un anno di eventi - Porto di Genova
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Cow-Boy italiano in Argentina<br />
[Archivio Centro Stu<strong>di</strong> Emigrazione, Roma]<br />
Pietro Germi, realizzato nel ’49 e uscito nel ’50.<br />
Non a caso, però, Il cammino della speranza<br />
incontra parecchi problemi, sia in sede <strong>di</strong><br />
censura, sia per quanto riguarda i contributi<br />
ministeriali, che gli vennero inizialmente negati<br />
nonostante ne avesse largamente <strong>di</strong>ritto. Dal<br />
nostro p<strong>un</strong>to <strong>di</strong> vista, l’interesse forse maggiore<br />
sta nel fatto che questo film sull’emigrazione si<br />
svolge interamente in Italia, in quanto è basato<br />
sul viaggio che <strong>un</strong> gruppo <strong>di</strong> siciliani compie<br />
per raggi<strong>un</strong>gere la Francia. Ma questo tragitto,<br />
condotto attraverso tutte le varie regioni<br />
italiane, <strong>di</strong>mostra come gli emigranti fossero<br />
innanzitutto stranieri in patria. Il finale<br />
positivo che Germi aveva imposto, nonostante<br />
<strong>un</strong>o degli sceneggiatori – Federico Fellini –<br />
volesse invece che ness<strong>un</strong> emigrante riuscisse ad<br />
arrivare in Francia, finisce per essere <strong>un</strong> lieto<br />
fine relativo, in quanto si tratta in realtà <strong>di</strong> <strong>un</strong>a<br />
conclusione molto amara. In effetti, i<br />
protagonisti che riescono ad arrivare a<br />
destinazione, lo f<strong>anno</strong> dopo essere stati<br />
praticamente respinti da tutte le regioni italiane<br />
che h<strong>anno</strong> attraversato: e se alla fine trovano<br />
<strong>un</strong>a speranza <strong>di</strong> vita e <strong>un</strong>a solidarietà, è solo dal<br />
momento in cui finalmente escono dall’Italia.<br />
Fino al termine del decennio, Il<br />
cammino della speranza rimarrà in pratica<br />
l’<strong>un</strong>ico titolo sull’emigrazione <strong>di</strong> rilievo. Va<br />
però ricordato come negli anni Cinquanta la<br />
figura dell’emigrante affiori alc<strong>un</strong>e volte nel<br />
cinema popolare, soprattutto nei melodrammi,<br />
in <strong>un</strong> modo particolare: non seguito nelle sue<br />
vicissitu<strong>di</strong>ni, ma come assenza. Da questo<br />
p<strong>un</strong>to <strong>di</strong> vista possiamo <strong>di</strong>re che tali film<br />
Emigrazione come Immagine<br />
I l c i n e m a i t a l i a n o e l ’ e m i g r a z i o n e Renato Venturelli<br />
vengono a rappresentare in parte l’ottica stessa<br />
con cui lo spettatore vedeva l’emigrante: per <strong>un</strong><br />
pubblico italiano che all’epoca viaggiava<br />
pochissimo, l’emigrante era innanzi tutto<br />
qualc<strong>un</strong>o che spariva, e <strong>di</strong> conseguenza il film e<br />
il racconto erano basati su questo vuoto, su<br />
questa mancanza.<br />
Il <strong>di</strong>scorso cambia invece ra<strong>di</strong>calmente sul<br />
finire degli anni Cinquanta, quando si viene a<br />
creare per quin<strong>di</strong>ci anni il periodo <strong>di</strong> maggiore<br />
produzione <strong>di</strong> film sull'argomento.<br />
Questo a che cosa può essere dovuto?<br />
Innanzitutto, <strong>di</strong>rei, a <strong>un</strong>a maggiore libertà nel<br />
poter affrontare temi scomo<strong>di</strong> e nel realizzare<br />
film <strong>di</strong> den<strong>un</strong>cia: in quel periodo, la società<br />
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