Vigneto friuli - Claudio Fabbro
Vigneto friuli - Claudio Fabbro Vigneto friuli - Claudio Fabbro
CAPITOLO 2° IL "VIGNETO FRIULI"…MINUTO PER MINUTO “ VIGNETO FRIULI “ DALLE ORIGINI AL 1500 (Prime citazioni di "Pucino", "Ribolla", "Malvasia", "Terrano", "Pignolo") ETÀ ROMANA II sec. a.C. - V sec. d.C. I reperti archeologici parlano di una rudimentale preparazione del vino in varie regioni mediterranee già nel terzo millennio a.C. e la Bibbia narra la casuale scoperta di poter trarre dai grappoli di viti spontanee dei fianchi del monte Ararat una bevanda gradevole e stimolante (II millennio a.C.). In Italia la viticoltura si diffuse fin dall’età del bronzo e assunse importanza a partire dal 2000 a.C. in Italia Meridionale e in Sicilia, da dove si esportava vino in grandi quantità. Nell’VIII-VII sec. a.C., ad opera dei Greci in Meridione e degli Etruschi nel Settentrione, la coltivazione della vite si espanse ulteriormente; i coloni greci chiamarono Enotria (terra del vino) l’Italia Meridionale; il vino veniva esportato in Paesi del bacino mediterraneo e oltralpe. In Friuli l’impianto dei vigneti viene avviato in età romana, quando il Senato nel 181 a.C. manda i coloni a fondare Aquileia, come scrive Tito Livio negli Annales. Livio, Strabone ed Erodiano parlano più volte nelle loro opere dei bei vigneti di Aquileia. Il porto fluviale di questa città era un emporio commerciale, da cui partivano anche imbarcazioni cariche di anphorae vinariae destinate ai banchetti e ai palati più raffinati. Notevole contributo ai progressi nella viticoltura e nell’enologia portarono gli scritti di Catone (De agricultura), Varrone (Res Rusticae), Columella (De Re Rustica), Plinio (Naturalis Historia), Virgilio (Georgica). Successivamente i vigneti appaiono più a nord, anche fino alle colline; qui, con il maggior soleggiamento ed i terreni più adatti, i vini sono di qualità superiore. Molti termini specifici del friulano derivano dal latino: ad es., serpî, “potare” (da excerpere), folâ, “pigiare” (da follare), trapa, “vinacce” (da trapeta). I nostri antenati migliorano via via le tecniche di coltivazione della vite e di produzione del vino. Nel III-IV secolo d.C., con la crisi dell’Impero, inizia il declino della viticoltura, anche per le forti tasse cui erano sottoposti i vigneti. ( Lenarduzzi S. ) 238 a.c.: cenni di coltivazione della vite nel goriziano (ERODIANO, 238 a.C.); 181 a.C.: fondazione di Aquileia e prime coltivazioni della vite;
I° sec. d.C.: l'Imperatrice LIVIA AUGUSTA (Drusilla) attribuiva la salute dei suoi 86 anni al vino "Pucino" (PLINIO IL VECCHIO), che DALMASSO e COSMO ritengono sia stato "Glera" o "Prosecco" e non "Terrano ; 100-200 d.C. :"coltivazione della vite documentata da VARRONE e COLUMELLA" (Marangoni B.,Peterlungher E., 1985); I BARBARI E IL MEDIOEVO (VI-X sec.) Quando i Longobardi giungono in Friuli (VI sec. d.C.), piantano molti vigneti. Anche se non erano dei consumatori, danno importanza al vino e tra i loro dèi pongono Bacco Leneo (l’epiteto significa “torchio”). Eliminano i piccoli boschi, anche sulle nostre colline, per avere più spazio per i vigneti. Fanno salire le viti sui pioppi, gli olmi e altri alberi che potano tutte le primavere perché l’uva maturi. Nei contratti agrari medioevali spesso si stabilisce l’obbligo di piantare delle viti. I vigneti sono coltivati con molta cura nelle proprietà dei vescovi, dei monaci, degli ordini religiosi, della nobiltà laica. Il vino era necessario per la Messa e la comunione dei fedeli che fino al XII sec. consumavano sia il pane che il vino consacrati. Per principi e feudatari il vino era simbolo di prestigio e di cultura. In un documento del 762 si parla del tributo di cento anfore di vino che i liberi coltivatori di Medea e Cisis dovevano dare ogni anno al Monastero femminile fondato dai tre fratelli longobardi Erfo, Anto e Marco a Salt di Povoletto (UD); parte del vino veniva certamente commerciato. Poiché le campagne erano insicure, i vigneti venivano posti nelle vicinanze o dentro le mura di città, monasteri, castelli (cfr. tracce nella toponomastica come, ad Aquileia, “Via delle Vigne Vecchie”). (Lenarduzzi S.) 534 : Teodato (nipote di Teodorico) restituisce il vino - prelevato quale contributo - a Concordia, Aquileia, Cividale (Marangoni B., Peterlungher E., 1985)) IL PATRIARCATO (XI-XIV sec.) Dopo il 1000 il vino friulano viene portato nei paesi tedeschi e nella Repubblica Veneta. I Patriarchi di Aquileia favoriscono il commercio del vino, perché serve ai sacerdoti tedeschi per la Messa e per- ché entrano in Friuli, attraverso la dogana di Venzone, legna, carne di maiale, ingrassato con le ghiande dei boschi di querce della Baviera. Francesco Petrarca scrive che era stato a pranzo nel 1368 dal re Carlo IV di Lussemburgo e che aveva visto bere sei botti di buonissimo vino friulano. Alla fine del Medioevo il vino friulano, trasportato ormai in botti di legno più sicure e maneggevoli, veniva commerciato nei paesi del nord Europa; in alcuni documenti si parla infatti della ribolla friulana inviata ai despoti di Mosca dal Gran Maestro dei Cavalieri dell’Ordine Teutonico. (Lenarduzzi S.)
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100-200 d.C. :"coltivazione della vite documentata da VARRONE e<br />
COLUMELLA" (Marangoni B.,Peterlungher E., 1985);<br />
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Quando i Longobardi giungono in Friuli (VI sec. d.C.), piantano molti vigneti.<br />
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pioppi, gli olmi e altri alberi che potano tutte le primavere perché l’uva maturi.<br />
Nei contratti agrari medioevali spesso si stabilisce l’obbligo di piantare delle viti.<br />
I vigneti sono coltivati con molta cura nelle proprietà dei vescovi, dei monaci, degli<br />
ordini religiosi, della nobiltà laica. Il vino era necessario per la Messa e la comunione<br />
dei fedeli che fino al XII sec. consumavano sia il pane che il vino consacrati. Per<br />
principi e feudatari il vino era simbolo di prestigio e di cultura.<br />
In un documento del 762 si parla del tributo di cento anfore di vino che i liberi<br />
coltivatori di Medea e Cisis dovevano dare ogni anno al Monastero femminile<br />
fondato dai tre fratelli longobardi Erfo, Anto e Marco a Salt di Povoletto (UD); parte<br />
del vino veniva certamente commerciato.<br />
Poiché le campagne erano insicure, i vigneti venivano posti nelle vicinanze o dentro<br />
le mura di città, monasteri, castelli (cfr. tracce nella toponomastica come, ad<br />
Aquileia, “Via delle Vigne Vecchie”). (Lenarduzzi S.)<br />
534 : Teodato (nipote di Teodorico) restituisce il vino - prelevato quale<br />
contributo - a Concordia, Aquileia, Cividale (Marangoni B., Peterlungher E., 1985))<br />
IL PATRIARCATO (XI-XIV sec.)<br />
Dopo il 1000 il vino friulano viene portato nei paesi tedeschi e nella Repubblica<br />
Veneta.<br />
I Patriarchi di Aquileia favoriscono il commercio del vino, perché serve ai sacerdoti<br />
tedeschi per la Messa e per- ché entrano in Friuli, attraverso la dogana di Venzone,<br />
legna, carne di maiale, ingrassato con le ghiande dei boschi di querce della Baviera.<br />
Francesco Petrarca scrive che era stato a pranzo nel 1368 dal re Carlo IV di<br />
Lussemburgo e che aveva visto bere sei botti di buonissimo vino friulano.<br />
Alla fine del Medioevo il vino friulano, trasportato ormai in botti di legno più sicure e<br />
maneggevoli, veniva commerciato nei paesi del nord Europa; in alcuni documenti si<br />
parla infatti della ribolla friulana inviata ai despoti di Mosca dal Gran Maestro dei<br />
Cavalieri dell’Ordine Teutonico. (Lenarduzzi S.)