Vigneto friuli - Claudio Fabbro
Vigneto friuli - Claudio Fabbro
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veri e propri bidoni da parte dei produttori americani, che sono in causa in tutti i<br />
tribunali del mondo perchè commerciano le loro birre col nome Bavarian e Pilsner, i<br />
loro vini col nome Marsala, Chianti e Chablis, i loro formaggi col nome Gorgonzola,<br />
Asiago e Parmesan, con la pretesa che siano gli altri, quelli originali, a cambiare<br />
nome... perchè loro lo hanno già registrato prima nel loro accondiscendente Paese!<br />
Escluso Las Vegas, è proprio vero che l’America è soltanto campagna...<br />
Così gli ungheresi, alle prime reali difficoltà di vendita di un prodotto ben conosciuto<br />
e stimato in Europa, ma assolutamente anonimo fra i grattacieli della grande mela,<br />
dove non mancano mai i sottaceti a pranzo, cena e colazione, hanno scambiato<br />
qualche lettera con la CEE per reclamare un diritto legittimo alla corretta<br />
differenziazione con gli altri due vini europei dal nome abbastanza simile, per non<br />
ingenerare confusione. Il diritto era legittimo, ma non l’interlocutore.<br />
Sul piano giuridico, infatti, il Trattato di Roma del 25 marzo 1953 che istituisce la<br />
CEE, in virtù di suoi articoli specifici, non può pregiudicare i diritti e gli obblighi<br />
derivanti da convenzioni concluse anteriormente al 18 gennaio 1958. Tra queste c’è<br />
la Convenzione di Madrid (peraltro mai ratificata dallo stato magiaro, nonostante vi<br />
abbia partecipato) del 14 aprile 1891, che disciplina le denominazioni di origine e che<br />
è stata poi integrata dagli accordi di Lisbona e di Stoccolma e dall’istituzione<br />
dell’OIV (Office International du Vin) nel 1924. Alla sessione ufficiale plenaria<br />
dell’OIV del 20, 21 e 22 luglio 1948 a Parigi per "l’etablissement d'un inventaire,<br />
accompagné d'un catalogue des vins à l'appellation d'origine" (bollettino n. 210<br />
dell’agosto 1948), l'Ungheria indicava cinque tipi di Tokaji e l'Italia due, il Tocai<br />
friulano e di Lison, usando così, senza contrasti reciproci e col rispettivo assenso, un<br />
unico nome dalla stessa assonanza. Il clima normale delle relazioni fra Italia ed<br />
Ungheria in tal senso prosegue negli anni successivi ed è anche sottolineato dal<br />
regolamento CEE n. 3800/81 del 1981 che iscrive il Tocai friulano nell’elenco dei<br />
vitigni raccomandati/autorizzati nel nostro Paese.<br />
Deroghe a tutto questo percorso, fatto fin qui in tacito accordo, potevano e possono<br />
essere poste soltanto per mezzo di un accordo bilaterale, ma non certo dalla CEE, che<br />
non era e non può essere l’organismo legittimato a modificare materie già<br />
regolamentate altrimenti prima del 1958, né tanto meno ad imbastire su quella sua<br />
corrispondenza con l’Ungheria la benché minima cosa. Pertanto il Consiglio della<br />
CEE non poteva nemmeno dare una forma di intesa a quello scambio di lettere che ha<br />
preceduto la sua decisione n. 93/724/CE del 23 novembre,1993, quella che concede<br />
“in via transitoria” all’Italia l’utilizzo del nome Tocai solo fino al 31 marzo 2007, ma<br />
doveva semmai lasciare agli Stati interessati il compito di appianare i contrasti. La<br />
ragione è anche facilmente comprensibile: i documenti storici per appurare le origini<br />
dei vitigni e delle denominazioni sono conservati in archivi privati e/o statali ancora<br />
in riordino e con ricerche in corso, quindi non disponibili tutti immediatamente a<br />
Bruxelles.