Vigneto friuli - Claudio Fabbro
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generalmente ed indisturbatamente "Tokaj o Tokai". Il tribunale accoglieva le proposte domande sotto il profilo della concorrenza sleale. Appellavano gli Economo Interveniva in causa il Pubblico Ministero, il quale concludeva per il rigetto delle domande della Monimpex. La Corte di Appello di Trieste, in totale riforma della decisione di primo grado, con la sentenza ora impugnata del 27 luglio 1959 ha respinto le domande proposte dalla Monimpex. Ricorre detta società ungherese con otto mezzi di annullamento a cui resistono gli eredi Economo con controricorso. IL DIRITTO Con il primo mezzo la ricorrente società Monimpex si duole che la Corte del merito abbia ritenuto inapplicabili al caso le norme dell'accordo di Madrid del 1891 sulla soppressione delle false indicazioni di convenienza delle merci. La censura non coglie nel segno. L'accordo di Madrid del 1892 nel suo testo revisionato a Londra il 2 giugno 1934 ha avuto vigore in Italia col D.P. 12.6.1950 n. 865 che lo ha reso esecutivo. Detto accordo è inteso a reprimere le false indicazioni di origine o di provenienza dei prodotti ed esclude dalla sua protezione giuridica i nomi di località o regione caduti in dominio pubblico che, a seguito della generalizzazione dell'uso, hanno perduto l'attitudine a caratterizzare il prodotto e quindi costituire atto di concorrenza sleale. Per quanto attiene invece ai prodotti vinicoli, è stabilito (art. 4) che l'uso delle denominazioni regionali, per prodotti vinicoli diversi, per origine e provenienza, da quelli della specifica denominazione, costituisce sempre, indipendentemente dalla confondibilità dei prodotti, atto di concorrenza sleale per la possibilità della confusione dei nomi, sicchè ai fini della tutela giuridica, è attribuita alle denominazioni, di origine e provenienza dei prodotti vinicoli sostanziale carattere di esclusiva . Ora, anche a voler ritenere, secondo la tesi della ricorrente, che Italia e Ungheria siano vincolate al cennato accordo di Madrid del 1891 (avendo l'Ungheria aderito all'accordo del 1934 sulla base del testo revisionato all'Aja del 1925) consegue pur sempre la ritenuta inapplicabilità nel caso delle accennate norme. Poichè mirando queste, come leggesi nella intestazione di quello strumento sostanzialmente a "la repression des fauseses indications de provenence sur la marchandise", si presuppone ovviamente in ogni caso che venga usata una falsa indicazione, in modo diretto o indiretto, di provenienza di un determinato prodotto. Falsità che non può sicuramente ipotizzarsi nella fattispecie concreta, essendo certo un punto di fatto, come diffusamente hanno spiegato i giudici del merito, l'uso contemporaneo, pacifico e indisturbato da secoli delle due denominazioni, Tokaj in Ungheria (per il vino dolce da dessert) e Tocaj o Tokay in Italia (per il vino secco da
pasto prodotto in Friuli e nelle zone finitime). Al riguardo la Corte di appello ha posto in risalto come, a seguito della istituzione a Parigi nel 1924 de l'"Office international du Vin", Italia e Ungheria parteciparono ufficialmente ai lavori del predetto Ufficio, tanto che i due Stati - giusta la documentazione risultante dal relativo bollettino, n. 210 dell'agosto 48 indicarono, l'Ungheria, tra gli altri vini come nomi di origine controllati, cinque tipi di Tokai, variamente specificati, l'Italia, tra gli altri vini superiori, il "Tocai Friulano o di Lison" impiegando così le due nazioni, senza contrasti, lo stesso nome (comuque scritto, ma di un'unica assonanza). Quindi niuna ipotesi configurabile di atto illecito, commesso in Italia, per falsa indicazione della denominazione del vino friulano posto in vendita dagli Economo; ipotesi, ripetesi, che solo avrebbe potuto legittimare, sia pure con la più ampia estensione delle norme dell'Arrangement de Madrid al rapporto privato dedotto in giudizio, l'applicabilità delle norme stesse a detto rapporto (e non può qui certo disconoscersi che anche lo staniero può invocare dai nostri tribunali la tutela delle norme di diritto interno emanato dallo Stato in relazione ad atti di diritto internazionale al fine di ottenere la repressione dello illecito che assume commesso in Italia a suo danno). Ed esclusa perciò la applicabilità al caso di specie della convenzione di Madrid, a ragione la Corte triestina ha esaminato la cosa sotto il profilo della concorrenza sleale, quale disciplinata dall'art. 2598 n. 1 e 3 cod. civile in conformità del resto alla domanda dell'odierno ricorrente che lamentava essenzialmente l'uso illecito (quanto meno per colpa) da parte degli Economo del nome "Tokay" sotto il profilo della confondibilità dei prodotti e della correttezza commerciale. E a tale aspetto assorbente della controversia sono infatti dedicati gli altri mezzi del ricorso, i quali per la loro stretta connessione possono essere quindi esaminati congiuntamente. Si dice dalla ricorrente (e le censure si ripetono sotto varie formulazioni dal secondo al sesto motivo del ricorso) che la corte del merito trattando della denunciata concorrenza sleale inutilmente si è soffermata a dimostrare che essa Monimpex non poteva avvalersi delle disposizioni di carattere internazionale o intorno al tema di brevetti per marchi di impresa, quando era pacifico in causa che entrambe le pretesi delle parti si fondavano su meri marchi di fatto, per cui si sarebbe solo dovuto considerare, sul piano della concorrenza, la caratteristica e la funzione di marchio di fatto della denominazione geografica "Tokay" per la priorità dell'uso invalso ed incessante, da secoli e secoli, di contraddistinguere con la denominazione stessa, con smercio in Italia, i vini originali provenienti dalla omonima regione dell'Ungheria (sul quale punto erano state dedotte specifiche prove ingiustamente respinte dalla Corte di appello). In ordine a queste censure è da rilevare che inutilmente le censure stesse si rivolgono contro tali argomentazioni , essendo principio ben noto che le considerazioni, eventualmente contenute nella motivazione, ma senza riflesso alcuni sul dispositivo, anche se il giudizio di merito sia incorso in inesattezze ed errori giuridici, non giustificavano la cassazione della sentenza, bastando i soli argomenti correnti e non
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pasto prodotto in Friuli e nelle zone finitime).<br />
Al riguardo la Corte di appello ha posto in risalto come, a seguito della istituzione a<br />
Parigi nel 1924 de l'"Office international du Vin", Italia e Ungheria parteciparono<br />
ufficialmente ai lavori del predetto Ufficio, tanto che i due Stati - giusta la<br />
documentazione risultante dal relativo bollettino, n. 210 dell'agosto 48 indicarono,<br />
l'Ungheria, tra gli altri vini come nomi di origine controllati, cinque tipi di Tokai,<br />
variamente specificati, l'Italia, tra gli altri vini superiori, il "Tocai Friulano o di<br />
Lison" impiegando così le due nazioni, senza contrasti, lo stesso nome (comuque<br />
scritto, ma di un'unica assonanza).<br />
Quindi niuna ipotesi configurabile di atto illecito, commesso in Italia, per falsa<br />
indicazione della denominazione del vino friulano posto in vendita dagli Economo;<br />
ipotesi, ripetesi, che solo avrebbe potuto legittimare, sia pure con la più ampia<br />
estensione delle norme dell'Arrangement de Madrid al rapporto privato dedotto in<br />
giudizio, l'applicabilità delle norme stesse a detto rapporto (e non può qui certo<br />
disconoscersi che anche lo staniero può invocare dai nostri tribunali la tutela delle<br />
norme di diritto interno emanato dallo Stato in relazione ad atti di diritto<br />
internazionale al fine di ottenere la repressione dello illecito che assume commesso in<br />
Italia a suo danno).<br />
Ed esclusa perciò la applicabilità al caso di specie della convenzione di Madrid, a<br />
ragione la Corte triestina ha esaminato la cosa sotto il profilo della concorrenza<br />
sleale, quale disciplinata dall'art. 2598 n. 1 e 3 cod. civile in conformità del resto alla<br />
domanda dell'odierno ricorrente che lamentava essenzialmente l'uso illecito (quanto<br />
meno per colpa) da parte degli Economo del nome "Tokay" sotto il profilo della<br />
confondibilità dei prodotti e della correttezza commerciale.<br />
E a tale aspetto assorbente della controversia sono infatti dedicati gli altri mezzi del<br />
ricorso, i quali per la loro stretta connessione possono essere quindi esaminati<br />
congiuntamente.<br />
Si dice dalla ricorrente (e le censure si ripetono sotto varie formulazioni dal secondo<br />
al sesto motivo del ricorso) che la corte del merito trattando della denunciata<br />
concorrenza sleale inutilmente si è soffermata a dimostrare che essa Monimpex non<br />
poteva avvalersi delle disposizioni di carattere internazionale o intorno al tema di<br />
brevetti per marchi di impresa, quando era pacifico in causa che entrambe le pretesi<br />
delle parti si fondavano su meri marchi di fatto, per cui si sarebbe solo dovuto<br />
considerare, sul piano della concorrenza, la caratteristica e la funzione di marchio di<br />
fatto della denominazione geografica "Tokay" per la priorità dell'uso invalso ed<br />
incessante, da secoli e secoli, di contraddistinguere con la denominazione stessa, con<br />
smercio in Italia, i vini originali provenienti dalla omonima regione dell'Ungheria (sul<br />
quale punto erano state dedotte specifiche prove ingiustamente respinte dalla Corte di<br />
appello).<br />
In ordine a queste censure è da rilevare che inutilmente le censure stesse si rivolgono<br />
contro tali argomentazioni , essendo principio ben noto che le considerazioni,<br />
eventualmente contenute nella motivazione, ma senza riflesso alcuni sul dispositivo,<br />
anche se il giudizio di merito sia incorso in inesattezze ed errori giuridici, non<br />
giustificavano la cassazione della sentenza, bastando i soli argomenti correnti e non