Vigneto friuli - Claudio Fabbro
Vigneto friuli - Claudio Fabbro Vigneto friuli - Claudio Fabbro
PICOLIT "E' una gloria ed un vanto della viticoltura friulana ed è la dimostrazione evidente che anche a latitudini elevate alcuni vitigni possono dare dei prodotti di bontà veramente superiore. Vitigno certamente antichissimo, tantochè il Goldoni lo celebrò chiamandolo "del Tokay germano" riferendosi, si intende, al Tokay ungherese. Il Gallesio lo onorò di una descrizione nella sua Ampelografia riproducendo, in una tavola, grappolo e foglia. Qualche Autore lo ritenne anche coltivato ai tempi dei Romani. Il conte Fabio Asquini, nella seconda metà del Settecento, lo riproduceva in quel di Fagagna in discreta quantità e si dice che ne esportasse oltre 100 mila bottigliette della capacità di un quarto di litro, alle corti di Francia, d'Austria e di Russia; anche i Papi tenevano il vino in grande considerazione. Nella "Storia della Vite e del Vino" il prof. Giovanni Dalmasso al capitolo XIX-Vol.III, scrive a proposito di Picolit: "nel Settecento per la grandissima fama del vino che se ne otteneva era andato diffondendosi nelle vicine province ed era anche arrivato in Toscana portatovi dal Canonico Andrea Zucchini ed in Emilia, (Scandiano)". Ed ancora egli accenna alla memoria di F. M. Malavolti (anno 1772) che scriveva: "il Picolit che non solo anco di recente ha potuto gareggiare alle mense di Forestieri, Signori e Sovrani con quelli dei migliori climi, ma ha potuto, eziandio a nostra gloria, riportare la palma". Egli alludeva ad un invio fatto dal conte di Montalbano, di Picolit di Conegliano, al re di Francia. Ed ancora il prof. Dalmasso nella sua pubblicazione: "I vini tipici dei Colli Trevigiani" si sofferma largamente sulla coltura del Picolit nella provincia di Treviso: il vino veniva spedito nei più lontani paesi ed era talmente tenuto in onore che negli Atti dell'Accademia dell'Agraria di Conegliano, in data 18 marzo 1778, si legge che fu "deliberato di stampare 2.500 copie del certificato comandato dall'Ecc.mo Senato col suo decreto 10 giugno 1786 di esenzione dei dazi stradali del Picolit di Conegliano, siccome pure di eleggere uno del corpo di detta Accademia, Deputato a controllare la spedizione di tale vino ed a rilasciare i prescritti certificati". (10) "Antonio Zanon, insigne agronomo friulano (1767) scriveva che le mense di Germania, Inghilterra e Francia venivano allietate da questo delizioso vino. F.M. Malvolti (1772) annotava il grande successo ottenuto dal Picolit alla Corte di Francia. Lodovico Ottelio (1761) parla della diffusione del Picolit in molte Nazioni per opera del co. Fabio Asquini. Lo descrive quindi Odart (1849), Agazzotti (1867), Di Rovasenda (1877). Stranamente viene dimenticato dal Molon, forse perchè all'inizio di questo secolo il vitigno era quasi scomparso. Ma se le tracce circa l'origine di questo vitigno sono incerte, altrettanto si può dire dei luoghi di coltivazione. La bontà di questo vino ebbe nel secolo diciassettesimo tale fama che il vitigno prese la via di Conegliano, Treviso, Vicenza, Bassano e poi giù fino in Emilia e Toscana. Tutti gli Autori che abbiamo citato parlano infatti di Picolit coltivato fuori dal Friuli. Ma se ebbe gran fama in quelle zone, in breve tempo sparì, a causa prima della
degenerazione del fiore e poi dell'invasione fillosserica. Poche migliaia di ceppi rimasero sparsi fra le colline friulane e il nome quasi scomparve. Non a caso il Poggi e gli altri Autori parlano di vinificazione del Picolit con altre uve, tanto poca era la sua quantità. Attualmente quindi vegeta, solo nei terreni eocenici delle province di Udine e Gorizia, (marne ed arenarie del Collio e Colli Orientali del Friuli), dove dà il massimo del suo splendore. Colore giallo paglierino, talvolta carico, spesso giallo oro zecchino, giallo oro vecchio o quasi ambrato dopo alcuni anni di invecchimento. Profumo che ricorda il favo d'api, colmo di miele prodotto con tutti i fiori dei campi. Bouchet ampio, di eccezionale eleganza, straordinariamente amalgamato, che dona, in sequenza, un'incredibile serie di sfumature aromatiche: i fiori di campo, appunto. Sapore dolce-non dolce, di nobile razza, aristocratico, lunghissimo nelle sensazioni che variano in continuazione. Non una nota stonata, e nemmeno più forte dell'altra. Difficile l'accostamento di questo grandissimo vino da meditazione, sorprendentemente buono su alcuni formaggi piccanti. Va servito fresco ma non freddo”.(9) Le ricerche del PITTARO(9) e del POGGI (10) sono state riprese ed approfondite da vari Autori . Di particolare interesse è, a tal proposito , "PICOLIT", ORO DEL FRIULI” di Bergamini e Novajra (*) in cui si legge “ Da sempre il Friuli è terra di vini. Lo testimoniano le chiare parole dello scrittore "Erodiano" sull'abilità dei coloni latini nel coltivare la fertile campagna di Aquileia e quelle dello storico "Strabone" che riferisce degli intensi traffici di carri carichi di vino generoso qui prodotto o trasportato oltralpe. "Pane, vino e ravanelli sono la cena dei poveri" si legge su una lucerna aquileiese del "Primo secolo dopo Cristo". "Clodoveo", re dei Franchi, vinse i Visigoti grazie a un barile di vino consegnategli a Saint Remy: "finchè avessero bevuto di quel vino, i cavalieri sarebbero stati invincibili". Dunque vino divino: ed è probabile che quello friulano avesse le stesse virtù, se i Longobardi, entrati in Friuli nel 568, di qui iniziarono la loro conquista d'Italia. Per tutto il Medioevo il vino costituì un prodotto di uso quotidiano; ne perpetuano il ricordo scritti ed opere d'arte, tra cui una tavoletta trecentesca, che, raffigurando le opere di carità del Patriarca "Bertrando" non dimentica di illustrare una mescita di vino. D'altronde, come residenza estiva i Patriarchi erano usi privilegiare le dolci colline friulane coperte di ricchi vigneti. Anche la "Serenissima Repubblica di Venezia" rese omaggio alla vocazione squisitamente enoica della "Patria del Friuli": non a caso la "Piazza Contarena", la più nobile e importante diUdine, venne chiamata "Plazze dal vin".
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"E' una gloria ed un vanto della viticoltura friulana ed è la dimostrazione<br />
evidente che anche a latitudini elevate alcuni vitigni possono dare dei prodotti di<br />
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Vitigno certamente antichissimo, tantochè il Goldoni lo celebrò chiamandolo<br />
"del Tokay germano" riferendosi, si intende, al Tokay ungherese.<br />
Il Gallesio lo onorò di una descrizione nella sua Ampelografia riproducendo, in<br />
una tavola, grappolo e foglia. Qualche Autore lo ritenne anche coltivato ai tempi dei<br />
Romani.<br />
Il conte Fabio Asquini, nella seconda metà del Settecento, lo riproduceva in<br />
quel di Fagagna in discreta quantità e si dice che ne esportasse oltre 100 mila<br />
bottigliette della capacità di un quarto di litro, alle corti di Francia, d'Austria e di<br />
Russia; anche i Papi tenevano il vino in grande considerazione.<br />
Nella "Storia della Vite e del Vino" il prof. Giovanni Dalmasso al capitolo<br />
XIX-Vol.III, scrive a proposito di Picolit: "nel Settecento per la grandissima fama<br />
del vino che se ne otteneva era andato diffondendosi nelle vicine province ed era<br />
anche arrivato in Toscana portatovi dal Canonico Andrea Zucchini ed in Emilia,<br />
(Scandiano)". Ed ancora egli accenna alla memoria di F. M. Malavolti (anno 1772)<br />
che scriveva: "il Picolit che non solo anco di recente ha potuto gareggiare alle mense<br />
di Forestieri, Signori e Sovrani con quelli dei migliori climi, ma ha potuto, eziandio a<br />
nostra gloria, riportare la palma". Egli alludeva ad un invio fatto dal conte di<br />
Montalbano, di Picolit di Conegliano, al re di Francia.<br />
Ed ancora il prof. Dalmasso nella sua pubblicazione: "I vini tipici dei Colli<br />
Trevigiani" si sofferma largamente sulla coltura del Picolit nella provincia di Treviso:<br />
il vino veniva spedito nei più lontani paesi ed era talmente tenuto in onore che negli<br />
Atti dell'Accademia dell'Agraria di Conegliano, in data 18 marzo 1778, si legge che<br />
fu "deliberato di stampare 2.500 copie del certificato comandato dall'Ecc.mo Senato<br />
col suo decreto 10 giugno 1786 di esenzione dei dazi stradali del Picolit di<br />
Conegliano, siccome pure di eleggere uno del corpo di detta Accademia, Deputato a<br />
controllare la spedizione di tale vino ed a rilasciare i prescritti certificati". (10)<br />
"Antonio Zanon, insigne agronomo friulano (1767) scriveva che le mense di<br />
Germania, Inghilterra e Francia venivano allietate da questo delizioso vino. F.M.<br />
Malvolti (1772) annotava il grande successo ottenuto dal Picolit alla Corte di Francia.<br />
Lodovico Ottelio (1761) parla della diffusione del Picolit in molte Nazioni per opera<br />
del co. Fabio Asquini. Lo descrive quindi Odart (1849), Agazzotti (1867), Di<br />
Rovasenda (1877). Stranamente viene dimenticato dal Molon, forse perchè all'inizio<br />
di questo secolo il vitigno era quasi scomparso. Ma se le tracce circa l'origine di<br />
questo vitigno sono incerte, altrettanto si può dire dei luoghi di coltivazione.<br />
La bontà di questo vino ebbe nel secolo diciassettesimo tale fama che il vitigno<br />
prese la via di Conegliano, Treviso, Vicenza, Bassano e poi giù fino in Emilia e<br />
Toscana.<br />
Tutti gli Autori che abbiamo citato parlano infatti di Picolit coltivato fuori dal<br />
Friuli. Ma se ebbe gran fama in quelle zone, in breve tempo sparì, a causa prima della