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Vigneto friuli - Claudio Fabbro

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come "Sezione dell'Accademia Udinese", di cui egli fu "Segretario perpetuo", ma<br />

solo fino al 1780. Essa nacque, non senza resistenze, su proposta di Antonio Zanon e<br />

fu fermamente sostenuta dallo stesso Fabio Asquini con intenti pratici di carattere<br />

formativo e sperimentale, applicando, forse senza saperlo quello spirito concreto<br />

dell'"Illuminismo" che in quel torno di tempo spirava nelle parti più moderne della<br />

cultura italiana. Il modello era l'analoga "Accademia Svizzera di Berna" : in Italia<br />

essa fu seconda solo all'"Accademia dei Georgofili di Firenze. Ci sono rimaste 173<br />

lettere di Antonio Zanon a Fabio Asquini, scritte con cadenza pressochè settimanale<br />

dal 1762 al 1769, che offrono uno straordinario spaccato della società friulana del<br />

tempo.<br />

La capacità imprenditoriale di "Fabio Asquini" gli fece comprendere come<br />

potesse essere apprezzato da una schiera di eletti e raffinati intenditori un vino di<br />

grande pregio, dolce e pertanto esente dalla pericolosa concorrenza francese. La sua<br />

prima vendita, di 14 bottiglie, risale al 1758. Negli anni Sessanta le vendite<br />

superarono i millecento litri annui. E' probabile che l'"Asquini" si sia ispirato al<br />

"Tokaji d'Ungheria", ben noto in tutto l'Impero Asburgico e allora penalizzato dagli<br />

avvenimenti connessi con la guerra dei "Sette Anni" (1756-1763).<br />

Il "Picolit" è un prodotto completamente nuovo che si afferma esattamente nel<br />

momento di crisi delle forniture tradizionali. Fabio Asquini non riuscì a eliminare le<br />

contraffazioni, contro cui inutilmente lottò. Tuttavia vari "Picolit", comunque e da<br />

chiunque prodotti, si vendevano dovunque a caro prezzo e ciò favorì di molto<br />

l'Asquini, che stabilì per il suo prodotto un prezzo 37 volte superiore a quello del<br />

vino comune. I nobili italiani, in servizio presso le varie Corti europee, ben volentieri<br />

servivano "Picolit" alle loro mense e così diventavano, non del tutto<br />

incosapevolmente, una sorta di agenti commerciali allestero.<br />

Dagli accurati elenchi, registri e documenti di Fabio Asquini e della sua<br />

corrispondenza con Antonio Zanon, suo consigliere e venditore, possiamo trarre<br />

informazioni anche minute sulla coltura del "Picolit" e la lavorazione del vino. Una<br />

proprietà di Fagagna (la braida di casa?) nell'anno 1761 produceva le seguenti<br />

quantità di vino:<br />

- "Picolit" litri 193, "Candia" litri 28, "Refosco" litri 19, "Marzemin" litri 12.<br />

Più del 70% era vino dolce, il solo che per il suo pregio poteva sopportare gli<br />

alti costi di trasporto. L'Asquini progetta pergolati in senso N-S, distanti 18-20 piedi<br />

tra loro, piantati entro un fosso, al cui fondo calcinacci o pietrame assicuravano un<br />

buon drenaggio, con terra e letame. Solo dopo sette anni si costruiva il pergolato<br />

definitivo, nel terreno sempre pulito.<br />

La vinificazione ricorda quella del "Vin santo". I grappoli, vendemmiati ben<br />

maturi, erano distesi su vinchi o appesi. Dopo la spremitura il liquido si conservava<br />

fino a Pasqua in caratelli, aperti ogni quindici giorni per far esalare gli spiriti del vino.

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