazzo Quadrio, Giacomo Federico Sartori (sec. <strong>XVII</strong>I).<br />
L’insegnante ha concluso la lezione parlando del collezionismo d’arte che nel<br />
‘600 divenne un fenomeno europeo, al quale si dedicarono famosi personaggi.<br />
Rodolfo II d’Asburgo si circondò nella sua reggia praghese di tele veneziane del<br />
‘500 e del primo ‘600, un tesoro che scatenò la ben nota bramosia di opere d’arte<br />
622
italiane della regina Cristina di Svezia la quale, conquistata Praga nel 1648, non<br />
esitò ad impossessarsene, facendo saccheggiare il castello dalle sue truppe.<br />
A Roma la regina incrementò la collezione e vi aggiunse anche molte sculture<br />
classiche. Dopo la sua morte quadri e statue passarono per più mani, sempre a<br />
Roma; agli inizi del secolo <strong>XVII</strong>I il duca d’Orléans, reggente di Francia, intraprese<br />
trattative con il duca di Bracciano,l’attuale proprietario, per acquistare la<br />
collezione. E cos’ “Le tre età dell’uomo” di Tiziano, “Marte e Venere” e “Mercurio<br />
ed Erse” del Veronese e “La Madonna del passeggio” di Raffaello con un gran<br />
numero di altri quadri lasciarono l’Italia per sempre; nel 1724 le statue antiche,<br />
tra cui il gruppo di Castore e Polluce, furono acquistate dal re di Spagna.<br />
Nel 1612 con la morte di Vincenzo I Gonzaga, iniziava la decadenza e la crisi<br />
economica di questa famiglia, culminata nella vendita fatta nel 1627 della parte<br />
migliore della raccolta a Carlo I d’Inghilterra per il tramite del mercante<br />
fiammingo Nys, residente a Venezia, e nella parte restante che venne dispersa ai<br />
quattro angoli del mondo con il sacco di Mantova del 1630-’31. Il fulcro della<br />
raccolta di Hampton Court è costituito dalle opere acquistate dal sovrano inglese,<br />
tra cui figurano nove tele del Mantegna,gli undici Cesari del Tiziano (andati<br />
distrutti in un incendio nel 1734), alcune tele di Raffaello, dipinti della scuola<br />
veneta ( altre tele del Tiziano, Giovanni Bellini, Giorgione, Tintoretto, Paolo<br />
Veronese, J. Bassano) e di Lorenzo Lotto, Correggio (Educazione di Amore e<br />
Allegorie dei Vizi e delle Virtù, provenienti dallo studiolo di Isabella d’Este), Giulio<br />
Romano, Parmigianino. Il sovrano acquistò anche i cartoni di Raffaello che Leone X<br />
aveva mandato nelle Fiandre. Le collezioni d’arte hanno sempre avuto un valore<br />
formativo sugli artisti, la critica e il gusto; quella di Carlo I d’Inghilterra ebbe tale<br />
importanza in questo senso da spiegare gli influssi delle scuole italiane su artisti<br />
che mai visitarono l’Italia.<br />
In una seconda vendita , dopo la morte a Mantova, del duca Vincenzo II nel 1627,<br />
il suo successore Carlo I, duca di Nevers, si sbarazzò dei cartoni del Mantegna<br />
per il “Trionfo di Cesare” e di alcune sculture attribuite a Prassitele e a<br />
Michelangelo, oggi a Londra.<br />
Verso il 1650 il mercante veneziano Bartolomeo della Nave vendette la sua intera<br />
collezione all’Inghilterra, da dove passò poi all’arciduca Leopoldo Guglielmo<br />
d’Asburgo e infine alla città di Vienna; tra i molti quadri che lasciarono Venezia in<br />
questa occasione la Pala di S. Cassiano di Antonello da Messina, i”Tre filosofi” del<br />
Giorgione “La ninfa col pastore” del Tiziano (a Vienna).<br />
I fratelli Reynst di Amsterdam possedevano magnifici quadri veneziani, tra i quali<br />
il” Ritratto di A. Odoni” di L. Lotto(oggi a Londra); anche il” Ritratto di Ariosto” del<br />
Tiziano, ammirato da Rembrandt ad Amsterdam, passò a Londra.<br />
623
IL Windsor Castle conta oltre 700 disegni di Leonardo con appunti, già proprietà<br />
di Pompeo Leoni, acquistati da Carlo I in Spagna su consiglio di Arundel.<br />
Altrettanto eccellente e nutrita era la serie di pitture raccolte dal favorito di Carlo<br />
I, il duca di Buckingham, nel suo palazzo, la York House.<br />
T. Howard, conte di Arundel, nella sua casa di Londra formò una notevole raccolta<br />
di quadri, oggetti d’arte e d’antiquariato; durante i suoi frequenti viaggi in<br />
Olanda, Germania e Italia acquistò un gran numero di superbe opere, numero<br />
accresciuto dagli acquisti fatti per suo conto da ambasciatori e ministri del re in<br />
terre straniere. La collezione Arundel di oggetti d’arte fu donata nel 1667<br />
all’università di Oxford e poi all’Aschmolean Museum, quella dei libri passò alla<br />
Royal Society e al British Museum (qui è il codice di Leonardo).<br />
Hampton Court custodisce l’importante raccolta di dipinti degli ultimi Stuart e<br />
degli Hannover, come l’”Allegoria” di Annibale Carracci, opere di Reni,<br />
Domenichino, Guercino, Orazio e Artemisia Gentileschi, e quella dei primitivi<br />
come B. Daddi, il trittico della “Crocifissione” di Duccio, “S. Pietro martire” del<br />
Beato Angelico.<br />
Nel 1656 Leopoldo Guglielmo d’Austria, governatore del Belgio, ammiratore della<br />
pittura italiana,riempì di quadri veneziani le sale del castello di Praga, attingendo<br />
soprattutto a quella parte delle raccolte che il re Carlo I d’Inghilterra fu costretto a<br />
vendere in quel periodo; un’altra parte di queste opere fornì la base di<br />
un’importante collezione costituitasi in Moravia qualche anno più tardi, quella di<br />
K. Von Liechtenstein, vescovo di Olomouc.<br />
Un’altra grande raccolta è quella dei duchi di Wallenstein che per qualche tempo<br />
ospitarono Giacomo Casanova nel loro palazzo di Mala Strana, impiegandolo<br />
come bibliotecario. Importanti raccolte praghesi furono anche quelle di due<br />
famiglie nobiliari, i Czernin e i Berka di Dubà che acquistarono la maggior parte<br />
delle opere di scuola veneta , commissionandole in loco tramite quei loro<br />
esponenti che vissero a lungo a Venezia, plenipotenziari dell’ imperatore presso la<br />
Serenissima.<br />
Da Filippo III e Filippo IV di Spagna furono arricchite le collezioni reali; nel 1649 il<br />
Velasquez fu inviato in Italia per acquistare opere d’arte, come già per conto di<br />
sovrani e principi aveva fatto il Rubens, e per convincere Pietro da Cortona a<br />
recarsi in Spagna. Il Velasquez comprò per Filippo IV tele di Tiziano, Tintoretto e<br />
Paolo Veronese(“Venere e Adone”); le copie perfette di numerose sculture antiche<br />
delle collezioni Borghese, Vaticana, Ludovisi, Medici, Mattei, Caetani, Vitelleschi,<br />
Peretti-Montalto e Farnese per ornare le sale della residenza reale dell’Alcazar; gli<br />
esperti copisti artigiani furono Girolamo Ferrer, Cesare Sebastiani, Pietro del Duca,<br />
Orazio Albrizio, Matteo Bonarelli.<br />
624
Dalla Sicilia il viceré spedì a Madrid “La salita al Calvario” di Raffaello; da Napoli il<br />
duca di Medina inviò quadri di Raffaello, Tiziano e Correggio.<br />
Nel 1645 da parte del sovrano spagnolo fu acquistata una parte della collezione di<br />
Carlo I d’Inghilterra, messa in vendita; furono prese tele di Mantegna, Andrea del<br />
Sarto, Tintoretto e Paolo Veronese.<br />
La Francia di Richelieu, Mazzarino e Colbert seguì una politica mirante a favorire il<br />
collezionismo come espressione dell’autorità regia; nel 1628 il Richelieu acquistò<br />
a Casale Monferrato “S. Anna, la Madonna e il Bambino con l’agnello” di<br />
Leonardo. La raccolta del cardinale che comprendeva tra l’altro i due”Prigioni” di<br />
Michelangelo,”La cena in Emmaus”del Veronese, e le opere portate da Mantova, il<br />
cui palazzo ducale nel 1630 era stato saccheggiato dalle truppe francesi (tra i<br />
quadri ricordiamo quelli provenienti dallo studiolo di Isabella d’Este (“Il Parnaso” e<br />
“Trionfo della Virtù” del Mantegna, Costa e Perugino), confluì nelle collezioni di<br />
Luigi XIII di Francia che più tardi costituiranno il museo del Louvre. Il Richelieu<br />
fece costruire una serie di palazzi per ospitare le opere; la galleria della sua<br />
biblioteca era ornata di busti di imperatori romani.<br />
Il Mazzarino non fu meno degno di nota; riuscì a mettere insieme 546 quadri,<br />
moltissime statue, arazzi, gioielli, oggetti d’arte e antiquariato,e acquistò parte<br />
delle spoliazioni di Carlo I d’Inghilterra, così come fece il banchiere Jabach<br />
(obbligato poi a vendergli un certo numero di quadri). Prima di morire il cardinale<br />
offrì a Luigi XIV tutta la sua collezione, ma il re volle comprarne dagli eredi una<br />
parte, e affidò al Colbert l’incarico di acquistare “Antiope” e “Matrimonio mistico<br />
di s. Caterina” del Correggio, tre Raffaello (ritratto del Castiglione, S. Giorgio e il<br />
drago, S. Raffaele) e la “Venere del Pardo” di Tiziano che Filippo Iv aveva regalato<br />
a Carlo I; nel ’71 il Colbert si assicurò la collezione del banchiere Jabach che, oltre<br />
a 250000 disegni,comprendeva una serie eccezionale di tele, tra cui il “Concerto”<br />
di Giorgione, “S. Giovanni Battista “ di Leonardo,“La morte della Vergine” del<br />
Caravaggio, cinque opere di Tiziano ( l”Uomo dal guanto”,”La deposizione””La<br />
donna che si veste”,”Concerto campestre”,”Allegoria”),due di Giulio Romano,<br />
quattro di Guido Reni, “S. Cecilia” del Domenichino, “Susanna al bagno” e “Ester”<br />
del Veronese.<br />
La repubblica di Venezia donò al re Sole “Cena in casa di Simone”del Veronese; il<br />
principe Pamphili “La caccia” e” La pesca” di Annibale Carracci, “La buona ventura”<br />
del Caravaggio. Nel 1685lo stesso sovrano riuscì a cmperare dal principe Savelli<br />
due celebri sculture, il cosiddetto Germanico e il Cincinnato.<br />
Per quanto riguarda la trattatistica sul collezionismo ricordiamo che<br />
un”dilettante”, Giulio Mancini, medico di Urbano VIII, affrontò per primo (1617-<br />
’21) i problemi tipici del collezionista: come stabilire una valutazione<br />
625
commerciale, come riconoscere i falsi, come disporre le opere in casa, che criteri<br />
seguire nel restauro, ecc, argomenti che saranno sempre più sviluppati. Nascono<br />
anche le pubblicazioni peculiari del collezionismo che sono i cataloghi; le Aedes<br />
Barberinianae e le Aedes Giustinianae costituirono le prime trattazioni del genere,<br />
furono stampate a Roma nel secolo <strong>XVII</strong>, come una guida alle due importanti<br />
raccolte.<br />
La collezione del Kunsthistoriches Museum di Vienna, che già l’arciduca<br />
Ferdinando del Tirolo (sec. XVI) aveva arricchito con opere italiane (Raffaello,<br />
Moretto, ecc.), fu ingrandita dall’arciduca Leopoldo Guglielmo (sec. <strong>XVII</strong>) con<br />
dipinti di Giovanni Bellini, Antonello da Messina, Lorenzo Lotto, Giorgione, Palma<br />
il Vecchio, Tiziano, Tintoretto, Paolo Veronese, Mantegna, Fetti,ecc; acquistati alle<br />
aste dall’arciduca furono molti dipinti della collezione del duca di Buckingham<br />
(Andrea del Sarto, Tiziano, Guido Reni ) e un Tiziano da quella di Carlo I<br />
d’Inghilterra; nel ‘700 l’imperatrice Maria Teresa acquisterà la “Madonna del<br />
Rosario” del Caravaggio.<br />
In Baviera Massimiliano II portò le collezioni nel 1706 a ben mille quadri divisi tra<br />
Monaco e Schleissheim; verso la fine del ‘600 gli elettori palatini arricchirono le<br />
collezioni di Düsseldorf.<br />
La Galleria di Kassel si arricchì di opere italiane( Palma il Giovane, Cignani, ecc.),<br />
acquistate dal langravio Carlo (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I).<br />
L’Alte Pinakotek di Monaco con gli acquisti dovuti a Massimiliano Emanuele, duca<br />
di Wittelsbach (sec. <strong>XVII</strong>-<strong>XVII</strong>I) annovera opere di Tiziano,Tintoretto, Domenichino,<br />
Guido Reni, G. B. Castiglione, Saraceni, A. Turchi; con Carlo Filippo si aggiunsero<br />
opere del Cavallino e del Magnasco.<br />
Verso la fine del Seicento si conclude l’età d’oro del collezionismo romano, quello<br />
delle grandi famiglie (Giustiniani, Colonna, Spada, Aldobrandini, Odescalchi,<br />
Borghese, Albani, Pamphili, Ludovisi, ecc.); si iniziano le dispersioni e le vendite.<br />
E’ impressionante calcolare l’enorme numero di opere emigrate dalle raccolte<br />
romane per arricchire i più importanti musei del mondo; basterà ricordare la<br />
vendita nel 1720 di ben 1300 sculture della raccolta Giustiniani al conte di<br />
Pembroke che acquistò marmi antichi anche dal card. Albani, alcuni della<br />
collezione Mazzarino,di lord Arundel, dei Valletta di Napoli.<br />
H. Somerset, terzo duca di Beaufort, acquistò opere della collezione Albani; nel<br />
1727 commissionò lo straordinario scrigno Badminton, eseguito a Firenze, tra le<br />
più alte opere decorative del secolo.<br />
Il secolo <strong>XVII</strong>I vide allargarsi enormemente il fenomeno del collezionismo,<br />
praticato da appassionati e personaggi di prestigio; comincia con la moda del<br />
626
Grand Tour in Italia da parte degli Inglesi un massiccio acquisto di opere d’arte,<br />
anche antiche.<br />
Padre Sebastiano Resta adunò per il vescovo di Arezzo una grande collezione di<br />
disegni di maestri antichi e contempora<strong>nei</strong> che nel 1710 furono acquistati da lord<br />
Somers. Lord Burlington pagò 1500 corone per un dipinto del Domenichino; T.<br />
Coke portò con sé numerosi dipinti per la sua residenza di Holkham; il marchese<br />
di Annandale rientrò nel 1720 a Hopetoun con oltre 300 quadri.<br />
La pittura veneziana fu un campo preso molto di mira dai collezionisti inglesi:<br />
acquirenti importanti furono J. Gray, J. Murray, J. Egerton, J. Udney che tra l’altro<br />
ordinò il furto della pala del Crocifisso nella chiesa dei gerolimini a Treviso. G.<br />
Strange patrocinò <strong>Francesco</strong> Guardi e acquistò molti dipinti del ‘500 veneziano.<br />
Due splendide tele del Canaletto, appartenenti al periodo londinese del pittore,<br />
furono comprate a Londra da F. F. Lobkowitz. Le collezioni reali di Windsor si<br />
arricchirono con Giorgio III che acquistò alcune tra le più belle opere del<br />
Canaletto, della raccolta di J. Smith (1762), per 40 anni console inglese a Venezia,<br />
suo grande committente( si conservano nelle collezioni reali 140 disegni e una<br />
cinquantina di vedute);egli concluse con l’elettore di Sassonia un’importante<br />
vendita de opere dello stesso Canaletto e acquistò opere della collezione Sagredo.<br />
Altri mercanti inglesi furono Wraight e Bute. Tra gli italiani citiamo Giuseppe<br />
Maria Sasso, il mercante preferito dagli inglesi, e il Della Lena (1764).<br />
La Galleria di Dresda fu fondata nel 1722 da Federico Augusto II che arricchì la<br />
raccolta iniziata nel secolo XVI da Augusto I ; acquistò la “Venere” del Giorgione,<br />
dipinti del Bassano e del Reni. Kinderman gli inviò dall’Italia opere di Cima da<br />
Conegliano, Liberi, Celesti,Pittoni, Albani, Giordano; il direttore della Galleria nel<br />
1725 comperò 62 dipinti italiani del ‘600, nel ’31 opere di Reni, Langetti, Bellucci.<br />
Per Federico Augusto III trattarono dall’Italia G. M. Crespi, A. M. Zanetti e<br />
l’Algarotti che gli procurò opere di Palma il Vecchio, Piazzetta, Tiepolo; in Italia il<br />
sovrano acquistò dal duca <strong>Francesco</strong> d’Este, per il tramite di intermediari,<br />
un’eccezionale raccolta di cento dipinti della collezione modenese, tra cui tre pale<br />
del Correggio, opere di Tiziano, Lavinia Fontana, Tintoretto, Dosso Dossi,<br />
Parmigianino, Andrea del Sarto, Annibale Carracci, Guercino, Reni,Tiarini; sempre<br />
dall’Italia giunsero opere di Ercole de’Roberti e del Cossa; nel 42 furono acquistati<br />
gli splendidi Fetti della collezione imperiale di Praga; nel ’49 altre opere<br />
(Tintoretto, Reni, Bartolomeo Veneto), nel ’54 la “Madonna sistina” di Raffaello,<br />
venduta dai benedettini di Piacenza.Giacomo Durazzo curò la formazione di una<br />
raccolta di stampe e disegni per l’arciduca Alberto di Sassonia, figlio di Augusto<br />
III,la cosiddetta Albertina. Molte altre opere della sua collezione furono disperse<br />
all’estero.<br />
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Anton Maria Zanetti accrebbe anche la collezione dello svedese Tessin e del<br />
principe del Liechtenstein e molte altre della propria raccolta furono disperse, così<br />
come molte di <strong>Francesco</strong> Algarotti.<br />
Per quanto riguarda gli amatori d’arte tedeschi, J. M. von der Schulemburg (sec.<br />
<strong>XVII</strong>I) fu protettore di Antonio Guardi e Giovan Battista Piazzetta, acquistò la<br />
raccolta Rota (1721) e molte opere della galleria del duca di Urbino. S. Streit,<br />
residente a Venezia, fu grande estimatore di Jacopo Amigoni.<br />
Per la Francia ricordiamo la celebre raccolta Orléans nel Palais royal di Parigi,<br />
detto un secondo Louvre, raccolta creata dal duca Filippo, reggente del trono di<br />
Francia dal 1715 al ’23, ricchissima di quadri italiani dal Rinascimento al Barocco;<br />
dal 1790 si iniziò la totale dispersione delle opere, vendute dalla famiglia in<br />
Inghilterra, dove vennero messe all’asta. Altri collezionisti furono gli ambasciatori<br />
D’Argenson e Zuckmantel e il ministro russo Mordwinoff.<br />
Concludiamo la lezione dicendo che non soltanto la pittura e la scultura attirarono<br />
l’attenzione dei mercanti, ma anche altre forme figurative dell’arte.<br />
E. Jabach acquistò 362 disegni dei Carracci.<br />
P. Crozat fu celebre collezionista soprattutto di disegni; nel 1721 negoziò per<br />
Filippo d’Orléans la collezione di Cristina di Svezia, a Bologna acquistò la<br />
collezione Boschi, a Roma le raccolte di numerosi artisti e quella del cardinale di<br />
Santa Croce, a Urbino disegni di Raffaello. Secondo alcuni studiosi il Crozat si<br />
vantava di possedere 155 disegni dell’urbinate, 292 di Polidoro da Caravaggio, e<br />
così via<br />
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