Vigneto friuli - Claudio Fabbro
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IL TOCAI SECONDO FABIO CARLINI<br />
“ Sull’orizzonte del Tocai – scrive Fabio Carlini (*) - le nubi che l’opprimevano si<br />
sono di colpo diradate annunciando, se non la pace dei vincitori, almeno armistizio. A<br />
troncare a nostro vantaggio un tiramolla che si protraeva estenuante da anni è stata la<br />
missione dell’Ersa a Bruxelles, guidata dal presidente Bruno Augusto Pinat e<br />
dall’avvocato della Regione, Bevilacqua. Il risultato immediato è stato il ribaltamento<br />
dei termini dell’intesa-capestro del ’93, favorevole all’Ungheria. L’esito più<br />
promettente, perché sperabilmente duraturo, è risultato però dall’opera di convinzione<br />
fatta nei quartieri alti dell’Ue riguardo alla genuinità delle nostre ragioni e<br />
all’irripetibilità del nostro Tocai. Se il buon giorno si vede dal mattino...<br />
Vediamo il primo punto. La delegazione regionale ha strappato al commissario per<br />
l’agricoltura a Bruxelles, Fischler, l’assicurazione a rivedere l’accordo del ’93 che<br />
dava alla nostra regione 13 anni di tempo per cambiare nome al protagonista del<br />
popolare "tajut". La ragione addotta era che non si voleva allungare il dubbio<br />
dell’omonimia sull’altrettanto celebre Tokay danubiano (attenzione alla grafia).<br />
Quella scadenza, subita come uno strappo annunciato a una secolare tradizione e un<br />
colpo mortale a un giro d’affari che l’anno scorso ha superato i 500 miliardi di<br />
prodotto lordo vendibile, stabiliva che dal 2006 (anno che si riteneva avrebbe sancito<br />
l’adesione dell’Ungheria all’Unione, probabilmente anticipata) soltanto il Tokay<br />
magiaro avrebbe avuto il diritto di fregiarsi di un nome del quale il nostro si sarebbe<br />
invece dovuto spogliare.<br />
Al tempo si gridò alla soperchieria; ma sommessamente; se è vero che le voci non<br />
arrivarono a Bruxelles, o non vi furono udite. L’argomento ha seguito poi un<br />
andamento carsico, prevalentemente sotterraneo, salvo riemergere in occasioni<br />
estemporanee. Soltanto in questi ultimi mesi, forse perché incalzata<br />
dall’approssimarsi della scadenza, la Regione si è mobilitata con un’azione<br />
organizzata. Traguardo, rovesciare quel verdetto. Pinat – ripete - ne ha fatto una<br />
questione di principio.<br />
Pezzo dopo pezzo, come un lego, il presidente dell’Ersa e l’avvocato della Regione<br />
hanno smontato le fondamenta storiche e giuridiche di quel protocollo di 8 anni fa.<br />
Sulla base di questi elementi. Primo, "l’ inconsistenza sotto il profilo del diritto<br />
nazionale e comunitario" ha riferito Pinat, di ritorno dal quartier generale europeo.<br />
Inconsistenza perché? "Perché nell’accordo del ’93 non si fa cenno alle caratteristiche<br />
del vitigno la cui denominazione si pretendeva di estirpare. E nessun cenno è stato di<br />
conseguenza fatto sulla sua radicale diversità rispetto al Tokay ungherese. Com’è<br />
possibile – incalzava il presidente dell’Ersa – inibire l’uso della denominazione di un<br />
qualcosa che non si conosce e neppure ci si preoccupa di conoscere, sulla base di una<br />
presunta analogia con tutt’altro vitigno? Stabilire che l’uno esclude l’altro<br />
presupporrebbe invece una perfetta comprensione sia del primo che del secondo".<br />
E via contestando: "Come può Bruxelles intimare a una regione di cambiare il nome a<br />
un suo prodotto se non lo riconosce come esistente? Non c’è nel testo dell’accordo