Vigneto friuli - Claudio Fabbro
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ufficiali di approvazione o condanna per tale iniziativa. Venne, in sostanza, risparmiato ad Enzo Lorenzon il tradizionale linciaggio che, di questi tempi, si usa riservare a chiunque osi ribattezzare il Tocai, dando per buona la proposta di un solo nome alternativo: la propria. Ma, si sa, Lorenzon è persona seria ed anche se il nome “Sovràn” lo ha offerto alla Regione, non per questo l’ha imposto, e la sua idea gli è quanto meno servita a registrarsi (per i “Feudi”) un buon marchio, che suona bene quasi antitesi a “Sotan”, (cioè sottomesso di fatto o intellettualmente ad altrui genti e pensieri, caratteristica storicamente friulana, in negativo). Ad onor del vero (dicembre 1998), l’Associazione regionale giornalisti agricoli aveva rispolverato il problema del nome (rimasto in cassetto dall’ottobre 1997, Convegno “ad hoc” in Castello di Udine ( 4.10.97) promosso dal Ducato dei Vini Friulani) stimolando suggerimenti e proposte. Che non tardarono a venire alla voce “Lettere al Direttore” di diversi quotidiani, suscitando quasi sempre ilarità o disperazione in chi stava riflettendo seriamente sul da farsi per individuare un nome non solo serio e tradizionale, ma anche ricco d’affinità geografica. Tra questi Piero Pittaro che, come aveva preannunciato ai giornalisti agricoli nel Convegno di dicembre, un nome serio, tradizionale (“Tai”) e legato al territorio “friulano”, già aveva provveduto a registrarlo per tempo. Solo qualche giorno prima il giornalista Usa, Fred Plotkin, in un convegno patrocinato dall’Ersa a Villa Manin di Passariano, aveva estratto dal proprio cilindro il nome alternativo “Furlàn” che, in definitiva, suonava come il “Friulano” di Pittaro letto sia in “madre lingua” (del Friuli) sia alla francese. Confrontarsi su questi nomi e questi presupposti (tradizione più territorio), sembra non dispiacere alla maggioranza dei vignaioli né al presidente dell’Ersa Pinat, che la materia la conosce piuttosto bene per lunga (ed attuale) professione vivaistico-viticola. Pinat è certamente disponibile ad ascoltare le proposte dei più (quelle serie, ovviamente), per poi avviare l’iter di riconoscimento dei nomi e sinonimi. Lo stesso assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Venier Romano, non nasconde la propria simpatia per tale tipo di strategia. Tuttavia non rinuncia ad un confronto più impegnativo con la Regione Veneto, chiedendo collaborazione in una battaglia d’interesse reciproco. In un recente vertice a Udine i responsabili degli assessorati, infatti, hanno ritenuto opportuno approfondire, sotto il profilo giuridico, alcuni lati oscuri del contenzioso, non escludendo l'ipotesi di richiedere “un equo indennizzo” per compensare i danni di mercato preventivati dopo il 2007 e, se del caso, avviare trattative bilaterali con Budapest, percorrendo canali diplomatici e commerciali non sufficientemente esplorati - secondo l’assessore Venier Romano - in sede Comunitaria. Quale primo atto ufficiale del suo mandato il neo eletto presidente del Consorzio Colli Orientali del Friuli, Ivana Adami, riunisce i vignaioli friulani inassemblea straordinaria e chiede, in sintesi, che il nuovo nome, sia unico - ad es.: “Friulano”,
oppure “Furlàn”, oppure “Friuli" - che richiami il territorio, che sia riservato alle sole produzioni Doc regionali. Chi, decisamente, non porge l’altra guancia, è la Cantina Produttori di Cormòns, che dalle vigne dei soci (“Collio”e “Isonzo”) ottiene il 18 per cento dei Tocai del Goriziano. Prende carta e penna il presidente, Adriano Drius, e ribalta la strategia ufficiale per adottare quella più dirompente del ritorno sulle barricate, alla riconquista del nome ed alla faccia delle decisioni comunitarie. La Cooperativa cormonese ribadisce un no deciso a nomi diversi dall’attuale e ne sottolinea(tradizioni, storia e cuore in mano) le motivazioni. Ed ammonisce: “se campagna promozionale s’ha da fare, la si faccia a favore sia del Tocai friulano sia del vino bianco, che vive momenti non facili da quando i rossi hanno iniziato a godere dei benefici d’immagine del resveratrolo”. E prende carta e penna anche il presidente regionale dell’Unione Italiana Vini, Antonio Lot di Sacile (Pordenone), suggestionato dal nome “Jacot” che, secondo il Console generale d’Ungheria, Gàbor Sòlyom, in visita all’Alto Livenza, salverebbe capra e cavoli. Lot sposa con entusiasmo il curioso anagramma e passa la patata bollente (motivandone l’apprezzamento) all’Ersa ed all’assessorato all’Agricoltura, concludendo il suo pensiero con “Jacot è sempre Tocai: cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia”. Lot non è nuovo a soluzioni forti. Nel 1992, quando c’era nei più la fondata speranza di mantenere il nome originario propose, al contrario, di rivedere nome e territorio, ribattezzando il “nostro” “Bianco Friul Veneto Giuliano”. Ne seguì un “bombardamento chirurgico” a mezzo stampa che accese non poco gli animi del “Vigneto Friuli”. Sulla nuova impostazione del “Lot pensiero”, chi scrive, non ha colto o registrato, a caldo, voci “ufficiali” né di approvazione né di contestazione. Ma, si sa, la materia è in continuo divenire e si arricchisce quotidianamente di curiosità ed eventi che solo un aggiornamento a puntate, redatto con freddezza notarile, potrà garantire al lettore sufficiente chiarezza ed, a chi scrive (con prudente equidistanza, al netto di coinvolgimenti emotivi e passionali), una possibile e serena sopravvivenza giornalistica” . (*) FABBRO C. : "Chirurgia " per il Tocai? Un taglio, ed ecco...Tai . E' la proposta di Piero Pittaro, che farebbe seguire il popolare nome dialettale che sta per bicchiere in “friulano” per riaffermarne la provenienza .Qualcuno vorrebbe “Sovràn”, qualcun altro la parola Tocai scritta al contrario con una "j" in più: “Jacot”. Ma siamo solo all’inizio...Il punto sui nuovi nomi di un vino che non potrà più chiamarsi così in CIVILTA’ DEL BERE, luglio 1999
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oppure “Furlàn”, oppure “Friuli" - che richiami il territorio, che sia riservato alle<br />
sole produzioni Doc regionali.<br />
Chi, decisamente, non porge l’altra guancia, è la Cantina Produttori di Cormòns,<br />
che dalle vigne dei soci (“Collio”e “Isonzo”) ottiene il 18 per cento dei Tocai del<br />
Goriziano.<br />
Prende carta e penna il presidente, Adriano Drius, e ribalta la strategia ufficiale<br />
per adottare quella più dirompente del ritorno sulle barricate, alla riconquista del<br />
nome ed alla faccia delle decisioni comunitarie. La Cooperativa cormonese<br />
ribadisce un no deciso a nomi diversi dall’attuale e ne sottolinea(tradizioni, storia<br />
e cuore in mano) le motivazioni. Ed ammonisce: “se campagna promozionale s’ha<br />
da fare, la si faccia a favore sia del Tocai friulano sia del vino bianco, che vive<br />
momenti non facili da quando i rossi hanno iniziato a godere dei benefici<br />
d’immagine del resveratrolo”.<br />
E prende carta e penna anche il presidente regionale dell’Unione Italiana Vini,<br />
Antonio Lot di Sacile (Pordenone), suggestionato dal nome “Jacot” che, secondo<br />
il Console generale d’Ungheria, Gàbor Sòlyom, in visita all’Alto Livenza,<br />
salverebbe capra e cavoli.<br />
Lot sposa con entusiasmo il curioso anagramma e passa la patata<br />
bollente (motivandone l’apprezzamento) all’Ersa ed all’assessorato<br />
all’Agricoltura, concludendo il suo pensiero con “Jacot è sempre Tocai:<br />
cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia”. Lot non è nuovo a<br />
soluzioni forti. Nel 1992, quando c’era nei più la fondata speranza di mantenere il<br />
nome originario propose, al contrario, di rivedere nome e territorio, ribattezzando<br />
il “nostro” “Bianco Friul Veneto Giuliano”. Ne seguì un “bombardamento<br />
chirurgico” a mezzo stampa che accese non poco gli animi del “<strong>Vigneto</strong> Friuli”.<br />
Sulla nuova impostazione del “Lot pensiero”, chi scrive, non ha colto o registrato,<br />
a caldo, voci “ufficiali” né di approvazione né di contestazione. Ma, si sa, la<br />
materia è in continuo divenire e si arricchisce quotidianamente di curiosità ed<br />
eventi che solo un aggiornamento a puntate, redatto con freddezza notarile, potrà<br />
garantire al lettore sufficiente chiarezza ed, a chi scrive (con prudente<br />
equidistanza, al netto di coinvolgimenti emotivi e passionali), una possibile e<br />
serena sopravvivenza giornalistica” .<br />
(*) FABBRO C. : "Chirurgia " per il Tocai? Un taglio, ed ecco...Tai .<br />
E' la proposta di Piero Pittaro, che farebbe seguire il popolare nome dialettale che sta<br />
per bicchiere in “friulano” per riaffermarne la provenienza .Qualcuno vorrebbe<br />
“Sovràn”, qualcun altro la parola Tocai scritta al contrario con una "j" in più: “Jacot”.<br />
Ma siamo solo all’inizio...Il punto sui nuovi nomi di un vino che non potrà più<br />
chiamarsi così in CIVILTA’ DEL BERE, luglio 1999