Vigneto friuli - Claudio Fabbro

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06.02.2013 Views

funerale del vitigno più amato dai friulani. Il nome sopravviverà, al massimo, ancora un anno per gli aggiustamenti di legge, ma poi, se le cose non cambieranno, dovrà scomparire del tutto. Bene ha fatto il “Ducato dei vini friulani” a organizzare una Tavola rotonda dal titolo “Un Friuli senza Tocai?” tenutasi il 4 ottobre scorso ( 1997 n.d.r.) nel salone del Parlamento del Castello di Udine, nell’ambito delle iniziative del Friuli DOC. Sulla questione Tocai è in atto, come noto, dal1994, ( Accordo UE & Ungheria del 23.11.1993) un contenzioso con l’Ungheria che sostiene di essere l’unica depositaria del nome Tokaji (anche se il suo Tokaji è del tutto diverso dal nostro Tocai friulano). Ma non c’è proprio nulla da fare? O meglio, con l’Ungheria, sempre nell’ambito dell’UE, non è possibile riaprire le trattative? Secondo Pietro Pittaro, presidente dell’Union Internazionale des Oenologues, “ci sarebbero le stesse probabilità che Bertinotti possa diventare papa”. Il “Ducato dei vini friulani” ha voluto dare una risposta riunendo attorno ad una tavola, oltre che Pittaro, l’assessore regionale all’agricoltura Gottardo, il segretario generale del Consiglio d’Europa, Alfonso Zardi, gli onorevoli Franz e Prestamburgo, l’europarlamentare Parigi, per il senatore Borroni, sottosegretario del Ministero delle politiche agricole, la dottoressa Francesca Adinolfi del Comitato nazionale tutela dei vini. Moderatore il giornalista Bruno Pizzul, il Duca Emilio I, ( Emilio Del Gobbo, n.d.r.) con toni vibranti, ha sostenuto che “la difesa del Tocai friulano è nel rispetto della salvaguardia di un nostro sacrosanto diritto”. “E’ importante - ha detto poi il sindaco di Udine, Barazza – “che il dibattito si riapra per il rispetto della peculiarità della nostra terra”. La dottoressa Adinolfi ha parlato del riconoscimento della denominazione d’origine come bene intellettuale. “E’ un punto questo - ha precisato - tenuto in considerazione nei paesi dell’area mediterranea, mentre, ad esempio negli Stati Uniti, prevale il concetto di marchio”. Speranze per il mantenimento del Tocai friulano? Poche se non nulle, ha concluso l’ Adinolfi, consigliando di “non costruire sulle macerie, ma togliere le macerie e riavviare un nuovo discorso”. Nel frattempo procedere contemporaneamente in due direzioni: la tutela della denominazione di origine e la scelta di un nome alternativo per il vino. La parola ai produttori Il “Vigneto Friuli” è stato il grande assente, ai lavori di Udine, sebbene in parte giustificato. Molti, infatti, i viticoltori presenti; scarsi e demotivati i pochi interventi, per cui il giorno della presunta “rifondazione” è via via diventato quello dei funerali del Tocai. A parziale giustificazione va detto che il lungo intervento di chiusura della dottoressa Adinolfi ( “un capolavoro di esternazione demolitoria giuridico-amministrativa-legale con citazione a braccio, di regolamenti, leggi, circolari e sentenze varie è servito a rassegnare l’uditorio, mettendo letteralmente alle corde anche i vignaioli più grintosi “).

Inoltre il prolungarsi dei lavori oltre quei tempi che correttamente consentono spazio sia agli interventi che al dibattito, ha portato molti a gettare la spugna prima delle repliche ( erano le 13.30 passate…..cellulari roventi, all’insegna dell’italico “butta la pasta”). Fatti salvi tre” volonterosi” . Da Gigi Valle, enologo carnico di lunga militanza fra Collio e Colli orientali, un grido all’orgoglio o, se vogliamo, una voce nel deserto che, tradotta, suona più o meno come “ci rimettiamo alla clemenza della Corte”. Per il presidente del Consorzio Vini DOC Friuli-Grave, Piergiovanni Pistoni, il problema va ripensato lasciando perdere vino e vitigno dal nome proibito, rilanciando il nome magico (“Friuli” - bianco, è ovvio) Walter Filiputti, vignaiolo in Rosazzo, (ma con biglietto da visita robusto alquanto) ha preso atto, senza drammatizzare, delle decisioni comunitarie, ricordando che, in fondo in fondo, la storia del “vigneto Friuli” è costruita sulle radici della Ribolla gialla e del Picolit e che il “rinascimento” del Friuli deve molto di più al Pinot grigio che al Tocai, “buon bianco da banco (Tajut) e poco più”. Addirittura difficile da vendere, “fuori porta” e da ribattezzarsi - secondo Filiputti - senza ulteriori voli fantastici, in uno scontato “Friuli bianco” o similare. Rinuncia infine ad intervenire il vulcanico direttore della Cantina produttori di Cormons, Luigi Soini; ancora deluso dalla mancata “friulanizzazione” del Collio, (ovvero la denominazione FRIULI COLLIO….non partorita in tante roventi “pubbliche condizioni”) ribadisce eterno amore per il Tocai friulano e, ricordando le proprie radici altoatesine, “non ritiene di doversi fare, ancora una volta, carico di un problema che sembra interessare poco o niente i friulani”. Ingratitudine, disinformazione, rassegnazione per un’ennesima decisione presa al palazzo e fatta cadere dall’alto? Di tutto un po’. LE REPLICHE, IN SINTESI Piero Pittaro, che in esordio era stato realista alquanto, distribuisce qualche manata sulle spalle invitando a riprendere coraggio e sperare nell’esito di qualche non improbabile trattativa “commerciale”. Anche il Tocai, dunque, può essere quotato sul mercato come merce di scambio? “E poi - conclude Pittaro - non abbiamo ancora sentito la voce dei veneti, che pure di Tocai (italico ...) ne hanno, da difendere”. Si riaccende la speranza. Per i politici, ovvero i deputati di A.N. Franz e Parigi, “se si perde il Tocai è per colpa di qualcuno. Fuori i nomi, rappresaglia garantita.” La palestra del Tocai si offre, dunque, a discipline collaterali ed alquanto diverse da quelle rientranti nel “compito in classe” proposto dal “Ducato”. Sodalizio al quale, in

funerale del vitigno più amato dai friulani. Il nome sopravviverà, al massimo, ancora<br />

un anno per gli aggiustamenti di legge, ma poi, se le cose non cambieranno, dovrà<br />

scomparire del tutto. Bene ha fatto il “Ducato dei vini friulani” a organizzare una<br />

Tavola rotonda dal titolo “Un Friuli senza Tocai?” tenutasi il 4 ottobre scorso ( 1997<br />

n.d.r.) nel salone del Parlamento del Castello di Udine, nell’ambito delle iniziative<br />

del Friuli DOC.<br />

Sulla questione Tocai è in atto, come noto, dal1994, ( Accordo UE & Ungheria del<br />

23.11.1993) un contenzioso con l’Ungheria che sostiene di essere l’unica depositaria<br />

del nome Tokaji (anche se il suo Tokaji è del tutto diverso dal nostro Tocai friulano).<br />

Ma non c’è proprio nulla da fare? O meglio, con l’Ungheria, sempre nell’ambito<br />

dell’UE, non è possibile riaprire le trattative? Secondo Pietro Pittaro, presidente<br />

dell’Union Internazionale des Oenologues, “ci sarebbero le stesse probabilità che<br />

Bertinotti possa diventare papa”.<br />

Il “Ducato dei vini friulani” ha voluto dare una risposta riunendo attorno ad una<br />

tavola, oltre che Pittaro, l’assessore regionale all’agricoltura Gottardo, il segretario<br />

generale del Consiglio d’Europa, Alfonso Zardi, gli onorevoli Franz e Prestamburgo,<br />

l’europarlamentare Parigi, per il senatore Borroni, sottosegretario del Ministero delle<br />

politiche agricole, la dottoressa Francesca Adinolfi del Comitato nazionale tutela dei<br />

vini. Moderatore il giornalista Bruno Pizzul, il Duca Emilio I, ( Emilio Del Gobbo,<br />

n.d.r.) con toni vibranti, ha sostenuto che “la difesa del Tocai friulano è nel rispetto<br />

della salvaguardia di un nostro sacrosanto diritto”. “E’ importante - ha detto poi il<br />

sindaco di Udine, Barazza – “che il dibattito si riapra per il rispetto della peculiarità<br />

della nostra terra”. La dottoressa Adinolfi ha parlato del riconoscimento della<br />

denominazione d’origine come bene intellettuale. “E’ un punto questo - ha precisato<br />

- tenuto in considerazione nei paesi dell’area mediterranea, mentre, ad esempio negli<br />

Stati Uniti, prevale il concetto di marchio”. Speranze per il mantenimento del Tocai<br />

friulano? Poche se non nulle, ha concluso l’ Adinolfi, consigliando di “non costruire<br />

sulle macerie, ma togliere le macerie e riavviare un nuovo discorso”. Nel frattempo<br />

procedere contemporaneamente in due direzioni: la tutela della denominazione di<br />

origine e la scelta di un nome alternativo per il vino.<br />

La parola ai produttori<br />

Il “<strong>Vigneto</strong> Friuli” è stato il grande assente, ai lavori di Udine, sebbene in parte<br />

giustificato.<br />

Molti, infatti, i viticoltori presenti; scarsi e demotivati i pochi interventi, per cui il<br />

giorno della presunta “rifondazione” è via via diventato quello dei funerali del Tocai.<br />

A parziale giustificazione va detto che il lungo intervento di chiusura della dottoressa<br />

Adinolfi ( “un capolavoro di esternazione demolitoria giuridico-amministrativa-legale<br />

con citazione a braccio, di regolamenti, leggi, circolari e sentenze varie è servito a<br />

rassegnare l’uditorio, mettendo letteralmente alle corde anche i vignaioli più grintosi<br />

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