Vigneto friuli - Claudio Fabbro
Vigneto friuli - Claudio Fabbro Vigneto friuli - Claudio Fabbro
Nel Settecento il generale sviluppo dell'agricoltura in Friuli ebbe positivi riflessi anche sulla coltivazione della vite, che venne stesa e regolamenta. La "Patria del Friuli" venne identificata come terra di vini per eccellenza e raffigurata come una bella donna con la testa turrita, seduta su cornucopie, circondata da tralci di vite ricchi di grappoli d'uva. La simpatia di cui godevano i vini friulani è bene espressa da "Carlo Goldoni" che ricorda con queste parole il soggiorno presso i Conti "Lantieri" di Gorizia". "I vini erano eccellenti; vi era un certo vino rosso, che si chiamava "fa figlioli", e che dava motivo di belle lepidezze. Il giorno di San Carlo , per la festa di Sua Maestà Imperiale, si presentò a ciascun convitato una "coppa" di foggia del tutto singolare: era un "apparato" di vetro d'altezza di piede, composta da varie palle che andavano digradando, e che erano separate da tubicini, e finivano con una apertura allungata che comodamente portava alla bocca, e di lì si faceva uscire il liquido; si riempiva il fondo della "machine" che si chiamava glo-glo; avvicinandone la sommità alla bocca, e alzando il gomito, il vino passava per i tubi e le palle, facendo un suono armonioso; e tutti i convitati bevendo allo stesso tempo, procuravano un "accordo" del tutto nuovo e piacevolissimo". Per quanto riguarda gli aspetti ampelografici gli Autori così sintetizzano : ”Grappolo : piccolo, alato, acinellato, talvolta con un'ala come il grappolo. Acino piccolo, trasparente. Buccia pruinosa. Normalmente ogni grappolo porta 15-30 piccoli acini. Vinaccioli grandi - globosi, in numero di due o tre”. Cenni storici : “ Il "Picolit" - scrivono gli Autori- è una gemma viticola ed enologica per il Friuli. E' l'unico vitigno friulano descritto nell'ampelografia del "Gallesio" : era in antico coltivato e tenuto in grandissima considerazione, tanto che lo stesso "Goldoni" ebbe a dire: "il "Picolit" del Tokai germano" (intendendo per "Tokaj" quello di Ungheria fatto con il "Furmint" ). Certamente fu merito del Conte"Fabio Asquini", nella seconda metà del 1700 l'aver posto in giusta luce il valore del vitigno, coltivato su larga scala a Fagagna, tanto da poterlo esportare presso la Corte di Francia, l'Imperatore d'Austria, lo Zar di Russia, la Corte Papale, ecc. Oggi, la coltivazione del "Picolit" è concentrata sulle colline eoceniche del Cividalese e la ragione della sua ridotta coltivazione va ricercata nell'aborto fiorale, suo malanno fisiologico. Vino: di finezza straordinaria, è di colore giallo paglierino carico, delicatamente profumato (con i profumi di fiori di campo, di mandorla, pesco, acacia e castagno), amabile, con infinita gamma di gusti, tra cui emerge un aggraziato mandorlato. Accostamenti gastronomici: difficile l'accostamento di questo grandissimo vino. Come un brillante, come un quadro d'autore, come una preziosa perla, preferisce la solitudine. E' un grande vino da "meditazione" sorprendentemente buono su alcuni formaggi piccanti. Va servito fresco ma non freddo.
Sulle origini del vitigno "Picolit" si sa ben poco. Antonio Zanon mostra di credere che si tratti di una provenienza africana trasferita in Francia, dove il suo vino venne chiamato popolarmente "pique-poulle" da cui sarebbe derivato la versione friulano di "piculìt". Antonio Bartolini, contemporaneo di "Fabio Asquini e lui stesso coltivatore di "Picolit" a Buttrio, scrive che questo vino si fa con le viti trapiantate dall'Ungheria, dalla colline di "Tokai". Per "Gaetano Perusini", etnografo e produttore di "Picolit", è invece sicura l'origine friulana del vitigno. Lo scrive anche il "Gallesio", all'inizio dell'Ottocento in un celebre trattato sugli alberi fruttiferi italiani: "Il Friuli è il paese del "Piccolito". Tutto fa credere che non vi sia stato trasportato in quel luogo per caso, e che gli abitanti avranno messo in coltura la dolcezza e la fragranza dell'uva che produce". Gli Autori riconoscono a Fabio Asquini e ad Antonio Zanon un ruolo decisamente importante nella valorizzazione del vitigno in questione, come bene emerge dalle note che seguono : FABIO ASQUINI (1726 - 1818) “ E' difficile classificare l'attività di "Fabio Asquini", multiforme e poliedrica, tale da renderlo un nobile illuminato, personaggio di grande spicco anche tra i membri della sua famiglia, molti dei quali nel Settecento divennero per varie ragioni famosi. Diventato capofamiglia appena all'età di 18 anni, volse la sua principale attività alla modernizzazione dell'agricoltura, che tentò in tutti i modi nella sua tenuta sperimentale di Fagagna detta(Nuova Olanda). In essa si dedicò all'escavazione e allo sfuttamento della torba (presente in abbondanza nelle torbiere dell'area collinare) che utilizzò per la produzione di laterizi dando vita al principale impianto per la produzione di calcina e laterizi del territorio friulano. Con abile capacità mercantile riuscì a collocare i suoi prodotti presso i principali committenti edili della città di Udine, che allora erano "l'Ospedale civile, il Capitolo del Duomo, il Monte di Pietà e il Seminario". Impiantò anche una "figulina" per la produzione di "Vasellame di terra a usi bassi e ordinari", maioliche e stufe, per cui dopo varie trattative riuscì ad assicurarsi nel 1785 l'opera del torinese Giuseppe Antonio Rollet già celebre per la sua attività a Urbino. Tra i nuovi prodotti agricoli si dedicò allo studio e alla sperimentazione della coltivazione delle patate, del granoturco, del gelso, alle bonifiche delle aree paludose e alla coltura della vite pregiata per cui divenne soprattutto celebre per "l'invenzione" del "Picolit". Un suo corrispondente, in un a relazione all'Accademia di Padova del 3 marzo 1800, lo definisce "Promotore e benemerito della semplice medicina....per aver indagato distesamente le facoltà medicinali del santonico". La sua curiosità e i risultati delle sue ricerche vennero progressivamente proposti nelle sedute della "Società d'Agricoltura Pratica di Udine" nata nel 1762 e rimasta in vita fino al 1797,
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Nel Settecento il generale sviluppo dell'agricoltura in Friuli ebbe positivi<br />
riflessi anche sulla coltivazione della vite, che venne stesa e regolamenta. La "Patria<br />
del Friuli" venne identificata come terra di vini per eccellenza e raffigurata come una<br />
bella donna con la testa turrita, seduta su cornucopie, circondata da tralci di vite<br />
ricchi di grappoli d'uva. La simpatia di cui godevano i vini friulani è bene espressa da<br />
"Carlo Goldoni" che ricorda con queste parole il soggiorno presso i Conti "Lantieri"<br />
di Gorizia".<br />
"I vini erano eccellenti; vi era un certo vino rosso, che si chiamava "fa figlioli",<br />
e che dava motivo di belle lepidezze. Il giorno di San Carlo , per la festa di Sua<br />
Maestà Imperiale, si presentò a ciascun convitato una "coppa" di foggia del tutto<br />
singolare: era un "apparato" di vetro d'altezza di piede, composta da varie palle che<br />
andavano digradando, e che erano separate da tubicini, e finivano con una apertura<br />
allungata che comodamente portava alla bocca, e di lì si faceva uscire il liquido; si<br />
riempiva il fondo della "machine" che si chiamava glo-glo; avvicinandone la sommità<br />
alla bocca, e alzando il gomito, il vino passava per i tubi e le palle, facendo un suono<br />
armonioso; e tutti i convitati bevendo allo stesso tempo, procuravano un "accordo"<br />
del tutto nuovo e piacevolissimo".<br />
Per quanto riguarda gli aspetti ampelografici gli Autori così sintetizzano :<br />
”Grappolo : piccolo, alato, acinellato, talvolta con un'ala come il grappolo. Acino<br />
piccolo, trasparente. Buccia pruinosa. Normalmente ogni grappolo porta 15-30<br />
piccoli acini. Vinaccioli grandi - globosi, in numero di due o tre”.<br />
Cenni storici :<br />
“ Il "Picolit" - scrivono gli Autori- è una gemma viticola ed enologica per il Friuli. E'<br />
l'unico vitigno friulano descritto nell'ampelografia del "Gallesio" : era in antico<br />
coltivato e tenuto in grandissima considerazione, tanto che lo stesso "Goldoni" ebbe<br />
a dire: "il "Picolit" del Tokai germano" (intendendo per "Tokaj" quello di Ungheria<br />
fatto con il "Furmint" ). Certamente fu merito del Conte"Fabio Asquini", nella<br />
seconda metà del 1700 l'aver posto in giusta luce il valore del vitigno, coltivato su<br />
larga scala a Fagagna, tanto da poterlo esportare presso la Corte di Francia,<br />
l'Imperatore d'Austria, lo Zar di Russia, la Corte Papale, ecc. Oggi, la coltivazione del<br />
"Picolit" è concentrata sulle colline eoceniche del Cividalese e la ragione della sua<br />
ridotta coltivazione va ricercata nell'aborto fiorale, suo malanno fisiologico.<br />
Vino: di finezza straordinaria, è di colore giallo paglierino carico, delicatamente<br />
profumato (con i profumi di fiori di campo, di mandorla, pesco, acacia e castagno),<br />
amabile, con infinita gamma di gusti, tra cui emerge un aggraziato mandorlato.<br />
Accostamenti gastronomici: difficile l'accostamento di questo grandissimo vino.<br />
Come un brillante, come un quadro d'autore, come una preziosa perla, preferisce la<br />
solitudine. E' un grande vino da "meditazione" sorprendentemente buono su alcuni<br />
formaggi piccanti. Va servito fresco ma non freddo.