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SCIENZE DELLA TERRA PER LE CLASSI PRIME Sonia Marchioro ...

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<strong>SCIENZE</strong> <strong>DELLA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>PER</strong> <strong>LE</strong> <strong>CLASSI</strong> <strong>PRIME</strong><br />

<strong>Sonia</strong> <strong>Marchioro</strong>, Silvio Scortegagna<br />

<strong>LE</strong> ROCCE<br />

Sono definite come “aggregati naturali di minerali”. Sono formate di solito da più specie minerali,<br />

ma molte sono quelle formate da un solo minerale (monomineraliche). Ad esempio, il granito è formato<br />

da quarzo, feldspati e mica muscovite, mentre la dolomia è formata solo da dolomite (carbonato<br />

di calcio e magnesio).<br />

Esistono numerose classificazioni delle rocce, a seconda della caratteristica che si considera più importante.<br />

Un ingegnere potrà classificarle in base alla resistenza meccanica, un idrologo in base alla<br />

permeabilità all’acqua, un merceologo in base al loro possibile utilizzo commerciale. Tutte queste<br />

classificazioni sono adeguate nel rispettivo ambito di applicazione, ma sono del tutto insoddisfacenti<br />

per gli scopi del geologo. Per quest’ultimo risultano invece utili due criteri di classificazione:<br />

1) In base alla composizione chimica (classificazione chimica). Si distinguono le rocce composte<br />

prevalentemente da minerali silicatici (rocce SILICEE o SILICATICHE) da quelle composte<br />

da carbonati (rocce CALCAREE o CARBONATICHE). Ci sono però alcune rocce<br />

formate da minerali diversi, come il gesso (solfato di calcio) o il salgemma (cloruro di sodio).<br />

2) In base alla genesi, cioè all’origine delle rocce (classificazione genetica). E’ la classificazione<br />

più naturale e quindi più usata, che suddivide le rocce in MAGMATICHE (a loro volta<br />

suddivise in INTRUSIVE ed EFFUSIVE), SEDIMENTARIE e METAMORFICHE.<br />

<strong>CLASSI</strong>FICAZIONE CHIMICA DEL<strong>LE</strong> ROCCE<br />

Secondo questo criterio, le due categorie di rocce più comuni sono le silicatiche (o silicee) e le carbonatiche<br />

(più impropriamente dette calcaree).<br />

Le ROCCE SILICATICHE sono formate in prevalenza da minerali del gruppo dei silicati, che<br />

comprende una grande varietà di tipi e forme. Ci possono essere rocce formate da silicati ACIDI (o<br />

felsici), che avranno un colore chiaro, altre formate da silicati BASICI (mafici), di colore scuro. Nella<br />

formula chimica è sempre presente il silicio (Si), sempre legato all’ossigeno e, solitamente, a vari<br />

metalli, ma in proporzioni molto variabili. Esempi di minerali che formano le rocce silicee: quarzo:<br />

SiO2; ortoclasio: KAlSi3O8; olivina: MgFe(SiO4).<br />

Le ROCCE CARBONATICHE sono formate da carbonati. Nella formula chimica è sempre presente<br />

il gruppo (CO3), formato da un atomo di carbonio e tre di ossigeno. Le più comuni sono quelle<br />

formate da carbonato di calcio (CALCARE) e da carbonato di calcio e magnesio (DOLOMIA). Si noti<br />

che il nome delle rocce è diverso da quello del minerale che le forma, la calcite e la dolomite.<br />

Esempi di minerali che formano le rocce carbonatiche: calcite: CaCO3; dolomite: CaMg(CO3)2.


MANINE SANTE: COME SI RACCOLGONO I CAMPIONI DI ROCCE<br />

Il riconoscimento dei principali tipi di roccia ha notevole interesse pratico. Per riconoscere una roccia<br />

occorre definire uno schema di classificazione, cioè scegliere alcuni criteri in base ai quali descrivere<br />

e quindi denominare una roccia. In teoria, l’unico modo per riconoscere una roccia è<br />

l’analisi mineralogica completa, cosa molto laboriosa e costosa e non sempre fattibile in laboratorio.<br />

Per prima cosa, occorre disporre di campioni rappresentativi e prelevati secondo certe modalità:<br />

il campione deve essere grande almeno 10-20 cm, in modo da poterne osservare la composizione<br />

mineralogica e le caratteristiche visibili;<br />

deve possedere almeno una superficie “fresca”, cioè fratturata recentemente, non coperta da<br />

strati ossidati o alterati e non coperta da muschi, licheni o altro. Il campione va quindi spezzato col<br />

martello al momento della raccolta.<br />

se ne deve conoscere la provenienza, cosa facile se si è sul posto, più difficile se si è raccolto<br />

il campione senza etichettarlo e lo si è poi portato al laboratorio o a casa. Occorre quindi procedere<br />

subito ad un’attenta etichettatura.<br />

pione nel sacchetto è umido);<br />

Occorrono quindi (come minimo):<br />

un martello: ottimi quelli “da geologo”, che<br />

sono però difficili da trovare in commercio e costosi;<br />

in alternativa va bene una mazzetta (almeno 0,5 kg) e<br />

due buoni scalpelli, da punta e da taglio;<br />

dei sacchetti con laccetto di chiusura, in modo<br />

da conservare i campioni appena raccolti;<br />

delle etichette di carta (non necessariamente<br />

adesiva: vanno inseriti nel sacchetto col campione) e<br />

una matita o pennarello indelebile (le penne a inchiostro<br />

comune tendono a stingere, soprattutto se il cam-<br />

carta, bussola ecc. per segnare la posizione del punto di raccolta del campione.<br />

Sull’etichetta vanno IMMEDIATAMENTE segnati:<br />

località (possibilmente con coordinate)<br />

data di raccolta<br />

nome del raccoglitore<br />

altre indicazioni utili: posizione stratigrafica, giacitura, rapporti con altre rocce vicine, osservazioni<br />

ecc.).<br />

Il resto (tipo di roccia ecc.) potrà essere aggiunto con comodo a casa.


Distinguere tra i due principali tipi di roccia (silicatica e carbonatica) è spesso facile, con un po’ di<br />

pratica. Nei casi dubbi sono facilmente effettuabili due prove:<br />

MANINE SANTE: LA PROVA <strong>DELLA</strong> REAZIONE CON ACIDO CLORIDRICO (HCl)<br />

I carbonati, per la loro composizione chimica, reagiscono con gli acidi forti come l’acido cloridrico<br />

(HCl), liberando un gas, l’anidride carbonica (CO2). L’anidride carbonica è visibile come<br />

un’effervescenza sulla superficie di contatto tra l’acido e la roccia. La reazione è la seguente:<br />

CaCO3 + HCl � CaCl2 + H2O + CO2<br />

Il carbonato di calcio reagisce con l’acido, producendo cloruro di calcio solubile, acqua e anidride<br />

carbonica, responsabile della formazione delle bolle.<br />

Per effettuare questa prova è sufficiente trattare un campione pulito di roccia, possibilmente su una<br />

frattura fresca, con poche gocce di acido cloridrico al 20%. La soluzione non è particolarmente pericolosa,<br />

ma occorre evitare il contatto con gli occhi.<br />

Il carbonato di calcio e magnesio (dolomite) reagisce difficilmente con l’acido e occorre riscaldare<br />

l’acido o la roccia per riconoscere la dolomia in questo modo.<br />

Quindi:<br />

EFFERVESCENZA A FREDDO � CALCARE<br />

EFFERVESCENZA SOLO A CALDO � DOLOMIA<br />

NESSUNA EFFERVESCENZA � ROCCIA NON CARBONATICA (di solito silicatica)<br />

MANINE SANTE: LA PROVA <strong>DELLA</strong> DUREZZA<br />

Il quarzo e gran parte dei minerali silicatici sono duri o molto duri, mentre i minerali carbonatici sono<br />

piuttosto teneri. Si ricorda che col termine “durezza” non si intende la resistenza agli urti, alle<br />

martellate o alla masticazione, ma la resistenza alla scalfittura: strofinando con forza due materiali<br />

l’uno sull’altro, quello più duro lascerà un segno (scalfittura) su quello più tenero, perché gli atomi<br />

del primo sono legati tra loro più fortemente rispetto agli atomi del secondo.<br />

Fortuna vuole che due materiali di comune impiego, il vetro e l’acciaio comune, abbiano durezza<br />

intermedia tra i più comuni silicati e i carbonati. E’ quindi sufficiente strofinare con una certa forza<br />

un piccolo campione di roccia o minerale su un pezzo di vetro o sulla lama di un coltellino (strofinare<br />

il vetro o l’acciaio sulla roccia non dà di solito risultati di facile interpretazione). Se sul materiale<br />

di confronto rimane una scalfittura, la roccia è più dura di esso e probabilmente silicea, in caso<br />

contrario sarà molto probabilmente carbonatica (calcarea). Se la roccia può essere scalfita anche da<br />

un’unghia (durezza 2,5) è probabilmente gesso (durezza 2).<br />

ATTENZIONE: i risultati non possono essere sicuri al 100%. Ad esempio, alcuni silicati sono teneri,<br />

come ad esempio le argille. Una roccia argillitica non sarà certamente in grado di scalfire la lama<br />

di un coltello, ma potrà essere riconosciuta come silicea con la prova dell’acido.


<strong>CLASSI</strong>FICAZIONE GENETICA DEL<strong>LE</strong> ROCCE<br />

Le rocce possono derivare sostanzialmente da tre fenomeni:<br />

1) dalla solidificazione di un magma (rocce MAGMATICHE). Poiché le rocce sono molto diverse<br />

a seconda del modo in cui il magma solidifica, è necessaria un’ulteriore suddivisione:<br />

a) rocce INTRUSIVE se il magma solidifica all’interno del serbatoio;<br />

b) rocce EFFUSIVE se<br />

solidifica all’esterno, di<br />

solito durante<br />

un’eruzione vulcanica.<br />

2) dall’alterazione di rocce<br />

preesistenti ad opera degli<br />

agenti atmosferici, dell’acqua<br />

corrente ecc., che sgretolano le<br />

rocce, le trasportano e le<br />

sedimentano, tutto alla<br />

superficie del pianeta: rocce<br />

SEDIMENTARIE.<br />

3) dall’alterazione di rocce<br />

preesistenti ad opera di agenti<br />

che agiscono in profondità<br />

all’interno della litosfera<br />

(pressione, temperatura, ecc.),<br />

trasformando chimicamente e<br />

fisicamente i minerali: rocce<br />

METAMORFICHE.<br />

Per classificare ogni roccia all’interno<br />

di una di queste categorie non occorre<br />

essere presenti al momento della sua<br />

formazione, cosa possibile solo<br />

durante le eruzioni vulcaniche e negli<br />

ambienti sedimentari attuali. Si<br />

devono invece sfruttare degli<br />

indicatori in grado di portare su di sé<br />

la testimonianza di eventi antichi<br />

anche miliardi di anni. Non si possono<br />

comprendere questi indicatori senza<br />

conoscere la storia comune delle rocce<br />

di ogni tipo.<br />

APPROFONDIMENTO: IL MAGMA E LA GASSOSA<br />

Il magma è un complesso miscuglio di sostanze allo stato<br />

semiliquido, che si trova all’interno della Terra. E’<br />

composto da due frazioni principali: (1) un fuso, composto<br />

da un insieme di materiali che sarebbero solidi a<br />

temperatura ambiente (roccia fusa); (2) una miscela di<br />

gas disciolto nel fuso.<br />

Il gas resta sciolto nel fuso grazie alla pressione esistente<br />

all’interno della Terra, esattamente come l’anidride carbonica<br />

resta sciolta nell’acqua di una bibita gassata dove<br />

la pressione è garantita dal gas che si accumula sotto il<br />

tappo. La solubilità di un gas in un liquido dipende da<br />

due fattori: la temperatura (più questa è alta, meno il gas<br />

è solubile: questo è un motivo per cui le bibite gassate<br />

vanno bevute fredde) e la pressione (più è alta, più il gas<br />

è “tenuto giù”, sciolto nel liquido: è la legge di Henry).<br />

Se nel liquido è contenuto più gas di quanto se ne possa<br />

sciogliere, una parte se ne va.<br />

Come il gas si libera con effervescenza quando si stappa<br />

la bibita gassata, così anche il gas contenuto nel magma<br />

si allontana quando questo si avvicina alla superficie durante<br />

un’eruzione. In questo modo il magma si trasforma<br />

in LAVA: un magma degassato. Sono le bolle di gas che<br />

sfuggono dal magma a provocarne l’innalzamento nel<br />

camino vulcanico e poi l’eruzione, proprio come il gas<br />

contenuto in una bibita gassata troppo agitata o calda ne<br />

provoca la fuoriuscita dal collo della bottiglia.<br />

Dal magma che solidifica in profondità, ancora ricco di<br />

gas, si ottengono le rocce intrusive mentre dalla lava, che<br />

lo ha ormai perso, si formano le rocce effusive.


<strong>LE</strong> ROCCE MAGMATICHE<br />

CARATTERISTICHE GENERALI<br />

Sono quelle che si formano grazie alla solidificazione<br />

di un magma, all’interno della crosta terrestre<br />

(ROCCE INTRUSIVE) o all’esterno, quando<br />

il magma è diventato lava (ROCCE EFFUSIVE).<br />

Quindi, lo stesso magma può originare due rocce<br />

diverse, una intrusiva e una effusiva, a seconda<br />

delle condizioni di solidificazione.<br />

La solidificazione di un magma è un processo<br />

chimico-fisico che trasforma un liquido in un solido.<br />

I solidi hanno alcune importanti proprietà, alcune delle quali già osservate nel corso dello studio<br />

dei minerali:<br />

1) Poiché lo STATO NORMA<strong>LE</strong> DI UN SOLIDO È QUELLO CRISTALLINO, le rocce magmatiche sono<br />

quasi sempre formate da cristalli, visibili a occhio nudo o con particolari microscopi.<br />

2) Poiché i solidi cristallini sono di norma immiscibili tra di loro, ogni sostanza solidifica indipendentemente<br />

dalle altre. Il risultato è che, in ogni roccia magmatica, si possono riconoscere<br />

i singoli minerali.<br />

Tuttavia, molto dipende dalle condizioni in cui avviene la solidificazione.<br />

La cristallizzazione è un processo lento: richiede che le singole particelle microscopiche (atomi o<br />

ioni) raggiungano la posizione ottimale all’interno di un reticolo cristallino ordinato. Purtroppo, le<br />

particelle non sanno dove andare: non hanno né un navigatore GPS, né una bussola, né tanto meno<br />

un cervello, per quanto microscopico, ma si muovono a caso. Quindi, come gli ebrei nel deserto alla<br />

ricerca della Terra Promessa, devono<br />

raggiungere per caso la posizione<br />

più stabile, nella quale poi tenderanno<br />

a rimanere stabilmente. E’ ovvio<br />

che le particelle troveranno più facilmente<br />

questa posizione ottimale se<br />

dispongono di molto tempo (cioè se<br />

la solidificazione è lenta) e se si possono<br />

muovere all’interno di un liquido<br />

poco viscoso che non ne rallenti<br />

troppo il movimento (un magma caldo<br />

e contenente gas piuttosto che una<br />

lava fredda e degassata: al popolo di<br />

Mosè sarebbe andata peggio se avesse<br />

dovuto camminare, a caso, attraverso<br />

una palude fangosa).<br />

Un magma caldo con tutto il suo gas<br />

è poco viscoso e le particelle si muovono<br />

velocemente. Inoltre, poiché il<br />

magma è incassato all’interno delle<br />

NON E’ LA STESSA COSA: VISCOSO E DENSO.<br />

Secondo il parlar comune, l’olio sarebbe più denso<br />

dell’acqua perché scorre più lentamente su un piano<br />

inclinato. L’alcool sarebbe particolarmente poco denso<br />

ed è forse per questo motivo che a molte persone<br />

“scorre giù” molto meglio dell’acqua.<br />

Nel linguaggio scientifico non è affatto vero. La densità<br />

viene definita come la massa dell’unità di volume:<br />

un liquido è più denso di un altro se, a parità di volume,<br />

ha una massa superiore.<br />

La grandezza di cui si parla negli esempi sopra riportati<br />

non è la densità, ma la viscosità: la resistenza opposta<br />

da un liquido allo scorrimento. L’acqua è quindi<br />

più viscosa dell’alcool ma meno dell’olio. La sua densità<br />

è invece maggiore di quella dell’alcool e anche di<br />

quella dello stesso olio che, infatti, galleggia.


occe, rimane caldo perché le rocce sono buoni isolanti termici.<br />

In queste condizioni le particelle hanno tutto il tempo per muoversi, trovare la propria posizione ottimale,<br />

staccarsi e cercarne un’altra e così via: si formano così dei cristalli che, se sono privi del caratteristico<br />

habitus geometrico, è solo perché a un certo punto hanno trovato dei cristalli vicini che<br />

hanno impedito un’ulteriore crescita. Ma a livello microscopico si tratta di veri cristalli, con le particelle<br />

bene in ordine. La tessitura che si osserva in questi casi viene definita GRANULARE o<br />

GRANITOIDE e il granito ne è il più classico esempio.<br />

Nella lava che ha perso i gas e che si sta velocemente raffreddando, le particelle si muovono più<br />

lentamente: ogni particella si trova costretta in brevi spazi e, per legarsi, “trova quello che trova”. I<br />

cristalli che si formano sono piccoli, di solito microscopici, e i reticoli cristallini sono su piccola<br />

scala. E’ molto più difficile riconoscerne la presenza, per non parlare di cercare di capire che minerali<br />

sono. Qualche volta sono riconoscibili alcuni cristalli più grossi, di solito formatisi prima<br />

dell’eruzione (fenocristalli). Una tessitura di questo tipo viene chiamata MICROCRISTALLINA o<br />

PORFIRICA, perché un esempio ne è il ben noto porfido.<br />

Se il raffreddamento è estremamente veloce, come nel caso di una lava iniettata a sbuffi sul fondo<br />

marino, le particelle non hanno nemmeno il tempo di lamentarsi, ma si fermano dove si trovano<br />

senza quasi formare reticoli cristallini. In questo caso si parla di tessitura VETROSA, sia perché la<br />

fisica definisce “vetro” una sostanza con particelle disordinate (quindi liquida) ma con caratteristiche<br />

fisiche simili a quelle dei solidi, sia perché alcune rocce così formatesi, ad esempio l’ossidiana,<br />

sembrano effettivamente vetro scuro.<br />

COMUNI ROCCE INTRUSIVE<br />

Le rocce intrusive sono abbastanza numerose.<br />

La più comune è il granito, ma forse pochi<br />

conoscono la diorite, il gabbro o la peridotite.<br />

Il granito (a sinistra) è formato in prevalenza<br />

da granelli chiari, con pochi granelli<br />

scuri. Il gabbro (in basso a destra) e la peridotite,<br />

al contrario, sono spesso nerastri,<br />

mentre la diorite mostra una mescolanza di<br />

granuli chiari e scuri all’incirca in parti uguali.<br />

Tutte le rocce citate formano una serie (la serie<br />

alcali-calcica), che non è l’unica serie esistente.<br />

Il termine serie indica una successione<br />

ordinata secondo un gradiente, cioè una<br />

variazione graduale di una grandezza. Nella serie che abbiamo considerato la grandezza considerata<br />

è il contenuto in silice (biossido di silicio:<br />

SiO2).<br />

Le rocce magmatiche sono formate da silicati,<br />

e tutti i silicati contengono silice, ma non<br />

in quantità uguale. Oltre a silicio e ossigeno,<br />

ci sono altri elementi come l’alluminio, il<br />

calcio, il sodio, il potassio, il magnesio e il<br />

ferro. Questi ultimi due sono particolarmente<br />

importanti, perché in qualche modo complementari<br />

alla silice: se la silice è abbon-


dante, ad esempio più del 65% del magma, ferro e magnesio sono scarsi. I minerali che si formano<br />

sono ricchi di silice e poveri di ferro e magnesio. Minerali di questo tipo, detti felsici (dal nome di<br />

due minerali tipici, il feldspato e la silice, o quarzo), hanno tutti un colore chiaro o sono addirittura<br />

incolori.<br />

Al contrario, se abbondano ferro e magnesio e la silice scarseggia, i minerali prevalenti sono quelli<br />

mafici (magnesio e ferro), e i minerali mafici sono di colore scuro.<br />

Il granito è la roccia intrusiva più felsica (altrimenti detta acida): i minerali che lo formano sono<br />

prevalentemente chiari. Il gabbro (a destra) è una roccia mafica (o basica): i suoi minerali sono scuri.<br />

Gli altri casi sono intermedi e, con un po’ di pratica, si potrà tirare a indovinare il nome di una<br />

roccia con una discreta speranza di non fare troppo una brutta figura.<br />

DA VEDERE: <strong>LE</strong> ROCCE INTRUSIVE.<br />

Il granito è una delle rocce più comuni, anche se non nel Veneto. Si forma in serbatoi sotterranei,<br />

detti plutoni, che affiorano quando vengono sollevati con le montagne e messi a nudo dall’erosione;<br />

non se ne vedono molti, quindi, quando le montagne sono giovani come le Alpi orientali. Vicini a<br />

noi, sono fatti in gran parte di granito il massiccio di Cima d’Asta a Nord della Valsugana (da dove<br />

numerosi blocchi scendono lungo il fiume Brenta) e l’Adamello.<br />

Gabbri e peridotiti si formano in condizioni molto particolari, sul fondo dell’oceano, e possono affiorare<br />

solo quando le spinte che sollevano le montagne riescono a strappare lembi di fondale oceanico<br />

e a portarli ad alte quote. Questi eventi sono visibili soprattutto nelle zone cosiddette di “cerniera”<br />

delle catene montuose. Anche qui il Veneto non offre molto: ne abbiamo invece numerosi<br />

esempi nelle Alpi occidentali, Appennino settentrionale, Alpi dell’Austria (Tauri).


MANINE SANTE: OSSERVIAMO UNA ROCCIA INTRUSIVA<br />

La prima cosa da fare per osservare una roccia intrusiva è procurarsene una. Oltre ai campioni messi<br />

a disposizione dalla scuola o raccolti durante le escursioni, ci sono altre opportunità: scale, pavimenti,<br />

piani da lavoro della cucina in granito (riconoscibili per le caratteristiche che sono state descritte).<br />

In casi estremi una visitina al cimitero, oltre a ricordarci la brevità della vita e la caducità di<br />

sogni e illusioni, potrà fornirci a iosa esempi di rocce anche rare. Per evitare guai con la giustizia<br />

cimiteriale e con le anime dei defunti più vendicativi, è meglio evitare di raccogliere campioni.<br />

In alternativa, è possibile raccogliere campioni di granito proveniente dal massiccio di Cima d’Asta<br />

semplicemente raccogliendoli sul greto del Brenta, aspettando, come Maometto, che la montagna<br />

vada da lui.<br />

OSSERVAZIONE INTERPRETAZIONE<br />

Effettuare la prova dell’HCl. Il granito è una roccia carbonatica o silicatica?<br />

Effettuare la prova della du- La durezza della roccia è maggiore o minore di quella del vetro?<br />

rezza su un pezzo di vetro.<br />

Il granito è composto intera- Ogni granulo è, in effetti, un singolo cristallo, il che è tipico delle<br />

mente da granuli.<br />

rocce intrusive. Ogni granulo è formato da un unico minerale, poiché<br />

i solidi non sono tra loro miscibili. Ogni granulo rappresenta<br />

perciò una fase, cioè una porzione di materia chimicamente e fisicamente<br />

omogenea.<br />

I granuli sono di colore diver- I granuli più scuri sono formati da minerali mafici, in particolare da<br />

so.<br />

biotite, una mica nera a cristalli piatti e lucenti. I granuli opachi<br />

bianchi o rosa sono formati da feldspati, che sono silicati felsici<br />

(ricchi di silice). I granuli grigiastri, se li si guarda più attentamente,<br />

appaiono traslucidi: sono cristalli di quarzo.<br />

I granuli scuri di biotite sono I cristalli di biotite si formano per primi, quando quasi tutto il<br />

spesso lucenti e di forma più magma è liquido: possono quindi accrescersi liberamente.<br />

regolare (se luccicano, signifi- I cristalli di quarzo si formano per ultimi e il loro accrescimento è<br />

ca che hanno almeno una fac- bloccato dai cristalli già formati.<br />

cia piana); i granuli di quarzo<br />

hanno invece forma irregolare.<br />

I granuli non sono disposti or- L’accrescimento dei cristalli avviene in sospensione nel fuso, quindinatamente,<br />

vale a dire che di “in assenza di gravità”, come se galleggiassero in una piscina.<br />

non si riconoscono striature o Per questo non crescono secondo direzioni particolari, ma in modo<br />

macchie o altro nella roccia (se casuale.<br />

ci sono, abbiamo scelto la cu- E’ ovvio che questo “disordine” interessa solo i cristalli nel loro incina<br />

o la lapide sbagliati) sieme, non le particelle che li formano, che hanno sempre un grado<br />

di ordine elevatissimo.


COMUNI ROCCE EFFUSIVE<br />

Anche per le rocce effusive vale la distinzione in felsiche,<br />

intermedie e mafiche (oppure acide, intermedie e basiche).<br />

Va detto però che le serie effusive sono più complicate di<br />

quelle intrusive e che le modalità di cristallizzazione non<br />

rendono facile il riconoscimento dei minerali, nemmeno per<br />

quanto riguarda il colore. L’unico modo per dare un nome<br />

sicuro a una roccia effusiva è quasi sempre l’analisi chimica,<br />

che viene effettuata nei laboratori universitari di ricerca.<br />

Un magma acido (quello che in condizioni intrusive dà un granito), se coinvolto in un’eruzione, origina<br />

una roccia chiamata riolite (in alto, a destra) si dice che la riolite è il corrispondente effusivo<br />

del granito. E’ la roccia che viene commercialmente chiamata<br />

porfido e che trova ampi impieghi nell’edilizia e nelle pavimentazioni<br />

stradali.<br />

Il corrispondente effusivo di gabbri e peridotiti (da magma basico,<br />

o mafico) si chiama basalto. E’ di gran lunga la roccia effusiva<br />

più comune sulla Terra. E’ una roccia facilmente identificabile<br />

perché nera e pesante.<br />

Anche la trachite (in basso), che si estrae nei Colli Euganei, è<br />

una roccia effusiva, che appartiene ad una serie diversa rispetto<br />

al basalto e alla riolite. E’ molto usata nei cordoli dei marciapiedi<br />

e nei rivestimenti alla base dei muri, perché è resistentissima<br />

all’abrasione ed è anche di bell’aspetto.<br />

Il riconoscimento delle rocce effusive è più difficile rispetto alle<br />

intrusive e richiede spesso competenze specialistiche. A grandi<br />

linee, ci si può basare sulla tessitura e, in pochi casi e con ampi<br />

spazi per il dubbio, sul colore.<br />

La tessitura di queste rocce può essere porfirica, microcristallina o vetrosa.<br />

La tessitura porfirica si manifesta con la presenza di alcuni cristalli<br />

ben visibili (per forma, colore, lucentezza) ma isolati<br />

all’interno di una pasta di fondo uniforme. L’aspetto è quello<br />

di un torrone mandorlato (con mandorle piccolissime). I cristalli<br />

visibili sono chiamati fenocristalli (che significa appunto<br />

“cristalli visibili”). Possono essersi formati nella camera magmatica<br />

prima dell’eruzione, oppure durante la stessa, quando<br />

un componente della lava era particolarmente abbondante.<br />

Questa tessitura è ben visibile, per esempio, nella riolite, commercialmente<br />

denominata porfido.<br />

La tessitura microcristallina è di più difficile identificazione,<br />

perché non ci sono nemmeno i fenocristalli a dare una mano. I<br />

piccolissimi cristalli sono visibili solo con particolari microscopi,<br />

dopo aver effettuato una sezione sottile della roccia: non è un’operazione alla portata dei comuni<br />

mortali, ma solo di laboratori specializzati. Con poco tempo per formarsi, i cristalli sono rimasti<br />

di dimensioni piccolissime. Questa tessitura è comune nel basalto.<br />

Se nemmeno al microscopio si osservano cristalli, ma si è comunque certi che si tratti di una roccia<br />

effusiva, allora siamo in presenza di una tessitura vetrosa. Il raffreddamento è stato così rapido che<br />

le particelle della lava sono state congelate nelle loro posizioni, senza potersi organizzare in cristal-


li. Sono fatte in questo modo l’ossidiana e la pomice, ma anche molti basalti formatisi sul fondo del<br />

mare mostrano tessitura vetrosa.<br />

DA VEDERE: <strong>LE</strong> ROCCE EFFUSIVE.<br />

E’ molto noto il “porfido” che viene estratto tra Trento e Bolzano e che viene venduto in tutta Europa.<br />

E’ evidentissimo il cambiamento di colore, dal bianco della dolomia al rosso del porfido, che si<br />

osserva nelle montagne percorrendo l’autostrada tra Trento e Bolzano all’altezza di Ora. Impressionante<br />

è l’orrido della Val d’Ega, che da Bolzano si dirige verso le Dolomiti, ma certo il paesaggio<br />

più segnato dallo sfruttamento di questa roccia è quello della Val di Cembra, tra Pergine e Segonzano,<br />

dove si concentra l’attività estrattiva.<br />

Rocce effusive acide molto simili affiorano anche nei monti vicentini, ad esempio a Posina, presso<br />

il Passo di Campogrosso o sul M. Alba, nei pressi del Col di Xomo.<br />

Il nero basalto affiora in abbondanza nei dintorni di Schio ed è il più importante indizio della passata<br />

attività vulcanica dei nostri monti. Tra le numerosissime località si possono scegliere i dintorni<br />

del Passo dello Zovo, con il ben noto camino vulcanico del Mución, o le colline delle Bregonze tra<br />

Chiuppano e Lugo. E’ invece inutile cercare il basalto sulla cima del M. Summano che, nonostante<br />

le leggende e la forma conica, non è mai stato un vulcano!


MANINE SANTE: OSSERVIAMO UNA ROCCIA EFFUSIVA<br />

Non è difficile trovare un campione. Una tipica roccia effusiva, la riolite, comunemente nota come<br />

porfido, è il materiale col quale sono lastricate strade e piazze. Un’altra è la trachite, di colore bruno<br />

chiaro, con la quale sono fatti i bordi dei marciapiedi e alcuni rivestimenti pregiati. Un’altra ancora<br />

è il basalto, una pesante roccia nera (sasso moro) che affiora con una certa dovizia presso Schio.<br />

OSSERVAZIONE INTERPRETAZIONE<br />

Effettuare la prova dell’acido Il campione è una roccia carbonatica o silicatica?<br />

cloridrico.<br />

Effettuare la prova della du- La durezza della roccia è maggiore o minore di quella del vetro?<br />

rezza su un pezzo di vetro.<br />

Osservando con attenzione un I cristalli che si osservano sono i fenocristalli: quelli chiari sono di<br />

campione di porfido (o di tra- quarzo o di feldspato, quelli scuri di minerali mafici. Tutto il resto è<br />

chite), si notano dei cristalli la pasta di fondo microcristallina. La tessitura è porfirica.<br />

chiari (incolori) e spesso cri- Nel basalto, che viene emesso a temperatura maggiore, i fenocristalli<br />

scuri.<br />

stalli possono non avere il tempo di formarsi. In questo caso, la tes-<br />

Nel basalto i cristalli sono positura è completamente microcristallina. Se si osservano fenocrico<br />

visibili o assenti.<br />

stalli (di solito con un po’ di attenzione se ne vedono), questi sono<br />

scuri perché mafici.<br />

Il colore del porfido è generalmente<br />

rossastro; quello del<br />

basalto è più spesso nero.<br />

I cristalli non sono disposti ordinatamente.<br />

Molte rocce, comprese queste, contengono ferro. I composti di ferro<br />

possono essere rossi, se molto ossidati, o neri, se poco ossidati (o<br />

legati nei silicati mafici). Il colore rosso di una roccia è normalmente<br />

dovuto alla presenza di ossidi di ferro.<br />

Nel porfido il ferro non entra a far parte dei silicati, a causa della<br />

rapidità della solidificazione, ma si combina con gli ioni ossigeno<br />

presenti per formare ossido.<br />

Nel basalto comune il ferro è ridotto (meno ossidato) e quindi impartisce<br />

alla roccia un colore nero.<br />

Anche qui, l’accrescimento dei cristalli avviene in sospensione nel<br />

fuso, come nelle intrusive.<br />

MANINE SANTE: DENSITA’ DI UNA ROCCIA EFFUSIVA<br />

Una misura indiretta per capire di che roccia è composto un campione è la densità, intesa come il<br />

rapporto tra la massa e il volume. Il metodo “delle tre pesate” è già stato proposto nel capitolo sui<br />

minerali. In presenza di quantità più consistenti di materiale è possibile usare anche quello più rudimentale,<br />

col cilindro graduato per misurare il volume del campione. In alternativa, si possono usare<br />

la bilancia idrostatica (che sfrutta il principio di Archimede) o il galleggiamento in soluzioni di<br />

liquidi pesanti (ad es. bromoformio) di densità nota.<br />

Si consiglia di effettuare questa prova con riolite e basalto; è comunque ovvio che potrà funzionare<br />

con qualsiasi altra roccia.


<strong>LE</strong> ROCCE SEDIMENTARIE<br />

Le rocce sedimentarie sono un insieme molto vario che deriva dall’alterazione superficiale di altre<br />

rocce. Pur nella loro diversità, tutte hanno in comune il processo che le forma: il processo sedimentario,<br />

riassumibile in quattro fasi:<br />

• FASE DI EROSIONE: frammenti di roccia vengono staccati dalla loro sede per azione meccanica,<br />

oppure vengono sciolti nell’acqua.<br />

• FASE DI TRASPORTO: questi materiali vengono trasportati da agenti come l’acqua corrente, il<br />

vento, i ghiacciai o semplicemente la gravità (caduta). Il trasporto modifica la forma dei<br />

frammenti, consumandoli e arrotondandoli.<br />

• FASE DI SEDIMENTAZIONE: gli agenti hanno una capacità di trasporto limitata, esaurita la<br />

quale devono depositare (sedimentare) i materiali trasportati. Questi materiali si accumulano<br />

all’interno di bacini, detti bacini sedimentari. I materassi di sedimento sono ricchissimi di<br />

pori che, nel caso di trasporto idrico, sono pieni d’acqua.<br />

• FASE DI CEMENTAZIONE: i materiali sedimentati sono inizialmente sciolti e incoerenti (si<br />

pensi a una sabbia o una ghiaia). Col passare del tempo, i materiali vengono compattati dal<br />

peso dei sedimenti sovrastanti, l’acqua contenuta nei pori si allontana e i sali in essa disciolti<br />

si depositano nei pori, riempiendoli e cementando i singoli granelli.<br />

Un ruolo molto importante viene inoltre svolto dagli organismi viventi, che possono influenzare la<br />

sedimentazione delle sostanze disciolte nell’acqua: basti pensare alle scogliere coralline tropicali,<br />

formate da carbonato di calcio fissato dai minuscoli polipi dei coralli. Molto più di frequente, resti<br />

organici restano intrappolati nei sedimenti, trasformandosi in fossili.<br />

Come si può intuire, tutte queste fasi possono assumere caratteristiche molto diverse, originando<br />

una grande varietà di rocce sedimentarie.<br />

Per semplificare, possiamo suddividere le rocce sedimentarie in tre principali categorie:<br />

• ROCCE CLASTICHE: sono formate da<br />

frammenti solidi di altre rocce (clasti)<br />

che hanno subito il processo sedimentario,<br />

finendo col cementarsi<br />

tra loro a formare rocce compatte.<br />

Un esempio è l’arenaria, formata da<br />

granelli di sabbia uniti tra loro.<br />

• ROCCE CHIMICHE: formate da una reazione<br />

chimica inorganica, che consiste<br />

solitamente nella precipitazione<br />

(separazione allo stato solido) di sali<br />

che erano prima disciolti in acqua.<br />

Un esempio è il salgemma, che si<br />

forma quando l’acqua di mare evapora<br />

in un bacino chiuso.<br />

• ROCCE ORGANOGENE: sono originate<br />

dalla sedimentazione di resti organici<br />

APPROFONDIMENTO: LA <strong>CLASSI</strong>FICAZIONE<br />

GRANULOMETRICA DEI SEDIMENTI<br />

I sedimenti possono essere classificati in base a molti<br />

indici, ma i più usati e significativi sono la granulometria<br />

prevalente dei clasti e la loro forma.<br />

I clasti più grandi, della dimensione dei decimetri,<br />

sono chiamati ciottoli, quelli di dimensioni centimetriche<br />

ghiaie, quelli millimetrici sabbie, quelli più<br />

fini limi e argille.<br />

In base alla forma, i clasti possono essere arrotondati<br />

o spigolosi, rotondeggianti o appiattiti.<br />

Una ghiaia arrotondata è indice di trasporto per rotolamento,<br />

quindi di un’origine fluviale, una ghiaia a<br />

elementi appiattiti è invece tipica di spiagge marittime<br />

sassose. Una ghiaia o un insieme di ciottoli a<br />

frammenti spigolosi mostra di non avere subito trasporto<br />

significativo.


o, più frequentemente, da una reazione chimica provocata da organismi. Un esempio è il<br />

calcare che forma le scogliere coralline, prelevato dall’acqua di mare dai polipi dei coralli e<br />

fissato nei loro scheletri esterni.<br />

COMUNI ROCCE CLASTICHE<br />

Quasi tutti gli agenti di trasporto hanno la capacità di spostare solo certi tipi di sedimenti: il vento<br />

solleva la sabbia, l’acqua dei fiumi può muovere massi e ciottoli nel corso montano, sabbie e ghiaie<br />

nel corso medio, argille e limi in quello basso. Ne consegue che i sedimenti che si depositano in una<br />

data località hanno dimensioni abbastanza uniformi: la sabbia del deserto e della spiaggia, la ghiaia<br />

del torrente, l’argilla del grande delta fluviale. E’ possibile, quindi, classificare le rocce clastiche in<br />

base alle dimensioni dei granuli che le formano.<br />

Se la roccia è formata da ciottoli o ghiaia, prende il<br />

nome di conglomerato: il suo aspetto è più o meno<br />

quello di un calcestruzzo. Se i frammenti sono arrotondati<br />

si parla di puddinga (foto in alto), se spigolosi<br />

di breccia. Le puddinghe si formano anche oggi<br />

nei greti dei fiumi e basta un’occhiata a uno di essi<br />

(ad esempio il Brenta o anche il Leogra) per rendersene<br />

conto. Nell’arco di alcune migliaia di anni la<br />

cementazione trasformerà quegli ammassi di ghiaia<br />

in conglomerati compatti. Al contrario, le brecce si<br />

formano quando la roccia originaria viene fratturata<br />

ma non trasportata: una breccia in formazione si può<br />

osservare ai piedi delle pareti rocciose dolomitiche,<br />

ad es. del Pasubio (ghiaione).<br />

Se la roccia è formata da sabbia, si chiama arenaria<br />

(foto al centro). Questa roccia è riconoscibile sia a<br />

vista che al tatto, per il tipico aspetto “sabbioso” e<br />

per la ruvidità. Le arenarie si formano nei bassi corsi<br />

dei fiumi, nei deserti e nelle spiagge, dove è facile<br />

osservarne l’aspetto prima della cementazione. Possono<br />

essere formate prevalentemente da calcare<br />

(calcarenite), da quarzo (quarzarenite) o altro.<br />

Tipiche calcareniti si possono osservare proprio al<br />

centro di Schio, nelle colline del Castello e della<br />

Valletta. Basta prelevare un campione di roccia per<br />

osservarne senza problemi l’aspetto sabbioso e per<br />

constatarne la ruvidità al tatto. Osservando i muri costruiti<br />

con pietra locale, spesso si possono trovare<br />

fossili di conchiglie e ricci di mare evidentemente<br />

marini.<br />

Se i sedimenti sono ancora più fini si possono avere<br />

siltiti (dall’inglese silt = limo) o argilliti (foto in basso).<br />

Queste rocce si possono riconoscere per<br />

l’aspetto terroso e, le argilliti, per la loro untuosità


qundo vengono bagnate. Gli ambienti di formazione delle siltiti e delle argilliti sono a bassa energia:<br />

ad esempio, i delta fluviali, le lagune in cui sfociano fiumi e il fondo del mare a breve distanza<br />

dalle coste.<br />

Buoni esempi di siltiti rosse si possono trovare tra le Piane e il Tretto, ad esempio presso la Contrada<br />

Munari.<br />

Tipiche alternanze cicliche tra arenarie e argilliti sono invece comunissime sull’Appennino settentrionale<br />

e si possono vedere, per esempio, percorrendo l’autostrada tra Bologna e Firenze.<br />

MANINE SANTE: OSSERVIAMO UNA ROCCIA CLASTICA: L’ARENARIA<br />

Gli abitanti di Schio non hanno grosse difficoltà a procurarsi campioni di arenaria: basta andare al<br />

Castello, magari durante una bruciata, per trovare in abbondanza una roccia grigia o giallastra.<br />

L’arenaria che si osserva qui è ricca di fossili marini, che però vengono asportati dall’“erosione umana”.<br />

Per osservare qualcuno di questi esemplari e farsi un’idea del tipo di fauna e di ambiente è<br />

possibile usufruire dei muri in pietra locale.<br />

OSSERVAZIONE INTERPRETAZIONE<br />

Effettuare la prova dell’acido Il campione è una roccia carbonatica o silicatica? Ma: l’eventuale<br />

cloridrico.<br />

calcare deriva dalla sabbia o dal cemento che lega i granelli?<br />

Effettuare la prova della du- La durezza della roccia è maggiore o minore di quella del vetro?<br />

rezza su un pezzo di vetro.<br />

L’arenaria ha un aspetto sab- L’arenaria deriva dalla cementazione di granuli di sabbia, che hanbioso,<br />

in cui è possibile, con no subito un trasporto e una selezione ad opera degli agenti di tra-<br />

una lente, vedere i singoli grasporto. Non ci sono sassi, né si vede argilla.<br />

nuli.<br />

La sabbiosità può essere con- Quando la roccia viene fratturata, molti granuli vengono esposti e<br />

fermata al tatto.<br />

rendono la superficie scabra. L’alterazione superficiale tende a livellare<br />

queste asperità e non consente di apprezzarle: anche per<br />

questo è sempre bene compiere le proprie osservazioni su un campione<br />

fratturato di recente.<br />

Il colore può essere giallastro Il colore può dipendere dal colore dei sedimenti, quindi delle rocce<br />

o grigio.<br />

di origine, oppure dalla presenza o meno di ferro (colore giallastro).<br />

Sono frequenti i fossili di or- Perché si formino fossili, occorre che la sedimentazione sia veloce:<br />

ganismi con guscio calcareo. quindi, la terraferma doveva essere in rapida erosione, in modo che<br />

i sedimenti potessero depositarsi in mare con abbondanza. Le Alpi<br />

si stavano allora sollevando e gli agenti erosivi avevano buon gioco<br />

nei confronti di rocce recentemente fratturate.<br />

I fossili sono soprattutto con- Le arenarie di questo tipo si formano frequentemente lungo le cochiglie<br />

e ricci di mare. ste, dove si depositano i detriti portati dai fiumi (si confronti<br />

l’attuale alto Adriatico); queste sono le forme di vita tipiche di questi<br />

ambienti.


APPROFONDIMENTO: PA<strong>LE</strong>OGEOGRAFIA E RICOSTRUZIONE STORICA<br />

Conoscendo l’ambiente di sedimentazione delle varie rocce, è possibile ricostruire la geografia di<br />

milioni di anni fa, oppure la storia geologica di un ambiente.<br />

ESEMPIO 1: ROCCE COEVE (= della stessa età, formatesi nello stesso momento). Una sottile formazione<br />

rocciosa tipica dei monti alto vicentini è il Conglomerato del Tretto. In realtà, la roccia effettivamente<br />

conglomeratica (per la precisione una puddinga) affiora solo al Tretto, mentre verso<br />

Nordovest, in alta Val Leogra e nel Trentino meridionale, la stessa formazione contiene arenarie e<br />

siltiti.<br />

Poiché tutte queste rocce si sono formate nello stesso momento, si può desumere che il Tretto fosse<br />

attraversato da fiumi a corso veloce, che depositavano ghiaie. Questi fiumi rallentavano poi progressivamente<br />

il loro corso procedendo verso l’attuale Trentino, sedimentando prima la sabbia e poi<br />

il limo. Se pensiamo all’attuale geografia della nostra zona, per spiegare questi dati dobbiamo immaginare<br />

una situazione contraria all’attuale: una zona montana localizzata dove oggi c’è la pianura,<br />

una pianura o addirittura un bacino marino dove oggi ci sono le Prealpi.<br />

ESEMPIO 2: SUCCESSIONE DI STRATI SOVRAPPOSTI. Nella zona di Priabona è presente una<br />

sequenza di strati sovrapposti, contenenti fossili marini. Alla base della sequenza c’è una breccia<br />

(conglomerato del Boro), che indica un evento erosivo senza trasporto dei clasti. Al di sopra della<br />

breccia si trovano delle arenarie con fossili marini, le tipiche rocce che si formano lungo una costa<br />

bassa, e infine delle marne, che sono rocce calcaree contenenti argilla, indicatrici di un ambiente<br />

schiettamente marino, anche se poco profondo e poco lontano dalla costa.<br />

A differenza del caso del Conglomerato del Tretto, queste rocce non hanno la stessa età, ma si sono<br />

formate nello stesso posto durante un lungo periodo di tempo. Un eremita fermo sulla cima di un<br />

monte vicino, se fosse vissuto anche per pochi milioni di anni, avrebbe visto il mare invadere progressivamente<br />

la terra. La successione descrive quindi la sequenza degli eventi accaduti in una località<br />

lungo una costa rocciosa, erosa dalle onde, che veniva progressivamente invasa dal mare.<br />

ESEMPIO 3. Le colline tra Poleo e il Castello di Schio sono formate da una serie di strati sovrapposti,<br />

tutti di origine marina, composta da: 1) basalti formatisi sotto il mare (più antichi); 2) calcari<br />

marini con alghe; 3) arenarie; 4) arenarie miste ad argilla (più recenti). A quale dei primi due esempi<br />

somiglia di più questa situazione? Cosa può aver prodotto una tale successione?<br />

COMUNI ROCCE SEDIMENTARIE CHIMICHE<br />

Il più frequente meccanismo con cui si formano rocce sedimentarie chimiche è quello evaporitico.<br />

Se un tratto di un bacino marino rimane isolato in un clima caldo e arido, l’evaporazione dell’acqua<br />

lascia sul fondo i sali che vi erano contenuti. In questo modo si formano la dolomia evaporitica e il<br />

calcare evaporitico, formati da carbonati rispettivamente di calcio e magnesio e di solo calcio, il<br />

gesso (solfato di calcio idrato) e il salgemma (cloruro di sodio).<br />

DA VEDERE: <strong>LE</strong> EVAPORITI. Nella zona scledense le evaporiti sono piuttosto rare. Si trovano qua e là<br />

strati di dolomia, che formano tipiche cornici sporgenti, e giacimenti di gesso, che sono stati sfruttati<br />

in passato. I più importanti, oggi praticamente esauriti, erano nella Val Rotolon di Recoaro, sui<br />

monti tra questo paese e Torrebelvicino (Camonda) e alle Piane (Val dei Munari). Per osservare il<br />

salgemma è molto istruttivo visitare le miniere di Salisburgo (Austria), bene attrezzate per il turismo.


Un’altra roccia chimica piuttosto curiosa è il particolare calcare (alabastro) che forma le concrezioni<br />

delle grotte: stalattiti, stalagmiti, colonne, cortine ecc. Il carbonato di calcio, disciolto nell’acqua<br />

leggermente acida delle piogge che penetrano nel terreno, si separa sulla parete delle cavità sotterranee<br />

formando meravigliose strutture traslucide.<br />

DA VEDERE: <strong>LE</strong> CONCREZIONI CALCAREE. Per osservare le concrezioni delle grotte, nell’Alto Vicentino<br />

non c’è che l’imbarazzo della scelta, ma occorre prevedere l’accompagnamento di una guida<br />

esperta e un’adeguata attrezzatura. In alternativa, si tratta solo di scegliere tra le numerose grotte attrezzate<br />

per le visite: le più vicine sono quelle di Oliero, lungo la Valsugana a Nord di Bassano.<br />

COMUNI ROCCE SEDIMENTARIE ORGANOGENE<br />

In questa categoria vengono raggruppate rocce di aspetto diversissimo, che hanno come unica cosa<br />

in comune l’essere derivate in gran parte dall’azione di organismi.<br />

Uno degli esempi più facili da comprendere, anche se non proprio comunissimo nei nostri climi, è<br />

rappresentato dal calcare compatto di scogliera, fissato dai coralli. Questi celenterati coloniali prelevano<br />

sali dall’acqua, depositandoli nei loro scheletri interni; la massa di tutte le incrostazioni dei<br />

singoli organismi forma le barriere coralline, tipiche dei mari tropicali. Queste strutture si conservano<br />

ottimamente allo stato fossile e sono anche molto resistenti all’erosione.<br />

DA VEDERE: <strong>LE</strong> SCOGLIERE OLIGOCENICHE DEI COLLI BERICI. Percorrendo la Riviera Berica a Sud di<br />

Vicenza si osservano potenti affioramenti di roccia bianca, soprattutto nei pressi di Lumignano: sono<br />

i resti meravigliosamente conservati di una barriera corallina che, nel periodo Oligocene (tra 10 e<br />

20 milioni di anni fa circa), delimitava una laguna tropicale estesa fino all’altezza di Schio. Queste<br />

pareti sono fatte di un calcare molto compatto e quasi privo di stratificazione, a riprova della crescita<br />

continua dei banchi corallini.<br />

Nelle zone in cui la marea entrava e usciva dalla laguna (canali di marea) si è depositata una roccia<br />

diversa, ma formata da una sabbia derivante dall’erosione dei banchi corallini. Questa roccia, una<br />

calcarenite, è la famosa pietra bianca di Vicenza, che caratterizza l’architettura del capoluogo berico,<br />

di Padova e, in parte, di Venezia. Venne estratta fin dall’epoca romana in gallerie spesso di dimensioni<br />

enormi: basti pensare alle famosissime Grotte di Costozza, che nel Cinquecento vennero<br />

indicate come l’ottava meraviglia del mondo.<br />

Molto più comune è il calcare micritico, cioè formato da<br />

granuli di dimensioni microscopiche. Gli organismi responsabili<br />

della formazione di questo calcare fanno parte del<br />

plancton, l’insieme di piccoli animali e piante galleggianti,<br />

noti per costituire il cibo di pesci e mammiferi marini. Molti<br />

organismi planctonici (in particolare i cosiddetti foraminiferi:<br />

foto a sinistra) si costruiscono un microscopico scheletro<br />

esterno di carbonato di calcio, che ha la funzione di stabilizzatore<br />

nel loro fluttuante habitat. Alla loro morte, questi gusci<br />

sedimentano sul fondo del mare, originando dei fanghi<br />

che si possono accumulare al ritmo vertiginoso di alcuni<br />

centimetri per millennio (o meno). Poiché sedimenti si depositano<br />

sopra altri sedimenti, quelli sottostanti si compattano<br />

per la pressione, cementandosi e trasformandosi in roccia.


Se il calcare è privo o quasi di argilla, è segno che si è formato in mare profondo e molto lontano<br />

dalla costa.<br />

DA VEDERE: CALCARI MICRITICI: ROSSO AMMONITICO, BIANCONE E SCAGLIA ROSSA.<br />

I calcari micritici meglio osservabili presso Schio sono: il Rosso Ammonitico “di Asiago”, usato<br />

come pietra ornamentale e riconoscibile per i tipici fossili (ammoniti), il Biancone e la Scaglia Rossa<br />

Veneta, usati come pietre da costruzione ma soprattutto per la produzione del cemento.<br />

Entrambi sono coltivati in numerose cave: il Rosso Ammonitico è molto bene esposto nella Volta<br />

Scura tra Tresché Conca e Canove, dove i colori e le tessiture mostrano i cambiamenti<br />

nell’ambiente di sedimentazione; il Biancone e la Scaglia si possono osservare nelle cave di Magrè<br />

e San Vito di Leguzzano.<br />

Non tutti i microrganismi planctonici formano gusci calcarei:<br />

alcuni, come i radiolari (a sinistra), utilizzano la silice<br />

per costruire i loro fantastici quanto microscopici castelli.<br />

Quando nei sedimenti prevalgono i gusci di radiolari, o<br />

quando l’acidità dell’acqua di fondo scioglie il calcare dei<br />

foraminiferi, si possono formare rocce molto particolari: le<br />

selci, di aspetto traslucido e vetroso e molto dure. Spesso le<br />

selci si trovano sotto forma di noduli o livelletti all’interno<br />

dei calcari micritici, ad esempio nel Biancone.<br />

Se il calcare micritico è misto a una discreta frazione di argilla,<br />

allora si ottiene una roccia grigia e terrosa chiamata<br />

marna. Una marna si forma sempre a breve distanza dalla costa, in quanto l’argilla viene portata dai<br />

fiumi.<br />

Dove l’apporto terrigeno è elevato, la marna sedimenta con rapidità e questo la rende spesso molto<br />

ricca di fossili. Sono marne le rocce di Bolca, di Roncà, del Chiavone e di Priabona, che hanno fornito<br />

larga messe di resti di organismi.<br />

DA VEDERE: <strong>LE</strong> MARNE DI PRIABONA. Bei complessi di marne dal caratteristico aspetto terroso si<br />

osservano nei dintorni di Priabona, anche lungo la strada. Si sono formate nell’Eocene superiore<br />

in una laguna tropicale, durante un intervallo di quiete tra due periodi di intensa attività vulcanica.<br />

Il mare era poco profondo, e nei dintorni di Priabona si possono vedere le tracce della sua invasione<br />

di una terra dapprima emersa. I fiumi, sfociando nella laguna, depositavano sedimenti argillosi<br />

che si mescolavano ai fanghi calcarei formatisi per opera dei microrganismi. Si formarono così<br />

rocce miste, le marne appunto, ricchissime di vita e con condizioni ecologiche straordinariamente<br />

adatte alla fossilizzazione.<br />

Sul fondo di alcune piatte lagune tropicali, dove le maree alternativamente sommergono e lasciano<br />

all’asciutto ampie estensioni, crescono microscopiche alghe che formano mucillagini in grado di<br />

fissare il substrato e di cementarlo, prelevando il calcare dall’acqua marina. Questi feltri viscidi e<br />

scivolosi si possono osservare, ad es., all’isola di Andros (Bahamas). Un tipo particolare di alghe<br />

azzurre (oggi propriamente dette cianobatteri) forma in questo modo non dei feltri continui ma delle<br />

colonne, chiamate stromatoliti. Sezionate, queste stromatoliti appaiono formate da numerosissime e<br />

sottili lamine, simili a fogli di un libro. Il luogo più classico per osservarne la formazione attuale è<br />

la Baia degli Squali in Australia.<br />

Il calcare che viene così fissato, col tempo e grazie all’azione chimica dell’acqua marina, si trasforma<br />

in una roccia a composizione mista calcio-magnesio: la dolomia. La dolomia depositata mi-


lioni di anni fa in antiche piane di marea sarebbe diventata la roccia più peculiare del paesaggio veneto<br />

e trentino.<br />

Il nome dolomia è dedicato al fortunato scopritore, il francese Dieudonné-Silvain-Guy-Tancrède de<br />

Gratet Déodat de Dolomieu, che sul finire del XVIII secolo raccolse tra Trento e Bolzano uno strano<br />

“calcare” poco reattivo all’acido cloridrico. La definizione della composizione chimica della dolomia<br />

(e della dolomite, il minerale di carbonato doppio di calcio e magnesio che la forma) si deve<br />

al naturalista Nicolas de Saussure, figlio di Horace Benedict, primo scalatore del Monte Bianco. La<br />

scoperta fu ritenuta così importante da cambiare l’antico nome dei Monti Pallidi, da allora chiamati<br />

Dolomiti.<br />

La dolomite è anche una “mancata gloria” scledense. Infatti, alcuni anni prima il geologo veronese<br />

Giovanni Arduino descrisse una nuova roccia raccolta sui monti di Schio, sulla quale eseguì varie<br />

analisi. Dai resoconti si comprende come il nuovo “tipo di marmo” fosse proprio dolomia, ma<br />

l’Arduino non seppe riconoscere il giusto peso della sua scoperta e non propose nemmeno un nome<br />

per essa.<br />

DA VEDERE: LA DOLOMIA PRINCIPA<strong>LE</strong> DEL PASUBIO.<br />

Non è certo necessario salire sulle Dolomiti per vedere questa roccia, che è abbondantissima<br />

nell’Alto Vicentino. Essa forma i versanti del Pasubio, del Sengio Alto e delle Piccole Dolomiti,<br />

gran parte del M. Summano e del Novegno, i fianchi della Val d’Astico e della Val Brenta e numerosi<br />

altri rilievi.<br />

E’ facile anche osservare le stromatoliti, senza andare in Australia: molti strati di dolomia, nelle località<br />

citate, si presentano nel caratteristico aspetto fogliettato ed è ancora più facile trovarne tra i<br />

frammenti che si accumulano nei ghiaioni ai piedi delle pareti.<br />

Con un po’ di attenzione, si possono trovare i calchi fossili di Worthenia, tra i pochi molluschi dotati<br />

di una conchiglia capace di conservarsi durante la trasformazione del calcare in dolomia.<br />

Appartengono alle rocce sedimentarie organogene anche i carboni fossili e il petrolio, derivati i<br />

primi dai resti sepolti di antiche foreste o paludi, il secondo da accumuli di organismi marini. Seppure,<br />

come rocce, non siano certo comuni, hanno un’importanza economica grandissima: nessuno<br />

farebbe mai una guerra per la dolomia o per il granito.<br />

In entrambi i casi, la decomposizione del materiale organico avviene fuori del contatto con l’aria e<br />

consiste nell’eliminazione progressiva di ossigeno e idrogeno sotto forma d’acqua. Delle molecole<br />

originarie rimane solo il carbonio nel carbone, il carbonio e l’eccesso di idrogeno nel petrolio.<br />

Il carbone fossile si distingue, in base all’età e alla purezza in carbonio crescenti, in torba, lignite,<br />

litantrace e antracite. La torba è praticamente materia vegetale che ha appena iniziato la propria<br />

carbonificazione, l’antracite è carbonio quasi puro che inizia a cristallizzare in forma di grafite.<br />

Il petrolio è formato invece da idrocarburi liquidi e gassosi che si raccolgono (se si è fortunati) in<br />

sacche all’interno di rocce sedimentarie porose.<br />

DA VEDERE: <strong>LE</strong> ANTICHE MINIERE DI LIGNITE DEL<strong>LE</strong> BREGONZE.<br />

Se – ahimè – non ci sono pozzi di petrolio nell’Alto Vicentino, le miniere di lignite sono state numerose,<br />

soprattutto nella Valle dell’Agno (Campotamaso), sulle Bregonze e persino a Pievebelvicino.<br />

Numerose ma molto povere.<br />

I resti di quella dei Pon di Chiuppano, sulle colline delle Bregonze, sono stati in parte attrezzati per<br />

la visita. Dai suoi strati carboniosi furono estratti importanti fossili, tra cui l’Anthracotherium, un<br />

primitivo maiale che nell’Oligocene grufolava nei veneti pantani.


<strong>LE</strong> ROCCE METAMORFICHE<br />

Le rocce metamorfiche provengono dalla trasformazione fisica e chimica di altre rocce preesistenti.<br />

Ma, occorre precisare, trasformazione sul luogo e senza che avvenga fusione. In sostanza, quando<br />

una roccia viene scaldata o compressa, o entrambe le cose, e in conseguenza di ciò cambia qualcosa<br />

nel suo aspetto, allora si parla di metamorfismo.<br />

Si è accennato ai due fattori fisici: pressione e temperatura, ma occorre citarne anche un altro: la<br />

presenza di fluidi. Una roccia metamorfica può derivare anche dalla reazione chimica tra una roccia<br />

e fluidi vulcanici.<br />

Per procedere con ordine, è meglio suddividere ulteriormente queste rocce in sottocategorie. Le più<br />

importanti sono:<br />

1) le rocce metamorfiche regionali;<br />

2) le rocce metamorfiche per contatto.<br />

METAMORFISMO REGIONA<strong>LE</strong><br />

Si parla di metamorfismo regionale quando viene coinvolta nel metamorfismo un’intera regione (in<br />

senso geografico, ovviamente, e non amministrativo: le Alpi, e non il Veneto). E’, cioè, un metamorfismo<br />

a grande scala.<br />

Il fenomeno avviene ogni volta che si forma una catena montuosa. Il<br />

sollevamento di una montagna corrisponde a un ispessimento della<br />

crosta terrestre. Poiché con la profondità aumentano sia la pressione<br />

che la temperatura, le rocce che vengono coinvolte nel fenomeno (per<br />

esempio un‘argillite sedimentata alla foce di un fiume) vengono a trovarsi<br />

in condizioni di pressione e temperatura ben più alte rispetto a<br />

quelle in cui si sono formate. Pertanto, i reticoli dei cristalli che le formano<br />

non sono più stabili.<br />

Cercando di semplificare al massimo, se i legami che tengono insieme le particelle vengono sottoposte<br />

a pressione, possono deformarsi come un castello di carte sul quale si appoggia un boccale di<br />

birra. In questo paragone, il castello non fa altro che schiacciarsi e le carte si appiattiscono sul tavolo.<br />

Gli atomi non possono semplicemente distribuirsi disordinatamente in un piano ma devono legarsi<br />

chimicamente in una struttura che li renda più stabili in questa nuova situazione. In sostanza,<br />

si riorganizzano secondo nuovi reticoli che hanno forma appiattita. E poiché i reticoli più piatti sono<br />

quelli dei fillosilicati (miche), sono questi che si formano ogniqualvolta intervenga il metamorfismo<br />

regionale: le rocce metamorfiche regionali sono ricche di lucenti cristalli appiattiti di aspetto<br />

metallico, paralleli tra loro come le carte schiacciate<br />

sul tavolo.<br />

Ma non è finito qui: non è solo la pressione che<br />

modifica la forma dei reticoli, ma anche l’alta<br />

temperatura. La temperatura provoca un aumento<br />

del moto molecolare, rendendo più stabili i<br />

reticoli nei quali ogni atomo ha più spazio in cui<br />

muoversi. Il quarzo ha uno di questi reticoli relativamente<br />

lassi e per questo lo si trova spesso<br />

a far parte delle rocce metamorfiche.<br />

Il risultato è una roccia scistosa: fatta cioè di innumerevoli e sottilissimi straterelli paralleli, spesso<br />

con lucentezza metallica (grigi, verdi…), talvolta alternati a strati granulari o opalini di altri silicati<br />

come il quarzo.


Non tutte le rocce si lasciano facilmente metamorfosare. La più sensibile è l’argillite, che è la roccia<br />

più instabile dal punto di vista chimico-fisico. Le argilliti sono state molto studiate, perché possono<br />

dare origine a una serie metamorfica completa.<br />

Il risultato del metamorfismo di grado più basso è la fillade (dalla parola greca che significa: foglie).<br />

E’ una roccia a grana finissima, microcristallina, nella quale i singoli cristalli non sono visibili.<br />

E’ composta principalmente da microscopiche laminette di mica.<br />

Un grado metamorfico medio dà origine ai micascisti, un gruppo di tipi rocciosi che hanno come<br />

denominatore comune il fatto di essere formati da lamine visibili di miche. Inoltre, vi si riconoscono<br />

anche minerali granulari, tra cui i granati, di colore scuro.<br />

Il metamorfismo di grado alto origina gli gneiss (pron. gh-naiss). Uno gneiss si riconosce perché i<br />

cristalli sono disposti ordinatamente in strati alternati di miche e quarzo, che danno alla roccia un<br />

aspetto striato che ne permette una facile distinzione dal granito.<br />

DA VEDERE: <strong>LE</strong> ROCCE METAMORFICHE REGIONALI<br />

Nulla di più facile che vedere le filladi, soprattutto per chi abita nella Val Leogra o nell’alta Val<br />

d’Agno (Torrebelvicino, Valli del Pasubio, Recoaro). Sono le rocce che affiorano diffusamente in<br />

tutti e due i fondovalle. Sono rocce antichissime: si sono formate durante il sollevamento di una catena<br />

montuosa precedente le Alpi e circa contemporanea dei rilievi ormai quasi spianati dell’Europa<br />

centrale (Massiccio Centrale francese, Erzgebirge, Foresta Nera, ecc.).<br />

Hanno un nome dialettale: lardàro, per una loro particolare caratteristica. Il metamorfismo ha interessato<br />

un complesso insieme di sedimenti, alternativamente argilliti e arenarie. Le argilliti si sono<br />

trasformate in filladi, mentre le arenarie, che non potevano originare fillosilicati perché formate di<br />

solo quarzo, sono diventate quarziti: straterelli biancastri di quarzo traslucido ricristallizzato, di aspetto<br />

che ai nostri avi, abituati a mangiare poco e a sognare cene luculliane a base di maiale, ha ricordato<br />

il lardo. Da qui il nome dialettale: lardàro.<br />

Per vedere micascisti e gneiss occorre fare un po’ più di strada, perché i primi non affiorano nei nostri<br />

dintorni e i secondi formano pochi livelli nei dintorni di Recoaro, molto difficili da identificare.<br />

Chi proprio volesse vedere gli gneiss dovrebbe recarsi sui Lagorai, in sinistra Valsugana, o raccogliere<br />

i bei ciottoli striati nel greto del Brenta.


MANINE SANTE: OSSERVIAMO UNA ROCCIA METAMORFICA REGIONA<strong>LE</strong>: LA FILLADE<br />

Per trovare una fillade basta cercarla nei dintorni di Torrebelvicino, Valli del Pasubio, Recoaro<br />

Terme o nei greti del Leogra e dell’Agno. I muri costruiti con questo materiale sono già poco stabili<br />

per conto loro, non è il caso di danneggiarli.<br />

OSSERVAZIONE INTERPRETAZIONE<br />

Effettuare la prova dell’acido Il campione è una roccia carbonatica o silicatica?<br />

cloridrico.<br />

Effettuare la prova della du- La durezza della roccia è maggiore o minore di quella del vetro?<br />

rezza su un pezzo di vetro.<br />

L’aspetto è quello di un pacco La lucentezza metallica è data dalla specularità dei fillosilicati, che<br />

di lamine di lucentezza metal- riflettono la luce quasi allo stesso modo dei metalli. Questa speculica.larità<br />

è resa possibile dal parallelismo dei cristalli.<br />

Le lamine non sembrano esse- Il basso grado di metamorfismo delle argilliti non permette la forre<br />

formate da cristalli, ma conmazione di grandi reticoli cristallini. Di conseguenza, ogni lamina<br />

tinue.<br />

visibile è un insieme di numerosissimi microcristalli, ognuno dei<br />

quali è invisibile a occhio nudo.<br />

I cristalli sono disposti ordina- La ricristallizzazione deriva da una pressione orientata: i piani dei<br />

tamente, tanto che gli straterel- fillosilicati sono paralleli perché disposti in modo da resistere al<br />

li si possono staccare gli uni meglio a questa pressione. In questo modo, si forma quella partico-<br />

dagli altri.<br />

lare tessitura nota come scistosità, consistente nella disposizione<br />

dei cristalli in straterelli discreti (il cui significato è del tutto diverso<br />

dagli strati delle rocce sedimentarie).<br />

METAMORFISMO DI CONTATTO<br />

Contatto con cosa? Con qualcosa di molto caldo, magari contenente fluidi in grado di reagire chimicamente<br />

con le rocce incassanti: bravi, un magma. Le rocce metamorfiche per contatto si formano a<br />

spese delle rocce che formano il “contenitore” di una sufficiente quantità di magma: un serbatoio<br />

magmatico, ma anche un cospicuo camino o un insieme di filoni. In questo modo, le rocce subiscono<br />

una “ricottura” che ne modifica profondamente le caratteristiche chimiche, fisiche e visive.<br />

Se la roccia che subisce un metamorfismo di questo tipo è un calcare o una dolomia, si forma finalmente<br />

quello che anche i geologi chiamano marmo. Un vero marmo è una roccia calcarea metamorfosata<br />

per contatto: non un granito, non un calcare o altro, ma solo questo.<br />

Un vero marmo è il marmo di Carrara, che si estrae in innumerevoli cave sulle Alpi Apuane.<br />

All’analisi chimica-mineralogica è calcite quasi pura; l’aspetto è cristallino, saccaroide in quanto<br />

ricorda una zolletta di zucchero molto cresciuta. Presenta spesso striature grigie o nerastre: sono i<br />

minerali che sono formati dalla reazione tra il calcare incassante e i fluidi magmatici.<br />

Se il magma si incassa in una roccia silicea, ad esempio un’arenaria quarzosa, si può formare una<br />

quarzite, una roccia molto dura, formata da granuli di quarzo ricristallizzato, di solito brunastra perché<br />

sporca di ossidi di ferro.


DA VEDERE: IL MARMO GRIGIO <strong>PER</strong>LA DEL PASSO <strong>DELLA</strong> BORCOLA<br />

Ferma restando la spettacolarità del paesaggio delle Alpi Apuane, che merita una visita magari abbinata<br />

alle spiagge della sottostante Versilia, anche nell’alto Vicentino sono state utilizzate cave di<br />

vero marmo metamorfico. Si tratta di un bel marmo di aspetto vagamente perlaceo, microcristallino,<br />

che si estraeva in particolare nella zona del Pasubio. Poiché la roccia originaria non è calcare, ma<br />

dolomia, l’aspetto del marmo è del tutto diverso da quello delle Apuane, ma non per questo meno<br />

piacevole.<br />

Il posto migliore per osservare una cava di marmo grigio perla è il Passo della Borcola, in cima alla<br />

Val Posina. Qui si vedono benissimo non solo le bancate di marmo e la grande discarica (nella quale<br />

è facile trovare alcuni tipici minerali magnesiferi, come la brucite), ma anche i neri filoni di basalto<br />

responsabili del metamorfismo, che si intersecano quasi perpendicolarmente. L’iniezione del<br />

magma è avvenuta lungo alcune superfici di strato e lungo alcune fratture ad esse perpendicolari.<br />

Questo marmo, lucidato e messo in posto, forma quasi tutti gli altari e molti rivestimenti interni delle<br />

chiese delle valli di Posina e Laghi.<br />

Anche sul Pasubio esistevano alcune cave, del tutto simili a quella della Borcola. Una è visibile dalla<br />

strada degli Scarrubi: la sua posizione giustifica ampiamente il nome di Nido d’Aquila; un’altra<br />

era aperta nella Val Canale, rivolta verso la Val Leogra. Il marmo veniva cavato in grandi blocchi e<br />

calato tramite teleferiche.


MANINE SANTE: OSSERVIAMO UNA ROCCIA METAMORFICA DI CONTATTO: IL<br />

MARMO DI CARRARA<br />

Il marmo di Carrara (o simile) è talvolta utilizzato nell’edilizia e nell’arredo urbano di lusso (a<br />

Schio i cubetti bianchi alternati al porfido nelle piazze recentemente ripavimentate). Nel Vicentino è<br />

stato poco usato come marmo statuario, perchè si preferivano altri materiali locali come la pietra di<br />

Costozza (una calcarenite) o quella di Piovene (un calcare). E’ forse più facile da trovare nelle discariche<br />

dei marmisti.<br />

OSSERVAZIONE INTERPRETAZIONE<br />

Effettuare la prova dell’acido Il campione è una roccia carbonatica o silicatica?<br />

cloridrico.<br />

Effettuare la prova della du- La durezza della roccia è maggiore o minore di quella del vetro?<br />

rezza su un pezzo di vetro.<br />

Osservando con attenzione un L’aspetto saccaroide è dovuto ai cristalli di calcite che si sono for-<br />

campione di marmo, si osserva mati a spese dei granuli di calcare della roccia originaria. Il proces-<br />

un aspetto saccaroide, cioè siso di ricristallizzazione è dovuto all’elevata temperatura a contatto<br />

mile a zucchero.<br />

con un magma: l’aumentato moto molecolare permette alle particelle<br />

di rompere i precedenti legami e di ricostruire reticoli cristallini<br />

più stabili.<br />

Il colore del marmo è bianco, Il marmo è formato quasi del tutto di carbonato di calcio, il noto<br />

ma può avere sfumature grigie calcare che, come quello delle lavatrici che si vede nelle pubblicità,<br />

o nerastre.<br />

è di colore bianco. Le striature nere sono date dalla diffusione di<br />

fluidi vulcanici, che trasformano parte del carbonato di calcio in altri<br />

sali (solfuri, silicati ecc.).<br />

I cristalli non sono disposti or- La ricristallizzazione avviene secondo orientamenti casuali, non esdinatamente.sendovi<br />

una direzione preferenziale come nel caso delle metamorfiti<br />

regionali.


<strong>PER</strong> SA<strong>PER</strong>NE DI PIU’<br />

In rete si trovano numerosi siti di grande interesse. Per approfondire o chiarire aspetti sullo studio<br />

delle rocce è grandemente consigliato http://www.geologia.com/index.php<br />

Per aspetti inerenti in particolare le rocce sedimentarie e metamorfiche, molto interessante è anche<br />

(in inglese): http://enterprise.cc.uakron.edu/geology/natscigeo/Lectures/smrocks/sedmeta.htm<br />

DA VEDERE: COL<strong>LE</strong>ZIONI PUBBLICHE DI ROCCE NEL VENETO E TRENTINO-ALTO A-<br />

DIGE.<br />

Collezioni strepitose di rocce si possono trovare presso numerosi musei aperti al pubblico, di tutte le<br />

dimensioni e distribuiti in tutto il territorio regionale. Di seguito sono riportate le più importanti.<br />

MUSEO CIVICO DI STORIA NATURA<strong>LE</strong> DI VERONA. Palazzo Pompei, Lungadige di Porta Vittoria, 9,<br />

Verona. Tel. 045 8079400. Chiuso il venerdì; giorni feriali 9-19, domenica 14-19.<br />

http://www.museostorianaturaleverona.it/ Ottima collezione petrografica.<br />

MUSEO CIVICO DI STORIA E <strong>SCIENZE</strong> NATURALI BELLONA DI MONTEBELLUNA. Via Piave, 51, 31044<br />

Montebelluna (TV). Aperto da lunedì a venerdì dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18; sabato e<br />

domenica dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30. Tel. 0423 300465. Possiede una sezione di<br />

Scienze della Terra (5 sale).<br />

http://www.museomontebelluna.it/index.php<br />

MUSEO DI GEOLOGIA E PA<strong>LE</strong>ONTOLOGIA DELL’UNIVERSITÀ DI PADOVA. Via Matteotti, 32, Padova.<br />

Tel. 049 8272086. Visite in orario d’ufficio su prenotazione telefonica obbligatoria. Consiste oggi<br />

in circa 70.000 esemplari di fossili e rocce per la gran parte provenienti dal territorio delle tre Venezie.<br />

http://www.geol.unipd.it/06_museo/museo.htm<br />

MUSEO DI MINERALOGIA E PETROLOGIA DELL’UNIVERSITÀ DI PADOVA. C/o Dipartimento di Mineralogia<br />

e Petrologia, Corso Garibaldi 37, Padova. Tel. 049 8272000. Aperto su richiesta. Il Museo si<br />

basa sulla collezione di A. Vallisneri, che risale al Settecento e comprende la collezione sistematica<br />

(classificata cioè secondo un criterio cristallochimico), la collezione genetica (classificata secondo<br />

l'ambiente di formazione) e la collezione giacimentologica (classificata a seconda dei giacimenti di<br />

provenienza). Interessante la collezione 'Gasser', che comprende alcuni pezzi rari.<br />

http://www.unipd.it/musei/mineralogia/<br />

MUSEO GEOPA<strong>LE</strong>ONTOLOGICO “CAVA BOMBA”. Via Bomba, Cinto Euganeo (PD). Tel. 0429<br />

647166. Orario invernale:sabato dalle 14.00 alle 18.00, domenica e festivi dalle 9.00 alle 13.00 e<br />

dalle 14.00 alle 18.00.Orario estivo:sabato dalle 15.00 alle 19.00, domenica e festivi dalle 10.00 alle<br />

13.00 e dalle 14.00 alle 19.00. Il Museo documenta l'assetto geologico del territorio euganeo attraverso<br />

collezioni di rocce e paleontologiche. E' presente una sezione introduttiva alle scienze della<br />

terra.<br />

e-mail: cedi@turismocultura.it


MUSEO CIVICO NATURALISTICO DI MASERADA DI PIAVE. Viale Cazzaniga, 67, 31052 Maserada di<br />

Piave (TV). Tel. 0422 877167; 0422 878415-8. Aperto su richiesta. Il Museo comprende una sezione<br />

dedicata ai sassi del Piave, con circa 120 tipi di roccia.<br />

e-mail: maserada@tin.it<br />

MUSEO CIVICO DI GEOLOGIA E ETNOGRAFIA DI PREDAZZO. Piazza SS. Filippo e Giacomo, 1, 38037<br />

Predazzo (TN). Tel. 0462 502392. Museo dedicato alla conoscenza delle Dolomiti e in particolare<br />

alle Valli di Fiemme e Fassa. Le collezioni sono composte in prevalenza da campioni geologici di<br />

provenienza locale.<br />

e-mail: muspredi@tin.it<br />

MUSEO CIVICO DI ROVERETO. Borgo S. Caterina, 41, Rovereto (TN). Tel. 0464 439055. Aperto da<br />

martedì a domenica dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00; da metà giugno a metà ottobre tutti<br />

i venerdì e le domeniche: ore 20.00 - 22.00; aperto nei giorni festivi; chiuso 1 gennaio, Pasqua, 5<br />

agosto, 1 novembre, 25 dicembre. Laboratori didattici ed escursioni sul territorio su prenotazione.<br />

Collezione di rocce con sezioni sottili. Sito internet molto bello e regolarmente aggiornato.<br />

http://www.museocivico.rovereto.tn.it<br />

MUSEO TRIDENTINO DI STORIA NATURA<strong>LE</strong>. Via Calepina 14, Trento. Tel. 0461 270311. Aperto dalle<br />

9.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.00; chiuso il lunedì.<br />

http://www.mtsn.tn.it<br />

Museo di Scienze Naturali di Bolzano. Via Bottai, 1 – Bindergasse, 1, 39100 Bolzano. 0471<br />

412960. Aperto dalle 10.00 alle 18.00 da martedì a domenica. Chiuso il lunedì. Al primo piano sono<br />

esposti esemplari di rocce eruttive o sedimentarie, strati metalliferi delle rocce metamorfiche delle<br />

Alpi orientali, cristalli e altre reperti.<br />

http://www.naturmuseum.it<br />

Per ulteriori informazioni, links e descrizioni di musei in tutta Italia si consiglia il sito:<br />

http://ulisse.sissa.it/index.jsp

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