Vigneto friuli - Claudio Fabbro
Vigneto friuli - Claudio Fabbro Vigneto friuli - Claudio Fabbro
vulcanici, che arricchiscono di elementi caratteristici estratti dal suolo il contenuto dei frutti e che permettono nei circa 40 chilometri di labirinto delle antichissime cantine la formazione del micelio nerastro Racodium Cellare che con umidita’ tra il 78 ed il 98% interagisce col legno delle botti e presiede la lunga maturazione dei vini. Nella zona la vitivinicoltura ha tradizioni plurisecolari fin dai tempi degli antichi Romani che la chiamavano Pannonia dove le popolazioni locali, i Celti, gia’ avanti Cristo coltivavano le viti. Anche gli invasori Magiari del IX secolo s’innamorarono delle vigne, ma lo sviluppo maggiore lo dettero i monaci Paolini che impiantarono molti vigneti nella zona di Satoralijaujheli tra cui quelli sul Poggio detto Oremus per via delle loro preghiere che scandivano il placido ritmo del lavoro. Oggi si coltivano i nobili vitigni bianchi Furmint (di provata origine friulana), Harslevelu, Oremus o Zeta e Muscat Lunel. Dalle loro uve, secondo tipiche metodologie diversificate, si producono tutti i vini della gamma, cioe’ Tokaji Furmint, Tokaji Oremus, Tokaji Muscat, Tokaji Szamorodni, Tokaji Forditas, Tokaji Kezoi Szuretelesu, Tokaji Eszencia, Tokaji Aszu Eszencia e Tokaji Aszu (si pronuncia ossu). Alcuni vini sono secchi, forti, corposi, pieni e profumati, come quelli da Furmint e Harslevelu, ma la parte del leone la fa il Tokaji Aszu (i cui metodi di produzione, noti almeno dal XV secolo, sono stati scritti da M. Szepsy intorno al 1650), detto dai re di Francia „re dei vini, vino dei re”. Niente di strano, da centinaia di anni i grappoli di uve per il Tokaji Aszu sono scelti e raccolti rigorosamente a mano e all’epoca del Re Sole le bottiglie di questo vino sostituivano la moneta negli scambi commerciali con i Magiari. Le uve base sono Furmint (oltre il 60%), Harslevelu (circa il 30%) e il resto Muscat Lunel, zappatura triplice della vigna e vendemmia che puo’ iniziare dal 28 ottobre, giorno di San Simone. Bisogna subito specificare che, pur essendo un vino molto curato dagli Enti preposti alla sorveglianza ed al controllo e pur vantando almeno quattrocento anni di tradizione enologica ben radicata, per il Tokaji Aszu si puo’ parlare di alcuni metodi di vinificazione, non di un solo metodo, ed anche di due stili diversi. Il modo che conosciamo tutti per produrre vini botritizzati e’ quello di raccogliere le uve con la preziosa muffa, pressarle molto sofficemente in orizzontale e farne fermentare il mosto. L’alto contenuto zuccherino si trasforma in alcool fino ad un certo livello e il resto rimane non fermentato e dona la dolcezza al vino. Nel Tokaji Aszu, invece, i grappoli appassiti sulla pianta per la Botrytis Cinerea sono raccolti e non pressati, ma addensati nei tini mescolandoli ogni tanto per un paio di giorni. Si ottiene una pappetta chiamata asza’ che viene aggiunta al succo o al mosto in fermentazione o al vino secco ottenuto dalla pressatura soffice dei grappoli sani. L’addizione delle uve molto dolci provoca ulteriori rifermentazioni, ma il momento esatto per aggiungere l’asza’ lo stabilisce il produttore sulla base dell’annata e delle abitudini famigliari ed anche le quantita’ delle aggiunte sono diverse. A seconda del numero di puttonyos, recipienti capaci di circa 20 o 25 chili di asza’, che vengono aggiunti ai gonci (antiche botticelle da 136 litri) contenenti il frutto della pressatura delle uve sane allo stato stabilito dall’enologo, si stabilisce l’invecchiamento in botte,
tradizionalmente un anno per ciascuno dei puttonyos piu’ due anni, e si ottengono mosti dal contenuto zuccherino diverso, che va dai 120 ai 450 grammi per litro per il Tokaji Aszu, ma oltre 500 per il Tokaji Aszu Eszencia e oltre 700 per il Tokaji Eszencia, due autentici nettari che risiedono in botte piu’ a lungo. Il vino prodotto con questi metodi tradizionali possiede caratteristiche organolettiche differenti che dipendono non soltanto dall’annata ma anche da ogni singola botte, l’instabilita’ regna sovrana al contrario dell’igiene, tanto che le cantine medie e grosse usano tecniche e metodi piu’ moderni che rendono Eseguendo attente e costanti analisi del contenuto delle due componenti in fermentazione si possono stoppare le fermentazioni, oggi attuate in barrels commerciali e quindi piu’ grandi, ad un livello di alcool generalmente inferiore a quello tradizionale di 15 gradi, piuttosto intorno a 11 o 12 dopo almeno due anni di botte, per un imbottigliamento sicuramente piu’ sterile (affinamento in bottiglia almeno un anno). Il numero dei puttonyos, obbligatorio in etichetta, e’ quindi teorico e serve solo per informare sulla dolcezza del vino. I livelli di maturazione in botte dello stile ereditato sono molto alti, con durate in media da 5 a 12 anni in piu’ di quelli attualmente considerati sufficienti, con un’azione estremamente ossidante che ha pero’ il suo mercato e dei clienti molto soddisfatti. Bisogna tenere conto che oltre quarant’anni di regime fino al 1989 hanno maltrattato la produzione di Tokaji Aszu per accontentare il gusto dei mercati orientali, si poteva anche aggiungere alcool per stabilizzare i vini, c’erano dei profumi secondari di vaniglia, caramello, cioccolato, caffe’, mentre oggi si e’ „modernamente” tornati all’antico, con favolosi profumi di albicocca, agrumi, mele passite, miele.... i prodotti piu’ stabili. Ci sono sicuramente due stili diversi, che pure utilizzano procedimenti simili. Secondo gli esperti, il livello di invecchiamento non dovrebbe superare i 12 anni e in questo senso si muovono gli esperti della Tokaj Oremus, i cui vini sono maggiormente commercializzati in occidente, avendo ripreso le vie commerciali proprie degli Asburgo, dell’imperatrice Maria Teresa e di Sissi, amata regina d’Ungheria. Le vigne della cantina Tokaj Oremus sono state messe a dimora dal principe Rakoczi tra il 1650 e il 1700 nelle campagne di Sarospatak, oggi sono circa 80 ettari in mano alla ditta spagnola Vega Sicilia col 99 per cento delle azioni per un accordo di joint venture con la compagnia statale Tokaj Kereskedohaz del 1993 che riunisce i migliori produttori del vino di Tokaj. Vennero subito impiegate quaranta persone al doppio della paga media statale e grazie agli enormi investimenti spagnoli, resi possibili da crediti ottenuti da ben quattro compagnie assicurative francesi, versando subito 4 milioni di dollari e impegnandosi per altri 11, ha riacquistato il suo antico splendore e produce alcuni dei piu’ eccellenti vini di tutta la regione. Esiste una tradizione che dice che il vero buon Tokaji si puo’ produrre soltanto in cantine basse, dove si deve chinare la testa sotto le volte, e le cantine di Sarospatak sono le piu’ basse, costruite nella roccia tra il XII e il XVIII secolo, un vero tesoro
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cantine la formazione del micelio nerastro Racodium Cellare che con umidita’ tra il<br />
78 ed il 98% interagisce col legno delle botti e presiede la lunga maturazione dei vini.<br />
Nella zona la vitivinicoltura ha tradizioni plurisecolari fin dai tempi degli antichi<br />
Romani che la chiamavano Pannonia dove le popolazioni locali, i Celti, gia’ avanti<br />
Cristo coltivavano le viti. Anche gli invasori Magiari del IX secolo s’innamorarono<br />
delle vigne, ma lo sviluppo maggiore lo dettero i monaci Paolini che impiantarono<br />
molti vigneti nella zona di Satoralijaujheli tra cui quelli sul Poggio detto Oremus per<br />
via delle loro preghiere che scandivano il placido ritmo del lavoro.<br />
Oggi si coltivano i nobili vitigni bianchi Furmint (di provata origine friulana),<br />
Harslevelu, Oremus o Zeta e Muscat Lunel. Dalle loro uve, secondo tipiche<br />
metodologie diversificate, si producono tutti i vini della gamma, cioe’ Tokaji<br />
Furmint, Tokaji Oremus, Tokaji Muscat, Tokaji Szamorodni, Tokaji Forditas, Tokaji<br />
Kezoi Szuretelesu, Tokaji Eszencia, Tokaji Aszu Eszencia e Tokaji Aszu (si<br />
pronuncia ossu).<br />
Alcuni vini sono secchi, forti, corposi, pieni e profumati, come quelli da Furmint e<br />
Harslevelu, ma la parte del leone la fa il Tokaji Aszu (i cui metodi di produzione, noti<br />
almeno dal XV secolo, sono stati scritti da M. Szepsy intorno al 1650), detto dai re di<br />
Francia „re dei vini, vino dei re”. Niente di strano, da centinaia di anni i grappoli di<br />
uve per il Tokaji Aszu sono scelti e raccolti rigorosamente a mano e all’epoca del Re<br />
Sole le bottiglie di questo vino sostituivano la moneta negli scambi commerciali con i<br />
Magiari.<br />
Le uve base sono Furmint (oltre il 60%), Harslevelu (circa il 30%) e il resto Muscat<br />
Lunel, zappatura triplice della vigna e vendemmia che puo’ iniziare dal 28 ottobre,<br />
giorno di San Simone.<br />
Bisogna subito specificare che, pur essendo un vino molto curato dagli Enti preposti<br />
alla sorveglianza ed al controllo e pur vantando almeno quattrocento anni di<br />
tradizione enologica ben radicata, per il Tokaji Aszu si puo’ parlare di alcuni metodi<br />
di vinificazione, non di un solo metodo, ed anche di due stili diversi. Il modo che<br />
conosciamo tutti per produrre vini botritizzati e’ quello di raccogliere le uve con la<br />
preziosa muffa, pressarle molto sofficemente in orizzontale e farne fermentare il<br />
mosto. L’alto contenuto zuccherino si trasforma in alcool fino ad un certo livello e il<br />
resto rimane non fermentato e dona la dolcezza al vino.<br />
Nel Tokaji Aszu, invece, i grappoli appassiti sulla pianta per la Botrytis Cinerea sono<br />
raccolti e non pressati, ma addensati nei tini mescolandoli ogni tanto per un paio di<br />
giorni. Si ottiene una pappetta chiamata asza’ che viene aggiunta al succo o al mosto<br />
in fermentazione o al vino secco ottenuto dalla pressatura soffice dei grappoli sani.<br />
L’addizione delle uve molto dolci provoca ulteriori rifermentazioni, ma il momento<br />
esatto per aggiungere l’asza’ lo stabilisce il produttore sulla base dell’annata e delle<br />
abitudini famigliari ed anche le quantita’ delle aggiunte sono diverse. A seconda del<br />
numero di puttonyos, recipienti capaci di circa 20 o 25 chili di asza’, che vengono<br />
aggiunti ai gonci (antiche botticelle da 136 litri) contenenti il frutto della pressatura<br />
delle uve sane allo stato stabilito dall’enologo, si stabilisce l’invecchiamento in botte,