Vigneto friuli - Claudio Fabbro

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06.02.2013 Views

“ Ecco- si legge ancora nel n. 7 di IL FRIULI n. 7 del 25.2.2005 , nella pagina n. 2, a cura da Rossano Cattivello e Adriano Del Fabro- (1) le controdeduzioni del professor Fausto Capelli alle conclusioni tratte dall’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia europea, Francis Jacobs. ” Le conclusioni che l’avvocato generale designato, presenta in una determinata causa pendente davanti alla Corte di giustizia, hanno il valore di un parere giuridico. In tale parere l’avvocato generale, valutando le posizioni delle parti in causa, conclude suggerendo alla Corte di giustizia di seguire l’indirizzo che egli ritiene più corretto. Nella causa del Tocai, l’avvocato generale Jacobs (inglese) suggerisce alla Corte di giustizia di considerare valido l’Accordo concluso nel 1993 tra la Comunità europea e l’Ungheria, che consente l’utilizzo della denominazione “Tocai friulano” fino al mese di aprile 2007. Le argomentazioni dell’avvocato generale sono strettamente legate ad aspetti formali e spesso non sono adeguatamente motivate. A mio avviso sono soprattutto due i punti deboli nel ragionamento giuridico di Jacobs. In primo luogo viene ignorato il fatto che “Tocai friulano” è una denominazione da tempo tutelata nel sistema italiano e comunitario, tanto è vero che può essere utilizzata unicamente dai produttori delle zone del Friuli che rispettano i disciplinari di produzione. Se, al contrario, la denominazione “Tocai friulano” non fosse suscettibile di tutela, come sostiene Jacobs, tutti i produttori potrebbero utilizzarla, mentre questo non avviene perché le violazioni sarebbero immediatamente sanzionate. Prova ne sia il recentissimo sequestro effettuato dal governo austriaco su una partita di “Tocai friulano” della ditta Mendoza, proveniente dall’Argentina, dove il vino viene prodotto. Se la denominazione “Tocai friulano” è quindi da sempre tutelata, ne consegue che devono trovare applicazione le regole internazionali dell’omonimia contenute negli accordi dell’Organizzazione mondiale del Commercio (TRIPS) e nello stesso accordo tra la Comunità europea e l’Ungheria del 1993. Tali regole consentono a due denominazioni omonime di continuare ad essere utilizzate entrambe sul mercato. L’altro punto debole delle conclusioni, sul quale l’avvocato generale preferisce svicolare, riguarda la violazione del principio di non discriminazione ai danni dei produttori friulani ed a vantaggio dei produttori di altri 122 tipi di vino, le cui denominazioni, come quella del “Tocai friulano”, comprendono un’indicazione geografica tutelata. Ebbene, il Regolamento n. 753/2002, consente a queste 122 denominazioni di continuare ad essere utilizzate senza limiti di tempo per il futuro, mentre impone al solo “Tocai friulano” un limite di tempo, per il suo utilizzo, fino al 2007. Su questo punto l’avvocato generale si limita a constatare che il governo italiano non aveva impugnato a suo tempo il regolamento contestato. A questo proposito occorre però dire che un provvedimento di modifica dello stesso regolamento adottato nel 2004, dopo l’entrata dell’Ungheria nell’Unione europea, è stato tempestivamente impugnato davanti al Tribunale di primo grado delle Comunità europee, sia dalla

Regione Friuli Venezia Giulia, sia dal Governo italiano, sia, infine, dai produttori di “Tocai friulano”. Le conclusioni, nel loro complesso, non contengono argomenti di grande peso e possono essere disattese dalla sentenza finale della Corte di giustizia prevista per il mese di aprile del 2005” “ Se analizziamo i documenti storici e le sentenze passate- si legge infine in IL FRIULI n. 7 del 25 . 2.2005, pagina curata da Rossano Cattivello e Adriano del Fabro –(2) il Tocai friulano non corre alcun pericolo e la sua identità è praticamente ‘blindata’. Ma la partita non si gioca su questo terreno, bensì su quello più insidioso della ragion di Stato, dei cavilli legali e dei compromessi diplomatici, della politica e della concorrenza commerciale. E in questo caso i diritti della Piccola Patria rischiano di rimanere stritolati. La vicenda del più celebre dei vitigni bianchi autoctoni del Friuli, che si trascina ormai da quindici anni, è tempestata da accordi non condivisi, regali non richiesti, sgambetti, ma anche da una rinuncia iniziale alla difesa da parte degli stessi friulani, politici e imprenditori. Mancano ormai poche settimane alla decisione della Corte di giustizia europea, prevista per aprile. Un percorso legale tutto in salita, visto anche il parere negativo al Tocai friulano espresso dall’avvocato generale dell’Ue, che rischia di trasformarsi in una pietra tombale. Eppure, la posizione degli ungheresi, popolo di mentalità latina e quindi aperto al dialogo e al compromesso, non è mai stata oltranzista. Il dialogo con i produttori friulani è sempre proseguito, ipotizzando anche compromessi economici pur non arrivando a conclusioni precise. “Le autorità ungheresi non sono in grado di frenare un decorso legale iniziato fin dagli Anni ’90 - commenta l’enologo Claudio Fabbro - pur manifestando poco interesse a mantenere rapporti conflittuali”. Anche nel recente incontro svoltosi a Roma, in occasione della “Dolce sfida” organizzata dall’azienda Fantinel, al quale hanno preso parte Tibor Szanyii, Segretario di Stato agli Affari Esteri d’Ungheria, l’Ambasciatore Istvan Kovacs, il Console Lajos Pinter e il presidente dell’Assoenologi Tibor Gal, chiusi i microfoni è stata discussa una soluzione commerciale che prevederebbe un rinvio del termine di decadenza del Tocai friulano, in cambio di una maggiore apertura italiana su altri prodotti agroalimentari magiari. Un ipotetico accordo potrebbe prevedere un’azione di marketing congiunta, anche se sostenuta finanziariamente da parte italiana. Però, qualsiasi confronto politico-imprenditoriale è congelato in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea, ricorda il difensore della causa, il professor Fausto Capelli. “Tutto è nato dalla latitanza del Governo italiano - racconta il legale - che dieci anni fa avrebbe dovuto opporsi al regolamento che cancellava l’uso del Tocai friulano. Erano, però, i tempi di ‘Mani pulite’ e la classe politica nazionale si era dispersa”. “All’inizio qualcuno dormì a diversi livelli istituzionali - dichiara Fabbro - poi gli

Regione Friuli Venezia Giulia, sia dal Governo italiano, sia, infine, dai produttori di<br />

“Tocai friulano”.<br />

Le conclusioni, nel loro complesso, non contengono argomenti di grande peso e<br />

possono essere disattese dalla sentenza finale della Corte di giustizia prevista per il<br />

mese di aprile del 2005”<br />

“ Se analizziamo i documenti storici e le sentenze passate- si legge infine in IL<br />

FRIULI n. 7 del 25 . 2.2005, pagina curata da Rossano Cattivello e Adriano del<br />

Fabro –(2) il Tocai friulano non corre alcun pericolo e la sua identità è praticamente<br />

‘blindata’. Ma la partita non si gioca su questo terreno, bensì su quello più insidioso<br />

della ragion di Stato, dei cavilli legali e dei compromessi diplomatici, della politica e<br />

della concorrenza commerciale. E in questo caso i diritti della Piccola Patria rischiano<br />

di rimanere stritolati. La vicenda del più celebre dei vitigni bianchi autoctoni del<br />

Friuli, che si trascina ormai da quindici anni, è tempestata da accordi non condivisi,<br />

regali non richiesti, sgambetti, ma anche da una rinuncia iniziale alla difesa da parte<br />

degli stessi friulani, politici e imprenditori.<br />

Mancano ormai poche settimane alla decisione della Corte di giustizia europea,<br />

prevista per aprile. Un percorso legale tutto in salita, visto anche il parere negativo al<br />

Tocai friulano espresso dall’avvocato generale dell’Ue, che rischia di trasformarsi in<br />

una pietra tombale. Eppure, la posizione degli ungheresi, popolo di mentalità latina e<br />

quindi aperto al dialogo e al compromesso, non è mai stata oltranzista. Il dialogo con<br />

i produttori friulani è sempre proseguito, ipotizzando anche compromessi economici<br />

pur non arrivando a conclusioni precise.<br />

“Le autorità ungheresi non sono in grado di frenare un decorso legale iniziato fin<br />

dagli Anni ’90 - commenta l’enologo <strong>Claudio</strong> <strong>Fabbro</strong> - pur manifestando poco<br />

interesse a mantenere rapporti conflittuali”.<br />

Anche nel recente incontro svoltosi a Roma, in occasione della “Dolce sfida”<br />

organizzata dall’azienda Fantinel, al quale hanno preso parte Tibor Szanyii,<br />

Segretario di Stato agli Affari Esteri d’Ungheria, l’Ambasciatore Istvan Kovacs, il<br />

Console Lajos Pinter e il presidente dell’Assoenologi Tibor Gal, chiusi i microfoni è<br />

stata discussa una soluzione commerciale che prevederebbe un rinvio del termine di<br />

decadenza del Tocai friulano, in cambio di una maggiore apertura italiana su altri<br />

prodotti agroalimentari magiari.<br />

Un ipotetico accordo potrebbe prevedere un’azione di marketing congiunta, anche se<br />

sostenuta finanziariamente da parte italiana.<br />

Però, qualsiasi confronto politico-imprenditoriale è congelato in attesa della sentenza<br />

della Corte di giustizia europea, ricorda il difensore della causa, il professor Fausto<br />

Capelli.<br />

“Tutto è nato dalla latitanza del Governo italiano - racconta il legale - che dieci anni<br />

fa avrebbe dovuto opporsi al regolamento che cancellava l’uso del Tocai friulano.<br />

Erano, però, i tempi di ‘Mani pulite’ e la classe politica nazionale si era dispersa”.<br />

“All’inizio qualcuno dormì a diversi livelli istituzionali - dichiara <strong>Fabbro</strong> - poi gli

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