Vigneto friuli - Claudio Fabbro

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06.02.2013 Views

L'opera riuniva una serie di tavole a colori completate con eccezionale precisione dal dott. Guido Poggi, cui si deve la descrizione dei vitigni (e relative uve e vini) sotto il profilo storico, ampelografico, enologico e tecnico. Il prezioso lavoro venne presentato il 30 novembre 1939 dal prof. Giovanni Dalmasso, Direttore della Regia Stazione di Viticoltura e di Enologia di Conegliano Veneto (TV) che ne illustrò i contenuti in questi termini: "L'opera che vede ora la luce è stata a lungo meditata. Essa è frutto d'una fervida tenace passione per la viticoltura d'una delle più nobili terre d'Italia. Ciò è necessario dire subito perchè non possa essere giudicata quasi eccessiva l'audacia di coloro che fortemente vollero fare non solo un'arida ampelografia, ma vivificare il loro studio di tecnici riproducendo in tavole a colori gli acquarelli d'un geniale artista, che ritrasse dal vero le caratteristiche dei vitigni qui illustrati. E' questo un esempio veramente notevole di ampelografia regionale, che è da augurarsi trovi imitatori. Il merito dell'iniziativa spetta indiscutibilmente al Consorzio per la Viticoltura di Udine (prima della trasformazione in "Sezione del Consorzio Provinciale tra i Produttori dell'Agricoltura"), così valorosamente presieduto dal Comm. Giuseppe Morelli de Rossi, appassionato e competente proprietario viticoltore. Ma è il dott. Guido Poggi - che fin dal 1927 ha retto di fatto, se non di nome, il Consorzio stesso - che va in modo speciale il nostro compiacimento, per aver egli atteso, con la più intelligente scrupolosità, l'attuazione del lavoro dal punto di vista ampelografico, indirizzandolo e assistendo anche l'opera del pittore. I 19 vitigni che figurano in quest'opera sono in parte vecchi, taluni vecchissimi vitigni friulani, di cui qualcuno ormai appartenente più alla storia della viticoltura prefillosserica che non alla nuova. Ma era bene che, in un'ampelografia provinciale come questa, essi non fossero dimenticati. Gli altri sono vitigni forestieri, introdotti più o meno recentemente nel Friuli. Per la maggior parte essi hanno dimostrato tali doti di adattamento all'ambiente e tali pregi nella loro produzione d'aver ormai conquistato un posto eminente nella viticoltura della provincia. Essi hanno perciò ben meritata la cittadinanza friulana, ed è più che giusto che essi figurino accanto a quelli indigeni. Auguriamo che quest'opera sia non solo di utilità per gli agricoltori del Friuli, guidandoli nella ricostruzione dei loro vigneti ma - ripetiamo - anche d'incitamento agli studiosi ed ai tecnici di altre nostre provincie. Da un complesso di lavori di questo genere potrebbe finalmente venire realizzata la tanto auspicata Ampelografia Generale Italiana ." (10) La seconda guerra mondiale prima e, successivamente, l'impegno prioritario teso a ripristinare un benessere materiale e spirituale devastati dalle tristi vicende frenarono alquanto sia la ricerca teorica che quella applicata in agricoltura ed, ovviamente, in vitivinicoltura. Conseguentemente anche la produzione pubblicistica visse un momento di stasi anche perchè, negli anni '50, il "Vigneto Friuli" procedeva confusamente alla ricerca di una propria identità.

L'onda lunga delle distruzioni fillosseriche aveva riempito le cantine di vini di modesta qualità, poichè dominavano i cosiddetti "ibridi produttori diretti" successivamente messi al bando per legge. Nelle osterie era normale tagliare il prodotto autoctono, di scarsa gradazione, con vini meridionali molto alcoolici ed i termini "Puglia" e " Tajut" erano molto familiari. Le "OSMIZZE" carsiche ed ancor più le "FRASCHE" proponevano soprattutto vini rossi, al netto di una tecnologia che per anni latitò nelle nostre cantine di piccolo/medie dimensioni. Alla metà degli anni '60 il ritrovato generale benessere e l'applicazione della legge sulle D.O.C. (D.P.R. 930/63) segnarono la svolta decisiva, dando inizio - come ricorda il FILIPUTTI (7) - al cosiddetto "rinascimento". Il "COLLIO" colse per primo tali felici opportunità (la D.O.C. relativa risale al 24/5/1968) ed il territorio risentì delle iniziative consortili ( condotta enologica, promozione ecc.) di valorizzazione di un suggestivo territorio di frontiera che, quasi in contemporanea, l'"AGRITURIST" regionale contribuì a far conoscere con la "STRADA DEL VINO E DELLE CILIEGIE". Fino alla Prima Guerra mondiale il riferimento del cosiddetto "FRIULI AUSTRIACO" era rivolto all'Istituto di Klosterneuburg (Vienna) e le indicazioni del medesimo, nell'ambito del IV° Congresso Enologico Austriaco del 1891 (8) costituiscono una base operativa molto importante. Dopo il 1923 fu l'Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto a trasferire nella nostra regione il miglior esito delle proprie ricerche e la presenza di tanti validi enologi formatisi alla Scuola veneta incise profondamente nella crescita professionale dei viticoltori. Ed è proprio l'analisi del comparto fatta da CALO' e COSTACURTA nell'ambito d'"EUROVITE 1991" in Gorizia (trasferita nel pregevole "DELLE VITI IN FRIULI") a costituire un documento di grande spessore al riguardo. (4) Personalmente iniziai ad entrare nel vivo del "VIGNETO FRIULI" alla fine degli anni '60, per dare corpo alla mia tesi di laurea che il benemerito "DUCATO DEI VINI FRIULANI" guidato dagli indimenticabili prof. Ottavio VALERIO e dal giornalista Isi BENINI ritennero degna di pubblicazione. Nacque così, nel 1977, "VITI E VINI DEL FRIULI" (6). L'avvento dell'Ente Regione stimolò gli imprenditori agricoli a rinnovare le vecchie vigne e ristrutturare cantine obsolete, intervenendo sia con contributi che con gli strumenti del Credito Agrario. Parallellamente venne attivato il Centro Regionale Vitivinicolo, presieduto, nell'ordine dagli Enologi Orfeo SALVADOR e Piero PITTARO. Si deve al Centro un'intensa attività promozionale ma anche pubblicistica, con il periodico "UN VIGNETO CHIAMATO FRIULI" e la guida, più volte aggiornata, "LA TERRA DELL'ORO". (2) Si deve, in particolare, a Piero PITTARO, se tanti viticoltori e vivaisti viticoli del passato e del presente si sono ritagliati uno spazio nella storia ma anche se le caratteristiche ampelografiche dei vitigni autoctoni o importati e quelle

L'onda lunga delle distruzioni fillosseriche aveva riempito le cantine di<br />

vini di modesta qualità, poichè dominavano i cosiddetti "ibridi produttori diretti"<br />

successivamente messi al bando per legge.<br />

Nelle osterie era normale tagliare il prodotto autoctono, di scarsa<br />

gradazione, con vini meridionali molto alcoolici ed i termini "Puglia" e " Tajut" erano<br />

molto familiari.<br />

Le "OSMIZZE" carsiche ed ancor più le "FRASCHE" proponevano<br />

soprattutto vini rossi, al netto di una tecnologia che per anni latitò nelle nostre cantine<br />

di piccolo/medie dimensioni.<br />

Alla metà degli anni '60 il ritrovato generale benessere e l'applicazione<br />

della legge sulle D.O.C. (D.P.R. 930/63) segnarono la svolta decisiva, dando inizio -<br />

come ricorda il FILIPUTTI (7) - al cosiddetto "rinascimento".<br />

Il "COLLIO" colse per primo tali felici opportunità (la D.O.C. relativa<br />

risale al 24/5/1968) ed il territorio risentì delle iniziative consortili ( condotta<br />

enologica, promozione ecc.) di valorizzazione di un suggestivo territorio di frontiera<br />

che, quasi in contemporanea, l'"AGRITURIST" regionale contribuì a far conoscere<br />

con la "STRADA DEL VINO E DELLE CILIEGIE".<br />

Fino alla Prima Guerra mondiale il riferimento del cosiddetto "FRIULI<br />

AUSTRIACO" era rivolto all'Istituto di Klosterneuburg (Vienna) e le indicazioni del<br />

medesimo, nell'ambito del IV° Congresso Enologico Austriaco del 1891 (8)<br />

costituiscono una base operativa molto importante. Dopo il 1923 fu l'Istituto<br />

Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto a trasferire nella nostra regione<br />

il miglior esito delle proprie ricerche e la presenza di tanti validi enologi formatisi<br />

alla Scuola veneta incise profondamente nella crescita professionale dei viticoltori.<br />

Ed è proprio l'analisi del comparto fatta da CALO' e COSTACURTA<br />

nell'ambito d'"EUROVITE 1991" in Gorizia (trasferita nel pregevole "DELLE VITI<br />

IN FRIULI") a costituire un documento di grande spessore al riguardo. (4)<br />

Personalmente iniziai ad entrare nel vivo del "VIGNETO FRIULI" alla<br />

fine degli anni '60, per dare corpo alla mia tesi di laurea che il benemerito "DUCATO<br />

DEI VINI FRIULANI" guidato dagli indimenticabili prof. Ottavio VALERIO e dal<br />

giornalista Isi BENINI ritennero degna di pubblicazione.<br />

Nacque così, nel 1977, "VITI E VINI DEL FRIULI" (6).<br />

L'avvento dell'Ente Regione stimolò gli imprenditori agricoli a rinnovare<br />

le vecchie vigne e ristrutturare cantine obsolete, intervenendo sia con contributi che<br />

con gli strumenti del Credito Agrario. Parallellamente venne attivato il Centro<br />

Regionale Vitivinicolo, presieduto, nell'ordine dagli Enologi Orfeo SALVADOR e<br />

Piero PITTARO.<br />

Si deve al Centro un'intensa attività promozionale ma anche<br />

pubblicistica, con il periodico "UN VIGNETO CHIAMATO FRIULI" e la guida, più<br />

volte aggiornata, "LA TERRA DELL'ORO". (2)<br />

Si deve, in particolare, a Piero PITTARO, se tanti viticoltori e vivaisti<br />

viticoli del passato e del presente si sono ritagliati uno spazio nella storia ma anche se<br />

le caratteristiche ampelografiche dei vitigni autoctoni o importati e quelle

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