Vigneto friuli - Claudio Fabbro

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06.02.2013 Views

Dopo la parentesi della prima guerra che gli impose dei lasciare l’Impero ex A.U. ed il “ Friuli austriaco” (sinistra Judrio ) per rientrare in quello “ italiano” tornò ad essere il fedele “fattore” della Famiglia Cosolo, proprietari terrieri in Fogliano Redipuglia e dintorni. Non c’era miglior regalo, per me, che saltare sul suo “ Cucciolo” e girare le campagne in riva all’Isonzo, parlare con i guardiacaccia( uno me lo ricordo bene, era soprannominato “ Badoglio”…) , assistere ai lavori . Nel senso di intralciarli con l’alibi dell’innocenza . Nonno Pio aveva piantato Tocai e Malvasia intorno alla casa di Sagrado. La vendemmia era giorno di festa e la pigiatura trovava noi, i quattro nipoti , puntuali a passare ore nel tino( “ spremitura soffice” la chiamerebbero ora..) . Ogni tanto gli scappava qualche ritardo nei travasi, tracce di acidità volatile e qualche incipiente ossidazione. Nonno Pio ed il Patriarcato dei Fabbro, anni ‘40 Al che nonna Romilda ( pure di Povoletto e fieramente zia di Adriano Degano , espressione d’alta friulanità in quel di Roma e non solo ) andava a nozze , gelosa delle priorità del nonno che ponevano il datore di lavoro su un piedistallo e tutto il resto a seguire. La nonna era un’artista nell’allevare animali da cortile, accudiva la stalla ed i maiali, coltivava l’orto ( interpretando gli umori lunari) e dirigeva il traffico famigliare di figli e nipoti del “ patriarcato”

Papà Urbano nacque nel lontano 1913 nel cuore dell’azienda ora denominata Castelvecchio , nel Carso sopra Sagrado . Su quella casa ( dopo le 12 battaglie dell’Isonzo sparì..) sorse prima una cisterna ed ora la vigna di Cabernet , tanto cara al mio amico enologo Gianni Bignucolo. Con papà ( “Lambrettino 48 “) venni iniziato alla viticoltura Isontina , da Sagrado a Monfalcone . Io nacqui pure nel Carso , in una casa modesta che solo la bravura di mamma Rita ( nacque in Costabeorchia di Pinzano al Tagliamento , anno 1921, fra quelle vigne di Ucelut, Cianorie e Piculit neri che Emilio Bulfon seppe salvare dall’oblio..) rendeva dignitosa.. Come dire che la mia infanzia – fra Carso e colline dell’Alto Spilimberghese - ha assorbito inconsciamente il fascino delle cosiddette “ viticolture eroiche” . Quando arrivarono le truppe italiane nel 1953 , mandate dal Governo Pella a rintuzzare l’aggressività ricorrente del maresciallo Tito , si meravigliarono che in casa non ci fossero né l’acqua corrente né il bagno . Io e Dik , mamma Rita, mia sorella Sandra e papà Urbano, Sagrado, anni ‘ 70 Il mio “secondo papà “ era il vicino di casa , Gino Stabile, operaio agricolo presso la Tenuta di Oliviero e Cornelio Trentin di Fogliano. Un uomo buono, forte e generoso che letteralmente “ sussurrava ai cavalli” . Infatti vi si allevavano stalloni e puledri per vari usi fra cui il più frequente il trasporto ghiaia dal greto dell’Isonzo ai cantieri edili.

Dopo la parentesi della prima guerra che gli impose dei lasciare l’Impero ex A.U. ed<br />

il “ Friuli austriaco” (sinistra Judrio ) per rientrare in quello “ italiano” tornò ad<br />

essere il fedele “fattore” della Famiglia Cosolo, proprietari terrieri in Fogliano<br />

Redipuglia e dintorni.<br />

Non c’era miglior regalo, per me, che saltare sul suo “ Cucciolo” e girare le<br />

campagne in riva all’Isonzo, parlare con i guardiacaccia( uno me lo ricordo bene, era<br />

soprannominato “ Badoglio”…) , assistere ai lavori .<br />

Nel senso di intralciarli con l’alibi dell’innocenza .<br />

Nonno Pio aveva piantato Tocai e Malvasia intorno alla casa di Sagrado.<br />

La vendemmia era giorno di festa e la pigiatura trovava noi, i quattro nipoti , puntuali<br />

a passare ore nel tino( “ spremitura soffice” la chiamerebbero ora..) .<br />

Ogni tanto gli scappava qualche ritardo nei travasi, tracce di acidità volatile e qualche<br />

incipiente ossidazione.<br />

Nonno Pio ed il Patriarcato dei <strong>Fabbro</strong>, anni ‘40<br />

Al che nonna Romilda ( pure di Povoletto e fieramente zia di Adriano Degano ,<br />

espressione d’alta friulanità in quel di Roma e non solo ) andava a nozze , gelosa<br />

delle priorità del nonno che ponevano il datore di lavoro su un piedistallo e tutto il<br />

resto a seguire.<br />

La nonna era un’artista nell’allevare animali da cortile, accudiva la stalla ed i maiali,<br />

coltivava l’orto ( interpretando gli umori lunari) e dirigeva il traffico famigliare di<br />

figli e nipoti del “ patriarcato”

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