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un anno di eventi - Porto di Genova

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208<br />

C r o s s p o l l i n a t i o n Guido Festinese<br />

piatti (che poi sono gli antenati <strong>di</strong>retti della<br />

batteria jazz: con <strong>un</strong> bel ricordo <strong>di</strong> ricche<br />

percussioni africane, peraltro). Sta <strong>di</strong> fatto,<br />

però, che la musica “ban<strong>di</strong>stica” in Italia in<br />

pochi decenni perse in gran parte i connotati<br />

“marziali” napoleonici, trovando invece <strong>un</strong><br />

raccordo <strong>di</strong>retto con il modo <strong>di</strong> “porgere” le<br />

melo<strong>di</strong>e nelle feste liturgiche, soprattutto del<br />

Meri<strong>di</strong>one d’Italia. melo<strong>di</strong>e spesso ataviche:<br />

luoghi del suono dove non contava tanto<br />

l’emissione precisa, ma la fioritura<br />

dell’abbellimento, la declinazione <strong>di</strong> potenza<br />

espressiva della note calante, modellata sulle<br />

medesime pratiche usate nel canto<br />

tra<strong>di</strong>zionale, con ricor<strong>di</strong> evidenti dei ricami<br />

melismatici così frequenti nel bacino del<br />

Me<strong>di</strong>terraneo. Tutt’ora le gran<strong>di</strong> bande della<br />

“Passione” in Sicilia, in Puglia suonano così,<br />

in occasione delle feste liturgiche. E ci fu<br />

anche <strong>un</strong>o snodo <strong>di</strong> raccordo col trionfante<br />

mondo dell’Opera, <strong>di</strong>ffuso dalle elite borghesi<br />

al popolo anche con questo tramite, le bande:<br />

con tutta la famiglia dei flicorni (come<br />

abbiamo visto, usatissimi dai musicisti<br />

emigrati <strong>di</strong> New Orleans) a ripercorrere i<br />

“tratti” espressivi, i colori delle voci <strong>di</strong><br />

soprano, contralto, tenore e baritono.<br />

Ricapitolando: gente che forse aveva qualche<br />

pratica <strong>di</strong> lettura, che sapeva usare lo<br />

strumento a fini “espressivi” oltre le regole<br />

dello spartito (9) , in grado <strong>di</strong> suonare<br />

camminando, in bilico fra mon<strong>di</strong> musicali<br />

<strong>di</strong>versi: impossibile non trovare <strong>un</strong>a<br />

possibilità <strong>di</strong> intesa imme<strong>di</strong>ata con i musicisti<br />

neri <strong>di</strong> New Orleans, e la pratica delle<br />

marchin’ bands, il tono ora allegro e tonante<br />

ora mesto e cupo dei f<strong>un</strong>erali della città<br />

crogiuolo <strong>di</strong> razze (decisivo l’apporto francese:<br />

<strong>di</strong> nuovo, le bande). Una storia, anche questa,<br />

che attende ulteriori ricerche: ma senz’altro si<br />

può mettere il p<strong>un</strong>to fermo che gli italiani<br />

emigranti c’entrarono, e molto, con la storia<br />

del nascente “jazz”. Torniamo ora al secondo<br />

dato “qualitativo”: gli emigranti italiani che<br />

avevano gran pratica <strong>di</strong> plettri e corde. Si<br />

impongono qui due ragionamenti. Il primo:<br />

senz’altro il Sud d’Italia aveva conosciuto, con<br />

il tramite della dominazione araba, <strong>un</strong> alveo<br />

<strong>di</strong> culture musicali specializzate nell’uso delle<br />

corde. Dallo “oud” arabo, tutt’ora strumento<br />

usatissimo, deriva il nostro liuto. E da quella<br />

famiglia <strong>di</strong> corde derivò anche la chitarra poi<br />

adottata nella Penisola iberica (e anche la<br />

dominazione borbonica fece la sua parte, in<br />

Italia: ma i califfati <strong>di</strong> El Andalus,<br />

rammentiamo, durarono al <strong>di</strong> là dei Pirenei<br />

fino al 1492, la data della “riconquista” e,<br />

(9) Le storie del jazz rimandano ad esempio l’aneddoto <strong>di</strong><br />

Joseph “Wingy” Manone, nato nel 1904 a New Orleans da<br />

padre siciliano: a scuola <strong>di</strong> tromba da <strong>un</strong> colto docente<br />

italoamericano, Manone si <strong>di</strong>vertiva a “piegare” le note<br />

sfiorando sempre l’intonazione, con inevitabili sbotti d’ira<br />

del maestro. Evidentemente aveva nelle orecchie (e nella<br />

memoria) altro che gli astratti valori della tecnica classica.

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