un anno di eventi - Porto di Genova
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C i n e m a m u s s u l m a n o e i m m i g r a z i o n e : d u e o t r e c o s e c h e s o d i l o r o Umberto Rossi<br />
interessante quale altro aspetto dei problemi<br />
legati alle migrazioni nell’area me<strong>di</strong>terranea.<br />
Affrontandolo ci allontaniamo consapevolmente<br />
dal terreno che abbiamo scelto, ma lo<br />
facciamo sia per gli stretti legami che questa<br />
cinematografia ha con l’area me<strong>di</strong>terranea, sia<br />
perché in essa vi sono alc<strong>un</strong>i esempi <strong>di</strong> film<br />
molto interessanti sotto il p<strong>un</strong>to <strong>di</strong> vista dei<br />
rapporti fra cinema ed emigrazione.<br />
Diciamo subito che, in questo caso, ci si muove<br />
più sul versante francese, tedesco, inglese e non<br />
sulle strade preferite dai paesi islamici. La cosa<br />
è più che ovvia viste le profonde <strong>di</strong>fferenze<br />
culturali e religiose fra questi due mon<strong>di</strong>, ma<br />
trova <strong>un</strong>a giustificazione in più nella<br />
composizione del paese, nato da milioni<br />
d’emigrati provenienti dall’Europa, l’America e<br />
l’Africa. Ecco due film particolarmente<br />
in<strong>di</strong>cativi. Hat<strong>un</strong>a Meuheret (Matrimonio<br />
tar<strong>di</strong>vo, 2002) <strong>di</strong> Dover Koshashvili è<br />
interamente immerso nell’emigrazione<br />
georgiana in Israele, <strong>un</strong>a com<strong>un</strong>ità che ha<br />
ricostruito <strong>un</strong>a sorta <strong>di</strong> piccola Georgia<br />
all’interno dello stato ebraico. Parlano,<br />
mangiano, si vestono, ascoltano musica, vivono<br />
come fossero ancora nel Caucaso. È facile<br />
immaginare che cosa accade quando <strong>un</strong><br />
giovane e aitante rampollo <strong>di</strong> questa com<strong>un</strong>ità<br />
s’innamora <strong>di</strong> <strong>un</strong>a donna <strong>di</strong>vorziata, più<br />
vecchia <strong>di</strong> lui, madre <strong>di</strong> <strong>un</strong>a bambina d’otto<br />
anni e, per gi<strong>un</strong>ta, ebrea – marocchina! Il<br />
conflitto è particolarmente aspro e si traduce in<br />
<strong>un</strong>o scontro <strong>di</strong> mentalità, costumi, razzismi che<br />
ness<strong>un</strong>a com<strong>un</strong>ità <strong>di</strong> religione può sanare.<br />
Qualche cosa <strong>di</strong> simile accade in Ve Lakachta<br />
Lecha Isha (Prendere moglie, 2004) <strong>di</strong> Ronit e<br />
Shlomi Elkabetz. Si parte da <strong>un</strong>a situazione <strong>di</strong><br />
forte contrasto: in <strong>un</strong>a famiglia ebrea d’origine<br />
marocchina la moglie non riesce a convivere<br />
con il bigottismo del marito, le pretese<br />
tra<strong>di</strong>zionaliste della suocera, la malcelata<br />
<strong>di</strong>sapprovazione dei vicini per la sua voglia <strong>di</strong><br />
vivere da donna emancipata. Siamo nel 1979,<br />
l’<strong>anno</strong> degli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Camp David fra il<br />
governo israeliano e quello egiziano. Nulla <strong>di</strong><br />
realmente esterno incide sulla vita <strong>di</strong> questo<br />
microcosmo nei cui conflitti h<strong>anno</strong> peso più le<br />
indelicatezze, la mancanza <strong>di</strong> segni visibili<br />
d’affetto che non le pur <strong>di</strong>fficili con<strong>di</strong>zioni<br />
economiche o il clima politico. É <strong>un</strong> film sul<br />
contrasto fra modernità e conservazione, fra<br />
desideri femminili e rigida struttura<br />
tra<strong>di</strong>zionale, ma è anche <strong>un</strong> bel testo sulla<br />
complessità dei flussi migratori confluiti nella<br />
costituzione dello Stato d’Israele.<br />
Quello che siamo venuti tracciando è solo <strong>un</strong>o<br />
sguardo d’insieme <strong>di</strong> <strong>un</strong> panorama molto<br />
vasto. E' <strong>un</strong> primo approccio che consente<br />
alc<strong>un</strong>e, sommarie considerazioni, la maggiore<br />
delle quali riguarda la tendenza delle<br />
cinematografie islamiche ad affrontare i<br />
problemi delle migrazioni avendo ben presenti<br />
due fattori: le con<strong>di</strong>zioni economiche e gli<br />
scontri razziali all’interno <strong>di</strong> <strong>un</strong>a stessa fede<br />
religiosa.<br />
Il cinema che guarda più ad occidente p<strong>un</strong>ta,<br />
invece, sui conflitti fra le culture stanziali e quelle<br />
dei migranti, mettendo in secondo piano, ma<br />
non trascurando, le con<strong>di</strong>zioni economiche.