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SCIENZE DELLA TERRA PER LE CLASSI PRIME Sonia Marchioro ...

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<strong>SCIENZE</strong> <strong>DELLA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>PER</strong> <strong>LE</strong> <strong>CLASSI</strong> <strong>PRIME</strong><br />

<strong>Sonia</strong> <strong>Marchioro</strong>, Silvio Scortegagna<br />

I MINERALI<br />

Il termine minerale evoca immagini di preziosi solidi di forma geometrica<br />

regolare, incolori come il diamante o colorati, trasparenti o di aspetto metallico,<br />

estratti nelle viscere della Terra da minatori possibilmente nani e<br />

in gruppi di sette.<br />

Una definizione meno romantica, ma più scientifica, è la seguente:<br />

MINERA<strong>LE</strong>: SOLIDO INORGANICO NATURA<strong>LE</strong> CARATTERIZZATO DA UNA DE-<br />

FINITA COMPOSIZIONE CHIMICA E DA UNA SPECIFICA DISPOSIZIONE DEGLI<br />

ATOMI CHE LO COSTITUISCONO.<br />

Quindi, un minerale è caratterizzato da:<br />

COMPOSIZIONE CHIMICA: data dal tipo di atomi che lo formano e dal loro rapporto numerico. Ad ogni<br />

minerale è attribuibile una formula chimica: ad esempio, il salgemma è formato da sodio e cloro<br />

in rapporto 1:1 (un atomo di sodio per ogni atomo di cloro: formula NaCl), il quarzo da silicio e ossigeno<br />

in rapporto 1:2 (un atomo di silicio per ogni due atomi di ossigeno: SiO2), la biotite da potassio,<br />

magnesio, ferro, silicio, ossigeno e idrogeno: K(Mg,Fe)3Si3O10(OH)2.<br />

FORMA CRISTALLINA: ogni minerale, lasciato crescere liberamente, tende ad assumere una forma<br />

cristallina macroscopica, cui corrisponde uno specifico habitus<br />

geometrico. Tale regolarità esterna deriva da una disposizione<br />

regolare degli atomi che compongono la sostanza. Ad esempio,<br />

il salgemma cristallizza sotto forma di cubi. Anche la disposizione<br />

degli atomi di sodio e di cloro è cubica, nel senso che le<br />

particelle si dispongono ai vertici di microscopici cubetti (ved.<br />

figura a fianco). Non sempre la forma del cristallo è uguale a<br />

quella del reticolo.<br />

E’ importante notare che gli atomi assumono spontaneamente<br />

le posizioni nei reticoli cristallini, e che nessuno interviene per<br />

sistemarli; analogamente, i cristalli assumono da soli la loro<br />

forma geometrica e non è il “produttore” a levigarne le superfici.<br />

Anzi, la regolare disposizione delle particelle è la fondamentale caratteristica dello stato solido:<br />

se un materiale ha l’aspetto di solido, ma una disposizione irregolare delle particelle che lo formano,<br />

a rigore deve essere considerato un liquido. Il vetro è un esempio: pur essendo formato da silicio<br />

e ossigeno come il quarzo, poiché le sue particelle solidificano velocemente non riescono a disporsi<br />

in un vero reticolo. Deve pertanto essere considerato un liquido molto viscoso e non un solido.


APPROFONDIMENTI CONSIGLIATI SUL SITO: http://www.geologia.com/area_raga/minerali/minerali.html<br />

E’ facile dimostrare la spontaneità del fenomeno: basta preparare alcuni cristalli a partire da soluzioni<br />

acquose di sali facilmente reperibili, come il solfato rameico (il comune antiparassitario per le<br />

viti) o l’allume di rocca, venduto come disinfettante.<br />

MANINE SANTE: FORMAZIONE DI CRISTALLI DA SOLUZIONI ACQUOSE<br />

OBIETTIVI: si vuole osservare la formazione di cristalli di un sale da una sua soluzione acquosa satura.<br />

Vetrini portaoggetto e coprioggetto<br />

Microscopio<br />

Solfato di rame: CuSO4 . 5 H2O<br />

Allume potassico (alluminio potassio solfato): KAl(SO4)2 . 12 H2O<br />

Acqua distillata<br />

• Versare in una provetta due spatoline di uno dei sali a disposizione. Aggiungete acqua distillata<br />

fino a riempire per circa 1/5 le provette. Tappare ed agitare. Il sale si è completamente sciolto?<br />

• Aggiungere altre piccole quantità dello stesso sale, sempre agitando con l'agitatore in vetro, finché<br />

un po’ di residuo salino sia ben visibile.<br />

• Scaldare un becher da 250 ml pieno per metà d’acqua, usando una fiamma bunsen. Immergete<br />

le provette a bagno. Aumentando la temperatura, si scioglie il residuo che era sul fondo?<br />

• Riportare a saturazione la soluzione, aggiungendo piccole quantità di sale finché non se ne scioglie<br />

più.<br />

• Versare sul vetrino portaoggetti alcune gocce della soluzione. Coprire col vetrino coprioggetto.<br />

• Osservare il vetrino al microscopio con l'obiettivo più piccolo. Una volta messo a fuoco osservare<br />

il formarsi dei cristalli. Che cosa avviene durante l'accrescimento dei cristalli? Cambia la<br />

forma o solo le dimensioni?<br />

• Disegnare un cristallo tipico, cercando di rispettare i rapporti tra le dimensioni e soprattutto gli<br />

angoli tra le facce.<br />

• Ripetere le operazioni con l’altro sale.<br />

La spiegazione del “soprannaturale” fenomeno della crescita regolare dei cristalli senza gioielliere<br />

magico è abbastanza semplice: una volta formata la prima cella cristallina, formata da un piccolo<br />

numero di particelle, il cristallo si accresce mantenendo la propria forma geometrica perché le successive<br />

particelle che si aggiungono hanno la stessa probabilità di fissarsi in qualsiasi punto di qualunque<br />

faccia del cristallo. Il numero altissimo di particelle fa sì che la crescita sia omogenea.


TECNICHE <strong>PER</strong> L’IDENTIFICAZIONE DI ALCUNI MINERALI<br />

Per la corretta determinazione di un minerale è indispensabile l’appoggio di un laboratorio specializzato.<br />

Tuttavia, è possibile in prima istanza riconoscere alcuni semplici minerali effettuando semplici<br />

prove od osservazioni alla portata di tutti.<br />

Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, un utile appoggio può venire dal GRUPPO<br />

MINERALOGICO SC<strong>LE</strong>DENSE, che ha lo scopo di promuovere e diffondere lo studio della mineralogia.<br />

Ha sede presso la Scuola Media “Maraschin” di Via dei Boldù (Schio). Tel. 0445/660102, riunioni<br />

il II e IV venerdì del mese.<br />

Il Gruppo ha allestito un sentiero mineralogico con partenza da Ponte Capre di Torrebelvicino. La<br />

guida può essere richiesta presso la sede della Comunità Montana Leogra-Timonchio di Schio, Largo<br />

Fusinelle.<br />

Tra i numerosi libri che trattano di minerali, è di particolare interesse e utilità per ricerche nella nostra<br />

zona:<br />

Boscardin M., De Zen L., Zordan A., 1989 – I minerali della Val Leogra e della Val d’Astico nel<br />

Vicentino. Cassa Rurale di Monte Magrè, grafiche Marcolin, Schio.<br />

COLORE<br />

CARATTERISTICHE FISICHE<br />

Nonostante sia un carattere molto appariscente, è di solito di limitata importanza diagnostica. Il colore<br />

può dipendere, oltre che dalla composizione chimica e dalla disposizione degli atomi nel reticolo,<br />

anche da tracce di altri elementi o da imperfezioni reticolari. Ad es., il quarzo può essere incolore<br />

(ialino), bianco (latteo), giallo (citrino), violetto (ametista), rosa, nero (morione), rosso, ecc. In<br />

altri casi il colore è più stabile (ad es., la pirite è sempre giallo oro).<br />

LUCENTEZZA<br />

E’ una caratteristica complessa e difficilmente definibile che dipende da più fattori, come l’indice di<br />

rifrazione, la capacità di dispersione della luce, la densità ottica, la rugosità superficiale ecc. La lucentezza<br />

non può essere misurata, ma solo stimata e indicata coi seguenti termini:<br />

• Opaca: superfici non riflettenti<br />

• Grassa (oleosa): superfici poco riflettenti, più o meno come una fetta di lardo scaldato.<br />

• Terrosa: con aspetto polveroso, di terra (es. ocra).<br />

• Perlacea: come madreperla (es. opale).<br />

• Vitrea: superfici riflettenti, più o meno come il vetro (es. calcite)<br />

• Resinosa: superfici riflettenti, ma non molto lucide, come la resina (es. ambra, zolfo).<br />

• Adamantina: superfici fortemente riflettenti e spesso in grado di scomporre la luce nei colori<br />

fondamentali (es. diamante).<br />

• Metallica: superfici riflettenti, con aspetto metallico (es. oro, pirite).


DUREZZA<br />

Col termine durezza non si intende la resistenza agli urti, ma alla scalfittura: strofinando con forza<br />

due materiali l’uno sull’altro, quello più duro lascerà un solco su quello più tenero.<br />

Per misurare con precisione la durezza di un minerale è necessario<br />

effettuare una prova comparativa con minerali campione di durezza<br />

nota, tra i quali quelli che formano la scala di Mohs:<br />

1) Talco; 2) Gesso; 3) Calcite; 4) Fluorite; 5) Apatite; 6) Ortoclasio;<br />

7) Quarzo; 8) Topazio; 9) Corindone; 10) Diamante.<br />

Un minerale che scalfisce la calcite, ma viene scalfito dalla fluorite<br />

avrà durezza intermedia tra queste due (3,5).<br />

In assenza di una scala di riferimento completa, è possibile<br />

effettuare stime approssimative utilizzando l’unghia (durezza<br />

2,5), l’acciaio o il vetro (entrambi durezza 5,5). E’<br />

quindi sufficiente strofinare con forza un campione di minerale<br />

su un vetrino o su una lama e osservare il formarsi o<br />

meno di una scalfittura. E’ così possibile risolvere alcuni casi comuni, come distinguere il quarzo<br />

(dur. 7: riga l’acciaio) dalla calcite (3: no) o il gesso (2: è rigato dall’unghia) dalla calcite (3: no).<br />

SFALDATURA<br />

Colpendo il minerale con un martello e un po’<br />

di fortuna è possibile osservare se la frattura<br />

forma facce piane oppure no. Nel primo caso<br />

si parla di sfaldatura e le facce piane ottenute<br />

si chiamano piani di sfaldatura. Ad esempio, il<br />

salgemma si sfalda bene formando piani tra<br />

loro perpendicolari, mentre il quarzo non si<br />

sfalda (frattura concoide).<br />

La sfaldatura è la proprietà che presentano alcune<br />

specie di minerali di rompersi preferibilmente in<br />

certe direzioni. Questa caratteristica è dovuta alla<br />

loro struttura cristallina: i legami tra strati di atomi<br />

allineati in una certa direzione sono più deboli che i<br />

legami in altre direzioni quindi le rotture avvengono<br />

lungo facce piane parallele a queste zone più<br />

deboli. Alcune specie presentano una sola direzione<br />

di sfaldatura ma possono esservene anche due,<br />

tre quattro o addirittura sei.


STRISCIA SU PORCELLANA<br />

Strofinando il campione su piastra di porcellana (ad es. il fondo<br />

di un mortaio da laboratorio) si può formare una traccia di polvere,<br />

il cui colore non è sempre uguale a quello del minerale di<br />

partenza ed è spesso un carattere importante per il riconoscimento.<br />

Soprattutto i minerali con lucentezza metallica formano<br />

una striscia di colore nettamente diverso dal loro: la pirite gialla<br />

ha una striscia nero-verde, l'ematite nera una striscia rosso ciliegia,<br />

la wolframite nera una striscia bruna, la cassiterite nera<br />

una striscia quasi incolore.<br />

DENSITA’<br />

E’ data dal rapporto tra massa e volume di una sostanza. Lo strumento per la sua misura è il picnometro,<br />

ma si può utilizzare anche un comune matraccio tarato o un cilindro graduato. Il metodo più<br />

semplice è quello “delle tre pesate”:<br />

1. Portare a volume il cilindro o matraccio con acqua deionizzata. Pesare (P1).<br />

2. Introdurre il minerale, in quantità tale da non far traboccare l’acqua. Pesare (P2).<br />

3. Estrarre l’acqua che supera la tacca con una pipetta, avendo cura di riportare il liquido al livello.<br />

Pesare (P3).<br />

4. Calcolare la densità con la seguente formula: d [g/cm 3 ] = (P2 – P1)/(P2 – P3)<br />

La differenza (P2 – P1) dà, ovviamente, la massa del campione di minerale. La differenza (P2 –<br />

P3) dà la massa dell’acqua estratta, il cui volume corrisponde a quello del campione introdotto.<br />

Poiché la densità dell’acqua è 1 g/cm 3 , il valore numerico della massa corrisponde a quello del volume<br />

del minerale.


CARATTERISTICHE FISICHE DEI PIU’ COMUNI MINERALI<br />

In questa tabella vengono riassunte alcune caratteristiche fisiche di alcuni minerali, molti dei quali<br />

rinvenibili nel Vicentino. La tabella può essere un ausilio per la determinazione, associata a saggi<br />

chimici, cristallografici o, più semplicemente ma approssimativamente, a uno dei numerosissimi atlanti<br />

disponibili nelle biblioteche o in Internet.<br />

MINERA<strong>LE</strong> COLORI PIU’FREQ. LUCENT. DUR. DENS. STRISCIA<br />

Apatite Variabile Vetrosa 5 3,1-3,2 Bianca<br />

Aragonite Bianco, giallastro ecc. Vetrosa 4 2,9-3,0 Bianca<br />

Azzurrite Blu Vetrosa 3,5-4 3,8 Azzurra<br />

Barite Bianco, grigio Vetrosa 3-3,5 4,3-4,6 Bianca<br />

Biotite Nero, bruno Vetrosa/ metal- 2,5-3 2,8-3,4 Rosso-bruno<br />

lica<br />

Calcite Bianco, rosato Vetrosa 3 2,7 Bianca<br />

Calcopirite Giallo oro Metallica 3,5-4 4,1-4,3 Nero-verdastra<br />

Caolinite Bianco Opaca 1-3 2,6 Bianca<br />

Cianite Azzurro Vetrosa 5-7 3,7 Bianca<br />

Clorite Verde Vetrosa/ metal- 2-2,5 2,7-2,9 Bianca-verdastra<br />

lica<br />

Corindone Variabile Vetrosa 9 4,0-4,1 Bianca<br />

Crisocolla Azzurro, verde Vetrosa/ opaca 2-4 2-2,3 Bianca<br />

Dolomite Rosa Vetrosa 3,5-4 2,8-3,0 Bianca<br />

Ematite Nero, rosso Metallica/ ter- 6,5 5,3 Rosso mattone<br />

rosa<br />

Feldspato Bianco, rosa Vetrosa/ opaca 6 2,5-2,9 Bianca<br />

Fluorite Viola, rosa Vetrosa 4 3,2 Bianca<br />

Galena Grigio piombo Metallica 2,5 7,5-7,6 Grigio piombo<br />

Gesso Bianco, incolore Vetrosa 2 2,3 Bianca<br />

Granato Rosso Vetrosa 6,5-7,5 3,2-4,3 Bianca<br />

Limonite Giallo ocra, rosso mattone Terrosa 5 3,6-4,0 Bruno-gialla<br />

Magnesite Bianco, rosa Vetrosa 3,5-5 3,0-3,1 Bianca<br />

Magnetite Grigio-nero Metallica 6 5,2 Nera<br />

Malachite Verde Vetrosa 3,5-4 3,6-4,0 Verde chiaro<br />

Marcasite Giallo oro Metallica 6-6,5 4,9 Nero-verdastra<br />

Muscovite Grigio Metallica/ ve- 2-2,5 2,8-2,9 Bianca<br />

trosa<br />

Natrolite Bianco Vetrosa 5-5,5 2,2-2,3 Bianca<br />

Orneblenda Grigio Vetrosa 5-6 3,0-3,4 Grigio chiaro<br />

Ortoclasio Bianco, rosa Vetrosa 6 2,5-2,6 Bianca<br />

Pirite Giallo oro Metallica 6-6,5 5,0 Nero-verdastra<br />

Quarzo Molto variabile Vetrosa 7 2,65 Bianca<br />

Salgemma Bianco, roseo, giallo Vetrosa 2,5 2,2 Bianca<br />

Serpentino Verde Cerosa 2-5 2,5-2,6 Bianca<br />

Zolfo Giallo vivo Resinosa 1,5-2,5 2,07 Bianca


SEMPLICI SAGGI CHIMICI <strong>PER</strong> IL RICONOSCIMENTO DI ALCUNI MINERALI<br />

Per stabilire la natura di un minerale è spesso indispensabile determinare la sua composizione chimica,<br />

cioè individuare gli elementi chimici contenuti. Per riconoscere la presenza di un dato elemento<br />

ci si avvale di reazioni caratteristiche che questo elemento dà in presenza di un determinato<br />

reagente.<br />

Il riconoscimento della composizione chimica di un minerale è basato sulla ricerca dei metalli (sodio,<br />

ferro, calcio, rame ecc.) e degli anioni (carbonato, solfato, cloruro ecc.). Non tutte le prove sono<br />

alla portata di un normale laboratorio scolastico e ci si dovrà accontentare di alcuni esempi, che potranno<br />

essere utili per chiarire dubbi o per un primo orientamento.<br />

Uno dei primi problemi da risolvere è che la maggior parte dei minerali è insolubile in acqua, mentre<br />

molti test richiedono la presenza di sostanze in soluzione. In molti casi è sufficiente trattare i minerali<br />

con acido nitrico concentrato a caldo, ma questa procedura è di un certo rischio e va condotta<br />

con cautela.<br />

TRATTAMENTO CON ACIDO NITRICO CONCENTRATO<br />

In una provetta, trattare un campione di minerale della grossezza di uno-due chicchi di riso con poco<br />

acido nitrico concentrato (al massimo 1 mL).<br />

Scaldare su fiamma bunsen, tenendo inclinata la provetta e muovendola dolcemente fino a che non<br />

si svilupperanno vapori bruni di ossido di azoto.<br />

Si deve avere la massima cura di evitare di rivolgere la bocca della provetta verso persone e di toglierla<br />

dal fuoco appena si notano segni di ebollizione tumultuosa.<br />

RICERCA <strong>PER</strong> VIA UMIDA DI ALCUNI METALLI<br />

ARGENTO (Ag): Trattando con sale da cucina (cloruro di sodio) o acido cloridrico diluito si ottiene<br />

un precipitato bianco che lentamente, alla luce, si scurisce.<br />

FERRO (Fe): Trattando con una soluzione di ferricianuro di potassio si ottiene una colorazione azzurro<br />

intenso.<br />

MERCURIO (Hg): Trattando con una soluzione di ioduro di potassio si ottiene un precipitato rosso,<br />

che si ridiscioglie aggiungendo altro ioduro di potassio.<br />

PIOMBO (Pb): Trattando con una soluzione di cromato di potassio si ottiene un precipitato giallo intenso.<br />

RAME: Trattando con ammoniaca in eccesso si ottiene una soluzione di colore azzurro intenso.


SAGGI ALLA FIAMMA <strong>PER</strong> IL RICONOSCIMENTO DI ALCUNI METALLI <strong>PER</strong> VIA SECCA<br />

Con una semplice tecnica è possibile riconoscere la presenza di alcuni metalli semplicemente osservando<br />

il colore emesso della fiamma di un becco bunsen, nella quale siano state immerse piccole<br />

quantità del minerale. I sali, trasformati in cloruri con HCl concentrato per aumentarne la volatilità,<br />

vengono introdotti in una fiamma bunsen mediante un filo di nichelcromo. La fiamma si colora in<br />

modo caratteristico per ogni singolo metallo.<br />

Il metodo permette l’identificazione di litio (Li), sodio (Na), potassio (K), rame (Cu), calcio (Ca),<br />

stronzio (Sr), bario (Ba).<br />

1. Accendere il bunsen, regolando la fiamma in modo da vedere un evidente cono azzurro centrale.<br />

2. Prelevare, in vetro d’orologio pulito e asciutto, una punta di spatola della sostanza.<br />

3. Immergere il filo di nichelcromo pulito e arroventato sulla fiamma in HCl concentrato. Introdurlo<br />

nella fiamma: se compare qualche colorazione particolare ripetere più volte l’operazione<br />

(HCl e fiamma) fino a scomparsa della colorazione, in modo da ripulire il filo.<br />

4. Con il filo pulito e intinto nell’acido cloridrico, prelevare dal vetro d’orologio una piccolissima<br />

quantità di sostanza.<br />

5. Introdurre il filo nella fiamma del bunsen, dapprima nel cono azzurro (bassa temperatura), quindi<br />

a metà altezza, nel mantello esterno (temperatura massima). Le diverse temperature nelle varie<br />

zone della fiamma consentono di distinguere i sali di diversa volatilità. La separazione dei<br />

toni è più netta e sicura osservando la fiamma attraverso vetro al cobalto.<br />

6. I colori caratteristici di ogni elemento sono riportati nella sottostante tabella.<br />

LITIO rosso carminio SODIO giallo<br />

POTASSIO violetto RAME verde<br />

CALCIO rosso-arancio a sprazzi STRONZIO rosso scarlatto<br />

BARIO verde-giallastro<br />

Per i minerali, un modo più semplice consiste nel bagnare un cristallo con acido cloridrico e immergerlo<br />

nella fiamma con una pinza metallica. I colori della fiamma, ovviamente, sono gli stessi,<br />

ma attenzione alla possibile presenza di impurità superficiali!<br />

RICERCA DI ALCUNI ANIONI<br />

CARBONATI (CO3) : Trattando con acido cloridrico si ottiene un’effervescenza dovuta alla produzione<br />

di anidride carbonica.<br />

SOLFATI (SO4): Trattando con una soluzione di cloruro o nitrato di bario si ottiene un precipitato<br />

bianco di solfato di bario (BaSO4).<br />

CLORURI (Cl): Trattando con una soluzione di nitrato d’argento si ottiene un precipitato bianco di<br />

cloruro d’argento.


<strong>CLASSI</strong>FICAZIONE DEI MINERALI<br />

Da quanto detto nei paragrafi precedenti, è evidente che la classificazione dei minerali si basa su (1)<br />

composizione chimica; (2) forma cristallina. Colore e aspetto non sempre sono indici validi. Quelle<br />

indicate sono le due sole caratteristiche, di solito alla portata solo di laboratori specializzati, che<br />

permettono con certezza di dare un nome a un minerale. La pratica e la conoscenza del proprio ambiente<br />

geomineralogico permette di riconoscere alcune specie, ma l’operazione non è priva di incertezze<br />

e anche i più esperti devono spesso rivolgersi a laboratori universitari.<br />

La classificazione oggi più usata risale al 1957 ed è nota col nome del tedesco H. Strunz. I minerali<br />

vengono riuniti in 9 classi, in base alla composizione chimica:<br />

1) Elementi nativi: si tratta di elementi nel senso chimico (atomi di un solo tipo). Zolfo, rame nativo,<br />

argento, oro, platino, grafite, diamante (gli ultimi due sono entrambi formati dal solo carbonio)<br />

ecc.<br />

2) Solfuri: composti formati da un metallo e zolfo. Pirite (FeS2), galena (PbS) ecc.<br />

3) Alogenuri: formati da un metallo e un elemento del gruppo degli alogeni (cloro Cl, fluoro F,<br />

bromo Br, iodio I). Salgemma NaCl, silvite KCl, fluorite CaF2 ecc.<br />

4) Ossidi: formati da un metallo o non metallo e ossigeno. Quarzo SiO2, ematite Fe2O3 ecc.<br />

5) Nitrati, carbonati e borati, caratterizzati rispettivamente dal fatto di contenere azoto (nitrogenum),<br />

carbonio e boro, oltre a un metallo e ossigeno. Calcite CaCO3, magnesite MgCO3.<br />

6) Solfati e cromati, con zolfo o cromo, ossigeno e un metallo. Gesso CaSO4.2H2O, anidrite CaSO4<br />

ecc.<br />

7) Fosfati e arseniati, con fosforo o arsenico oltre ai soliti ossigeno e metalli. Sono di solito sali di<br />

formula complessa e non sempre costante, tra cui le apatiti.<br />

8) Silicati, contenenti silicio, ossigeno e vari metalli. Sono i più importanti componenti delle rocce<br />

e molto complessi e verranno trattati a parte.<br />

9) Composti organici.<br />

All’interno di ogni classe possono esistere minerali con la stessa composizione chimica ma che,<br />

formandosi in condizioni diverse, hanno forme cristalline diverse: esempi classici sono la calcite e<br />

l’aragonite (entrambe fatte di carbonato di calcio), il diamante e la grafite (entrambi di solo carbonio).


I SILICATI<br />

Sono i componenti fondamentali di tutte le rocce di origine vulcanica e di molte tra le altre (sia sedimentarie<br />

che metamorfiche). Le loro caratteristiche molecolari sono molto importanti per comprenderne<br />

le proprietà fisiche.<br />

Si tratta di una categoria estremamente eterogenea e complessa ed è estremamente difficile riconoscere<br />

le singole specie. Ai nostri scopi, ci si può limitare alla descrizione delle principali sottoclassi.<br />

La caratteristica fondamentale dei silicati è che sono dei polimeri: le loro molecole, talvolta enormi,<br />

sono formate da elementi più semplici, uniti tra loro in numero più o meno<br />

elevato.<br />

L’unità base è un gruppo composto da un atomo di silicio legato a quattro<br />

atomi di ossigeno. Attorno al silicio (in nero nella figura a destra), i quattro<br />

ossigeni (in rosso) si dispongono alla massima distanza possibile: questa<br />

condizione è soddisfatta quando i quattro ossigeni si trovano ai vertici di un<br />

tetraedro (solido geometrico a 4 facce triangolari equilatere, a destra), del<br />

quale il silicio occupa il centro.<br />

I tetraedri possono essere isolati, oppure uniti tra loro con un ossigeno come ponte, nel senso che<br />

ogni ossigeno può essere legato non a uno, ma a due atomi di silicio.<br />

Il numero di combinazioni che si può generare in questo semplice modo è elevatissimo.<br />

Assieme a silicio e ossigeno, nei silicati sono presenti numerosi altri elementi. Il più comune e abbondante<br />

è l’alluminio, che spesso sostituisce in parte il silicio. Molto frequenti sono anche altri<br />

metalli, come ferro, magnesio, potassio, sodio, calcio ecc.<br />

CLASSSIFICAZIONE DEI SILICATI<br />

La classificazione dei minerali silicatici si basa sulla disposizione dei tetraedri di silice, che possono<br />

disporsi nei modi più svariati.<br />

I casi più comuni sono riportati nel seguente schema. Negli schemi gli atomi di ossigeno sono indicati<br />

in verde, quelli di silicio (più piccoli) in rosso.<br />

SILICATI A TETRAEDRI ISOLATI (nesosilicati)<br />

Formano cristalli di forma granulare, ricchi di<br />

metalli come ferro e magnesio. L’esempio più tipico<br />

è l’olivina (destra), uno dei minerali più comuni<br />

nelle rocce basaltiche.<br />

SILICATI A COPPIE DI TETRAEDRI (sorosilicati)<br />

I tetraedri di silice sono uniti per un vertice, vale a<br />

dire che hanno un atomo di ossigeno in comune. Un<br />

esempio è l’epidoto (a destra), un minerale accessorio<br />

delle rocce metamorfiche.


SILICATI AD ANELLO (ciclosilicati)<br />

SILICATI A CATENE SINGO<strong>LE</strong> (inosilicati: pirosséni)<br />

I tetraedri di silice formano anelli chiusi, mettendo<br />

in comune ognuno due atomi di ossigeno. Un<br />

esempio è la tormalina (destra).<br />

Formano catene allungate indefinitamente, nelle quali i tetraedri mettono<br />

in comune due ossigeni con i vicini. Appartengono a questo tipo i<br />

pirosséni come il diopside (destra), importanti componenti delle rocce<br />

magmatiche.<br />

SILICATI A CATENA DOPPIA (inosilicati: anfiboli)<br />

Sono formati da due catene di tetraedri unite alternativamente per i vertici. Gli anfiboli sono importanti<br />

costituenti delle rocce magmatiche.


SILICATI A PIANI (fillosilicati)<br />

I tetraedri si uniscono per tre vertici su un piano, mentre il quarto vertice resta libero sopra o sotto il<br />

piano. Il risultato è una struttura a lamine tenute insieme da strati di ioni metallici (potassio, sodio,<br />

calcio ecc. L’aspetto del minerale è spesso fogliettato, facilmente suddivisibile in sottilissimi strati<br />

traslucidi. Un esempio è rappresentato dalla biotite (in basso a destra), componente fondamentale di<br />

molte rocce.<br />

SILICATI A RETICOLO TRIDIMENSIONA<strong>LE</strong> (tectosilicati)<br />

Si formano quando tutti i vertici di ogni tetraedro si<br />

uniscono tra loro a formare un unico enorme reticolo<br />

cristallino. Se tutti i tetraedri sono uguali (1 atomo di<br />

silicio, 4 di ossigeno), allora nel reticolo non c’è spazio<br />

per altri elementi e si forma il quarzo (foto di apertura<br />

del capitolo).<br />

Il reticolo del quarzo è difficilmente rappresentabile<br />

sulla carta, proprio perché tridimensionale.<br />

Nell’immagine a destra si vede una piccola porzione<br />

di questo reticolo, con il silicio in nero e gli ossigeni<br />

in rosso.


Il quarzo, oltre a essere il ben noto “cristallo di rocca”, è un<br />

componente fondamentale di molte rocce magmatiche come<br />

ad esempio il granito.<br />

Nel caso in cui parte del silicio venga sostituito<br />

dall’alluminio, per ragioni chimiche che sarebbe complicato<br />

spiegare ora, si “rendono liberi dei posti” per diversi metalli<br />

come il potassio, il sodio o il calcio. Anche tra questi minerali<br />

vi sono componenti fondamentali delle rocce. In quelle magmatiche,<br />

ad esempio, sono molto comuni i feldspati come<br />

l’ortoclasio (figura a sinistra) e i plagioclasi.<br />

MUSEI MINERALOGICI DEL VENETO E DEL TRENTINO-ALTO ADIGE<br />

MUSEO DI MINERALOGIA E PETROLOGIA DELL’UNIVERSITÀ DI PADOVA. Dipartimento di Mineralogia<br />

e Petrologia, Corso garibaldi 37. Tel. 049 8272000, Aperto su richiesta.<br />

http://www.unipd.it/musei/mineralogia/<br />

MUSEO CIVICO “G. ZANNATO” DI MONTECCHIO MAGGIORE (VI). Piazza Marconi, 15, CAP 36075<br />

Montecchio Maggiore. Tel. 0444 492565. Aperto la domenica mattina (tranne il mese di agosto)<br />

dalle 9.30 alle 12.30, e durante la settimana previo contatto telefonico. Nella sala gemmologica sono<br />

raccolte oltre 300 gemme ottenute esclusivamente da materiali raccolti nel vicentino.<br />

http://www.ascom.vi.it/musei/mom01.htm<br />

MUSEO CIVICO DI STORIA NATURA<strong>LE</strong> DI VERONA. Palazzo Pompei, Lungadige di Porta Vittoria, 9,<br />

Verona. Tel 045 8079400. Aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19.00; chiuso il venerdì; domenica<br />

aperto dalle 14 alle 19.<br />

http://www.museostorianaturaleverona.it/<br />

MUSEO GEOPA<strong>LE</strong>ONTOLOGICO CAVA BOMBA. Via Bomba, Cinto Euganeo (PD). Tel 0429 647166.<br />

Orario invernale:sabato dalle 14.00 alle 18.00, domenica e festivi dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00<br />

alle 18.00.Orario estivo:sabato dalle 15.00 alle 19.00, domenica e festivi dalle 10.00 alle 13.00 e<br />

dalle 14.00 alle 19.00.Da martedì a venerdì su prenotazione per gruppi e scolaresche. La collezione<br />

donata nel 1989 dal naturalista Delmo Veronese fornisce un panorama esauriente della mineralogia<br />

genetica (che riguarda, cioè, la formazione dei minerali.<br />

MUSEO NATURALISTICO “OLIMPIA <strong>PER</strong>INI” DI BORCA DI CADORE (BL). Via Roma, 70, CAP 32040,<br />

Borca di Cadore (BL). Tel. 0435 482015. Aperto da martedì a sabato dalle 9.00 alle 12.00 e dalle<br />

15.00 alle 18.00; domenica dalle 9.00 alle 12.00.<br />

MUSEO CIVICO DI GEOLOGIA E ETNOGRAFIA DI PREDAZZO (TN). Piazza SS. Filippo e Giacomi 1,<br />

CAP 38037 Predazzo (TN). Tel. 0462 502392. Quest'area è famosa, fin dal Settecento, per i minerali<br />

e i ritrovamenti fossili; tuttora è meta di collezionisti e studiosi di tutto il mondo. Per altre informazioni<br />

sulle iniziative del Museo e degli altri enti del territorio ci si può rivolgere all'Azienda Provinciale<br />

per il Turismo: info.predazzo@aptfiemme.tn.it.<br />

MUSEO MINERALOGICO <strong>DELLA</strong> VAL<strong>LE</strong> AURINA. San Giovanni (St. Johann) 3, CAP 39030 Valle Aurina/Ahrntal<br />

(BZ). Tel. 0474 652145. Da aprile a fine ottobre aperto tutti i giorni dalle 9.30 alle<br />

12.00 e dalle 15.00 alle 18.30; da novembre a fine marzo aperto tutti i giorni dalle 15.00 alle 18.00.


Nel museo sono esposti circa 750 esemplari di minerali, e una sezione multimediale ne racconta la<br />

formazione, la raccolta e la lavorazione.<br />

http://www.museo-mineralogico.it/<br />

MUSEO DI <strong>SCIENZE</strong> NATURALI DI BOLZANO. Via Bottai, 1 - Bindergasse 1 CAP 39100. Tel. 0471<br />

412960. Aperto dalle 10.00 alle 18.00 da martedì a domenica. Chiuso il lunedì. Al primo piano sono<br />

esposti esemplari di strati metalliferi delle rocce metamorfiche delle Alpi orientali, cristalli e altri<br />

reperti.<br />

http://www.naturmuseum.it<br />

MUSEO MINERALOGICO DI TISO (TEIS) (BZ). Casa delle associazioni, CAP 39040 Tiso/Teis. Tel<br />

0472 844522 (Associazione Turistica). Aperto dall' 21 aprile al 3 novembre martedì, mercoledì,<br />

giovedì dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 16.00; sabato e domenica dalle 14.00 alle 17.00. Visite<br />

guidate su appuntamento. Dovuto all'iniziativa del collezionista Paul Fischnaller il Museo espone<br />

minerali e cristalli provenienti dall'Alto Adige o da altre zone alpine. Sono esposti numerosi geodi<br />

(cavità di roccia sulle cui pareti sono cresciuti cristalli) e amigdale di agata; negli esemplari di<br />

geode esposti, di diametro fino a 20 centimetri, sono racchiusi fino a sette differenti minerali, tra cui<br />

l`ametista e i cristalli di quarzo.<br />

http://www.mineralienmuseum-teis.it/


APPENDICE: ALCUNI E<strong>LE</strong>MENTI DI CHIMICA<br />

La chimica è la disciplina che studia la materia e le sue trasformazioni. Per materia s’intende ogni<br />

cosa che ha una massa e occupa un volume; le trasformazioni sono quelle che coinvolgono un cambiamento<br />

del tipo di sostanza. Ad esempio, un pezzo di ferro che si ossida, diventando ruggine, subisce<br />

una trasformazione chimica.<br />

E<strong>LE</strong>MENTI, MISCUGLI E COMPOSTI<br />

Una sostanza è una porzione omogenea di materia: l’aria, l’acqua distillata, l’acqua di mare, il sale<br />

da cucina, l’acciaio, l’idrogeno usato per gonfiare i palloncini.<br />

Alcune sostanze possono essere separate semplicemente con metodi fisici: facendo evaporare<br />

l’acqua di mare si ottengono acqua e sale; raffreddando l’aria a sufficienza e distillandola si può separare<br />

l’ossigeno dall’azoto ecc. Sostanze come l’acqua di mare o l’aria si chiamano miscugli.<br />

L’acqua pura non può essere separata nei suoi costituenti, ossigeno e idrogeno, per semplice riscaldamento:<br />

occorrono metodi più drastici, che comportino la trasformazione del tipo di sostanza: dopo<br />

la separazione l’acqua non è più acqua. Le sostanze come l’acqua si chiamano composti.<br />

Infine, esistono sostanze, come l’ossigeno, l’idrogeno, il rame, l’oro, che non possono essere ulteriormente<br />

separate con nessun metodo fisico o chimico: sono le sostanze fondamentali, che chiamiamo<br />

elementi.<br />

Ogni elemento ha un simbolo di una o due lettere (solo la prima va scritta maiuscola): importanti<br />

per lo studio di quest’anno saranno l’idrogeno (H), l’ossigeno (O), il silicio (Si), il carbonio (C), il<br />

calcio (Ca), il sodio (Na), il potassio (K), il ferro (Fe), il cloro (Cl), lo zolfo (S) e pochi altri. Simboli<br />

e alcune caratteristiche possono essere ricavati dalla tavola periodica degli elementi.<br />

ATOMI, MO<strong>LE</strong>CO<strong>LE</strong> E IONI<br />

L’atomo è la particella fondamentale degli elementi: ogni elemento<br />

è formato da atomi uguali, mentre due elementi distinti hanno atomi<br />

differenti. Come tutti sanno, nemmeno l’atomo è indivisibile: lo si<br />

può infatti scindere fino alle sue particelle subatomiche, che sono<br />

uguali per tutti gli atomi: protoni, neutroni ed elettroni. Ovviamente,<br />

una volta scisso, un atomo non è più tale e non fa quindi più parte<br />

dell’elemento di prima.<br />

Gli atomi non sono quasi mai isolati: tendono a riunirsi in gruppi,<br />

grazie a legami chimici. In molti casi si formano così le molecole,<br />

come quella dell’acqua, in cui a un atomo di ossigeno (O) sono legati<br />

due (e solo due) atomi d’idrogeno (H). Il risultato di<br />

quest’unione è una molecola d’acqua, schematizzabile con la formula H2O. I composti sono quindi<br />

quelle sostanze che hanno molecole tutte uguali tra loro, ma ognuna formata da atomi di diverso tipo.<br />

Per separare un composto nei suoi elementi occorre rompere i legami<br />

chimici: per questo è così difficile scindere l’acqua in idrogeno e<br />

ossigeno.<br />

Anche negli elementi si formano legami tra gli atomi e quindi molecole,<br />

ma gli atomi sono tutti dello stesso tipo.<br />

Un miscuglio è invece una sostanza formata da molecole diverse:<br />

l’acqua zuccherata contiene molecole d’acqua e molecole di zucchero<br />

mescolate tra loro. Per dividere l’acqua dallo zucchero è sufficiente separare<br />

le molecole, il che può essere ottenuto con poco sforzo, ad esempio<br />

facendo evaporare l’acqua.


Normalmente si pensa che gli atomi abbiano sempre un numero di elettroni pari a quello di protoni:<br />

poiché gli elettroni sono carichi negativamente e i protoni positivamente, un’uguaglianza tra le due<br />

particelle neutralizza la carica complessiva dell’atomo. Tuttavia, non sempre è così: spesso gli atomi<br />

perdono elettroni o ne acquistano di soprannumerari. Nel primo caso (perdita di elettroni) gli elettroni<br />

rimasti sono meno numerosi dei protoni: la carica totale è positiva (+). Nel secondo caso,<br />

quando gli elettroni superano numericamente i protoni, la carica totale è negativa (-). In entrambi i<br />

casi gli atomi non sono neutri, ma carichi e prendono il nome di ioni. Più precisamente, uno ione<br />

positivo è detto catione, uno ione negativo anione.<br />

Ad esempio, nel comune sale da cucina (cloruro di sodio) il sodio è, in effetti, un catione (Na + ),<br />

mentre il cloro è un anione (Cl - ). I due ioni restano legati grazie alla forza attrattiva dovuta alla loro<br />

opposta carica.<br />

GLI E<strong>LE</strong>TTRONI E <strong>LE</strong> PROPRIETA’ CHIMICHE DEGLI E<strong>LE</strong>MENTI<br />

Un atomo è spesso raffigurato come una sfera centrale (il nucleo) attorno<br />

alla quale ruotano gli elettroni, ognuno sulla propria orbita. La<br />

realtà non è esattamente questa. Per motivi che saranno meglio spiegati<br />

negli anni successivi 1 , gli elettroni si dispongono intorno al nucleo<br />

formando degli strati o livelli. Nel primo livello elettronico possono<br />

prender posto solo 2 elettroni, nei successivi (per semplicità) 8.<br />

Quindi gli otto elettroni dell’ossigeno si disporranno così: 2 nel primo<br />

livello e i restanti 6 nel secondo, che sarà quindi incompleto. I 12 elettroni<br />

del calcio si disporranno 2 nel primo livello, 8 nel secondo e<br />

due soli, l’undicesimo e il dodicesimo, nel terzo.<br />

Il comportamento chimico degli elementi, cioè “cosa fanno” se<br />

vengono a contatto con altri, dipende quasi esclusivamente dal<br />

numero di elettroni nel livello più esterno: nei due casi prima<br />

citati, 6 per l’ossigeno e 2 per il calcio.<br />

Si è visto che alcuni elementi, i gas nobili (elio, argo, neon,<br />

kripton, xenon, radon) non hanno tendenza a reagire tra loro né<br />

con gli altri: sono chimicamente inerti. In comune a tutti loro<br />

c’è che il loro livello esterno è sempre completo: 2 elettroni per<br />

l’elio, 8 per tutti gli altri. In qualche modo, è questa la causa della loro stabilità.<br />

Tutti gli altri elementi “cercano di diventare come loro”: acquistando o cedendo un dato numero di<br />

elettroni, possono ritrovarsi con il livello più esterno completo. L’ossigeno, che ha già 6 elettroni,<br />

acquistandone 2 da qualche parte potrà arrivare a completare il livello più esterno (il secondo). Il<br />

calcio, che ne ha 2 soli nel terzo livello, cedendoli potrà avere anche lui il livello più esterno completo<br />

(ovviamente sarà il secondo livello). Dovrebbe essere abbastanza facile “mettere d’accordo”<br />

ossigeno e calcio, in modo che entrambi si ritrovino col livello esterno completo…<br />

I <strong>LE</strong>GAMI CHIMICI<br />

Quest’accordo si trova con lo scambio o la condivisione degli elettroni dei livelli incompleti più esterni.<br />

Un “effetto collaterale” di questo scambio è la formazione dei legami chimici, forze che tengono<br />

insieme due o più atomi.<br />

I principali tipi di legame tra atomi sono due: il legame ionico e il legame covalente.<br />

Il legame ionico si forma tra due atomi, uno dei quali ha uno o pochi elettroni esterni, mentre l’altro<br />

ne ha molti (cioè glie ne mancano pochi per completare il livello). Un esempio è quello di sodio (1<br />

elettrone esterno) e cloro (7 elettroni esterni), che formano il noto cloruro di sodio o sale da cucina<br />

1 Per chi ci arriverà.


(NaCl). Il sodio può rimanere col livello più esterno completo cedendo l’unico elettrone al cloro, al<br />

quale ne manca proprio uno. Il cloro, acquistando un elettrone (che è negativo), diventa carico negativamente,<br />

mentre il sodio, che lo perde, diventa carico positivamente.<br />

Entrambi diventano quindi ioni: poiché la loro carica è<br />

opposta, essi si attrarranno. Questa forza è il legame ionico.<br />

Il legame covalente, invece, si forma tra due atomi che hanno<br />

quasi numerosi elettroni nel livello più esterno o, meglio, ai quali<br />

ne mancano pochi per completarlo. Il cloro, ad esempio, ha sette<br />

elettroni esterni. Due atomi di cloro possono così mettere in comune<br />

ognuno un elettrone: in questo modo, entrambi avranno otto<br />

elettroni nel livello<br />

esterno: i<br />

sette propri più<br />

quello messo in<br />

comune dall’altro<br />

atomo di cloro.<br />

Lo stesso vale per l’idrogeno, al quale manca un solo<br />

elettrone per completare il primo livello che ne<br />

contiene solo due, ma anche per un atomo d’idrogeno che si lega a uno di fluoro, formando HF (acido<br />

fluoridrico), oppure a due atomi d’idrogeno che, nell’acqua, si<br />

legano a un ossigeno, al quale mancano proprio due elettroni per<br />

completare il proprio<br />

ottetto e così via. Gli<br />

altri due esempi nella<br />

figura a lato si riferiscono<br />

all’ammoniaca<br />

(NH3) e al metano<br />

(CH4).<br />

L’unione di più atomi grazie a legami covalenti forma dei gruppi<br />

chiusi chiamati molecole.<br />

I <strong>LE</strong>GAMI INTERMO<strong>LE</strong>COLARI<br />

I legami visti finora, in particolare quelli covalenti, sono detti legami atomici o intramolecolari:<br />

tengono cioè insieme gli atomi della stessa molecola. Anche le molecole possono essere tenute insieme<br />

da particolari forze, che si chiamano legami intermolecolari. Questi legami sono sempre molto<br />

più deboli di quelli intramolecolari: è molto più facile rompere i legami tra molecole che quelli<br />

interni alla molecola. Tuttavia, la loro importanza è molto grande.<br />

I legami intermolecolari possono essere semplici forze attrattive tra cariche<br />

opposte. Nelle molecole, non sempre le cariche sono uniformemente<br />

distribuite: spesso gli elettroni si addensano in certe zone piuttosto che in<br />

altre. Si hanno cioè delle regioni in cui prevalgono le cariche negative e<br />

altre in cui queste scarseggiano. Le regioni negative di una molecola possono<br />

attrarre le regioni positive<br />

di un’altra, con una forza che<br />

tiene unite le due molecole.<br />

I legami intermolecolari influiscono<br />

su due importanti proprietà:<br />

la miscibilità o solubilità e lo<br />

stato fisico. La prima (fig. a destra) è la capacità di due<br />

sostanze di formare miscugli omogenei (di “mescolarsi


intimamente”); l’acqua e sale contrapposta all’acqua e olio. La miscibilità dipende dalla somiglianza<br />

dei legami intermolecolari formati dalle due molecole delle due sostanze (il simile scioglie il simile).<br />

Lo stato fisico, solido, liquido o aeriforme, dipende pure dalla forza dei legami: nei solidi le molecole<br />

sono strettamente legate, mentre negli aeriformi sono completamente libere e possono quindi<br />

muoversi in tutto lo spazio a disposizione. Aumentando la temperatura, i legami s’indeboliscono e<br />

le sostanze passano di stato: fondono o evaporano.

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