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Vigneto friuli - Claudio Fabbro

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Prosecco” o addirittura al “dorato Vipacco”, soprattutto per quel nigerrima,<br />

sottolineata da Plinio in un altro passo dell’Historia.<br />

Anche Discoride (o Dioscuride) Pedanio, medico della Cilicia e contemporaneo di<br />

Plinio nel suo Sulla storia medica, parlando della forza che caratterizza questo vino,<br />

chiamato dai greci Pictano e Paretipiano, ne esalta le virtù curative. Oltre alle<br />

proprietà curative riconosciute almeno ad un vino friulano c’è da segnalare l’utilizzo<br />

in zona della botte, invenzione celtica, la cui diffusione indusse più tardi qualche<br />

studioso ad attribuire erroneamente la sua nascita al genio dei vignaioli friulani.<br />

All’inizio di quel primo millennio la popolazione contadina si concentrava in<br />

grandissime aziende e latifondi e aveva moltissime specializzazioni fra cui erano<br />

annoverate le professioni del bifolco, dell’aratore, dell’asinaio, dell’erpicatore, del<br />

mietitore, del fattore, del torcitore, del vignaiolo, dello zappatore e molte altre ancora,<br />

e nonostante gli aspetti negativi e il duro lavoro a cui erano costretti schiavi, popolo e<br />

soggetti poveri, il lavorare in campagna era un’occupazione ambìta che garantiva<br />

almeno un pasto al giorno. Scriveva Varrone nel suo De Agricoltura che gli strumenti<br />

con cui si lavora la terra sono di tre categorie: strumenti parlanti, strumenti<br />

semiparlanti e strumenti muti. Gli schiavi erano gli strumenti parlanti.<br />

I secoli che seguirono videro fiorire l’agricoltura e la viticoltura di pari passo con il<br />

fiorire e il diffondersi del cristianesimo. Il fenomeno si protrarrà in tutta la regione<br />

per molti secoli ancora intorno ad abbazie e conventi. Alcuni documenti attestano una<br />

forte vitalità intorno alla viticoltura; è infatti nel 1170 che si registra una<br />

compravendita di terreni vitati (Rebula) in San Floriano del Collio fra la Badessa<br />

Irmilint d’Aquileia e alcuni agricoltori locali e ancora in un contratto di Robiola del<br />

1299. Negli atti di un certo notaio Ermanno da Gemona (Notariorum Joppi), si legge<br />

la compravendita di terreni vitati, mentre nel 1340 in un documento in Barbana del<br />

Collio, registrato in Gorizia il 13 novembre dello stesso anno, accanto alla Ribolla si<br />

fa menzione di Malvasia, Terrano e Pignolo, vitigni dai quali già si ricavavano dei<br />

vini, presenti sempre e comunque, in cene, incontri, doni ed eventi anche nei periodi<br />

successivi.<br />

È bello “frugare” fra i documenti storici del nostro passato: in essi si scoprono i fatti e<br />

le disfatte di questa terra di confine. Curiosando tra le carte si scopre che nel 1632 fu<br />

Aurora Formentini, antenata degli attuali Conti di S. Floriano del Collio, a portare in<br />

dote con patto relativo alle nozze ( febbraio 1632 ) avvenute con il nobile ungherese<br />

Adam Batthyany “[...] vitti di Toccai… nel numero di 300”. Il patto è custodito<br />

gelosamente dai conti Michele e Filippo Formentini al Castello di S. Floriano e oltre<br />

ad essere toccato con mano da chi scrive è stato visionato e letto con attenzione a<br />

livello di Avvocatura della Regione dall’avvocato Enzo Bevilacqua, coraggioso<br />

paladino del bianco più amato dai friulani che al T.A.R. del Lazio ed ora anche alla<br />

Corte di giustizia dell’Unione europea in Lussemburgo cerca di difendere non solo il<br />

nome, ma il valore storico di un simile vitigno.<br />

Innumerevoli sono le citazioni e le fonti storiche a cui potrei far riferimento per<br />

illustrare la complessità della viticoltura friulana in questi secoli; certamente non

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