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un anno di eventi - Porto di Genova

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C r o s s p o l l i n a t i o n Guido Festinese<br />

popolari e colte che inevitabilmente trovò<br />

terreno ideale, humus abbondante nel<br />

fragoroso melting pot <strong>di</strong> note delle Americhe.<br />

Di sicuro nelle ri<strong>un</strong>ioni “da salone <strong>di</strong><br />

barbiere” poco si badò alla integrità astratta<br />

dei repertori, e tutto venne filtrato nella<br />

chiave <strong>di</strong> <strong>un</strong>a morbida (azzar<strong>di</strong>amo:<br />

“swingante”) flessuosità. Che significa<br />

romanze e ouverture e arie d’opera “borghesi”<br />

arrangiate e usate per sfide <strong>di</strong> bravura, ciarde<br />

<strong>un</strong>gheresi, mazurche e valzer, arie buffe da<br />

operetta, moltissima musica popolare con i<br />

medesimi segni rivelatori già rilevati per l’uso<br />

degli ottoni: uso <strong>di</strong> ritar<strong>di</strong> ed anticipi sul<br />

tempo, modulazioni, quarti <strong>di</strong> tono, glissan<strong>di</strong>.<br />

Quella musica <strong>di</strong>ventò <strong>un</strong> fenomeno <strong>di</strong><br />

massa, con concorsi internazionali riservati<br />

alle “orchestre a plettro”, e contrapp<strong>un</strong>to<br />

dolente ma inevitabile, migliaia e migliaia <strong>di</strong><br />

professionisti (o <strong>di</strong>lettanti) delle corde che<br />

presero la via delle Americhe. Ci fu chi spese<br />

la vita in viaggio, sui “vapori” e nelle città <strong>di</strong><br />

attracco, alimentando la leggenda ora obliata<br />

degli “Italian String Virtuosi”: basti pensare al<br />

genovese Pasquale Taraffo (12) . Ma ci fu anche<br />

chi in America fece <strong>un</strong> viaggio <strong>di</strong> sola andata,<br />

sottobraccio la chitarra o il mandolino, e in<br />

evitabilmente fecondò con i propri ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>un</strong> ‘ “altra” musica la già speziata miscela<br />

trovata negli States. Ancora <strong>un</strong>a volta è l’opera<br />

certosina <strong>di</strong> chi è andato a recuperare le<br />

vecchie incisioni a settantotto giri degli anni<br />

Venti e Trenta del Novecento che ci permette<br />

<strong>di</strong> delineare i contorni <strong>di</strong> <strong>un</strong> panorama sonoro<br />

effervescente, a quel p<strong>un</strong>to, già massiccia-<br />

mente presente agli inizi del secolo, con<br />

orchestre fatte <strong>di</strong> mandolini, chitarre, mandocelli,<br />

contrabbassi. Anzi, già nel primo<br />

decennio del secolo troviamo incisioni<br />

“italiane”: del 1908 ad esempio sono due<br />

“facce” <strong>di</strong> settantotto giri ad opera della<br />

italianissima Troupe Fattorusso. Giovanni<br />

Vicari nel 1930 era spesso in sala d’incisione a<br />

New York: usava <strong>un</strong> trio <strong>di</strong> chitarre, o <strong>un</strong> trio<br />

per mandolino, mandola e chitarra, o il<br />

raddoppio del mandolino accompagnato dalla<br />

sei corde acustica. Erano valzer, mazurche,<br />

tanghi, <strong>di</strong> <strong>un</strong>a straor<strong>di</strong>naria, “swingante”<br />

carica ritmica. L’<strong>anno</strong> prima, quella della<br />

Grande Depressione aveva inciso nella<br />

“Grande Mela” Giovanni Cammarato:<br />

repertorio “italiano”, ma tecnica d’arpeggio<br />

“fingerpicking” tipicamente afroamericana,<br />

preceduto nel ’28 da Giovanni Gioviale,<br />

maestro degli abbellimenti a velocità ra<strong>di</strong>ante<br />

sul mandolino. Altri nomi: Bernardo De Pace,<br />

mandolinista napoletano: a riascoltare la sua<br />

Medely incisa a New York nel ’27 con<br />

(12) Pasquale Taraffo detto “O Roa”, la ruota, per la<br />

straor<strong>di</strong>naria velocità sul manico della chitarra, cominciò a<br />

viaggiare nel 1926: Argentina, Brasile, Stati Uniti. Nel ’34<br />

fu componente della Orchestra <strong>di</strong> tango <strong>di</strong> Edoardo<br />

Bianco. Morì nel 1937 a Buenos Aires: il suo f<strong>un</strong>erale fu<br />

seguito da tutta la com<strong>un</strong>ità degli “italiani d’argentina”.<br />

Nella Capitale era considerato “el <strong>di</strong>os de la guitarra”, e<br />

tenne recital anche per quaranta sere consecutive. Parte<br />

della sua opera incisa su settantotto giri è stata ristampata<br />

recentemente su cd dalla rivista specializzata Il Fronimo.

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