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Vigneto friuli - Claudio Fabbro

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IL TOCAI SECONDO ANDREA SEGNERI<br />

” Da Gorizia a Pordenone a Cividale del Friuli, negli ultimi giorni afosi dello scorso<br />

luglio- scrive Andrea Segneri (*) - i tintinnii dei brindisi hanno suonato a festa, come<br />

una volta le campane delle chiese quando annunciavano un’importante vittoria. I<br />

calici che s’incrociavano, ovviamente, erano pieni di Tocai fino all’orlo. Già, perché<br />

il grande bianco, vino-emblema della viticoltura nel Friuli, aveva vinto la sua prima<br />

battaglia amministrativa contro il suo quasi omonimo ungherese, il Tokaji. Questioni<br />

di poche lettere, che però valgono un tesoro: in prestigio e in soldi.<br />

Proprio alla fine di luglio, la regione Friuli Venezia Giulia ha riscosso una sentenza<br />

positiva dal Tar del Lazio, contro un decreto ministeriale, che aveva imposto la<br />

scadenza del 2007 come limite massimo all’uso del nome Tocai sulle etichette del<br />

vino friulano. Per i produttori del celebre vino italiano quell’atto ministeriale aveva<br />

sortito l’effetto di una mazzata. Il nome Tocai è usato nel nord-est dello stivale da<br />

almeno otto secoli per indicare quel bianco fermo e secco, dall’aroma lievemente<br />

speziato, ben conosciuto dagli enologi di tutto il mondo. Ma la mazzata non è arrivata<br />

senza preavviso. Il Ministero dell’Agricoltura non aveva fatto altro che applicare una<br />

direttiva europea, emanata con l’ingresso dell’Ungheria nell’Unione. Che ha portato<br />

negli uffici di Bruxelles una guerriglia di etichette vecchia di decenni. Nell’inerzia<br />

italiana, era stata data ragione ai produttori di vino ungheresi, in quanto la produzione<br />

del vino magiaro (in questo caso un vino dolce, caratterizzato dal sapore delle uve<br />

passite) avviene, anche lì da secoli, in una regione che porta lo stesso nome: il Tokaj<br />

(in questo caso salta una i, altra sfumatura linguistica). E la regola europea, in caso di<br />

contrasti, indica nella denominazione territoriale, rispetto alla menzione del vitigno, il<br />

titolo di favore.<br />

Ma il Friuli non ci sta. Rivendica una primogenitura storica. Sfoggia sentenze<br />

precedenti. Antichi documenti. E un libro: illustrato con tavole che, più che i fumetti<br />

moderni, ricordano i disegni dei vecchi cantastorie. Per prima cosa ricorre al<br />

Tribunale amministrativo del Lazio. È il primo passo per investire della querelle la<br />

Corte di Giustizia Europea. E i difensori del Tocai friulano vincono il primo round.<br />

Il duello ungherese. Gli esperti dell’Ersa (Ente regionale sviluppo per l’agricoltura)<br />

stanno scavando negli archivi per impilare le prove a favore del Tocai italiano da<br />

portare alla corte di Strasburgo. “Per prima cosa, i nomi non sono del tutto uguali”<br />

dice Bruno Augusto Pinat, ex Commissario straordinario dell’Ersa del Friuli Venezia<br />

Giulia. “Poi, anche da noi esiste un fiume che si chiama Toccai, vicino Massa, in<br />

provincia di Gorizia. Inoltre, i due vini sono molto diversi (vedi scheda, ndr). Infine,<br />

dimostreremo che il Tokaji ungherese è un discendente indiretto del Tocai friulano”.<br />

Pinat è il rappresentante italiano che più si è impegnato nella battaglia a difesa del<br />

Tocai. È da poco uscito dall’Ersa, ma continua a fare il suo ruolo nella partita a<br />

scacchi con i vinaioli ungheresi.

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