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Lezione XXVI - In occasione della visita alla mostra - Francesco Ridolfi

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Maestri italiani di armi, armature e architetti militari italiani<br />

all’estero; uomini d’arme e politici al servizio degli stati<br />

stranieri.<br />

Lo scopo <strong>della</strong> guerra era per i Romani la vittoria totale, quindi la strategia era di<br />

regola decisamente offensiva; si basava sulla superiorità di forze e sulla fiducia<br />

nel valore dei soldati e nella bontà degli ordinamenti militari. La graduale<br />

trasformazione in un esercito professionale e la nuova psicologia dei comandanti<br />

accentuarono il carattere libero e personale <strong>della</strong> strategia romana che raggiunse<br />

il suo apogeo con Giulio Cesare, con il sapiente sfruttamento <strong>della</strong> superiorità<br />

logistica e con l’organizzazione delle linee di comunicazione; aggiungiamo che<br />

nelle province dell’impero l’esercito possedeva ingegneri, agrimensori, edili capaci<br />

di costruire vie, ponti, porti, acquedotti, mura, edifici, ecc. Le origini storiche<br />

dell’arma del genio possono farsi risalire ai fabri legnarii e aerarii delle legioni<br />

romane e ai fossores di Cesare. Il soldato romano diventava in tempo di pace<br />

agricoltore, civile, aiutante degli amministratori pubblici e riprendeva le armi in<br />

caso di un improvviso pericolo bellico.<br />

Per quanto riguarda i mezzi di offesa grande potenza ebbero la catapulta, la<br />

balista, l’onagro, lo scorpione; per la difesa si adottò la testuggine. Secondo<br />

Vergezio , l’esercito romano usava svariate forme di ordinanze e manovre tattiche:<br />

la formazione a fronte larga per azione frontale; la disposizione obliqua, mercè<br />

l’avanzata, a seconda <strong>della</strong> convenienza, dell’una o dell’altra ala; l’azione a<br />

tenaglia, ottenuta tenendo fermo il centro e avanzando contemporaneamente le<br />

ali; l’azione per avviluppare le schiere nemiche, ottenuta appoggiando una delle<br />

ali a un ostacolo e facendo avanzare l’altra contro il fianco dell’avversario; l’azione<br />

a cuneo, mercè l’ordinanza triangolare, intesa a rompere in due parti la fronte<br />

nemica.<br />

La legione era un esempio perfetto di cooperazione, nel campo tattico, tra le varie<br />

armi; nell’armamento del legionario prevaleva una concezione tecnica e pratica<br />

<strong>della</strong> guerra e le insegne alludevano ad un senso di collettività organizzata.<br />

Il legionario offriva la prima immagine non dell’eroe, bensì del soldato.<br />

<strong>In</strong> tempi moderni il nome di legione è stato spesso assunto specialmente da corpi<br />

di volontari (legione polacca, irlandese, straniera, ecc.).<br />

L’arte <strong>della</strong> guerra terrestre dei Romani a cui si rifecero i generali bizantini, nel<br />

Medioevo, dopo lo smembramento dell’impero d’Occidente, entrò in una nuova<br />

fase che può essere caratterizzata d<strong>alla</strong> mancanza di un vero e proprio corpo<br />

combattente, organicamente costituito nelle sue parti, e dall’affermarsi delle<br />

qualità individuali dei soldati.<br />

386


Nel secolo XIV, XV e XVI i condottieri italiani, capitani di ventura che organizzano<br />

compagnie militari, danno vita a vere e proprie scuole di guerra che<br />

contribuiscono notevolmente al progresso dell’arte militare.<br />

Le armature fino al secolo XII si rifanno a quelle romane, <strong>alla</strong> corazza, all’elmo,<br />

allo scudo; in seguito viene in uso la cotta di maglia di ferro, si adottano sp<strong>alla</strong>cci,<br />

ginocchiere, cosciali, fiancali, panziere, ecc.<br />

A Milano la fabbricazione delle armi fu un aspetto di quella florida industria<br />

siderurgica che costituì per diversi secoli un’importante fonte di ricchezza per lo<br />

stato visconteo e sforzesco. I cronisti del 1200 ci dicono che a Milano lavoravano<br />

moltissimi armaioli per un giro d’esportazione così notevole che si può dire che<br />

l’industria milanese quasi tenesse il monopolio del mercato mondiale; si sa che<br />

commerciava anche con Tartari e Saraceni. Tra la fine del 1300 a tutto il 1500 si<br />

hanno notizie di forniture ai re di Francia, d’<strong>In</strong>ghilterra, ai duchi di Baviera, di<br />

Lorena, di Borgogna, all’imperatore, oltre che ai principi italiani. <strong>In</strong>oltre gli<br />

armaioli milanesi facevano arrivare sui mercati stranieri armi, armature e relative<br />

finiture (fibbie, cinghie, chiodi, ecc.) di loro produzione, anche spedendo<br />

attraverso mercanti e agenzie organizzate e stabilendo succursali, come per<br />

esempio a Tours, Bordeaux, Avignone, Parigi, Barcellona, Valenza.<br />

Luigi X di Francia (1316) possedeva due corsaletti e un giaco di fattura milanese,<br />

Carlo V di Valois ricorse alle armi lombarde per i suoi uomini.<br />

Genova fu celebre nel Medioevo per i suoi “ingegneri” e balestrieri; i re di Francia<br />

si valsero di loro e s. Luigi li condusse alle crociate; quando nel 1248 fu fatto<br />

prigioniero a Damiata dai Saraceni, furono i balestrieri genovesi a liberarlo. Essi<br />

erano gli artiglieri di quei tempi perché provvedevano anche <strong>alla</strong> costruzione delle<br />

armi e delle macchine; inventavano ”ingegni” potenti che lanciavano massi di gran<br />

peso. Un cronista del 1379 ci riferisce che all’assedio di Cipro i Genovesi<br />

gettavano massi pesanti1287 chili. Genova era nota anche per la fabbricazione<br />

delle spade; nel 1302 Raoul de Clermont ne possedette una.<br />

Anche Firenze esportava spade, in gran voga in Francia.<br />

Il prolungato contatto tra le soldatesche italiane e quelle straniere che militavano<br />

nelle compagnie di ventura trovò nella penisola un terreno fertile di proposte, di<br />

confronti, di capacità artigiane, di organizzazione mercantile. Nel secolo XV<br />

l’armatura d’acciaio in Italia è concepita come l’immagine plastica del guerriero (ci<br />

troviamo di fronte quasi a un antropomorfismo eroico); essa si raccoglie in un<br />

blocco compatto e leggero. Si crea la barbuta, elmo ricoperto di velluto con<br />

sovrapposte decorazioni di bronzo o in rame dorato; dal 1420 al ’80 la<br />

lavorazione segna il trionfo <strong>della</strong> linea italiana, perfetta, liscia, con superfici<br />

arrotondate, senza eccessiva decorazione (armatura bianca).<br />

387


Si disse “à la façon d’Italie” il tipo di armi e armature richiesto da tutti gli stati<br />

europei, perché ritenuto il più valido tanto per il disegno che per la potenza<br />

difensiva e offensiva.<br />

Nel secolo XV l’industria delle armi a Milano è ancora la prima d’Europa; famose<br />

famiglie di armorari furono i Missaglia (o Negroni), i Merate, i Modrone, i Negroli<br />

(o Barini).<br />

Pietro Missaglia verso il 1390-1400 fece armature da cavaliere per alcuni<br />

personaggi delle famiglie Matsch e Trapp di Sluderno in Svizzera, serviti poi da<br />

altri suoi discendenti; tra questi ricordiamo <strong>Francesco</strong>, Tommaso, Antonio,<br />

Calvino, Damiano, Zoampietro e Lorenzo. <strong>Francesco</strong> nel 1466 ebbe libero accesso<br />

di giorno e di notte <strong>alla</strong> camera di Luigi XI di Francia per poter studiare sulla<br />

stessa persona del re l’armatura che doveva mo<strong>della</strong>re; Tommaso eseguì verso il<br />

1450 con Antonio Seroni e <strong>In</strong>nocenzo da Faerno, ageminatori, l’armatura bianca<br />

di Federico I, elettore palatino; Antonio fornì a molti principi d’Europa armature<br />

considerate vere e proprie opere d’arte, come quella per Ulrico IX di Matsch,<br />

lavorata con <strong>In</strong>nocenzo da Faerno e G. Negroli; Damiano con Giovan Marco<br />

Meraviglia verso il 1500 fece l’armatura da giostra a piedi per il camerario<br />

borgognone C. de Vandrey; Lorenzo fu spadaro e doratore <strong>alla</strong> corte di Vienna e<br />

fornì armi e vesti per i paggi <strong>della</strong> regina di Francia.<br />

Molti armaioli lombardi (si conoscono nome e luogo d’origine di ventiquattro di<br />

loro) operarono in Francia nel secolo XV; Aurigola Arconato (dal 1458 al ’87),<br />

Antonio e Ambrogio Binago (dal 1458 al ’87), Ambrogio da Milano (dal 1478 al<br />

’98) e Giacomino da Milano (1488), tutti a Lione; a Tours esercitarono gli armaioli<br />

Giacomo Airoldi, milanese, che condusse altri dodici armaioli per lavorare a corte<br />

(dal 1460 al 1501), Antonio Bolchega (o Botega) nel 1470, Giovanni Balzarino e il<br />

figlio Gabriele che inst<strong>alla</strong>rono una fucina nel 1474, Giacomo da Canobbio nel<br />

1475 e Giacomo Gerenzano nel 1492; Claudio Belloni (o da Bellano) e Ambrogio<br />

de Carolis crearono una fabbrica d’armi nel castello di Denange presso Bordeaux;<br />

Luigi da Lucca, al seguito di Carlo VIII, lavorò ad Amboise, a Tours e a Lione. Dal<br />

1493 al 1530 lavorarono a Lione Roboamo e Romano Orsini, fini cesellatori e<br />

corazzai, a Tours Giovanni Nanzien (sec. XVI), a Lione <strong>Francesco</strong> Forcia fece una<br />

spada per <strong>Francesco</strong> I. L’elmo di Carlo III, duca di Borbone, comandante dei<br />

lanzichenecchi, era di un’officina milanese.<br />

Gabriele e <strong>Francesco</strong> Merate fondarono a Vienna una fabbrica di armature per<br />

Massimiliano I ( 1495) cui inviarono in seguito da Milano varie e grosse forniture<br />

di corazze; nel 1506 a <strong>In</strong>nsbruck gli consegnarono un’armatura artisticamente<br />

lavorata ed ebbero subito un’altra ordinazione. Allo stesso imperatore fece tre<br />

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armature Bernardino Cantoni. Presso la corte di Vienna fu armaiolo Giovanni<br />

Folitatti (sec. XVI).<br />

Ad alcuni membri <strong>della</strong> famiglia Negroli (sec. XV-XVI) si devono opere celebri: nel<br />

1503 Bernardino esporta armature ”bianche” di sua fabbricazione; Nicolò e Aloisio<br />

risultano aver fatto una grossa fornitura a <strong>Francesco</strong> I prima <strong>della</strong> battaglia di<br />

Pavia; Filippo, ricordato dal Vasari, e <strong>Francesco</strong> produssero armature<br />

particolarmente sfarzose che destarono l’ammirazione dei sovrani e dei<br />

contemporanei. A loro (1530-’80) si devono gli esempi di decorazione artistica<br />

dei pezzi lavorati a cesello in rilievo; Filippo fece per <strong>Francesco</strong> I una borgognotta<br />

e lavorò molto per Carlo V, facendogli tra l’altro l’armatura detta dei mascheroni<br />

(1539), lo scudo con la medusa e l’elmo (’41), eseguiti con <strong>Francesco</strong>, a memoria<br />

dell’impresa di Algeri; <strong>Francesco</strong> fece per Enrico II un’armatura con decorazione<br />

damaschinata. E’ questo il periodo che vide il trionfo <strong>della</strong> nuova concezione<br />

dell’armatura italiana; l’acciaio è plasmato, battuto, piegato alle decorazioni più<br />

complesse, le forme diventano estrose, scultoree. Lo stesso Benvenuto Cellini<br />

eseguì una borgognotta per <strong>Francesco</strong> I; Bartolomeo Campi, cesellatore e<br />

architetto militare, eseguì l’armatura con damaschinatura d’oro per Carlo V.<br />

Fu celebre anche l’altro ramo dei Negroli, quello da Ello; ricordiamo che i soldati<br />

di Carlo V e <strong>Francesco</strong> I erano armati con corsaletti, ghiazzarini e maglie eseguiti<br />

dai maggiori esponenti <strong>della</strong> famiglia; Giampaolo fece le armature per il re di<br />

Francia e per il duca d’Orléans, donate loro da Emanuele Filiberto (1556); famosi<br />

furono anche Battista, Alessandro e Girolamo.<br />

Cesare e Battista Gambeo furono armaioli di Enrico II a Parigi; Apollonio Piatti<br />

fondò nel 1571 una fabbrica a La Bruyère. Le armature di Giovan Battista<br />

Sarabaglio e Pompeo <strong>della</strong> Chiesa, detto Leonardo lombardo, ripetono le<br />

ornamentazioni a grottesche proprie <strong>della</strong> pittura manieristica; il primo eseguì con<br />

Marcantonio Fava per l’arciduca Ferdinando II una splendida armatura detta<br />

“milanese”, operando in Austria; il secondo lavorò per Filippo III di Spagna e fornì<br />

l’armatura per il generale Schwarzenberger (inizio sec. XVII). Un’armatura di<br />

Girolamo Spacino (Spaino da Milano) fu regalata nel 1629 dal principe di Joinville<br />

al principe di Galles.<br />

Nei secoli XV, XVI e XVII furono molto famose in Europa anche le fabbriche d’armi<br />

di Brescia; <strong>Francesco</strong> Martinoni eseguì molte armature, tra cui una per Carlo V, un<br />

pugnale per <strong>Francesco</strong> I; Antonio, Federico, Lucio e Luigi Piccinino furono celebri<br />

per le loro spade fornite di splendide else; Lucio fece un’armatura per l’arciduca<br />

Ferdinando (sec. XVI), Luigi una per Filippo III di Spagna e un’altra per don<br />

Fernandez de Cordoba (sec. XVII). <strong>Francesco</strong> Garbagnani fabbricò l’armatura di<br />

Luigi XIV, donata al sovrano dal doge di Venezia; ricordiamo un’altra famiglia<br />

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esciana, quella dei Caimo, che ebbe molte ordinazioni all’estero. Nel secolo<br />

XVIII aprì una fabbrica d’armi in Austria Bartolomeo Girardoni.<br />

Anche Genova si distinse; nel secolo XVI il famoso marchio <strong>della</strong> mezzaluna<br />

dentellata fu imitato da spadai di molti paesi europei. <strong>In</strong> altre città italiane si<br />

ricordano celebri officine di armi e armature; Domenico da Sutri inviò una spada a<br />

Giacomo IV, re di Scozia, e un’altra a Ladislao II, re d’Ungheria, rispettivamente<br />

nel 1507 e nel 1509.Le lame erano in acciaio e argento dorato.<br />

<strong>In</strong> nessun paese come in Italia la scherma assurse fin dal secolo XII quasi a dignità<br />

di scienza che in breve tempo si impose agli altri popoli. Nel 1509 il bolognese<br />

Moncio pubblicò il primo trattato. I maestri armigeri italiani erano saliti a tale<br />

rinomanza da essere chiamati in Francia, Germania, <strong>In</strong>ghilterra, Spagna,<br />

Danimarca, ecc. a insegnare l’arte loro ai nobili delle varie corti o da queste erano<br />

mandati in Italia i giovani cortigiani ad apprendere, oltre il ballo e le belle<br />

maniere, l’armeggiare; essi accorrevano a Milano nella sala del famoso maestro<br />

Tappe o alle scuole dei non meno celebri bolognesi Guido Antonio di Luca e<br />

Achille Marozzo, del quale fu pubblicato nel 1536 “Opera nova chiamata duello”;<br />

seguirono nel 1553 “Scienza d’arme” di Camillo Agrippa (con disegni di Giovanni<br />

Stradano), ”Il mestiere de l’armi” di Antonio Manciolini. Giacomo Grassi che<br />

nel1560 stampò ”La ragione d’adoperar securamente l’arme”, fu maestro di<br />

valentissimi schermitori francesi e uno di questi, il Saint-Didier, tradusse l’opera,<br />

pubblicandola nel 1573; la sua tecnica fu diffusa in Germania dal Meyer. Il Grassi<br />

fu il primo a dare importanza alle qualità intellettuali, e anzi antepose lo<br />

schermitore di testa a quello di temperamento; fu anche il primo a trattare del<br />

“tempo”, delle “linee” e delle “difese”.<br />

Nel 1595 Vincenzo Saviolo affermò in <strong>In</strong>ghilterra la supremazia <strong>della</strong> scherma<br />

italiana con la valentia personale e con un volume, in inglese, in cui seppe<br />

condensare quanto di nuovo era stato consacrato dai precedenti maestri italiani.<br />

Alla fine del ‘500 fu celebre Salvatore Fabris che trascorse gran parte <strong>della</strong> vita<br />

come maestro d’armi di Cristiano IV di Danimarca; a Copenaghen pubblicò il<br />

celebre trattato “De la scherma ovvero scienza d’arme”, fu anche in Spagna,<br />

Francia e Germania.<br />

Durante il ‘600 continuò la supremazia <strong>della</strong> scherma italiana; il trattato migliore<br />

del tempo è di Nicoletto Giganti, “Scuola ovvero teatro di spada”; in quello di<br />

Ridolfo Capoferro per la prima volta sono stabiliti la lunghezza e l’equilibrio <strong>della</strong><br />

spada.<br />

Figura singolare fu Giuseppe Artale, spadaccino; si distinse a Candia, allora<br />

assediata dai turchi, di<strong>mostra</strong>ndo tanto valore che fu nominato cavaliere<br />

dell’ordine costantiniano di S. Giorgio; percorse l’Europa, dando saggio <strong>della</strong> sua<br />

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insuperabile valentia e acquistando l’amicizia e la protezione di principi e sovrani,<br />

tra i quali l’imperatore Leopoldo; in Germania fu notissimo con il nome di<br />

cavaliere sanguinario.<br />

Nel ‘700 fu celebre Angelo Termamondo dei conti Malevolti; il suo lavoro,<br />

pubblicato sull’Encyclopédie dal Diderot, è anche oggi citato come il trattato<br />

fondamentale <strong>della</strong> scherma francese. Egli contribuì a rinnovare anche la scherma<br />

inglese.<br />

Per quanto riguarda la sciabola, disciplina portata in Occidente dai magiari, molti<br />

maestri furono italiani; Giuseppe Radaelli (sec. XIX) impostò la scherma di sciabola<br />

sul principio del maneggio dell’arma con perno al gomito, escludendo qualsiasi<br />

concorso di pugno.<br />

Passando a trattare delle armi da fuoco si sa che il prototipo delle artiglierie fu la<br />

bombarda: se ne ha notizia per la prima volta in una cronaca bresciana del 1311.<br />

Alfonso d’Este, duca di Ferrara, fu valente tecnico e fonditore di cannoni; la sua<br />

artiglieria fu giudicata la migliore d’Europa, gli si attribuì l’invenzione <strong>della</strong><br />

granata. Le mine a polvere furono attuate da <strong>Francesco</strong> di Giorgio Martini, grande<br />

artigliere, e Antonello da Trani (sec. XV- XVI). Ricordiamo tra i fonditori di cannoni<br />

attivi all’estero Paolo de Bosio al servizio di Ivan III a Mosca nel 1480, Bernardo di<br />

Monferrato che diresse una fonderia a Caen, Bartolomeo Vitale a Cambrai nel<br />

1509, Annibale Borgognone che ebbe commissioni di artiglierie dal re di Francia,<br />

Bartolomeo Campi che nel 1554 presentò a Enrico II un cannone leggero di sua<br />

invenzione, Pietro Porio che, nominato da Ferdinando I armaiolo a vita, creò una<br />

fabbrica d’armi in Tirolo, passò a Praga nel 1528 e infine fu incaricato di armare le<br />

navi del Danubio.<br />

Per quanto riguarda la pistola, l’acciarino a ruota che permise di accendere la<br />

polvere da sparo in essa contenuta fu inventato da Leonardo da Vinci. Nel 1485<br />

Leonardo ideò e progettò un carro a forma di testuggine, rinforzato con piastre<br />

metalliche, fornito di torretta interna di avvistamento ed armato di cannoni: una<br />

vera e propria macchina bellica futuristica per quel tempo.<br />

Ricordiamo tra i creatori di macchine nuove (da fuoco), dette infernali, più potenti<br />

delle incendiarie, atte a distruggere con ogni mezzo, Antonio Melloni, celebre in<br />

Ungheria nel 1537 per i suoi barili fulminanti.<br />

Giuseppe Bono fu dal 1580 al ’83 ingegnere specialista “macchinista da foco”,<br />

impiegato nella marina spagnola per confezionare brulotti incendiari; inventò<br />

anche palle incendiarie e campane da palombaro.<br />

Federico Giannibelli (o Genebelli o Giambelli) impiegò sue macchine ad Anversa<br />

contro lo sbarramento che chiudeva la città d<strong>alla</strong> parte del mare, quattro barconi<br />

pieni di polvere e pietre, balle di fieno con legname resinoso, muniti di un<br />

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apparecchio ad orologeria che a tempo calcolato doveva far scoppiare le sostanze<br />

esplosive in essi contenute; spinto verso lo sbarramento, il sistema funzionò, aprì<br />

una larga breccia e produsse gravissimi danni. Il Giannibelli passò poi al servizio<br />

di Elisabetta I d’<strong>In</strong>ghilterra e sembra che alle sue macchine incendiarie sia dovuta<br />

la distruzione <strong>della</strong> flotta spagnola (<strong>In</strong>vincibile Armata) nel 1588. <strong>In</strong>gegneri italiani<br />

all’assedio di Ostenda (1601-’04) si distinsero con i candelieri portatili, con il<br />

barcone (detto del Targone, dal nome del suo creatore), con la “bilancia” e con<br />

altre macchine incendiarie.<br />

Nei secoli XVI e XVII furono celebri i veneziani Sigismondo, Giulio, Antonio e<br />

Giovan Battista Alberghetti, architetti e fonditori di cannoni, dei quali si<br />

riempirono l’Italia e il Levante.<br />

Nel 1526 fu creata la fabbrica d’armi da fuoco Berretta a Gardone Val Trompia<br />

presso Brescia da Bartolomeo che ebbe ordinazioni da Carlo V; Pietro Berretta ideò<br />

e costruì la pistola automatica con sistema a canna fissa e otturatore rinculante<br />

che porta il suo nome. Ricordiamo che pistole e fucili furono richiesti da molti<br />

eserciti, tra i quali quello del Bonaparte, e dal Metternich.<br />

Per la fabbricazione di pistole e archibugi si distinse anche la famiglia dei<br />

Cominozzo, pure di Gardone, che ebbe molte richieste dall’estero.<br />

Famosi furono i Glisenti, una famiglia di armaioli bresciani (sec. XVIII-XIX) che, tra<br />

l’altro, fornì al governo francese 30000 fucili Chassepot-Glisenti.<br />

Giambattista Isacchi fu a capo dei bombardieri di Alfonso II d’Este (1596); in una<br />

sua opera sono esposte molte invenzioni relative <strong>alla</strong> guerra e in una sua lettera<br />

diretta a Carlo Emanuele di Savoia fu descritta la prima mina subacquea<br />

conosciuta. Gian Girolamo, Lorenzo e Andrea Caccia introdussero in Polonia la<br />

fabbricazione delle armi, aprendo una fabbrica a Chielz, e chiamarono molti<br />

operai italiani.<br />

Il fiorentino Pietri, fonditore di cannoni e ingegnere militare, presentò a Luigi XIV<br />

un mortaio, detto pernice, costituito da quattordici bocche da fuoco sparanti<br />

contemporaneamente; l’invenzione fu usata negli assedi di Lilla (1708) e Beauche<br />

(1712). Lorenzo Caffi, archibugiere, fu il fornitore preferito del sovrano.<br />

A Nicola Landi (sec. XVIII-XIX) si deve un sistema d’artiglieria, perfezionato<br />

rispetto a quello francese.<br />

Natale Beroaldo Bianchini, dopo avere partecipato a tutte le campagne<br />

napoleoniche, fu al servizio dell’Austria; fisico, matematico, tecnico, inventò nuovi<br />

tipi di cannone, adottati anche all’estero, creò un fucile ad innesco fulminante che<br />

portò il suo nome; Nicola I, zar di Russia, gli conferì la croce dell’ordine di S.<br />

Anna.<br />

392


Nel 1832 il sardo <strong>Francesco</strong> Antonio Broccu inventò una pistola a rotazione,<br />

donata al sovrano del regno sardo-piemontese, brevettata anni dopo<br />

dall’americano S. Colt.<br />

Giovanni Cavalli, generale d’artiglieria, nel 1845 ideò i cannoni rigati a retrocarica,<br />

ebbe per primo l’idea dell’impiego delle polveri cosiddette progressive per le<br />

cariche delle armi, propose le batterie corazzate, contribuì notevolmente al<br />

potenziamento dell’artiglieria; una vera rivoluzione fu l’adozione dei proietti<br />

cilindro-ogivali rotanti attorno al loro asse longitudinale.<br />

Nel 1855 Paolo B<strong>alla</strong>da, conte di Saint-Robert, ideò i proietti lenticolari e i cannoni<br />

ad anima curva.<br />

Augusto Albini, ammiraglio, ideò e fece costruire il primo cannone da marina su<br />

affusto, adottato dagli inglesi, e progettò in <strong>In</strong>ghilterra nel 1860 la carabina che<br />

porta il suo nome, così come il cannone.<br />

Giovan Battista de Luppis, <strong>della</strong> marina asburgica, fu l’ideatore del primo siluro<br />

(1860), perfezionato a Fiume con l’inglese Whitead mediante la propulsione ad<br />

aria compressa e con i congegni automatici di regolazione in profondità e in<br />

direzione.<br />

Giuseppe Biancardi ideò il primo cannone da campagna scudato e a<br />

deformazione, segnando la via che fu poi seguita nella costruzione del materiale<br />

di artiglieria moderno.<br />

Felice Mattei propose per primo l’applicazione <strong>della</strong> manovra idraulica alle grosse<br />

artiglierie.<br />

Salvatore Carcano nel 1896 ideò un fucile adottato anche all’estero; realizzò un<br />

modello a ripetizione, detto 91, applicando al fucile Mannlicher l’otturatore<br />

modificato, creando un’arma che può essere considerata la progenitrice dei<br />

moderni fucili semiautomatici.<br />

Giovanni Emanuele Elia inventò armi subacquee e le torpedini da blocco,<br />

impiegate dagli alleati nella prima guerra mondiale, specie dagli inglesi nel blocco<br />

del Mare del Nord. Nella stessa guerra fu usata per la prima volta dall’esercito<br />

italiano la pistola-mitragliatrice, arma a due canne, con un caricatore di cinquanta<br />

cartucce, per il rastrellamento delle trincee nemiche, ideata da Abel Revelli-<br />

Beaumont; nel 1918 abbiamo il primo moschetto automatico a una sola canna,<br />

derivato d<strong>alla</strong> precedente arma, usato da gruppi di arditi italiani.<br />

Tra le macchine belliche ricordiamo la mignatta, speciale mezzo d’assalto<br />

semisubacqueo, ideato da Raffaele Rossetti, costituito da una specie di grosso<br />

siluro, munito di testa carica distaccabile, propulso ad aria compressa,<br />

manovrabile a mano da due persone; in seguito la mignatta fu perfezionata e<br />

393


sviluppata in tipi più complessi e più efficienti, sia in Italia con i siluri a lenta<br />

corsa, detti maiali, sia all’estero, fino ai cosiddetti siluri umani in Giappone.<br />

Un’appendice <strong>alla</strong> sezione sulle armi da fuoco è quella sulla balistica, la scienza<br />

che studia il moto del proietto; fu per molto tempo oggetto di ricerche da parte<br />

degli studiosi, primo fra tutti Nicolò Tartaglia (sec. XVI) che applica il metodo<br />

geometrico allo studio del moto dei proiettili nell’opera “La nova scienza”, per il<br />

quale la traiettoria percorsa dal proiettile non può mai essere perfettamente<br />

rettilinea; egli osserva però che in alcuni tratti essa è così poco curva da potersi<br />

considerare quasi retta; riconosce che l’angolo di massima gittata è di 45 gradi e<br />

che con angoli complementari si ottengono gittate uguali.<br />

Fu possibile un approfondimento solo quando con Galilei si sviluppò la dinamica;<br />

con lui la balistica assume, quale parte <strong>della</strong> meccanica, forma matematica;<br />

astraendo d<strong>alla</strong> resistenza dell’aria, Galilei concepisce il moto del proiettile come<br />

risultante di due movimenti, uno rettilineo uniforme e l’altro verticale<br />

uniformemente vario, e ne deduce che in queste condizioni la traiettoria è una<br />

parabola.<br />

Domenico Corradi d’Austria (sec. XVII-XVIII) fece notevoli studi sulla resistenza<br />

delle bocche da fuoco.<br />

Nel 1855 Paolo B<strong>alla</strong>da pubblicò il trattato “Sul moto dei proietti nei mezzi<br />

resistenti”, nel quale dava forma semplice ed elegante alle equazioni differenziali<br />

del movimento e ricavava le proprietà <strong>della</strong> traiettoria.<br />

Successivamente <strong>Francesco</strong> Siacci, gloria dell’artiglieria italiana, con il quale si può<br />

dire che la balistica assuma ampiezza e carattere di scienza razionale e<br />

sperimentale autonoma, dava una soluzione di pratico impiego del problema<br />

fondamentale <strong>della</strong> balistica esterna, ricondotto all’uso di una tavola a semplice<br />

entrata, chiamata “Tavola balistica generale”; riprendendo il problema di<br />

D’Alembert, dava ben quattordici forme <strong>della</strong> legge di resistenza che<br />

permettevano di ridurre il problema balistico alle quadrature. Ciò fu possibile<br />

desumendo da varie esperienze una legge universale <strong>della</strong> resistenza dei proiettili<br />

nell’aria. Il suo metodo, con modalità e adattamenti vari, è ormai adottato da<br />

quasi tutte le artiglierie.<br />

Un alunno di Siacci, Carlo Parodi, calcolò le tavole balistiche secondarie, fattori di<br />

tiro, che permettono una rapida e soddisfacente soluzione del problema<br />

principale <strong>della</strong> balistica esterna.<br />

La <strong>mostra</strong> presenta anche una sintetica storia <strong>della</strong> marina, da Roma ai tempi<br />

moderni, per quanto riguarda l’Italia.<br />

L’organizzazione romana <strong>della</strong> navigazione disciplinò fari, porti, portolani, facilitò<br />

le relazioni del mondo mediterraneo con le popolazioni dell’Europa atlantica fino<br />

394


al Baltico, e con quelle dell’Asia occidentale fino all’Oceano indiano. C’erano<br />

scambi continui e fittissimi; il mondo si conosceva. Per facilitare i commerci i<br />

Romani ri-scavarono il canale di Suez; si trovano loro tracce alle foci del Tigri e<br />

dell’Eufrate, in Africa, in <strong>In</strong>dia e in Cina con una stazione di cambio. La presenza<br />

<strong>della</strong> loro civiltà è documentata in Irlanda, nelle Orcadi, in Islanda Se i Romani<br />

viaggiarono sicuramente verso Oriente, perché non oltre le mitiche colonne<br />

d’Ercole? Se delle esplorazioni latine non si è parlato finora è perché le rotte<br />

commerciali e le mappe non venivano diffuse, avendo un enorme valore per i loro<br />

proprietari che potevano avere così l’esclusiva per importazioni di prodotti<br />

provenienti da terre sconosciute (Elio Candelo). Roma riassume l’esperienza<br />

navale tecnica dell’antichità nelle quinqueremi, nelle quadriremi, nelle onerarie<br />

tonde, favorisce lo sviluppo delle scienze nautiche, geografiche ed astronomiche;<br />

l’organizzazione del remeggio consentiva notevoli velocità temporanee (circa 10<br />

nodi) e manovre mirabili. La perfezione dell’arte navale, con quei materiali, era<br />

quasi pari all’attuale, salvo l’attrezzatura velica allora elementare e basata sulla<br />

vela quadra. La grandezza delle maggiori unità marittime toccò valori cospicui: si<br />

ricordano navi lusorie fino a quaranta ordini di remi.<br />

A Portus, presso la foce del Tevere, è stato scoperto un fabbricato alto 10<br />

metri,cantiere nautico destinato <strong>alla</strong> costruzione di imbarcazioni importanti, lungo<br />

170 metri, largo 65, sorretto da una fila di enormi piloni, ciascuno di tre metri per<br />

tre,alti dieci metri; di fianco si apriva uno spazio aperto sul bacino portuale, una<br />

specie di zona di alaggio.<br />

Nel Medioevo la lotta secolare tra mondo islamico e mondo occidentale si<br />

combatté anche per mare (nelle acque di Ostia le flotte di Amalfi, Napoli e Gaeta<br />

uscirono vittoriose contro i Saraceni nel 849), culminò nelle Crociate (XI-XIV sec.);<br />

la rinnovata potenza militare e commerciale delle popolazioni marittime<br />

(repubbliche marinare italiane e principati iberici) portò in ultimo al successo<br />

contro quella islamica e poi contro quella turca e insieme favorì ulteriormente lo<br />

sviluppo <strong>della</strong> tecnica navale: si costruirono cocche, caracche e galee di molte<br />

tonnellate, si applicò la bussola, s’inventò la vela latina, si determinò la<br />

rappresentazione sempre più esatta delle coste, dei mari, dei venti, delle correnti<br />

marine, iniziata dai Genovesi e perfezionata dai geometri e geografi dei più<br />

importanti paesi europei.<br />

I primi arsenali marittimi costruiti in Europa furono quelli che le repubbliche<br />

marinare dovettero allestire per poter fabbricare, armare e riparare le navi; già al<br />

principio del secolo XII la Galizia ricorreva a Genova e a Pisa per marinai e<br />

costruttori di navi. I crociati nelle loro missioni in Terrasanta ebbero l’appoggio<br />

determinante delle repubbliche marinare; i Genovesi organizzarono e guidarono<br />

395


per quasi due secoli la marina di Castiglia e occuparono nel secolo XIII alti uffici in<br />

quella aragonese. Nel 1294 Enrico Marchese fondò un arsenale marittimo a<br />

Rouen.<br />

Nelle costruzioni navali, a partire dal XIII secolo, si vide lo sviluppo delle galee<br />

venete, perfezionamento mirabile dei vecchi scafi di legno, con la carena di forme<br />

fini, basse e lunghe, con lo scafo senza ponte, leggero e robusto, con propulsione<br />

a remi, velatura ausiliaria a vele latine su uno o due alberi.<br />

Nel secolo XIV si ebbe la nascita <strong>della</strong> galeazza, nave da guerra più grande <strong>della</strong><br />

galea, con scafo completamente pontato e munito di castello e cassero (i prototipi<br />

arrivavano fino a cinquanta metri di lunghezza, attrezzati con tre alberi a vele<br />

latine e trentadue remi per fianco con numerosi pezzi di artiglieria a murata,<br />

impiegati per la prima volta con successo nella battaglia di Lepanto; con solo sei<br />

galeazze furono distrutte quasi tutte le navi turche). Si vide nello stesso tempo<br />

l’affermazione definitiva di navi onerarie sempre più grandi, a tre e quattro ponti,<br />

a tre e quattro alberi, caracche o galee grosse di mercanzia, pesanti e massicce,<br />

corte e larghe, con gran capacità di trasporto (fino a 1500 tonnellate), con vasta e<br />

complessa velatura su quattro e più alberi, divenute poi i celebri galeoni del<br />

secolo XVII.<br />

L’arsenale veneziano, divenuto nel secolo XVI il più importante d’Europa, contava<br />

sedicimila operai navali impiegati che varavano cento navi in due mesi.<br />

Anche a Genova erano costruite e noleggiate navi da guerra per potenze straniere;<br />

nel 1500 arrivarono a costituire fino a un terzo <strong>della</strong> flotta spagnola.<br />

Tra gli armatori navali ricordiamo <strong>Francesco</strong> Diano (inizi sec. XVI) che si recò a<br />

Vienna per la difesa <strong>della</strong> città contro i Turchi; la piccola flotta danubiana, adibita<br />

<strong>alla</strong> difesa d<strong>alla</strong> parte del Danubio, era composta di navi costruite da ingegneri<br />

italiani e perciò ufficialmente chiamate “navi italiane”. Giovanni Maria Olgiate da<br />

Napoli migliorò tale flotta e la comandò tra il 1530 e il ’33 con onore contro i<br />

Turchi; maestro delle navi fu nel ’45 Filippo di Morato; nel ’80 a Vienna è<br />

ricordato come armatore Giorgio Passatali con molti operai italiani; infine Gaspare<br />

Baldigara costruì navi e ponti di barche per le province dell’impero.<br />

Con la propulsione a vapore (1807) si hanno i piroscafi; i primi a solcare il<br />

Mediterraneo furono il “Ferdinando I” a Napoli e il “Carolina” a Trieste, ambedue<br />

nel 1819. Con il diffondersi delle armi da fuoco si imposero gli scafi di ferro,<br />

corazzati. Erano così maturi i tempi per la gran nave da battaglia moderna, la<br />

corazzata, la cui prima realizzazione integrale fu la “Duilio” di Benedetto Brin<br />

(1872-’76), dalle misure di m.19,70 x 11,40 x 7,90 con velocità di 15 nodi,<br />

stazza di 10.400 tonnellate e corazza di 550 millimetri; nel ’75 nell’”Italia” e nella<br />

“Lepanto” per la prima volta fu adottato l’acciaio nella costruzione degli scafi.<br />

396


Sempre con Brin si adottarono per la prima volta nella “Re Umberto” sul doppio<br />

fondo particolari disposizioni di struttura per difesa contro gli scoppi subacquei.<br />

La corazzata fu successivamente sviluppata fino a prendere la fisionomia <strong>della</strong><br />

monocalibro veloce di Vittorio Emanuele Cuniberti, realizzata nella Dreadnought<br />

britannica (1906).<br />

Felice Mattei progettò la prima grande silurante, il cacciatorpediniere “Pietro<br />

Micca” (1875).<br />

Edoardo Masdea progettò molte unità per la flotta italiana, come gli incrociatori<br />

“Garibaldi” e “San Giorgio” (1906), riprodotti poi per molte marine estere;<br />

introdusse due innovazioni, le torri triple e la disposizione di tutti gli impianti<br />

delle artiglierie principali nel piano diametrale <strong>della</strong> nave.<br />

Cesare Laurenti progettò e costruì originali tipi di sommergibili a doppio scafo, a<br />

grande riserva di spinta, per molte marine estere (tedesca, giapponese, ecc.); ideò<br />

per il Brasile una speciale nave come base galleggiante e nave di salvataggio per i<br />

sommergibili.<br />

Giuseppe Rota contribuì al progresso dell’architettura navale, meritandosi fama<br />

mondiale; per primo nel 1908 studiò le proprietà caratteristiche del<br />

funzionamento di due eliche aventi asse comune ma giranti in senso contrario.<br />

Edgardo Ferrati ideò e realizzò notevoli innovazioni nelle costruzioni navali<br />

militari, come la protezione subacquea a controcarena, impianti tripli per le grandi<br />

artiglierie.<br />

Virgilio Cavallini ideò speciali accorgimenti tecnici per sommergibili, sistemazioni<br />

per la posa delle mine e per gli accumulatori elettrici, tipi adottati anche dalle<br />

marine estere.<br />

Umberto Pugliese progettò la protezione subacquea ad azione idrodinamica.<br />

Gioacchino Russo inventò il primo periscopio per la navigazione subacquea<br />

(cleptoscopio), contemporaneamente con un inglese, ma indipendentemente.<br />

Gli aeroplani furono subito impiegati come mezzo bellico (vedi lez. n.51).<br />

Ricordiamo che la scuola aeronautica italiana si distinse particolarmente negli anni<br />

’30 e che anche aviatori statunitensi vennero in Italia per addestramento.<br />

La seconda sezione <strong>della</strong> <strong>mostra</strong> è dedicata alle fortificazioni.<br />

Fino al XV secolo esse furono sostanzialmente del tipo delle città fortificate<br />

romane con gli stessi elementi (mura, torri, merlature, ecc.). Grande sviluppo ebbe<br />

la tecnica dell’assedio presso i Romani che usarono costruire la fortificazione<br />

campale, l’accampamento o castrum, d<strong>alla</strong> forma rettangolare, con angoli<br />

arrotondati, due strade principali incrociate (cardo e decumanus), quartier<br />

generale e residenza del comandante (principia e praetoria), edifici (caserme dei<br />

legionari, ospedale, scuderie, magazzini), un vallo con fossa e palizzata. Un<br />

397


sistema di fortificazione difensiva tipicamente romano è quello che fu costruito<br />

lungo le frontiere dell’impero, a partire da Augusto: il limes, confine e strada<br />

militare con cui si circondavano i territori conquistati; esso venne a costituire una<br />

linea di fortificazioni con fossato e forti per le legioni, presidiata fino al III secolo<br />

d.C. da milizie regolari e poi da milizie locali. che vi erano torri di guardia,<br />

generalmente cilindriche agli angoli e lungo i lati, terme, “castella” o fortificazioni<br />

minori per le truppe ausiliarie. Questa linea di confine fu difesa in Germania da<br />

300000 legionari (il 15% dell’esercito imperiale), in Britannia (vallo di Adriano,<br />

difeso da 12000 uomini, lungo 120 chilometri), nella Rezia, in Mesia, in Dacia,<br />

nelle province d’Oriente e d’Africa; essa finì con il costituire a nord, a sud, ad est<br />

dell’impero una salda cintura di difesa che non ebbe mai l’eguale, giacchè la<br />

stessa muraglia cinese è più limitata.<br />

Notevoli perfezionamenti furono introdotti nelle mura aureliane (III sec. d.C.); qui<br />

una galleria coperta corre all’interno delle mura stesse, mentre si stabilizza il tipo<br />

di porta fiancheggiata da due torri semicircolari e sormontata da un’altra galleria;<br />

in questa forma la cinta muraria si manterrà praticamente lungo tutto il Medioevo<br />

e nel primo Rinascimento. Aggiungiamo che l’ultima poderosa opera di<br />

fortificazione dell’evo antico fu la cinta muraria di Costantinopoli, costruita da<br />

Teodosio II (V sec. ).<br />

Con l’introduzione delle armi da fuoco si sviluppò in Italia il sistema di<br />

fortificazioni a fronte bastionata (fine del XV secolo), successione di bastioni o<br />

baluardi a pianta poligonale, inframmezzati da tratti di mura rettilinee( cortine); è<br />

diminuita l’altezza delle mura, si rinforza il fossato (più profondo) con muri di<br />

scarpa e controscarpa. I bastioni hanno la terrazza a livello delle piattaforme<br />

laterali (quelle dei torrioni); nei fianchi sono disposte delle batterie basse fino al<br />

livello del fossato, poste in casematte. Altre bocche di fuoco sono disposte lungo<br />

le cortine; sono aboliti i merli, sostituiti da merloni bassi e dagli spigoli<br />

arrotondati. Man mano si adottano provvedimenti atti a difendere meglio i settori<br />

indifesi delle mura, chiamate opere addizionali.<br />

Nelle rocche di <strong>Francesco</strong> di Giorgio Martini (1479-’89), dei Sangallo e nei<br />

baluardi di Verona (1520) di Michele Sanmicheli si riscontrano già definiti i tipi<br />

costruttivi e gli accorgimenti tecnici che solo nei secoli seguenti saranno ripresi e<br />

applicati dagli architetti militari d’Oltralpe (per il Sanmicheli vedi lezione n.8).<br />

Per quanto riguarda teorici e trattatisti di fortificazioni e di strategia militare,<br />

ricordiamo che gli italiani furono numerosi e importanti nel corso dei secoli.<br />

Alla fine del XIII secolo Egidio Colonna, considerato il primo scrittore militare del<br />

Medioevo, chiamato da Filippo il Bello di Francia, insegnò l’arte militare, scrisse il<br />

“De regimine principum” nel quale tratta anche di fortificazioni, seguendo<br />

398


Vegezio, scrittore latino del V secolo d.C.; nel 1350 il libro fu tradotto in<br />

castigliano per ordine dell’infante di Spagna.<br />

Fra Guido da Vigevano, medico del re Enrico VII di Lussemburgo e <strong>della</strong> regina<br />

Giovanna di Borgogna (sec. XIV), scrisse “Thesaurus regis Franciae” in cui descrive<br />

il modo di fortificare città e castelli e di preparare macchine militari.<br />

Fra Bartolomeo Campi (sec. XIV) scrisse sulla guerra campale, ossidionale e navale<br />

(il codice si conserva nella biblioteca di Parigi).<br />

Cristina da Pizzano, emigrata in Francia in seguito al trasferimento del padre<br />

medico <strong>alla</strong> corte di Carlo V il saggio, fu una profonda conoscitrice delle armi e<br />

delle fortificazioni dei suoi tempi (1410).<br />

Notevole importanza ebbero i testi di fra Giocondo (1450) e di Mariano di Jacopo<br />

Vanni, detto il Taccola, che scrisse un’opera fondamentale sulle armi da fuoco e fu<br />

il primo a proporre il nuovo metodo di fortificazione a fronte bastionata, progetto<br />

presentato a Callisto III per la difesa di Roma (1455).<br />

Nel 1452 Leon Battista Alberti scrisse il “De re aedificatoria”, pubblicato nel 1485,<br />

in cui si parla anche di architettura militare; il trattato ebbe molte edizioni, a<br />

Parigi, Londra, Madrid, Presburgo, ecc.<br />

Lampo Birago nel 1454 compilò un volume di strategia e artiglieria allo scopo di<br />

facilitare la riconquista di Bisanzio.<br />

L’opera del Filarete, ”Trattato di architettura” (1460), fu tradotto in latino per<br />

Mattia Corvino.<br />

Matteo Pisano nel 1460 scrisse di arte bellica per Alfonso V di Aragona.<br />

Notevole è il trattato sulle macchine militari di Valturio da Rimini (1472), edito ben<br />

quattro volte a Parigi tra il 1532 e il ’55, la prima opera militare pubblicata a<br />

stampa.<br />

Molto diffusa fu l’opera di <strong>Francesco</strong> di Giorgio Martini, ”Trattato di architettura<br />

civile e militare”, scritta nel 1474.<br />

Una grande importanza nella storia <strong>della</strong> tecnica guerresca ebbe Vannoccio<br />

Biringuccio (XV-XVI sec.); il suo trattato sulla fabbricazione delle armi e sulle<br />

bocche da fuoco fu tradotto in francese e in inglese nei secoli XVI e XVII; tratta<br />

<strong>della</strong> costruzione e dell’uso dell’artiglieria, di mine e contromine, di fuochi<br />

artificiali.<br />

Benedetto Vignati, chiamato in Francia, scrisse “Description de la ville de Paris à<br />

l’epoque de François I”, dove tratta delle fortificazioni <strong>della</strong> città.<br />

Nel ‘500 scrissero di fortificazioni Giuliano e Antonio da Sangallo il giovane; i<br />

trattati di Giovan Battista Zanchi e Giovan Battista Valle furono molto diffusi e<br />

tradotti in francese e in altre lingue; importanti quelli del Lupicini, del Leonardi,<br />

del novarese Girolamo Cataneo, del senese Pietro Cattaneo; in spagnolo fu<br />

399


tradotto il trattato di Ascanio degli Ortensi; quello di <strong>Francesco</strong> Patricio fu<br />

stampato a Parigi nel 1588 e in altre parti d’Europa; quello di Jacopo Fusto <strong>alla</strong><br />

fine del ‘500 fu tradotto in francese e nel 1720 in tedesco. Aurelio Pasino (Maurel)<br />

che progettò e costruì Sedan scrisse il primo trattato di fortificazione in francese;<br />

quando servì l’Olanda, tracciò le basi <strong>della</strong> scuola di fortificazione olandese.<br />

<strong>Francesco</strong> De Marchi fu il precursore di nuovi sistemi di fortificazione (come la<br />

controguardia) che fecero il vanto di scuole estere nei secoli seguenti; fu nelle<br />

Fiandre al servizio del re di Spagna; Filippo II volle che del suo trattato “Della<br />

Architettura militare”, tradotto anche in francese, fossero stampate delle copie per<br />

gli ingegneri e i capitani dell’esercito spagnolo; esso ci dà la più completa<br />

codificazione <strong>della</strong> tecnica guerresca di un secolo; gli elementi essenziali delle<br />

fortificazioni del francese Vauban sono gli stessi, mutato il nome, del sistema<br />

dell’architetto italiano.<br />

<strong>In</strong> ogni parte d’Europa si guardò alle novità introdotte in Italia; lo svedese Anders<br />

progettò nel 1562 una cinta bastionata su modello italiano a difesa del quartiere<br />

sorto fuori le mura di Viipuri in Finlandia.<br />

Celebre fu l’opera di Bonaiuto Lorini (1596) che progettò la città-fortezza di<br />

Palmanova, perfetto esempio di architettura militare rinascimentale a piano<br />

urbanistico, presa a modello nei secoli XVII e XVIII in tutta Europa (a forma di<br />

stella a nove punte, con i servizi, casematte, magazzini, laboratori, edifici<br />

pubblici, sacri e privati, con la rete stradale e la dislocazione delle piazze entro la<br />

cinta bastionata); nel suo trattato si parla del “defilamento per non essere scoperti<br />

da monte” e degli accorgimenti difensivi, concetto che durò fino al XIX secolo.<br />

Il trattato di Vincenzo Scamozzi sull’architettura (1615), anch’esso molto diffuso,<br />

presenta passi sulle fortificazioni; quello di <strong>Francesco</strong> Fiorenza fu pubblicato a<br />

Liegi nel 1645 e tradotto subito in francese.<br />

Anche nel secolo XVIII la tecnica delle fortificazioni ebbe negli italiani gli artefici<br />

più importanti. Basterà ricordare il forte di Finestrelle, formidabile esempio di<br />

architettura militare, opera ciclopica la cui costruzione durò settanta anni e<br />

impegnò 4000 operai; sulla strada che porta da Pinerolo al Sestriere Vittorio<br />

Amedeo II di Savoia fece innalzare questa fortezza in pietra e muratura, un<br />

insieme di ridotte e fortini, uniti tra loro da una grandiosa scala coperta di 3946<br />

gradini su un dislivello di 650 metri, per uno sviluppo di cinque chilometri che<br />

costituiscono un complesso difensivo unico in Europa, secondo solo <strong>alla</strong> grande<br />

muraglia cinese.<br />

I trattati di autori stranieri si rifanno a quelli italiani: il Dürer apprese direttamente<br />

in Italia i nuovi metodi di fortificazione; seguì lo Speckle che viaggiò spesso per le<br />

fortezze <strong>della</strong> penisola; il De Groote fu allievo del Tensini, gli olandesi si<br />

400


ispirarono all’opera del De Marchi. Lo spagnolo Escrivà appartiene <strong>alla</strong> grande<br />

scuola degli ingegneri italiani in terra iberica; nel 1556 François de la Treille<br />

pubblicò il trattato, tradotto da “Modo di fortificare le città” di Giovan Battista<br />

Zanchi (1554) e lo indicò come opera propria.<br />

La perizia degli italiani nella costruzione delle mura di cinta fu sempre<br />

riconosciuta; nel secolo XI re Alfonso VI chiamò Cassandro Romano per riedificare<br />

le mura di Avila distrutte dai Mori; Guglielmo Boccanegra (sec. XIII), potente<br />

armatore di galee, costruì le meravigliose mura di Aigues Mortes in Provenza, del<br />

porto <strong>alla</strong> Peyrade e <strong>della</strong> torre Carbonière (1272); in compenso di tali lavori<br />

condivise con il committente, il re Filippo III, il dominio <strong>della</strong> città. Nel ’77 le mura<br />

furono ultimate da Nicola Cominelli e Guglielmo Bucuccio de Mari.<br />

A partire dal secolo XV, epoca di grande trasformazione dell’arte <strong>della</strong> guerra, i<br />

nostri architetti, specialmente quelli delle scuole di Urbino, Firenze e Roma, si<br />

sparsero dappertutto; esperti in nuovi metodi di difesa, furono chiamati al servizio<br />

di sovrani e principi. Lavori grandiosi furono compiuti in ogni parte d’Europa e in<br />

molte zone dei continenti extraeuropei, al tempo delle conquiste coloniali di<br />

Spagna, Portogallo, Francia e <strong>In</strong>ghilterra<br />

L’Ungheria prima (con Pippo Spano e Giovanni Santini) e l’impero d’Asburgo si<br />

avvalsero dell’opera di molti architetti per fronteggiare la minaccia turca ai confini<br />

e nelle capitali, Buda e Vienna. Lo scrittore ungherese V. Patagi scrive che tutte le<br />

fortezze nella sua patria nei secoli XV e XVI furono innalzate da italiani: Györ,<br />

Komàron, Kanisza, Eger, Tata, Papa, Veszprèm, Gyula, ecc.<br />

Ecco di seguito l’elenco in ordine alfabetico dei più importanti architetti militari e<br />

ingegneri fortificatori, attivi nelle province dell’impero (Austria, Ungheria e regioni<br />

limitrofe) nei secoli XV, XVI, XVII e XVIII; ricordiamo che molti di loro furono anche<br />

militari.<br />

Aginelli Antonio (sec. XVI) rilevò la fortezza e i dintorni di Giavarino (Györ).<br />

Albertini Antonio lavorò in Canissa (Kanisza) verso la metà del XVI secolo.<br />

Alessandro da Urbino nello stesso periodo lavorava alle fortezze ungheresi.<br />

Alessandro da Vedano fu magister muratorum regius in Ungheria; fece la prima<br />

cinta bastionata di Agria (Eger) dove si era recato giovanissimo col padre, lavorò<br />

anche a Sàrospatak (1572), costruendovi bastioni, ad uno dei quali lasciò il<br />

proprio nome; rafforzò Füzes, Terebes ed altri castelli <strong>della</strong> famiglia Perény. I suoi<br />

discendenti, fissatisi in Ungheria, divennero i nobili Vedano che parteciparono<br />

attivamente <strong>alla</strong> vita <strong>della</strong> nazione.<br />

Alessio Giovanni, detto Fulgherio o Nanni Unghero, forse lavorò in Ungheria.<br />

Alexio Mariano costruì opere fortificatorie in Ungheria e specialmente ad Agria nel<br />

1581.<br />

401


Altoni Giovanni seguì Giovanni de’Medici nella sua spedizione in Ungheria nel<br />

1591, lavorò alle fortificazioni di varie città.<br />

Angelini Natale nel 1572 lavorò alle fortezze ungheresi del nord e restaurò il<br />

castello di Csabràg.<br />

Angelini Paolo fu maestro costruttore in Agria nel 1584.<br />

Antonelli <strong>Francesco</strong> fu al servizio di Ferdinando III che lo fece ingegnere generale<br />

di tutta l’Ungheria, dove egli lavorò attorno a varie fortificazioni. Completata<br />

anche la cinta di Landsberg in Baviera, rientrò in Italia al soldo di Venezia che lo<br />

mandò a fortificare Ragusa.<br />

Baglioni Astorre partecipò in Ungheria <strong>alla</strong> guerra contro i Turchi e poi passò a<br />

combattere in Germania<br />

Baldigara: parecchi membri di questa famiglia (detta anche Baldigora, Battigara,<br />

Baldigosa) lavorarono in Austria e Ungheria nel XVI secolo. Ottavio fu il più<br />

valente, col Ferabosco progettò il bastione Mölker di Vienna, lavorò alle mura di<br />

Agria dove ricostruì i bastioni Bebek e Bolik; perfezionò le difese di Tokaj,<br />

Kisvàrda, Cassovia, Munkàcs e Szepesség; nel 1573 con il Ferabosco fortificò<br />

Canissa, sbarrando così la valle <strong>della</strong> Drava e quindi dell’Italia; nel ’80 iniziò la<br />

fortezza e città di Ersekujvar a pianta esagonale; anni dopo compì lavori a<br />

Böroslò. Giulio e il fratello Giulio Cesare lavorarono in Trencino e in Szatmar nel<br />

1566; Marcantonio nel 1589 sostituì in Ersekujvar il fratello Ottavio, defunto.<br />

Bartolomeo da Ponte o Ponto, detto anche Depon, lavorò a Tata, Vesprino e Agria.<br />

Bartolomeo da Tirano lavorò nel 1552-’55 alle fortificazioni di Agria.<br />

Battista da Milano o Mediolano nel 1562 lavorava <strong>alla</strong> fortezza di Agria e in altre<br />

piazze vicine; erano con lui Stefano, Benedetto e Cristoforo, tutti da Milano.<br />

Bemporal o Temporall Battista e Domenico si trovavano <strong>alla</strong> costruzione <strong>della</strong><br />

fortezza di Giavarino tra il 1561 e il ’74.<br />

Benigno <strong>Francesco</strong>, al servizio dell’impero come soprintendente, rafforzò la<br />

fortezza di Szigervàr; attaccato dai Turchi, li respinse; poi passò a Papa e a<br />

Magyaròvàr. <strong>In</strong>sieme con <strong>Francesco</strong> da Pozzo fece un progetto di nuove opere per<br />

Wiener-Neustadt, nel ’61 ispezionò la fortezza di Giavarino (la sua relazione<br />

riporta i nomi di molti tecnici italiani che erano colà, Marlino Romano, Giovanni da<br />

Cremona, Battista Temporall, Girolamo da Lurago, Battista da Poltolina, Domenico<br />

Farabosco e molti altri).<br />

Birago Carlo (sec. XVIII) costruì le fortificazioni di Linz.<br />

Borgodale Mariano, forse da identificarsi con Brodalia Floriano, nel 1581 lavorava<br />

ad Agria.<br />

Brasco Ambrogio fu architetto di corte verso la metà del XVI secolo.<br />

Pressano Mattia nel 1552 lavorava <strong>alla</strong> fortezza di Agria con Bernardo Corona.<br />

402


Gabellio Bernardo (o Gaballio) nel 1555 lavorava alle fortificazioni austro-<br />

ungheresi.<br />

Camicia Clemente detto Chimenti nel 1480 era in Ungheria dove costruì anche<br />

fortezze (vedi lez. n.18).<br />

Campione Antonio nel 1577 lavorava alle fortezze ungheresi.<br />

Canevale Antonio ricostruì la roccaforte di Novéhrady (sec. XVII).<br />

Carlone Giovan Battista tra il 1635 e il ’46 lavorava col titolo di muratore imperiale<br />

alle fortificazioni di Posonio (Poszony); risulta che la sua famiglia fosse già<br />

stabilita in Ungheria da vari anni.<br />

Cattaneo Paolo nel 1580 fu sottodirettore dei lavori di fortificazione di Agria, fu il<br />

costruttore principale nel capitanato dell’Ungheria settentrionale ed ebbe il titolo<br />

di “architectus”.<br />

Cavolini (o Cavallini o Cavalin) Alessandro con Simone da Pozzo lavorò a Vienna,<br />

nel 1553 fu inviato in Transilvania da re Ferdinando I per lavori.<br />

Ceresola Giovan Battista fortificò Leopoldstadt (sec. XVII).<br />

Ceresola Veniero lavorò alle fortificazioni di Lipotvar (sec. XVII).<br />

Cinema Giovanni nel 1570 lavorava alle fortificazioni di Canissa come “poliere”,<br />

cioè capo gruppo dei tecnici suoi connazionali.<br />

Civitali Giuseppe nella seconda metà del secolo XVI fortificò Palota e Vesprino.<br />

Cogorano Claudio per circa dodici anni servì Alessandro Farnese nelle Fiandre, poi<br />

si portò in Ungheria ove divenne “ingegnere generale del regno”; lavorò <strong>alla</strong> cinta<br />

di Vaccia, rafforzò Strigonia e Altemborgo, nel 1596 difese Agria contro i Turchi.<br />

Damanas Gregorio forse si identifica con un Da Menasio o Da Menaggio che nel<br />

1555 lavorava in Agria.<br />

Decio Girolamo lavorò sotto Massimiliano I alle fortificazioni di Wiener-Neustadt.<br />

Del Bianco Baccio si recò a Vienna nel 1620 e fu occupato a rilevare le piante delle<br />

fortezze di Posonio e Giavarino che erano fortificate da Giovanni Pieroni, poi<br />

passò a lavorare a Praga e vi rafforzò la cinta a Monte S. Lorenzo.<br />

Del o Da Bufalo Antonio <strong>alla</strong> metà del secolo XVI era in Ungheria, e un documento<br />

lo nomina ”in toto regno Transilvania Majestatis suae sacratissimae architectus”;<br />

una sua relazione fa cenno delle fortificazioni transilvaniche costruite da Andrea<br />

Travisano e <strong>Francesco</strong> da Pozzo.<br />

Della Stella Cristoforo dal 1578 al ’85 lavorò in Agria, nel ’89 in Giavarino e nel<br />

’96 nuovamente in Agria dove morì per lo scoppio di una mina.<br />

Del Monte Santa Maria <strong>Francesco</strong> nel 1594 andò volontario in Ungheria per<br />

combattere contro i Turchi e fu <strong>alla</strong> difesa di Giavarino, di cui rafforzò le mura.<br />

Desipi Lorenzo fortificò vari luoghi in Stiria (sec. XVII).<br />

403


De o Di Spazio, una numerosa famiglia di architetti, fu in Austria e Ungheria nel<br />

secolo XVI e nei successivi. Ricordiamo i seguenti: Antonio nel 1554 lavorò in<br />

Altomborgo, poi in Transilvania e fu architetto di corte a Vienna; <strong>Francesco</strong> dal<br />

1547 al ’54 fu a Vienna e in Albareale per le fortificazioni, poi ispezionò varie<br />

fortezze ungheresi; Gian Giacomo lavorò <strong>alla</strong> cinta di Vienna (sec. XVI); Martino<br />

restaurò il castello di Posonio e poi le fortificazioni di Temesvàr; Paolo e Battista<br />

verso la metà del XVI secolo attendevano alle difese di Agria e altre fortezze in<br />

Transilvania; Pietro rafforzò Nagyszombat.<br />

Domenico Bologna o da Bologna nel 1532-’33 fortificò luoghi nella Bassa Austria,<br />

completò la cinta di Wiener-Neustadt; combattè contro i Turchi; nel ’41 fu <strong>alla</strong><br />

difesa di Buda e vi costruì un forte bastione con grande cavaliere a Porta Sabatina.<br />

Duona Ferdinando ricostruì un tratto delle mura di Weitra (sec. XVI).<br />

Fabarino Ruggero fu <strong>alla</strong> difesa di Giavarino <strong>della</strong> quale scrisse una storia<br />

particolareggiata; nel 1620 riattava le fortificazioni di Sitia nell’isola di Candia.<br />

Falubreso Jacopo nel 1559 lavorava in Agria e vi tornava nel ’73 con il titolo di<br />

“fondamentorum magister”; costruì i bastioni <strong>alla</strong> cinta <strong>della</strong> fortezza di<br />

Bestercebanya e ad altre piazzeforti.<br />

Felice da Pisa a metà del secolo XVI in Ungheria fu nominato “architectus regius”;<br />

lavorò a Ersekujvar e a Cassovia; nel 1553 fu a Graz e l’anno dopo a Posonio,<br />

quindi completò le opere di difesa a Sàros, Nagybànya, Hust.<br />

Ferabosco o Farabosco Pietro lavorò per oltre quaranta anni alle fortezze<br />

ungheresi, austriache e boeme; già suo padre aveva lavorato in Austria. Fece<br />

progetti di fortezze nella Bassa Austria e lavorò in Ebersdorf, poi in Vienna e<br />

Praga, trasformandone le vecchie difese; in Vienna costruì nel 1552 la<br />

Schweizertor e sembra anche la porta del Landhaus in Linz. Nel ’44 aveva iniziato<br />

le fortificazioni di Comorra, ultimate poi da Giovanni Maria Speciecasa e da<br />

<strong>Francesco</strong> de Spazio. Nel ’56 iniziò le fortificazioni di Giavarino, anch’esse<br />

ultimate da altri italiani, giacchè il Ferabosco passava continuamente a<br />

perfezionare le altre fortezze, come Tyrnau, Heimburg e Vienna, dove dopo lavorò<br />

<strong>alla</strong> Rotenturmtor; nel ’58 costruì opere fortificatorie a Szegervar e a Posonio;<br />

insieme con Bernardo Magno studiò un progetto di cinta bastionata per Papa.<br />

Costruì anche ponti sul Danubio e sulla Drava, perfezionò le mura di Agria e<br />

Canissa, costruendovi gallerie di contromine e acquedotti.<br />

Ferrari Giulio nel 1578 provvide alle fortificazioni di Bakabanya.<br />

Florian Antonio attuò un progetto di restauri alle mura di Trencino.<br />

Floriani Pietro Paolo difese Posonio, a Vienna rafforzò le mura e munì varie<br />

piazzeforti di Germania, Ungheria e Boemia e fu <strong>alla</strong> presa di Roszahegy. A<br />

richiesta del Gran Maestro ispezionò le fortificazioni di Malta e vi progettò le<br />

404


opere alte, dal suo nome dette Floriane; scrisse “Difesa e offesa delle piazze”,<br />

opera molto diffusa (1630).<br />

Fombregali Giovanni nel 1552 lavorava alle fortificazioni di Agria.<br />

Fontana Antonio nel 1542 lavorava ad alcune fortezze ungheresi.<br />

Fotelmi o Fotelini Bartolomeo nel 1552 lavorava alle mura di Agria.<br />

<strong>Francesco</strong> da Pozzo costruì a Vienna il Predigerbastion, rafforzò alcuni posti sul<br />

confine ungherese, progettò opere in Altemborgo, Tirnavia, Wiener-Neustadt e in<br />

Alba Julia con Andrea Travisano; l’imperatore per i lunghi servizi resi gli conferì un<br />

grado di nobiltà.<br />

Franciolini Flaminio lavorò in Fiandra e in Unghia (sec. XVI).<br />

Gallo Bernardo a metà del XVI secolo costruiva opere difensive a Vesprino.<br />

Gallo Cesare nel 1597 era a Graz e l’arciduca Ferdinando gli fece ricchi doni per i<br />

suoi lavori; nel 1600 fortificava Comorra e Strigonia, nel 1603 era di nuovo a Graz<br />

e l’imperatore Rodolfo gli regalava una collana d’oro.<br />

Genga Simone, capitano, fu chiamato da Rodolfo II, lavorò in Ungheria e in<br />

Transilvania, fu poi in Russia dove fortificò vari passi sul fiume Diina presso Riga.<br />

Gera Armando nel 1574 col fratello <strong>Francesco</strong> attendeva alle fortificazioni di<br />

Szendrö.<br />

Giovannelli <strong>Francesco</strong> fu generale delle artiglierie di Rodolfo II, con sede<br />

nell’Ungheria superiore; concorse <strong>alla</strong> difesa di Zighet assediata dai turchi nel<br />

1582. Qualche anno dopo morì in quelle guerre.<br />

Giovanni Maria da Napoli nel 1532 era architetto di Ferdinando I d’Austria, nel ’53<br />

rafforzava le difese di Vienna, poi passò in Ungheria ad Altemborgo e in altri<br />

posti; nel ’41 lavorava a Buda e fortificava anche Pest. L’anno seguente il re lo<br />

dichiarava “magister et praefectus edificiorum in regno Hungaria”; nel ’45 ornava<br />

il castello di Praga.<br />

Grandi Giovanni diresse le truppe tecniche nella difesa di Costantinopoli (1453),<br />

ricorrendo anche ad estesi lavori di contromine; fu suo collaboratore Teodoro da<br />

Caristo.<br />

Grazioli o Gargioli Donato lavorò a Posonio nel 1561, a Giavarino e ad Agria nel<br />

’76 alle dipendenze di P. Ferabosco; tra il 1581 e il ’85 fortificò Tata, nel ’89 riattò<br />

il castello di Sàrvar per incarico del conte di Nàdasdy; fu anche “poliere” (cioè capo<br />

del gruppo d’italiani) in Giavarino.<br />

Guidoni Giorgio verso il 1600 attendeva a fortificare Papa.<br />

Jacopo Italo nel 1561 lavorava alle fortificazioni d’Agria.<br />

Isolani Giovanni Marco, conte, <strong>alla</strong> fine del secolo XVI fu chiamato in Transilvania<br />

dal governatore e inviato a rafforzare Varasdino che difese contro i Turchi nel<br />

1598; fu fatto governatore di Alba Reale e ne riattò le mura, respingendo i Turchi<br />

405


che l’avevano assalita. <strong>In</strong> un fatto d’armi restò ferito e prigioniero; condotto sul<br />

Mar Nero, vi morì nel 1602.<br />

Lalio (o Allio) Domenico fortificò Klagenfurt, Furstenfeld, Maribor, Graz, Ptuy,<br />

Radkersburg (sec. XVI).<br />

Lalio Martino partecipò ai lavori di difesa di Radkersburg.<br />

La Porta de Riva Antonio (de) fortificò Varasdino (sec. XVI).<br />

La Porta de Riva Cesare (de) fortificò Petrinja (sec. XVI).<br />

La Porta de Riva Domenico (de) fortificò Graz e Furstenfeld (sec. XVI).<br />

La Porta de Riva Giovan Battista (de) partecipò ai lavori di fortificazione di<br />

Radkersburg (sec. XVI).<br />

La Porta de Riva Angelo, Giacomo e Paolo (de) parteciparono ai lavori di<br />

fortificazione di Graz (sec. XVI).<br />

Lerna Giovanni nel 1577 era “poliere” in Canissa.<br />

Lupicini Antonio nel 1577 si recò in Ungheria e in Austria, fermandosi<br />

specialmente a Vienna per lavorare alle difese; nel ’94 si accompagnò a Giovanni<br />

de’Medici nella spedizione contro i Turchi, fu a Giavarino.<br />

Lurago Cristoforo e Giovanni eressero le fortificazioni di Glurns (sec. XVI).<br />

Lurago Girolamo nel 1572 lavorava a fortificare Szendrö.<br />

Macciolini Ulisse lavorò in Ungheria e nelle Fiandre (sec. XVI).<br />

Maffeo da Vezza dal 1552 al ’55 lavorava alle difese di Agria.<br />

Magno Bernardo sostituì <strong>Francesco</strong> Benigno nella direzione dei lavori di Giavarino<br />

e vi restò dal ’67 al ’77 come soprintendente; progettò opere in Tata, in Vegleses,<br />

in Légrad, in Agria e in Canissa. Fece col Ferabosco il progetto di una cinta<br />

bastionata per Papa; nel ’86 attese restaurare le mura di Sürany.<br />

Malatesta Simone <strong>alla</strong> fine del secolo XVI fece lavori difensivi in Comorra, in<br />

Strigonia, in Ujvar e ai bastioni di Vienna.<br />

Marsili (o Marsigli) Luigi Ferdinando, arruolatosi nell’esercito imperiale di<br />

Leopoldo II, fu inviato <strong>alla</strong> fortezza di Giavarino, <strong>della</strong> quale preparò un piano di<br />

difesa lungo il Raab; ferito e fatto prigioniero dai Turchi fu in seguito riscattato<br />

(1684). L’anno dopo riprese servizio, restaurò la fortezza di Belgrado, fu<br />

all’attacco di Ersekujvar con il Caprara, riuscendo con lavori di mina contro la<br />

cinta ad aprire convenienti brecce. Nel 1686, dopo la presa di Buda da parte dei<br />

Turchi, lascia documenti fondamentali per lo studio <strong>della</strong> capitale con studi,<br />

disegni e ricerche. E’ presente poi all’occupazione di Semendria e <strong>alla</strong> battaglia di<br />

Vidin; ispettore generale, studia lo sbarramento delle fortificazioni del Danubio<br />

presso Orsova con Morando Visconti; costruisce un ponte sul Tibisco, getta strade<br />

per terre mai percorse da soldati. Nel 1699 ha gran parte nelle trattative per la<br />

pace di Carlowitz con i Turchi, soprattutto per la delimitazione dei confini tra i<br />

406


due imperi; esegue la più completa descrizione topografica delle regioni<br />

comprese tra Drava e Moravia, tra Ragusa e Gradisca, riesce a far capitolare<br />

Landau (1701), meritandosi ampie lodi dal re Giuseppe. Scrisse una trattazione<br />

completa sul Danubio e sulla sua pianura sotto tutti gli aspetti (geografico,<br />

idrografico, fisico, storico, astronomico).<br />

Marsili, marchese non meglio indicato, era ingegnere militare al servizio del<br />

principe Eugenio di Savoia nelle guerre contro i Turchi; partecipò all’impresa di<br />

Temesvàr nel 1716, poi a quella di Belgrado ove eroicamente morì.<br />

Marulli <strong>Francesco</strong> Saverio lavorò <strong>alla</strong> fortezza di Belgrado (sec. XVIII).<br />

Mergia Simone nel XVI secolo lavorava alle fortificazioni in Ungheria.<br />

Mesleri o Mesteri Giovanni a metà del XVI secolo restaurò la fortezza di Tihany in<br />

Ungheria.<br />

Michele da Tridentino nel 1562 era in Agria ai lavori di difesa.<br />

Minali Cristoforo, detto Minall, nel 1575 dirigeva lavori di rafforzamento in<br />

Giavarino.<br />

Mirandola Paolo nel 1554 dirigeva lavori nella fortezza di Giavarino; tre anni dopo<br />

il vescovo di Agria lo chiamava per fargli fortificare questa città ed egli vi propose<br />

la costruzione di tre bastioni che furono da lui iniziati e continuati dal Falubreso;<br />

nel 1561 si recava a fortificare Gyula.<br />

Morando Visconti Giovanni nel 1699 lavorò a fortificare Gyulafehervar ed altre<br />

città; a Sibiu innalzò torri e attuò un complesso sistema difensivo di laghi e canali.<br />

Orlandi o da Orlando Simone nel 1544 costruiva opere di fortificazione in Vienna<br />

e poco dopo si recava a coadiuvare <strong>Francesco</strong> da Pozzo nei lavori di difesa di<br />

Bestercebànya in Ungheria.<br />

Paolo da Roma nel XVI secolo era in Ungheria al servizio di Massimiliano II; dal<br />

1572 al ’92 attese a sistemare le fortificazioni di Tata e di altre città vicine.<br />

Parono Girolamo lavorò in Ungheria verso il 1550.<br />

Perlini Nicolò fu prima al servizio <strong>della</strong> Francia e prese parte a molti assedi in<br />

Fiandra, poi passò al servizio dell’Austria.<br />

Petrus Italus o da Lecco o de lago de Como nel 1502 lavorava in Agria e dopo in<br />

Bistrizza (Transilvania) a rafforzarvi la cinta.<br />

Pieroni Giovanni (sec. XVII) fu nominato ispettore alle fortificazioni delle regioni<br />

meridionali dell’impero.<br />

Porro Ottaviano sulla fine del secolo XVI fortificò Szendrö e Sàros.<br />

Pozzo Bartolomeo lavorò alle fortificazioni di Vienna(sec. XVI).<br />

<strong>Ridolfi</strong>ni Domenico si recò con i Genga in Transilvania, chiamatovi dal principe<br />

Bàthory e vi ebbe il comando <strong>della</strong> fanteria un gara e italiana nella guerra contro il<br />

granduca di Moscovia; si distinse come tecnico negli assedi di Vielitza e<br />

407


Wielikolukli (1580), delle quali si impadronì; fu poi inviato a ispezionare le<br />

fortezze transilvane e concorse a rafforzare Varasdino, ritornandovi spesso. Nel<br />

1584 moriva in Polonia.<br />

Ripanti (sec. XVI) fu all’assedio di Strigonia e poi a rafforzare Giavarino.<br />

Rotta Bernardo (sec. XVII) lavorò alle difese di Linz.<br />

Rusconi Giovanni Antonio nella seconda metà del XVI secolo era in Ungheria e<br />

lavorava alle fortificazioni di varie città.<br />

Salvano Andrea poco prima del 1572 era maestro di ponti di barche<br />

dell’imperatore Massimiliano II; in tale anno si recò a Munkacs forse per i ponti<br />

<strong>della</strong> regione.<br />

Santini Paolo fu al servizio di Giovanni Hunyadi, padre di Mattia Corvino, come<br />

architetto militare; a lui si devono certamente molti castelli che il sovrano fece<br />

erigere.<br />

Savorgnano del Monte d’Osoppo Germanico, dell’illustre famiglia friulana che<br />

dette moltissimi condottieri e architetti militari, a dodici anni lavorava con lo zio<br />

alle fortificazioni di Cipro, nel 1578 passò in Fiandra, all’assedio di Slusa, poi a<br />

quello di Bonn, cingendo questa città con una linea di batterie e undici fortini e<br />

riuscì a prenderla. Nel 1595 si recò in Ungheria al seguito del duca di Mantova, fu<br />

<strong>alla</strong> presa di Strigonia e di Vicegrado, nel ’97 era a Vienna e l’imperatore lo creò<br />

consigliere di guerra e soprintendente alle fortezze d’Ungheria; fu incaricato alle<br />

fortificazioni di Praga e prese parte a molte espugnazioni di piazzeforti. Morì in<br />

Vienna.<br />

Scalvinio Giosafatte nel 1569 era in Austria, poi passò a rafforzare Agria,<br />

sostituendo Giulio Turco, indi ritornò a Vienna nel 1577; fortificò anche Canissa e<br />

fu nominato costruttore capo.<br />

Scamozzi Vincenzo (sec. XVI-XVII) studiò le difese di Giavarino.<br />

Scolari Filippo, detto Pippo Spano, tredicenne nel 1382 andò in Ungheria e per la<br />

sua attività ed intelligenza entrato nelle grazie del re fu assunto ai più alti gradi<br />

civili e militari e creato spano (conte e governatore) di Temesvàr; egli protesse i<br />

confini dello stato con numerosi posti fortificati, ed eresse le difese di Temesvàr,<br />

Orsova, Belgrado, Strigonia, in parte poi ultimate dal Santini sotto Giovanni<br />

Hunyadi, fu in continua guerra contro i Turchi che egli sconfisse diciotto volte. Un<br />

fratello fu “despota” (governatore) <strong>della</strong> Valacchia, un cugino fu vescovo di<br />

Varasdino (1426).<br />

Scrosato Ottaviano (XVI secolo) morì nella difesa di Albareale.<br />

Secco o Seco o Theco Martino, architectus murariorum e capitano di truppe,<br />

dal1568 al ’72 lavorò in Szendrö dove un cugino, Battista, era comandante, passò<br />

poi a restaurare Murakeresztur. Abbandonata l’Ungheria si portò con truppe<br />

408


italiane nelle Fiandre nel 1579, indi passò in Spagna dove prese parte <strong>alla</strong> guerra<br />

contro il Portogallo.<br />

Secco Giambattista, nipote del precedente, lavorò ai castelli dell’Ungheria<br />

settentrionale.<br />

Sigismondo da Prato, detto anche da Pratovecchio o de Pretta, nel 1547 in Austria,<br />

eresse un bastione a Vienna, nel ’52 fu nominato architetto reale e progettò opere<br />

per le fortezze di Léva e Huszt in Ungheria, con bastioni all’italiana.<br />

Simone da Milano era architetto reale in Ungheria nel 1568-’69 e vi dirigeva i<br />

lavori del castello di Munkàcz che eseguiva con operai italiani.<br />

Solari Santino (sec. XVII) fortificò Neumarkt e rafforzò la cinta di Salisburgo.<br />

Spannocchi Tiburzio (sec. XVI)lavorò in Ungheria dove era detto Spanoce.<br />

Speciecasa: ebbe particolarmente questo nome un Giovanni Maria che sostituì nel<br />

1553 Giovanni de Spazio nella costruzione del Belvedere di Praga; poi lavorò al<br />

castello di Szolnok, indi fu architetto in Comorra. Attese alle fortificazioni di<br />

Giavarino e di Agria col nome di Johannes Maria Italus. Nel ’53 restaurava il<br />

castello di Kosteletz in Boemia, nel ’53 quello di Altensoll, poi tornava a Praga ove<br />

ultimò il castello.<br />

Stefano da Milano(sec. XVI) lavorò in Agria.<br />

Taddei (Tade) Battista, Filippo, Dionisio e Pietro (sec. XVI) parteciparono ai lavori<br />

di fortificazione di Graz e Furstenfeld.<br />

Tarducci Achille attese alle fortificazioni di Varasdino, fu a Vienna e a Praga per<br />

lavori, morì nella fortezza di Oléva (XVI-XVII sec.).<br />

Tensini Giovanni Giacomo fu chiamato a Vienna per ispezionare le fortificazioni<br />

dell’impero.<br />

Theti o Tetti Carlo verso il 1550 partecipò <strong>alla</strong> spedizione d’Africa con la Spagna;<br />

nel ’65 era a Vienna ove dedicò un libro all’imperatore e vi restò fino al ’77; studiò<br />

le fortezze di Comorra e Canissa.<br />

Tommaso da Tirano dal 1551 al’81 lavorò in molti luoghi d’Ungheria.<br />

Tornelli Filippo nel 1544 fu in Ungheria, col titolo di magister muratorum fortificò<br />

Strigonia, poi lavorò a Comorra e passò <strong>alla</strong> difesa di Albareale.<br />

Trevisano Andrea verso la metà del secolo XVI diresse fortificazioni in vari luoghi<br />

d’Ungheria.<br />

Turco Giulio nel 1569 fu incaricato di lavori nell’Oltredanubio, rilevò tutte le<br />

fortezze <strong>della</strong> regione per incarico del Consiglio dell’esercito, lasciando una bella<br />

raccolta di planimetrie.<br />

Ughi Gabriele fu con Giovanni de’Medici in Ungheria contro i Turchi (1595); con lo<br />

Spinola nelle Fiandre (1601-’03) fu all’assedio di Ostenda e restò colà per molti<br />

anni; eseguì molti disegni <strong>della</strong> città e scrisse un trattato di architettura.<br />

409


Ventana o Vintana Giuseppe dall’Ungheria ove era a lavorare alle fortezze passò al<br />

castello di Graz nel 1577.<br />

Veranzio Antonio, dalmata, nel 1558 eletto vescovo di Agria, vi diresse la<br />

costruzione di opere difensive.<br />

Veranzio Fausto, nipote del precedente, comandò la fortezza di Vesprino, e poi<br />

quelle di Janblank e di Gorne in Erzegovina; fattosi sacerdote, divenne vescovo di<br />

Canadio e di Sebenico, dirigendovi opere di fortificazione.<br />

Verda Antonio e Vincenzo riattarono le fortificazioni di Graz; Verda Dionisio e<br />

Giovanni tra il 1540 e il’80 lavorarono alle fortezze ungheresi e a quelle di<br />

Klagenfurt.<br />

Voltolino o Voltelin o Voltolina o Poltolina: tre tecnici di questo cognome furono<br />

in Ungheria. Giovanni Antonio fu soprintendente alle fortificazioni, nel 1552 iniziò<br />

le difese di Zighet e lavorò molto in Agria; Antonio fu prima col precedente, poi<br />

nel 1577 fortificò Szatmàr; Bartolomeo lavorò con i precedenti ad Agria.<br />

Numerosi furono gli ingegneri, gli architetti e gli insegnanti militari italiani nella<br />

penisola iberica (dal 1530 al 1700 se ne contano oltre 150); in molti di loro<br />

l’attività di fortificatore si associò a quella di uomo d’arme, in genere di difensore,<br />

e la loro opera fu spesso richiesta anche in altre parti d’Europa (sono riportati<br />

anche i nomi dei tecnici al servizio di Spagna e Portogallo nei primi anni del XIX<br />

secolo).<br />

Afflitto Gennaro Maria (d’), domenicano, servì prima negli eserciti di don Giovanni<br />

d’Austria come ingegnere; nel 1655 era in Spagna dove diresse l’accademia di<br />

matematica (si dicevano matematiche la scienza delle fortificazioni e altre<br />

cognizioni tecniche); scrisse varie opere come “Breve trattato delle moderne<br />

fortificazioni”, “De munitione et fortificatione”, “De igne et ignovomis”, pubblicate<br />

a Madrid e a Saragozza.<br />

Ambrosio Antonio, gesuita, nel 1646 lavorava ad opere di difesa spagnole.<br />

Amodeo Agostino fece il progetto delle fortificazioni di Peñon de Velez, fu poi<br />

inviato a fortificare le Canarie dove morì nel 1571.<br />

Antonelli Giovan Battista fu <strong>alla</strong> battaglia di San Quintino con gli spagnoli, poi<br />

passò in Spagna; dopo avere studiato le condizioni geografiche <strong>della</strong> penisola,<br />

ideò un piano strategico per la difesa di essa, che servì di base alle successive<br />

operazioni, passò a fortificare con fronti bastionate Mazarquivir (Africa) nel 1563,<br />

lavorò a Pamplona, prese parte <strong>alla</strong> guerra dei Mori, partecipò <strong>alla</strong> guerra del<br />

Portogallo nel1580. La maggior gloria di questo architetto sono gli studi per<br />

rendere navigabili i grandi fiumi <strong>della</strong> penisola iberica, in parte attuati, e per essi<br />

l’Antonelli è considerato il padre <strong>della</strong> navigazione interna <strong>della</strong> Spagna. Recatosi<br />

410


in America con il fratello, tracciò una strada lastricata tra Città del Messico e Vera<br />

Cruz.<br />

Antonelli Cristoforo, nipote del precedente, lavorò alle dipendenze dello zio, nel<br />

1578 fu a Gibilterra, quindi in Catalogna fino al 1591; fece la torre del porto di<br />

Alfaques.<br />

Antonelli <strong>Francesco</strong>, fratello di Cristoforo, lavorò alle dipendenze dello zio in<br />

Africa e in Portogallo, poi eseguì opere per la navigazione del Tago.<br />

Antonelli Battista, fratello di Giovanni Battista, sin dal 1578 lavorava alle<br />

fortificazioni sul confine di Francia, poi in molte piazze delle coste intorno a<br />

Gibilterra sotto gli ordini del fratello. Passò quindi in Portogallo da dove partì per<br />

lo stretto di Magellano nel 1581. Dopo molte traversie giunse a Rio de Janeiro,<br />

rilevò le coste tra questa città e Santos, e infine ritornò in Spagna nel 1584. Fu<br />

altre due volte in Brasile per rilievi e nel 1588 eseguì lavori di fortificazione<br />

all’Avana e a San Giovanni di Porto Rico, fece lavori di adattamento agli scali di<br />

San Domingo, di Porto Rico, in Florida e in altre località, edificò il castello di San<br />

Felipe del Morro in Portorico, una delle opere militari più imponenti d’America, tra<br />

il 1591 e il 1600. I due fratelli operarono anche nel Panamà dove studiarono la<br />

possibilità di aprire un canale di collegamento tra i due oceani. Nel 1600 Battista<br />

ritornò in Spagna lasciando una relazione; sino al 1610 si occupò dei restauri di<br />

opere in Catalogna; occupata Larache in Africa, ne costruì le difese, restandovi<br />

cinque anni. Egli organizzò e comandò per primo il genio spagnolo.<br />

Antonacci o Antoniani o Antoniatti Vittorio nel 1665 era al servizio del Portogallo<br />

e fortificò Estremos dove restò molti anni.<br />

Ardicio Pompeo lavorò alle fortificazioni portoghesi nel 1570.<br />

Avionello e Abianello Baldassarre, detto Paduano, fortificò Perpignano nel 1540,<br />

nel ’41 ispezionò Cartagena, Malaga e Cadice con Giovanni Guernica; nel ’52 si<br />

recò a lavorare in Austria col titolo di architetto reale di Ferdinando I, sino al ’54.<br />

Borsoto Fabio, chiamato da Filippo II nel 1585, costruì il porto di Malaga, poi<br />

restaurò quello di Gibilterra e quello di Denia presso Valencia.<br />

Bottacco, detto Boytac, fortificò Arzilà in Africa, poi Ceuta e Tangeri e fu fatto<br />

cavaliere per i suoi meriti.<br />

Cairato Giovan Battista, inviato nel 1577 in Spagna per prendere parte <strong>alla</strong> guerra<br />

contro il Portogallo, ispezionò le opere difensive di Tangeri e Gibilterra, dove si<br />

fermò per fortificare l’isola di Perigil. Con lo Spannocchi fu <strong>alla</strong> conquista del<br />

Portogallo; nel 1584 partì per le <strong>In</strong>die portoghesi ove eresse la cinta di Goa;<br />

progettò e costruì difese in Manar, Damão. Malacca, Accaim, Ormuz e Mascate,<br />

morì nelle <strong>In</strong>die.<br />

411


Calvi Giovan Battista andò in Spagna verso la metà del secolo XVI per fortificare il<br />

Rossiglione sulla frontiera francese, attuando a Rosas e a Perpignano i progetti<br />

studiati da Benedetto da Ravenna, che modificò ampliandoli. Costruì il baluardo di<br />

Atarazanas in Barcellona, fu nominato ingegnere <strong>della</strong> corte; nel 1553 ispezionò<br />

le opere <strong>della</strong> frontiera fino <strong>alla</strong> Navarra; dopo fu inviato alle Baleari e vi progettò<br />

il forte di San Filippo e rafforzò le mura a Palma di Maiorca. Avendo acquistata<br />

una profonda conoscenza topografica <strong>della</strong> Spagna, redasse una dettagliata<br />

relazione sui caratteri militari dei vari punti del regno, con la quale egli ”fu il<br />

primo a fissare i concetti per un sistema generale di difesa <strong>della</strong> penisola”.<br />

Carducci Luigi o Ludovico, detto Carducho, nel 1645 fece una ricognizione del<br />

Tago per renderlo navigabile e scrisse una Corografia del rio Tago in lingua<br />

castigliana; in Madrid tenne scuola di matematica e di fortificazione, nel 1650<br />

successe al Baruffino negli stessi insegnamenti nella Scuola reale.<br />

Casale fra Giovanni Vincenzo nel 1587 fu chiamato in Spagna ove recò i disegni<br />

del forte di Santelmo; Filippo II lo mandò in Portogallo per erigere un forte <strong>alla</strong><br />

foce del Tago, <strong>alla</strong> punta di Cabeza-Seca che egli costruì sopra una palafitta ed<br />

una platea di calcestruzzo di 600 passi di circonferenza. Dopo passò a dirigere le<br />

opere di difesa di Setubal e di altri castelli mentre attendeva <strong>alla</strong> costruzione del<br />

convento di Corrujos in Evora.<br />

Casale (Casola) Prospero, nipote del precedente, lavorò in Spagna con lo<br />

Spannocchi, poi nel 1594 fu inviato alle Canarie; mentre fortificava le isole, le<br />

difese contro gli attacchi del pirata inglese Drake e dell’olandese Bander-Does. Fu<br />

poi ispettore dei lavori a Colle San <strong>Francesco</strong> e al forte di Santana.<br />

Catalani Filippo fu a Goa per incarico del governo portoghese (sec. XVIII).<br />

Cavagna Giuseppe Maria dal 1750 servì nell’esercito portoghese, eseguì<br />

importanti lavori nel regno, poi fu in Brasile.<br />

Ciera <strong>Francesco</strong> Antonio fu in Portogallo matematico e geodetico, riordinò gli<br />

studi tecnici, fece i rilevamenti dello Stato, nel 1804 vi costituì le compagnie<br />

telegrafisti.<br />

Colombina <strong>Francesco</strong> lavorò a Madera nel 1756; due anni dopo era sergente<br />

maggiore ingegnere in <strong>In</strong>dia, e fu poi in Brasile ove rilevò la zona tra San Paolo e<br />

la foce del Rio de la Plata.<br />

Conte Antonio si rese famoso <strong>alla</strong> conquista e <strong>alla</strong> successiva difesa dell’isola e<br />

fortezza delle Gerbe in Tunisia, dove restaurò il castello e vi costruì quattro<br />

baluardetti, due dei quali fatti dalle truppe italiane e detti Spinola e Gonzaga;<br />

forse vi morì nella difesa (1560).<br />

Conti Giuseppe Carlo nel 1810 era colonnello ingegnere al servizio del Portogallo;<br />

fece rilievi e lavori idraulici in Brasile nel 1816.<br />

412


Evangelista Costantino nel 1576 diresse la costruzione delle fortificazioni di<br />

Melilla in Africa.<br />

Dell’Isola Lazzaro, valente artigliere, studiò <strong>alla</strong> scuola del padre, anch’egli<br />

famoso artigliere <strong>della</strong> flotta spagnola, sulla quale aveva servito per 40 anni, sino<br />

all’attacco delle Gerbe ove morì. Lazzaro successe al padre nella carica di capo<br />

delle artiglierie <strong>della</strong> flotta ed impiantò in Spagna una scuola di artiglieri; scrisse<br />

un trattato in spagnolo.<br />

Faruffini (vedi Firuffino).<br />

Ferramolino Antonio, ingegnere di Carlo V, nel 1535 partecipò <strong>alla</strong> spedizione<br />

contro la Goletta di Tunisi e vi diresse l’attacco; presa la città, vi progettò ed iniziò<br />

le nuove fortificazioni. Nel 1538 prese parte <strong>alla</strong> spedizione del Doria contro<br />

Castelnuovo di Cattaro e vi costruì un fortino; poco dopo in Ragusa eresse il forte<br />

di Santa Norciata. Nel 1550 fece parte <strong>della</strong> spedizione contro Mahadia (Afrodisio<br />

d’Africa) dove diresse i lavori di mina; in una ricognizione fu ucciso da una<br />

archibugiata.<br />

Firuffino, detto anche Faruffino Giuliano, nel 1588 fu chiamato da Milano in<br />

Spagna per dirigere la scuola di artiglieria del castello di Burgos (poco dopo<br />

portata a Siviglia), trasformata in accademia da Filippo II, e vi insegnò fino al<br />

1595; scrisse un trattato di artiglieria in spagnolo.<br />

Firuffino Giulio Cesare, figlio del precedente, insegnò a Madrid geometria e<br />

artiglieria, e scrisse tre opere in spagnolo.<br />

Francazani Giampaolo nel 1653 entrò al servizio del Portogallo e lavorò nelle<br />

piazze di frontiera e a Setubal.<br />

Branzini Marino Michele nel 1803 entrò nel corpo degli ingegneri portoghesi;<br />

compì molti lavori geodetici sulle coste del regno.<br />

Fratini o Fratin Giacomo, detto anche Capitano Fratin (effettivamente si chiamava<br />

Palearo Giacomo), fu per breve tempo al servizio di Francia, ma nel 1558 passò<br />

nell’esercito spagnolo, prima a Milano e poi in Spagna a sostituire l’ingegnere<br />

Calvi, morto nel 1565. Scoppiata la guerra coi Mori, Filippo II lo mandò le<br />

fortificazioni costiere di Malaga, Gibilterra, Cadice e Valencia, ove apportò<br />

miglioramenti; nel ’71 fu da lui iniziata la nuova cinta di fortificazioni di<br />

Pamplona, opera pregevolissima; furono attuati miglioramenti a Santander, San<br />

Sebastiano, Fonterrabia. Dal ’74 al ’76 l’architetto fu incaricato di studiare le<br />

difese di Orano e di Mazarquivir in Africa e vi aggiunse opere che esistevano<br />

ancora qualche anno fa. Passò poi nelle Baleari, a Palma de Maiorca completò le<br />

opere del Calvi, migliorò il castello di S. Filippo e quello di Ibiza; passò quindi a<br />

Cadice e vi progettò un nuovo fronte attuato parzialmente. Nel ’80 prese parte<br />

come ingegnere capo <strong>alla</strong> spedizione contro il Portogallo e ne ispezionò le coste<br />

413


atlantiche, facendo vari progetti di nuove opere, tra i quali quello di San Giovanni<br />

de Setubal, attuato.<br />

Fratino Giorgio (Palearo), fratello del precedente, andò alle Baleari, in Portogallo, e<br />

a Pamplona dove, dopo la morte di Giacomo, vi continuò le opere iniziate.<br />

Fratino <strong>Francesco</strong> (Palearo), figlio di Giorgio, lavorò a Pamplona con il padre e<br />

dopo la morte di questi vi restò per circa quaranta anni, ingegnere delle<br />

fortificazioni.<br />

Galluzzi Enrico Antonio, al servizio del Portogallo, nel 1750 fu inviato in Brasile e<br />

vi restò 16 anni, costruendovi il forte di Macapà e lasciando numerose carte di<br />

rilievi topografici delle zone interne.<br />

Gonzaga Colonna Vespasiano, valentissimo generale al servizio <strong>della</strong> Spagna,<br />

capitano generale e viceré di Navarra, prese parte a tutti gli studi e progetti per la<br />

difesa delle coste mediterranee <strong>della</strong> penisola e alle fortificazioni di Orano e<br />

Mazarquivir; progettò col Fratini la citta<strong>della</strong> di Pamplona, fu il fondatore del<br />

primo ospedale militare che si eresse in Spagna.<br />

Italiano Alessandro nel 1588 si recò in Brasile per lavori di fortificazione per<br />

incarico del governo portoghese.<br />

Lantieri de’ Pratico Giacomo, architetto, matematico, economista, esperto in<br />

fortificazioni, fu agente segreto di Filippo II che gli affidò il rischioso incarico di<br />

disegnare la mappa delle fortezze musulmane dell’Africa settentrionale.<br />

Librano o Libranno Pietro, dal1543 al ’54 incaricato di fortificare Bugia (Tunisia),<br />

vi trasformò la cinta a torri, araba, in cinta bastionata.<br />

Maiones Giacomo fu direttore delle scuole spagnole di artiglieria e genio (sec.<br />

XVIII).<br />

Marchi (de) o Marqui Gerolamo costruì le torri costiere barcellonesi nel 1598.<br />

Marqueli Luigi fu maresciallo di campo nell’esercito spagnolo, capo del genio<br />

militare nelle isole Canarie.<br />

Medici Betto e Girolamo, fratelli, si recarono all’impresa di Tripoli organizzata da<br />

Carlo V; rientrati in Italia, passarono al servizio di Francia, parteciparono alle<br />

guerre di Fiandra, e vi si comportarono eroicamente; il Betto vi morì.<br />

Michelotti Teresio nel 1807 fu sergente maggiore insegnante <strong>alla</strong> accademia di<br />

fortificazione del Portogallo; fece anche lavori idraulici.<br />

Paciotto (Pachote) <strong>Francesco</strong> fu al servizio di Filippo II in Fiandra e in Spagna.<br />

Pessinga Giuseppe al servizio del Portogallo nel 1748 fu in <strong>In</strong>dia per le<br />

fortificazioni di Goa, ove fu assassinato nel ’64.<br />

Ravenna (da) Benedetto fu a Rodi nel 1522 per difenderla contro Solimano II, vi<br />

ebbe il titolo di capitano generale di artiglieria e fu fatto cavaliere gerosolomitano.<br />

Col marchese di Pescara passò in Francia all’assedio di Marsiglia e <strong>alla</strong> presa di<br />

414


Tolone; nel 1533 prese servizio nel regno di Spagna dove fu il primo a portare il<br />

titolo di ingegnere, e gli furono affidati gli studi per il rafforzamento delle colonie<br />

d’Africa (Orano e Mazarquivir), poi quelli delle città costiere del regno (Gibilterra,<br />

Cadice, Malaga, Cartagena) nonché di Pamplona e Monzon. Prese parte <strong>alla</strong><br />

spedizione di Tunisi nel 1535 e, occupata la Goletta, passò all’attacco di Bona che<br />

conquistò, e di Bugia, facendo ovunque i relativi progetti di fortificazione<br />

bastionata. Progettò e costruì le nuove cinte di Perpignano, Pamplona e<br />

Fonterrabia sul confine francese; nel 1541 fece progetti e lavori anche per le<br />

fortezze portoghesi in Africa; difese Perpignano dall’assedio postovi nel ’42 dai<br />

francesi.<br />

Riccardo p. Claudio, gesuita, nel 1640 era addetto a lavori di fortificazione nella<br />

Galizia spagnola.<br />

Roncali y de Stefanis Michele partecipò <strong>alla</strong> guerra contro il Portogallo, dirigendo<br />

un settore <strong>della</strong> piazza di Almeida; <strong>alla</strong> pace fu inviato in Venezuela, ingegnere<br />

comandante in Caracas, ove costruì fortificazioni ed edifici pubblici (La Guaira,<br />

Porto Cabello, Caracas); ritornò in Spagna, direttore degli ingegneri di Catalogna;<br />

lavorò alle fortificazioni di Barcellona e al castello di Montjuich.<br />

Roscio <strong>Francesco</strong>, tecnico nell’esercito portoghese, passò molti anni nel Brasile e<br />

vi fece importanti rilievi dei territori tra il 1774 e il ’88.<br />

Rossetti Gerolamo <strong>alla</strong> metà del XVI secolo era in Portogallo ove progettò le<br />

fortificazioni di Olivenza.<br />

Sabatini y Giuliani <strong>Francesco</strong> si recò in Spagna nel 1760 ed entrò nell’arma del<br />

genio, divenendovi tenente generale.<br />

Sambuceti Domenico nel 1770 entrò in servizio nel Portogallo; inviato in Brasile, vi<br />

ricostruì la fortezza di Sant’Antonio de Gurupà, poi rientrò in Portogallo per le<br />

fortificazioni di Santarem e Almeirim; ritornò in Brasile e tracciò la pianta <strong>della</strong><br />

città di Mazagao alle foci del Rio delle Amazzoni.<br />

Sampere Gaspare si recò come aiuto di Battista Antonelli in America e ne divise gli<br />

incarichi; si fermò a San Vincenzo di Sancivo per ultimare il forte colà eretto ed<br />

iniziato dall’Antonelli.<br />

Sardi Pietro, romano, nel 1604 lavorava in Spagna; scrisse importanti trattati sulle<br />

fortificazioni.<br />

Serbelloni Gabrio, conte, nel 1536 entrò al servizio di Carlo V; passò in Ungheria<br />

con quattro compagnie e fu <strong>alla</strong> difesa di Strigonia attaccata dai turchi, prese<br />

parte ai lavori di fortificazione di Albajulia. Fatto comandante delle artiglierie<br />

imperiali passò in Germania contro la lega smalcaldica e si segnalò al passaggio<br />

dell’Elba. Fu a Malta ove fu nominato Gran Priore dell’Ordine; ritornò nelle Fiandre<br />

sotto il duca d’Alba, come generale supremo delle artiglierie e delle truppe<br />

415


tecniche; fu poi <strong>alla</strong> battaglia di Lepanto, all’attacco di La Goletta (’75), prese<br />

Tunisi e Biserta, progettandovi nuove opere di fortificazione e vi restò<br />

governatore. Sbarcati i Turchi, vi fu assediato e restò prigioniero, ma riscattato,<br />

ritorno in Italia e poi nelle Fiandre (’77), dove nel ’79 espugnò Maastricht. Qui fu<br />

come ingegnere militare Giovan <strong>Francesco</strong> Fiammelli che - così riferisce - vide<br />

Vincenzo Machiavelli salire sulla breccia e guidare i suoi soldati <strong>alla</strong> presa <strong>della</strong><br />

città.<br />

Setara Giorgio nel 1565 fu mandato in Spagna, destinato a Perpignano per la<br />

costruzione <strong>della</strong> citta<strong>della</strong> o Castello maggiore, già iniziato dal Calvi, e vi lavorò<br />

fino al ’76.<br />

Soto (de) Gerolamo fu aiutante in Spagna dello Spannocchi; a San Sebastiano<br />

iniziò l’attuazione di un progetto del maestro per la citta<strong>della</strong>, lavorò a<br />

Fonterrabia e in altri luoghi <strong>della</strong> Guipuzcoa dove iniziò caserme e polveriere.<br />

Progettò un nuovo molo a Gibilterra, i forti di Puntal e di Matagorda, nonché<br />

opere a Cadice e Gibilterra.<br />

Spanochi o Spannocchi Tiburzio (Espanoqui) fu chiamato da Filippo II che gli<br />

affidò i lavori in Catalogna, Valenza, Cartagena e Cadice; fu <strong>alla</strong> conquista del<br />

Portogallo e poi a quella delle Azzorre (1582); indi costruì il castello di Saragozza,<br />

ridusse a fortezza il palazzo dell’<strong>In</strong>quisizione di tale città, riformò il castello di<br />

Jaca ed altri dodici lungo i Pirenei, restaurò le torri di Turuel e di Albaracin,<br />

insegnò molti anni all’accademia di Madrid, creando una scuola di ottimi<br />

ingegneri; fu nominato “ingeniero major” del regno e cavaliere di San Giovanni,<br />

membro del Consiglio supremo del regno.<br />

Squarciafico Gaspare, marchese di Buscaiolo (da non confondere con l’omonimo<br />

del secolo XV), nel 1659 era ingegnere nell’esercito spagnolo; lavorò a fortificare<br />

Valenza sul Mino, Tury e Monzon; fu all’attacco del castello di Lindoso e <strong>alla</strong><br />

difesa di Pela contro i francesi, indi fu promosso maestro di campo delle fanterie<br />

italiane, soprintendente alle fortificazioni di Castiglia e nel ’66 fu fatto cavaliere di<br />

Calatrava; nel ’67 perfezionò le mura di Ciudad-Rodrigo e dieci anni dopo quelle<br />

di Gerona.<br />

Tadini Gabriele da Martinengo nel 1516 fu mandato soprintendente delle fortezze<br />

in Creta e rafforzò Retimo, Canea, Garabuse, La Suda e Candia; quando nel 1522 i<br />

Turchi posero l’assedio a Rodi, lasciò Candia e corse a difendere la città assediata<br />

con Giorgio di Conversale e Benedetto Sacramoso; vi si comportò eroicamente.<br />

Allorché la piazza dovette arrendersi, fuggì in Candia e poi in Italia. L’ordine di<br />

San Giovanni lo creò cavaliere e lo inviò come messo a Carlo V per avere Malta.<br />

Ottenuto tale scopo, dopo sette anni di trattative, egli restò con l’impero come<br />

generale delle artiglierie di Spagna e ingegnere generale; provvide alle<br />

416


fortificazioni di San Sebastiano (Guipuzcoa), dove costruì il primo bastione eretto<br />

in Spagna (1525). Nel 1543 era in Anversa, ove scelse per la cinta il progetto di<br />

Donato Buono de’ Pelizzuoli. Sommo artigliere, fece fondere artiglierie col suo<br />

nome.<br />

Terzi Filippo visse nella seconda metà del XVI secolo al servizio del re don<br />

Sebastiano nell’esercito portoghese; fu ferito in Africa nella battaglia di Alcacer<br />

(1578). Chiamato in Spagna da Filippo II, partecipò <strong>alla</strong> spedizione in Portogallo<br />

nel 1581; a Lisbona abbellì il palazzo reale, poi restaurò e rafforzò le fortificazioni<br />

di Ceuta, Tangeri, Argila e Moaga, e di altre località portoghesi. Fu nominato<br />

ingegnere maggiore del regno e commendatore dell’ordine di Cristo, prese parte<br />

ai preparativi dell’invincibile armata.<br />

Tetti o Theti Carlo partecipò <strong>alla</strong> spedizione <strong>alla</strong> spedizione d’Africa al servizio<br />

<strong>della</strong> Spagna nel 1550; nel ’65 si recò a Vienna dove dedicò un libro all’imperatore<br />

e studiò e diede pareri su alcune fortezze ungheresi. Turriano Giannello fu<br />

chiamato a Madrid da Carlo V per costruire macchine militari.<br />

Turriano Leonardo, discendente di Giannello, fu chiamato in Spagna nel 1581 per<br />

la spedizione contro il Portogallo; nel ’84 alle Canarie costruì un molo e un<br />

torrione, così a Santa Cruz; difese Palma contro l’attacco inglese. Rientrato in<br />

Spagna, fu inviato a fortificare il porto di Ferreol; nominato ingegnere maggiore<br />

del Portogallo, lavorò ad ultimare i forti di Cabeza-Seca, Riviera (Lisbona),<br />

Cascaes, Belem e Sant’Antonio.<br />

Turriano Diego, figlio di Leonardo, aiutò e sostituì il padre nei molti lavori cui<br />

questo attendeva, e fu anche nelle Fiandre.<br />

Turriano fra Giacomo, figlio di Leonardo, fu insegnante di matematiche<br />

all’università di Coimbra nel 1679 e lavorò <strong>alla</strong> fortezza di Cabeza-Seca; costruì<br />

molti edifici religiosi e civili in Portogallo.<br />

Urbino Ambrogio (da) fu ingegnere di re Enrico III di Francia fino al 1574, poi<br />

passò con gli Spagnoli e partecipò <strong>alla</strong> repressione dei disordini d’Aragona;<br />

rafforzò le difese di La Coruña.<br />

Vignarelli Pietro fu inviato dal governo portoghese a fortificare Terceira nelle<br />

Azzorre con aiuti francesi; respinse una volta gli attacchi spagnoli, poi dovette<br />

cedere e si salvò in Francia.<br />

Zeni Bartolomeo combattè nell’esercito portoghese, occupandosi di fortificazioni<br />

di varie città come Mourao ed Elvas; morì nel 1663.<br />

Ricordiamo che nel 1750 il governo portoghese inviò una commissione in Brasile<br />

per la delimitazione dei confini tra l’America portoghese e la spagnola; ne fecero<br />

parte Domenico Sambuceti, Enrico Galluzzi che eseguì molti rilievi topografici<br />

417


delle zone interne, Giuseppe Cavagna, gli astronomi Panigai, Pincete e Bramieri,<br />

l’ingegnere Brunolli e il chirurgo Polianni.<br />

Nel secolo XIX anche <strong>Francesco</strong> Giovanni Roscio contribuì nel lavoro di<br />

delimitazione dei confini tra i possedimenti spagnoli e portoghesi.<br />

<strong>In</strong> molte parti d’Europa grandi città furono fortificate da architetti militari italiani.<br />

Dal 1485 al ’95 fu innalzato il Cremlino di Mosca con le torri e le mura lunghe più<br />

di due chilometri; nel secolo XVI le mura del Kitaigorad, di due chilometri e mezzo<br />

di lunghezza, nove metri di altezza, sei di spessore, con dodici torri rotonde,<br />

quadrangolari e poligonali (vedi lez. n.18).<br />

Anche Buda, Pest, Praga e Vienna furono fortificate da Italiani nel corso di più<br />

decenni.<br />

Nella fortezza di Agria in Ungheria una lunga galleria girava intorno ai fronti<br />

orientale e meridionale (un tratto da poco scoperto è <strong>alla</strong> profondità di trentadue<br />

metri) che ad ogni settanta metri presentava un locale più ampio, munito di “occhi<br />

segreti” e di “corni acustici”; ad ogni sette passi si apriva una feritoia o lucernario<br />

(galleria di contromina). Le volte erano a pieno centro con blocchi di pietra a<br />

secco; vi era inoltre una quadruplice fila di gallerie sotterranee (ricoveri e<br />

polveriere), affiancate le una sopra le altre; grandi locali, doppi e tripli, esistevano<br />

nei fianchi dei bastioni e del cavaliere: tutta la fortezza aveva uno sviluppo<br />

grandioso.<br />

Tra le più imponenti opere di difesa contro i Turchi ricordiamo la cinta delle mura<br />

di La Valletta (sec. XVI), la sede assegnata da Carlo V nel 1530 ai cavalieri di Rodi:<br />

dal lato di terra le opere di difesa presentano possenti bastioni e fossati profondi,<br />

scavati nella roccia, spesso sormontate da agili vedette; esse furono costruite nel<br />

secolo XVI da <strong>Francesco</strong> Lapparelli, Niccolò Flavari, Girolamo Cassar e Giovan<br />

Battista Vertova; nel secolo XVII furono rafforzate da Pier Paolo Floriani.<br />

Nella stessa isola le fortificazioni di La Vittoriosa, Cospicua e Senglea, opera di<br />

Maculano da Fiorenzuola e Anton Maurizio Valperga (sec. XVII), cingono come<br />

un’enorme tenaglia le tre città.<br />

Alla difesa di Famagosta presero parte tra il 1570 e il ’71 Ercole Martinengo,<br />

Girolamo Maggi che lavorò alle contromine e costruì ingegnose macchine<br />

difensive, Marco Crivellatore che costruì varie “ritirate” sulle mura presso<br />

l’arsenale, Astorre Baglioni la cui abilità di fortificatore permise una lotta di 157<br />

giorni in trincea aperta (utilissimi certi camminamenti a serpentina, detti gattoli,<br />

per permettere ai guastatori di arrivare ai lavori di attacco). Nell’assedio morirono<br />

il Sanmicheli, il Martinengo, il Baglioni, Antonio Migliani, Giovanni Mormori,<br />

architetti, Giovanni Martori, inventore di un parapetto mobile per fanteria che fu<br />

418


poi applicato nelle guerre moderne; il Crivellatore e il Maggi furono ridotti in<br />

schiavitù.<br />

Per le opere di difesa costruite dai Veneziani vedi lez. n.8.<br />

Per quanto riguarda la Francia: nel periodo delle guerre contro l’impero e nelle<br />

guerre di religione la costruzione delle fortezze e le operazioni belliche furono in<br />

gran parte affidate a ingegneri e uomini d’arme italiani che nella sola Francia<br />

furono oltre cento.<br />

Ambrogio Principiano (sec. XV) fortificò Dol.<br />

Basilio <strong>della</strong> Scuola riordinò le artiglierie e le difese di Carlo VIII; in seguito passò<br />

al servizio di Massimiliano I.<br />

Dal 1514 al ’24 Guglielmo Antonio <strong>della</strong> Porta costruì la grandiosa Tour de la<br />

Mitre presso Tolone a protezione dell’accesso al porto militare <strong>della</strong> città, su<br />

incarico di Luigi XII.<br />

Girolamo Bellarmati iniziò nel 1540 i lavori di rafforzamento di Le Havre, costruì<br />

in parte la cinta fortificata di Parigi (1544) e in seguito quelle di Metz, Toul,<br />

Verdun, Chalons sur Soane, Clermond Ferrand, Digione, Langres, Besançon;<br />

costruì il porto di Le Havre con la collaborazione di Giulio Spinelli.<br />

Jacopo Seghizzi lavorò per <strong>Francesco</strong> I, fortificò Lille e Valenciennes.<br />

Girolamo Marini, ingegnere del re, nel 1543 era all’assedio di Perpignano, fortificò<br />

alcune città <strong>della</strong> Francia settentrionale, St. Dizier, Chaumont, Cossey, Ligny,<br />

Mezières, Landrecy (qui con Mario Savorgnan il vecchio); nel ’53 il Marini fu ucciso<br />

a Thérouanne assediata dagli imperiali.<br />

<strong>In</strong>gegnere fortificatore fu anche Camillo Marini che morì a Metz, citta<strong>della</strong> da lui<br />

difesa, <strong>alla</strong> cui costruzione partecipò Pietro Strozzi.<br />

Antonio Melloni diresse gli assedi di Danvilliers e Monmedy, fortificò Montplaisir e<br />

costruì il pentagono di Outrou, all’assedio di Boulogne (1549).<br />

Antonio Castello lavorò alle mura di St. Pol.<br />

Per Enrico II Jacopo Fusto fortificò molte città del nord <strong>della</strong> Francia(tra cui Calais),<br />

<strong>della</strong> Linguadoca, del Lionese, <strong>della</strong> Provenza; edificò tre fortezze in Navarra.<br />

Giacomo Orologi (Reloge) fu al servizio di Caterina de’Medici, fondò una scuola di<br />

ingegneria militare e insegnò tecnica delle fortificazioni ai francesi, fortificò<br />

Brouage.<br />

Agostino Ramelli fu ingegnere delle milizie italiane all’assedio di La Rochelle<br />

(1572).<br />

Aurelio Pasino (Maurel) fortificò Sedan, scrisse un trattato in cui accenna a<br />

perfezionamenti adottati dopo oltre un secolo; in Fiandra progettò un<br />

ampliamento delle fortificazioni di Anversa (vedi oltre) con opere staccate che<br />

419


avrebbe costituito un vero campo trincerato, ma il progetto che precorreva l’opera<br />

del generale belga H. Brialmont (sec. XIX) non ebbe esecuzione.<br />

Gabrio Busca fortificò Bourg en Bresse e Montmellian, combattè in Borgogna.<br />

<strong>In</strong>fine, nel secolo XVI, ricordiamo in Francia Marcantonio Martinengo Villachiara.<br />

Pompeo Targone (sec. XVII) operò a lungo in Francia al servizio di Luigi XIII<br />

nell’assedio di La Rochelle, da lui fortificata, e in Fiandra.<br />

Giovan Battista Stabile fortificò Nancy, Anton Maurizio Valperga Brissac; architetti<br />

anonimi italiani fortificarono Corbeil, Gresy e Dunkerque.<br />

Nel secolo XVIII Serafino Calindri lavorò alle fortificazioni di Cherbourg; Pietro<br />

Morettini da Cerentino servì sotto Luigi XIV e lavorò <strong>alla</strong> fortezza di Landau.<br />

<strong>In</strong> <strong>In</strong>ghilterra Girolamo da Treviso, architetto, scultore e pittore, fu dal 1538 <strong>alla</strong><br />

corte di Enrico VIII come ingegnere fortificatore.<br />

Girolamo Pennacchi, da non confondere con l’omonimo pittore vissuto nel secolo<br />

XV, fu il primo a introdurre nell’isola la fortificazione bastionata e con lo stesso<br />

sovrano fu all’attacco di Boulogne, recandovi numerose macchine, scale e ponti da<br />

lui costruiti.<br />

Giantomaso Scala (sec. XVI) lavorò alle cinte murarie di Ardleig, Berwick, Dobellao<br />

e Timor; operò anche Jacopo Seghizzi.<br />

Nelle Fiandre lavorò Donato de Boni (Buono dei Pelizzuoli), proposto dal<br />

Sanmicheli e chiamato da Carlo V; lavorò alle fortificazioni di Gand, innalzò la<br />

porta delle mura di Berchem e Borgerouts, rinnovò la cinta di Utrecht e il forte di<br />

Ranmekens.<br />

Giantomaso Scala e Donato de Boni fortificarono Cambrai; il primo a Valenciennes<br />

costruì il bastione <strong>della</strong> Maddalena; alle stesse fortificazioni lavorò <strong>Francesco</strong> de<br />

Marchi, chiamato da Filippo II, autore anche <strong>della</strong> cinta di Malines.<br />

<strong>Francesco</strong> Paciotto, arrivato nel 1558 nelle Fiandre con il duca Farnese, lavorò alle<br />

fortificazioni di Arras, Béthune e Gravelingue; chiamato nel ’67 dal duca d’Alba,<br />

costruì su modello di quella di Torino la fortezza di Anversa, definita “la regina<br />

delle fortezze di tutta Europa”; i lavori furono eseguiti dal 1568 al ’73 da<br />

Bartolomeo Campi che morì in quest’anno nell’assedio di Haarlem, da Gabrio<br />

Serbelloni, direttore dei lavori, e da <strong>Francesco</strong> de Marchi.<br />

Il figlio del Paciotto, Orazio, lavorò al forte di Rumilly.<br />

Alessandro Cavalca fortificò Maastricht, Scipione Campi e Federico Ghislieri<br />

Namur; Gianfrancesco Cantagallina lavorò alle fortificazioni di Breda e<br />

Hoogstraten.<br />

Nel nord <strong>della</strong> Germania e in Scandinavia operarono <strong>Francesco</strong> Parr a Rostock,<br />

Giovan Battista Parr a Dömitz, Domenico Parr a Kalmar (sec. XVI).<br />

420


Giovanni Pasqualini il vecchio (sec. XVI) lavorò alle fortificazioni di Wolfenbüttel;<br />

Giovanni Pasqualini il giovane a quelle di Wesel, Lubecca e Colonia; Massimiliano<br />

Pasqualini costruì l’arsenale <strong>della</strong> citta<strong>della</strong> di Jülich.<br />

Raffaello Barberini operò prima come fortificatore in Russia, Danimarca e Svezia,<br />

e, dopo avere militato agli ordini del duca d’Alba, svolse per conto di questi una<br />

missione in <strong>In</strong>ghilterra.<br />

<strong>In</strong> Germania fu celebre Rocco Guerini, conte di Linari, che nel 1578 fu nominato<br />

capo degli ingegneri del Brandeburgo, ministro di stato e consigliere; suo<br />

capolavoro fu la citta<strong>della</strong> fortificata di Spandau, eseguita con la collaborazione di<br />

Giovan Battista Sala. Egli fece lavori anche alle fortificazioni di Friburgo, Dessau,<br />

Dresda, Köpenick, Peitz, Friedesheim, Grunewald, edificò la fortezza e l’arsenale<br />

di Cassel.<br />

Nel secolo XVII operò Giuseppe Spacciati che fortificò Magonza; Filippo di Chiese<br />

eresse le fortezze di Kolberg, Küstrin, Storgard; Antonio Petrini fortificò<br />

Wurzburg, Giovanni Antonio Viscardi sec. XVII-XVIII) ingolstadt.<br />

Antonio Rizzi-Zannone fu ingegnere militare di Enrico di Prussia (sec. XVIII);<br />

Giovanni Ettore Martinengo Colleoni fu al servizio di Federico II di Prussia;<br />

Giovanni Nobile fu maresciallo e direttore dell’accademia degli ingegneri<br />

dell’impero.<br />

<strong>Francesco</strong> Chiaramella fu al servizio del principe di Brandeburgo e dei duchi di<br />

Meclemburgo.<br />

Anonimi architetti italiani fortificarono Zwickau.<br />

Nel secolo XVII Domenico Pelli al servizio del re di Danimarca operò a Rendsburg.<br />

<strong>In</strong> Polonia fu architetto militare Domenico Mora (sec. XVI) che combattè contro<br />

Turchi e Moscoviti, fu governatore di Polock e scrisse trattati sulle fortificazioni.<br />

Giovan Battista Frediani fu capitano delle artiglierie e governatore di Varsavia.<br />

Isidoro Affaitati (sec. XVII) lavorò alle difese di Cracovia e Varsavia.<br />

Ecco i nomi di altri ingegneri fortificatori italiani:<br />

in Austria Antonio e Bartolomeo degli Albrizi, Antonio Ambrogini, Antonio<br />

Melloni, <strong>Francesco</strong> Tebaldi, Simone Valnegro, Valerio e Vittorio Vicentino, Ottavio<br />

Zanuoli (sec. XVI); Alberto Marconi e Giuseppe Mattei (sec. XVII); nelle Fiandre e<br />

nei Paesi Bassi Girolamo Arduini, Proserpio Barocci, Giovan Battista Piatti, Jacopo<br />

Seghizzi (sec. XVI); Giacinto Vignola e Chiapino Vitelli (sec. XVII); in Francia Giovan<br />

Battista Caporali, Pietro da Milano (sec. XV); Girolamo Arduini, Baldassarre Azzale,<br />

Bartolomeo Campi, Germanico Savorgnan, Alberto Vignati (sec. XVI); Gennaro<br />

d’Afflitto, Giuseppe Spacciati, <strong>Francesco</strong> Tensini (sec. XVII); Giulio Cesare<br />

Brancaccio (sec. XVIII);<br />

421


in Germania Germanico Savorgnan (sec. XVI); Simone Cornacchioli, <strong>Francesco</strong><br />

Tensini (sec. XVII); in Portogallo Ruggero Amadio, Giampaolo Fracanzani (sec.<br />

XVII); in Spagna Giovanni dell’Abbadia, Raffaele de Archioli, Andronico e Pietro<br />

Arduini, Ugo da Cesena, Vincenzo Locatelli, Pietro Malpasso, <strong>Francesco</strong> Mestre,<br />

Luigi Pizzano, Giovan Battista Priuli, Giovanni Alfonso Rubiano, Ascanio Vittozzi<br />

(sec. XVI); Agostino Alberti, Giovanni Ascenzio, Giulio Banfi, Cristoforo<br />

Boncompagni, Pietro Borri, Ambrogio Borsano, Giovan <strong>Francesco</strong> Brunetti, Stefano<br />

del Burgo, Giovanni Campin, Girolamo Carro, Alessandro Casanova, Giuseppe<br />

Cassani, Giuseppe Castellani, Andrea Castoria, Giuseppe Colombo, Carlo<br />

Consono, Giovan Battista Corbacchini, Simone Cornacchioli, <strong>Francesco</strong> Fiorenzo,<br />

Giulio Cesare Fontana, Giovanni Fracosano, Giovanni Galeotto, Marcantonio<br />

Gandolfi, Eustachio Giannini, Dionisio Guarini, <strong>Francesco</strong> Lorenzano, Benedetto<br />

Losada, Pietro Marchi, <strong>Francesco</strong> Marchisio, Lucio Marco, Andrea Marini, Giulio<br />

Martelli, Ottaviano Menni, Abramo Molini, Nicola Manforte, Filippo Necco,<br />

Giovanni dell’Olmo, Pietro Palearo, Claudio Pilo, Ambrogio Piscina, Antonio Piselli,<br />

Carlo Pissi, Giorgio Pozzo, <strong>Francesco</strong> Pristino, Carlo Quirico, Girolamo Rinaldo,<br />

Cristoforo Roda, Carlo Rosis, Giovan Battista e Pietro Ruggero, Gian Paolo Sesti,<br />

Baldassarre Siscara, Girolamo Talenti, Ventura Targone, Ercole Torelli, Giuseppe<br />

Vicaria, Curcio Zuccarelli (sec. XVII); Carlo Giamboni, Ambrogio Lanzano, Giovan<br />

Battista Novelli, Giovan Battista Pastorelli, Antonio Ponzanelli (sec. XVIII); Camillo<br />

Vacani (sec. XIX); in Ungheria Pietro da Borma, Giovanni da Cremona, Domenico e<br />

Martino Ferabosco, Battista Gueron, <strong>Francesco</strong> Italico, Giacomo, Domenico e<br />

Romano Lurago, Agostino e Vittorio di P<strong>alla</strong>, Marlino Romano, Lorenzo Spada,<br />

Antonio Valcasco (sec. XVI); Candido Nicolini e Antonio Serra (sec. XVII); Isidoro<br />

Canevale, Giovan Battista Martinelli senior e junior, Saverio Martinelli, Pier Matteo<br />

Vespi (sec. XVIII); Pietro Nobile e Andrea Zambelli (sec. XIX ).<br />

Tra i militari che si distinsero in campo tecnico nel secolo XIX troviamo G. Bonomo<br />

che riorganizzò il genio militare austriaco, Natale Beroaldo Bianchini, generale<br />

d’artiglieria, che impiantò una grandiosa fabbrica d’artiglieria a Vienna,<br />

Ferdinando Serbelloni che divenne comandante militare del Voralberg, <strong>Francesco</strong><br />

Bandiera e Silvestro Dandolo, fondatori <strong>della</strong> marina austriaca. <strong>In</strong> Portogallo Carlo<br />

Antonio Galeani-Napione fu comandante supremo e riformatore degli eserciti di<br />

terra e di mare. A Varsavia Bartolomeo Folino (sec. XVIII) impiantò una scuola del<br />

genio militare. <strong>In</strong> Russia, a Luigi Gianotti, luogotenente generale, fu affidata<br />

l’educazione militare del granduca Michele. Girolamo Emilio Gerini (XIX-XX sec.),<br />

ufficiale, fu per 25 anni nel Siam, direttore di quella scuola militare.<br />

422


La terza sezione <strong>della</strong> <strong>mostra</strong> riguarda uomini d’arme, maestri di campo, generali<br />

e condottieri, spesso esperti in artiglieria e fortificazioni, che posero la spada e i<br />

servigi a beneficio degli eserciti stranieri nel Levante, in Africa settentrionale,<br />

nell’Europa danubiana, nelle guerre combattute tra le grandi potenze del tempo<br />

(Francia, Spagna, Portogallo, Asburgo, Prussia, <strong>In</strong>ghilterra, ecc.).<br />

Tra il 1096 e il 1101 il genovese Ugo Embriaco, ammiraglio e costruttore di navi e<br />

di artiglierie (arieti, baliste, catapulte, briccole, torri di legno, ecc.), corse in aiuto<br />

di Boemondo e Goffredo di Buglione con 8000 combattenti in ventisette galee e<br />

sei grosse navi, conquistando Cesarea; più tardi s’impadronì di S. Giovanni d’Acri<br />

al comando di quaranta galee costruite nel suo arsenale (prima crociata).<br />

Guglielmo Embriaco conquistò Gerusalemme, servendosi durante l’assedio di una<br />

torre mobile da lui ideata.<br />

Caffaro di Rustico combattè nella prima crociata e poi vinse i Saraceni a Minorca.<br />

Gravi sconfitte inflissero a questi nel 1146-’47 i genovesi Oberto <strong>della</strong> Torre,<br />

Ansaldo Doria e Filippo Longo.<br />

Alla fine del XII secolo un Filippo Albini si recò in <strong>In</strong>ghilterra dove divenne<br />

ammiraglio del re e poi tutore di Enrico III, anglicizzando il proprio nome in<br />

Daubency; fu poi in Terrasanta dove morì durante la terza crociata.<br />

Un altro genovese, l’ammiraglio Enrico Pescatore, durante la quarta crociata<br />

conquistò Creta, tenendola per alcuni anni.<br />

Nel 1229-’31 la flotta di Guglielmo Boccanegra, chiamata dagli Spagnoli, cacciò i<br />

Mori dalle Baleari.<br />

Nel 1264 fu ammiraglio di Castiglia il patrizio genovese Ugone Vento.<br />

Al servizio di Spagna e Portogallo fu Malocello Lanzarotto che occupò e fortificò le<br />

Canarie (sec. XIII).<br />

Filippo da Novara fu all’assedio di Damietta per i conti Ibelin e a Cipro contro le<br />

truppe di Federico II (1232).<br />

Luigi IX noleggiò nel 1248 una flotta genovese con gli ammiragli Jacopo da<br />

Levanto e Ugo Lercari, e un’altra nel 1270, comandata da Filippo Cavaronco e<br />

Ansaldo Doria.<br />

Nel 1294 Filippo il bello affidò la direzione <strong>della</strong> guerra marittima contro gli<br />

<strong>In</strong>glesi a Benedetto Zaccaria che ideò un piano di blocco continentale<br />

dell’<strong>In</strong>ghilterra; già per molti anni a capo <strong>della</strong> marina spagnola al servizio di<br />

Sancio IV di Castiglia come almirante mayor, sbaragliò a Marzamosa nel 1291 la<br />

flotta marocchina e cooperò <strong>alla</strong> presa di Tarifa.<br />

Nel 1314 Ranieri Grimaldi, ammiraglio genovese, al servizio del re di Francia,<br />

vinse per la destrezza dei suoi balestrieri alle foci <strong>della</strong> Scheda la flotta del conte<br />

423


di Fiandra, alleato del re d’ <strong>In</strong>ghilterra, passando poi al servizio di Roberto<br />

d’Angiò.<br />

Comandanti di squadre francesi furono nella guerra contro l’<strong>In</strong>ghilterra Carlo<br />

Grimaldi, Antonio Doria e Pietro Barbavara.<br />

Nei primi decenni del secolo XIV ebbero importanti uffici in <strong>In</strong>ghilterra e<br />

Portogallo Leonardo, Antonio ed Emanuele Pessagno; questi, esperto d’arte navale<br />

e di cartografia, fu chiamato in Portogallo nel 1307 dal re Dionigi il liberale come<br />

almirante mayor, carica che poi fu trasmessa ai discendenti fino al secolo XVII,<br />

tenne la direzione delle costruzioni navali e il comando supremo <strong>della</strong> flotta; tra i<br />

figli ricordiamo Carlo, Bartolomeo e Lanzarotto che ebbero pure in Portogallo<br />

importanti cariche navali. Leonardo Pessagno fu ammiraglio di Edoardo II<br />

d’<strong>In</strong>ghilterra; sotto Edoardo III troviamo Oberto e Niccolò Usodimare e Pietro<br />

Bardi.<br />

Egidio Boccanegra, ammiraglio genovese, fu inviato con una flotta in aiuto di<br />

Alfonso XI di Castiglia nel 1340 e riportò sui Mori una schiacciante vittoria presso<br />

il fiume Salado; per la presa di Algesiras (1344) ebbe la contea di Palma, battè nel<br />

’72 alle foci del Tago i Portoghesi e a La Rochelle gli <strong>In</strong>glesi, facendo prigioniero<br />

l’ammiraglio Hastings; in questa <strong>occasione</strong> gli era compagno il fratello Ambrogio,<br />

noto anch’egli per le sue imprese marinare durante la guerra dei cent’anni.<br />

Nel 1344 Martino Zaccaria, genovese, guidando la flotta del papa, di Cipro, di<br />

Venezia e dei cavalieri di Rodi, strappò ai Turchi Smirne.<br />

Nel 1346 balestrieri genovesi in gran numero furono al servizio <strong>della</strong> Francia nella<br />

battaglia di Crécy.<br />

Nel 1385 Tommaso Ghilini fu uno dei marescialli di Francia sotto Carlo VI.<br />

Gli Italiani erano allora ritenuti i maestri <strong>della</strong> cavalleria; nel secolo XV i capi delle<br />

compagnie di ventura in Italia dettero vita a vere scuole di guerra che<br />

contribuirono notevolmente al progresso militare nei suoi aspetti tattici e di<br />

movimento.<br />

S’iniziavano allora i secoli durante i quali Genovesi e Veneziani sul mare e gli<br />

Ungheresi nell’Europa danubiana dovettero sostenere l’urto dei Turchi. Moltissimi<br />

furono gli Italiani accorsi in aiuto; si ricorda un magister Petrus, figlio dell’orafo<br />

Simone da Siena, che difese la regione di Szepes (1331) e ottenne in feudo quel<br />

luogo, dopo aver difeso efficacemente lo stato contro predoni e invasori.<br />

Il fiorentino Filippo Scolari, detto Pippo Spano, ebbe nel 1382 dal re Sigismondo I i<br />

più delicati uffici del regno, da lui difeso contro i baroni ribelli e contro i Turchi.<br />

Nel castello di Tata, dimora del sovrano, si tenne quel famoso consiglio, descritto<br />

dallo storico Jacopo Poggio, in cui, grazie all’eloquenza del cardinale Branda<br />

Castiglione, lo Scolari, per quanto tormentato d<strong>alla</strong> podagra, <strong>alla</strong> vigilia <strong>della</strong> sua<br />

424


morte, s’indusse a capitanare l’esercito e a dare battaglia ai Turchi, facendone<br />

strage; liberò così la città di Temesvar, di cui era spano.<br />

Dopo di lui l’Ungheria continuò ad accogliere per altri quattro secoli condottieri e<br />

soldati italiani.<br />

Per quanto riguarda l’attività militare di Genova e Venezia, possiamo affermare<br />

che gli eserciti e le flotte delle due repubbliche marinare furono il baluardo contro<br />

la penetrazione turca in Occidente.<br />

Nel 1416 Pietro Loredan sconfisse le navi turche che sbarravano lo stretto dei<br />

Dardanelli davanti a Gallipoli.<br />

Giovanni Longo Giustiniani, genovese, offrì i servigi con le sue navi all’imperatore<br />

Paleologo, quando i Turchi attaccarono Costantinopoli, costituendo con Maurizio<br />

Cattaneo l’anima <strong>della</strong> resistenza; ferito gravemente, morì qualche giorno dopo.<br />

<strong>In</strong> quell’<strong>occasione</strong> portò aiuto all’imperatore anche il doge di Venezia Bartolomeo<br />

Gradenigo.<br />

Paolo Loredan, ammiraglio, vinse i Turchi nel 1469; Antonio difese Scutari e<br />

Lepanto.<br />

Anche il papato s’impegnò: Luigi Scarampi (Mezzarota), cardinale di Padova,<br />

comandò le truppe pontificie nel 1456 in soccorso di G. Hunyadi, assediato a<br />

Belgrado dai Turchi; il papa inviò Giovanni da Capestrano perché infiammasse i<br />

difensori <strong>della</strong> città. Il frate vi condusse 30000 fedeli e partecipò attivamente <strong>alla</strong><br />

difesa, avendo fatto preparare mucchi di fascine impregnate di pece e zolfo che,<br />

accese, erano gettate sugli assalitori Grazie anche a lui la vittoria arrise ai<br />

cristiani.<br />

Giosafatte Barbaro e Tommaso da Imola al comando di 100 romagnoli concorsero<br />

con le loro bombarde ad assicurare allo scià di Persia la vittoria contro Maometto<br />

II nel 1472.<br />

Anche in Occidente furono presenti i militari italiani; una compagnia di 200<br />

cavalieri accorse in aiuto di Giovanna d’Arco, quando questa volle marciare su<br />

Compiègne nel 1430 per difenderla dagli anglo-borgognoni.<br />

Passiamo al secolo XVI: l’ammiraglio Benedetto Pesaro vinse i Turchi ai Dardanelli,<br />

nel golfo di Arta catturò una decina di galee, prese Cefalonia, Nauplia e Megara<br />

(1501), inflisse perdite ai pirati.<br />

Emanuele III Pessagno, al servizio <strong>della</strong> Spagna, nominato capo dell’isola<br />

fortificata di Angiadiva, dopo averla difesa valorosamente contro i Mori, vi rimase<br />

fino al 1508 e morì poi combattendo contro gli stessi nell’impresa di Calicut in<br />

<strong>In</strong>dia.<br />

Al servizio <strong>della</strong> Francia tra il secolo XV e il XVI troviamo Gian Giacomo Trivulzio,<br />

detto il Magno, con Luigi XI e con Carlo VIII a Fornivo; fu nominato maresciallo di<br />

425


Francia. Carlo Solaro del Borgo combattè per Carlo VIII e Luigi XII, per<br />

quest’ultimo Marco Antonio Cusano.<br />

Nel 1497 Gian Luigi Fieschi il vecchio capeggiò la flotta francese contro gli<br />

aragonesi.<br />

Della famiglia Rangoni Gherardo combattè in Italia con Carlo VIII, Guido comandò<br />

le truppe francesi in Piemonte nel 1535-’36.<br />

Teodoro Trivulzio al servizio di <strong>Francesco</strong> I fu insignito <strong>della</strong> carica di maresciallo<br />

di Francia; Bartolomeo d’Alviano contribuì notevolmente <strong>alla</strong> vittoria di Marignano<br />

(1515) nella battaglia “dei giganti”contro l’esercito imperiale; Galeazzo<br />

Sanseverino morì combattendo per i Francesi nella battaglia di Pavia (1525).<br />

Giangirolamo Castiglioni si distinse nella battaglia di Landriano (1529).<br />

Leone Strozzi fu prima capitano delle galee dell’ordine di Malta e si battè contro<br />

Solimano; nel 1541 al servizio francese fu nominato generale; nel ’47 inviato da<br />

Enrico II in soccorso di Maria di Scozia, passò lo stretto di Gibilterra ed ebbe molti<br />

successi contro le navi inglesi. Anche Pietro Strozzi fu generale delle galee nella<br />

guerra franco-inglese, difese Metz contro Carlo V, riconquistò Calais; come<br />

maresciallo di Francia assediò Thionville, ma qui restò ucciso. Lorenzo, fratello di<br />

Leone, militò contro gli ugonotti, fu creato da Caterina de’Medici vescovo di<br />

Béziers.<br />

Girolamo Marini combattè per Enrico II, difese strenuamente Saint-Diziers,<br />

assediata dagli Spagnoli, condotti da Ferrante Gonzaga, mentre all’assalto era<br />

Mario Savorgnan.<br />

A capo delle milizie papali, inviate da Pio V in aiuto di Carlo IX, re di Francia,<br />

contro gli ugonotti, ebbe parte notevole nella vittoria di Montcontour (1569)<br />

Sforza Sforza. Qui si distinsero anche Baldassarre e P<strong>alla</strong>vicino Rangoni e Pirro III<br />

Malvezzi che fu poi a Lepanto, divenne governatore di Avignone e infine passò al<br />

servizio di Filippo II. Sforza Sforza servì poi l’impero contro i Turchi, a Tunisi, in<br />

Germania contro la lega, con gli Spagnoli contro i Francesi nella battaglia di S.<br />

Quintino, sì che ebbe da Filippo II l’ordine del Toson d’oro.<br />

Angelo Cesi e Paolo Sforza si distinsero nella difesa di Poitiers(1569).<br />

Contro gli ugonotti, all’assedio di La Rochelle (1572), si segnalarono i comandanti<br />

Paolo Emilio Fieschi, Pier Paolo Tornaghi, Grechetto Giustiniani e Filippo Strozzi<br />

che combattè anche nelle Fiandre con il duca di Guisa, fu creato colonnello<br />

generale <strong>della</strong> fanteria francese in cui introdusse l’uso di archibugi più efficaci; a<br />

lui nel ’81 Caterina de’Medici affidò il comando <strong>della</strong> squadra navale destinata a<br />

rimettere sul trono del Portogallo don Antonio; scontratosi con la flotta spagnola<br />

presso le Azzorre, la sua nave ammiraglia fu circondata ed egli preso e ucciso.<br />

426


Alfonso d’Ornano combattè per Enrico IV, sconfisse gli Spagnoli; come sindaco di<br />

Bordeaux fece prosciugare le paludi presso la città; il figlio Gian Battista fu<br />

luogotenente di Normandia.<br />

Al servizio <strong>della</strong> Spagna troviamo Prospero Colonna che scelse i campioni italiani<br />

per la disfida di Barletta; creato comandante delle truppe spagnole in Italia, battè i<br />

Francesi <strong>alla</strong> Bicocca (1522).<br />

Andrea Doria, comandante supremo <strong>della</strong> marina spagnola per trentadue anni,<br />

condusse a felice esito imprese contro Turchi e Francesi.<br />

<strong>In</strong> Ungheria con l’esercito di Carlo V combatterono Fabrizio Maramaldo e Ludovico<br />

Lodron-Laterano, morto ad Esseg nel 1537.<br />

Sforza P<strong>alla</strong>vicini, marchese, servì prima Carlo V, poi Ferdinando, re d’Ungheria.<br />

Nel 1543 era capitano generale <strong>della</strong> cavalleria ungherese nella guerra contro i<br />

Turchi; nel ’46 combattè in Germania contro la lega smalcaldica. Due anni dopo<br />

era di nuovo contro i Turchi in Transilvania a capo di 3000 lanzi tedeschi; ivi ebbe<br />

parte attiva nell’uccisione del cardinale Martinuzzi che cospirava contro l’impero;<br />

nel ’51 fu nominato commissario di guerra ed incaricato di predisporre a difesa le<br />

frontiere, e nel ’52 fatto generalissimo ungherese. <strong>In</strong> un’azione sul Danubio restò<br />

ferito e prigioniero, ma fu riscattato; ritornato in Ungheria, fortificò Giavarino ove<br />

una piattaforma portò il suo nome. Fatto maresciallo, vinse i Turchi e conquistò<br />

Canissa. Tornato in Italia, restaurò per Venezia fortezze a Cipro e a Candia e<br />

lasciò progetti per Retimo e Suda.<br />

Durante Sanseverino combattè nella guerra d’Africa, a Tunisi (1535), contro i<br />

Turchi, impresa organizzata da Carlo V; nel ’46 in Sassonia contro la lega<br />

smalcaldica e nelle Fiandre. Alla spedizione di Tunisi parteciparono Ferrante<br />

Sanseverino e il letterato <strong>Francesco</strong> Franchini; contro la lega combattè Luca<br />

Perego (capitano Pozzo).<br />

Emanuele Filiberto di Savoia al servizio di Carlo V si segnalò nella battaglia di<br />

<strong>In</strong>golstadt contro la lega; nominato luogotenente generale nelle Fiandre e<br />

comandante supremo dell’esercito imperiale, si impadronì di Hesdin (1553), battè<br />

i Francesi a S. Quintino nella guerra tra Filippo II ed Enrico II. La battaglia segnò<br />

una tappa nell’arte militare per l’azione combinata di artiglieria, cavalleria e<br />

fanteria e la rapidità di manovra. Con le truppe pontificie fu Pompeo Floriani,<br />

ingegnere militare, passato poi in Ungheria, a Strigonia e a Vaccia, dove si<br />

comportò valorosamente.<br />

Andrea Provana di Leini, uomo di mare, partecipò con Emanuele Filiberto alle<br />

guerre in Germania, Fiandre e Piccardia; prese parte con gli Spagnoli a molte<br />

imprese contro i Turchi e i barbareschi; <strong>della</strong> battaglia di Lepanto scrisse<br />

un’importante relazione.<br />

427


Figura singolare fu Mariano Ambrogio da San Benedetto che prima ebbe incarichi<br />

come diplomatico in Germania e in Polonia, combatté <strong>alla</strong> battaglia di San<br />

Quintino; andò poi in Spagna dove attese a opere idrauliche; infine divenne<br />

seguace di Teresa d’Avila, facendosi carmelitano.<br />

Ad Alessandro Farnese, uno dei maggiori condottieri del tempo, Filippo II affidò<br />

nelle Fiandre, ostinatamente ribelli <strong>alla</strong> dominazione spagnola, compiti di<br />

eccezionale portata; creato governatore dei Paesi Bassi nel 1578, il Farnese<br />

espugnò Breda, Bruges, Gand, Tournai, Ypres e infine l’agguerritissima<br />

piazzaforte di Anversa (1585), poi costrinse Enrico IV a levare l’assedio da Parigi.<br />

Al servizio del Farnese combatterono Tommaso Roero, Daniele e Alfonso<br />

Antonini, Federico Ghislieri, Giovanni de’Medici, Camillo Caracciolo, Giambattista<br />

del Tufo, Ascanio e Fabrizio Pignatelli, Alessandro Anguissola e Carlo Spinelli da<br />

Castrovillari che, dopo aver partecipato <strong>alla</strong> battaglia di Lepanto e in Portogallo<br />

<strong>alla</strong> guerra di successione a quella corona (1580), ebbe il comando delle truppe<br />

imbarcate sulla <strong>In</strong>vincibile Armata (1587-’88); dopo l’infelice spedizione, passò a<br />

combattere nelle Fiandre, quindi in Francia con il partito dei cattolici.<br />

Pompeo Giustiniani partecipò agli assedi di Ostenda e Zerberg (1587), narrando<br />

questa campagna nel “Bellum belgicum”.<br />

Giovan <strong>Francesco</strong> di Sangro combattè nelle Fiandre, nel 1570 partecipò <strong>alla</strong> difesa<br />

di Cipro e nel ’74 a quella di Tunisi.<br />

Al servizio <strong>della</strong> Serenissima contro i Turchi ricordiamo l’ammiraglio Vincenzo<br />

Capello, comandante <strong>della</strong> coalizione veneziana contro El-din-Barbarossa. Dal<br />

maggio al settembre 1565 l’isola di Malta fu assediata dai Turchi; la resistenza dei<br />

Cavalieri e <strong>della</strong> popolazione fu alimentata da spedizioni di soccorso cui presero<br />

parte anche unità genovesi, napoletane, toscane e siciliane. Concorse <strong>alla</strong> difesa<br />

dell’isola con proprie truppe P<strong>alla</strong>vicino Rangoni, dopo avere combattuto al<br />

servizio degli <strong>In</strong>glesi contro gli Scozzesi (1553) e prima di prendere parte in<br />

Francia <strong>alla</strong> guerra contro gli ugonotti. Tra i Veneziani spicca la figura di<br />

Marcantonio Bragadin, governatore dell’isola di Cipro, che resistette eroicamente<br />

per dieci mesi (1570) e permise l’apprestamento <strong>della</strong> flotta, vittoriosa poi a<br />

Lepanto; fu catturato dopo la capitolazione di Famagosta e scorticato vivo.<br />

Contro la minaccia turca seguitò a impegnarsi la Chiesa di Roma. Le forze <strong>della</strong><br />

lega, promossa da Pio V, stretta tra Spagnoli, Sabaudi, Cavalieri di Malta,<br />

Veneziani e truppe pontificie per arrestare l’avanzata dei Turchi che si erano<br />

impadroniti di Cipro, vinsero la battaglia navale di Lepanto; comandante supremo<br />

era il fratello di Filippo II, don Giovanni d’Austria; l’ammiraglio Sebastiano Venier<br />

comandava la flotta veneziana, Marcantonio Colonna quella pontificia, il ligure<br />

Gregorio d’Aste dieci galee genovesi. La vittoria <strong>della</strong> lega ebbe soprattutto una<br />

428


grande importanza morale per l’Occidente. Nella battaglia si distinsero il doge<br />

Giovanni Mocenigo, Alessandro Anguissola a capo di una galea genovese, Paolo<br />

Sforza, Marcantonio Galleani al servizio del duca di Savoia, Pompeo Floriani,<br />

sergente di battaglia, che prese parte poi <strong>alla</strong> spedizione di Tunisi nel 1573 con<br />

gli Spagnoli e fu a Malta e in Austria per opere difensive e ad Avignone come<br />

generale pontificio; ricordiamo anche Baldassarre Estellani, detto dagli spagnoli<br />

Estellionis, che fu a Lepanto, dopo avere preso parte con truppe italiane in Spagna<br />

<strong>alla</strong> guerra contro i Mori, distinguendosi <strong>alla</strong> presa di Galera e di Tixola, prima di<br />

servire nelle galee di don Giovanni d’Austria.<br />

Tra i combattenti <strong>della</strong> parte avversa troviamo il pirata Luca Galeni, detto Occhiali,<br />

compagno di El-din-Barbarossa, che si battè per i Turchi nella battaglia di<br />

Lepanto, riportando in salvo a Costantinopoli le navi superstiti <strong>della</strong> flotta<br />

ottomana e nel 1574 conquistò La Goletta e Tunisi. Scipione Cicala, ammiraglio<br />

genovese, catturato dai Turchi, fu allevato nella fede islamica, divenne dignitario<br />

ottomano, si distinse contro i Persiani e in Ungheria.<br />

Per quanto riguarda i fatti d’arme in Ungheria nei secoli XVI, XVII e XVIII, cui<br />

presero parte militari italiani, ricordiamo che subito dopo la caduta delle città di<br />

Buda e di Pest nel 1541, l’impero germanico inviò in soccorso di re Ferdinando un<br />

esercito, al quale si unirono molti Italiani, tra cui don Giovanni Jacopo de’Medici,<br />

marchese di Marignano, Alessandro Vitelli, il marchese Sforza P<strong>alla</strong>vicini, il conte<br />

Filippo Tornielli, buon tecnico; questi conducevano truppe di soccorso italiane che<br />

si comportarono molto valorosamente. Alle imprese contro i Turchi prese parte<br />

anche il celebre artista ferrarese Enea Vico, il quale illustrò l’azione militare con<br />

disegni.<br />

Nell’attacco contro i Turchi a Strigonia (Esztergom) nel 1542 perirono Cosimo<br />

de’Medici, Ottavio Naldini, Mario Bardi, <strong>Francesco</strong> Cecchi e molti altri. Nel 1543<br />

Albareale (Szekesfehérvar) fu difesa da quattro compagnie italiane, condotte dai<br />

capitani Domenico Tornielli, Carlo Ruffo, Carlo Secco e Casale da Cremona; vi<br />

perirono Tornielli, Secco, Ravizzone da Vercelli, Ottaviano Scrosato, architetto<br />

militare, e moltissimi volontari.<br />

Nel 1544 fu occupata dall’esercito imperiale Komarno in Slovacchia: Filippo<br />

Tornielli e Giovan Battista Sabelli vi condussero migliaia di Italiani. Candido<br />

Nicolini, colonnello ingegnere, fu mandato a difendere Zolyom (Zvolem) dal<br />

generale imperiale Giorgio Basta, ottimo capitano e tecnico, che combattè molto<br />

in Ungheria e poi in Fiandra, fu fatto conte di Heusz e di Maramaros e scrisse<br />

notevoli trattati di arte militare.<br />

<strong>In</strong> Transilvania troviamo molti capitani italiani tra i quali Pasquale e Antonio<br />

Cicogna, Claudio Gonzaga, Latino Orsini, Zani, Maruzzi, Giovan Battista e Simone<br />

429


Genga, famoso fortificatore, e Achille Tarducci, appartenente a famiglia di<br />

numerosi e valorosi soldati (il padre morì luogotenente regio in Croazia, il fratello<br />

morì nelle guerre di Fiandra; egli, dopo ottimi studi, passò al servizio di<br />

Sigismondo di Bàthory in Transilvania e vi divenne generale delle artiglierie).<br />

Nell’attacco <strong>alla</strong> fortezza di Papa nel 1594 perirono il conte Camillo Avogadro, il<br />

conte di Porcia e il cavaliere Placidi; vi prese parte l’ingegnere Federico Ghislieri.<br />

Nello stesso anno il granduca di Toscana, aderendo alle richieste di Rodolfo II,<br />

inviò Giovanni de’ Medici con 2000 soldati scelti e 400 cavalli e un numeroso<br />

seguito di nobili italiani e architetti militari (Antonio Lupicini, Gaspare Ughi,<br />

Giovanni Altoni, Flaminio Franciolini e il Petrini) per la difesa di Giavarino contro i<br />

Turchi; era al comando <strong>della</strong> fortezza il conte Hardegg con Nicolò Perlini (già al<br />

servizio di Francia nelle guerre in Fiandra); giunsero poi nella piazza anche<br />

<strong>Francesco</strong> del Monte Santa Maria col cavaliere Scipione Amidei, il capitano<br />

Giovanni Lucchese, Ferrante de’Rossi, truppe pontificie guidate da Federico<br />

Ghislieri e Ruggero Fabarino, fortificatore. Dopo una buona difesa il comandante<br />

Hardegg cedette la piazza ed egli e il Perlini furono condannati a morte. Perirono<br />

nella difesa il colonnello Franciolini, Vespasiano d’Arco, Bartolomeo Ricasoli, il<br />

capitano Bagnesi e altri ufficiali.<br />

Giovanni de’ Medici, versatissimo in cose di fortificazione e di artiglieria, dopo la<br />

caduta di Giavarino attese alle difese di Comorra.<br />

A Strigonia nel 1595 si distinse Paolo Sforza.<br />

Passiamo ora ai fatti d’arme del secolo XVII.<br />

Per la liberazione di Canissa nel 1600 il papa inviò un esercito comandato da Gian<br />

<strong>Francesco</strong> Aldobrandini, a cui successe un anno dopo Flaminio Delfino;<br />

parteciparono all’assedio il duca di Mantova, Vincenzo Gonzaga, e le truppe di<br />

Toscana sotto Giovanni de’Medici; ingegneri erano Federico Ghislieri, Orfeo<br />

Galloni e Cesare Porta, vi morirono il Galloni e 3500 uomini su 9000 dell’esercito<br />

pontificio.<br />

Nel 1601 Albareale fu ripresa dagli Asburgo; allora comandava le operazioni<br />

d’assedio Giovanni Ludovico Isolani (distintosi fino al ’40 anche contro Svedesi,<br />

Francesi e protestanti, nominato da Ferdinando III conte del Sacro Romano<br />

Impero); si comportò come un eroico capitano il cappuccino Lorenzo da Brindisi.<br />

Giavarino fu riconquistata nel 1602; presero parte all’azione il comandante Gian<br />

<strong>Francesco</strong> Aldobrandini e Federico Ghislieri.<br />

Nell’attacco contro Ersekujvar (1621), difesa dai protestanti ungheresi,<br />

combatterono con l’esercito imperiale Pietro Aldobrandini, Piero de’ Medici, il<br />

conte Bia, comandante dei reggimenti di cavalleria, Sasso e Zaccheri a capo dei<br />

fanti napoletani, Pier Paolo Floriani, ingegnere fortificatore.<br />

430


Nel 1663 Ersekujvar fu difesa dall’assedio turco; tra gli imperiali erano Gilberto<br />

Pio di Savoia, il marchese Di Grana e l’ingegnere Locatelli.<br />

Nel 1664 il forte di Zrinyi- Ujvar fu difeso sotto la direzione di <strong>Francesco</strong> Morano<br />

che vi morì; gli successe Alberto Tasso. Tra i partecipanti ricordiamo il conte Della<br />

Torre, il conte Gasparo Araldi e il conte Scipione Piovene.<br />

Nel 1684 fu liberata Agria; l’esercito imperiale era condotto dal generale Antonio<br />

Caraffa e Giovanni Doria.<br />

L’anno seguente fu liberata Ersekujvar: nell’esercito imperiale erano il Caraffa ed<br />

Enea Caprara che comandava la cavalleria.<br />

I tentativi di riprendere Buda si successero più volte (1598, 1602, 1684), ma<br />

senza risultato; l’ultimo fu importante per la parte che vi presero gli Italiani,<br />

comandanti di molti reggimenti, come il Sereni, il Magni, il Caraffa, il Gondola, il<br />

Grana, il Caprara, il Rabatta, <strong>Francesco</strong> Piccolomini, Raimondo Montecuccoli e il<br />

principe Eugenio. Ma la discordia tra i capi supremi fece fallire l’operazione.<br />

La liberazione di Buda, costante pensiero <strong>della</strong> cristianità, avvenne due anni dopo.<br />

Le truppe regolari erano comandate dal duca Carlo di Lorena e da Massimiliano<br />

Emanuele, elettore di Baviera; a queste si aggiunsero volontari di molte nazioni,<br />

tra cui gli Italiani. Il duca di Lorena aveva con sé i generali Enea Caprara e<br />

<strong>Francesco</strong> Gondola, ciascuno con un reggimento di 800 fanti; l’elettore aveva i<br />

generali conte Antonio Caraffa, il conte Federico Veterani, il principe <strong>Francesco</strong><br />

Piccolomini, ciascuno con un reggimento di 800 cavalli; altri reggimenti italiani<br />

erano quelli di Castelli, di Savoia e di Magni. Come ingegneri si trovavano presso il<br />

duca Giovanni e Domenico Fontana da Lucca, il colonnello Luigi Ferdinando<br />

Marsili, e presso l’elettore disimpegnava la carica di ingegnere il conte Vecchi. Il<br />

generale conte Rodolfo Rabatta era capo supremo dello stato maggiore imperiale.<br />

Presero parte <strong>alla</strong> spedizione anche il principe ventenne Eugenio di Savoia, Ottavio<br />

Piccolomini, il marchese Domenico Spinola, Lodovico Archinto, Filippo <strong>della</strong> Torre,<br />

il barone Michele d’Aste, Vittorio Tarini, Andrea Pisani, un Cirié Doria, un Arco, un<br />

Negrelli, un Lunati, un Giovannelli, un Carminato, un Obizzi, un Parella, un<br />

Saluzzo, un Bordiga, un Pini, un Piano, e infine gli ecclesiastici fra’Raffaele<br />

Gabrielli da Nizza, inventore di speciali macchine incendiarie, l’abate Sempliciano<br />

Bizozzero, Giovanni Paolo Zonarella e P. Giambattista Ruggero. Oltre questi, che<br />

avevano comandi o incarichi più o meno importanti, altri moltissimi italiani<br />

parteciparono <strong>alla</strong> guerra come venturieri dei quali accenniamo: i piemontesi<br />

Evandro Nomis, Prospero Man<strong>della</strong>, Maurizio Operti, i toscani Pienza, Lippo,<br />

Albizzo di Siena, un Filogenio medico, Alessandro d’Arezzo, Arrighetto, Mazzichi,<br />

Altoviti, Giacobini, Pazzi, Bomberghi, Aldobrandini, Cavalcanti, e poi Fortunato da<br />

431


Napoli, Vincenzo da Parma, un figlio di Montecuccolo da Ferrara, due fratelli<br />

gemelli Marco e Useppo <strong>della</strong> Carnia, Alessandro e Camillo Vitelli, ecc.<br />

Il piano d’attacco, studiato dal Marsigli, ebbe esito felice; Buda fu liberata.<br />

Restarono uccisi sulla breccia <strong>Francesco</strong> Piccolomini, lo Spinola, e, per le ferite<br />

riportate, il barone d’Aste; rimase ferito lo stesso Marsili, ispettore generale delle<br />

fortificazioni.<br />

Ricordiamo che <strong>Francesco</strong> Piccolomini, dopo avere partecipato all’assedio di<br />

Philippsburg contro i francesi, aveva represso una sollevazione in Boemia (1681),<br />

si era distinto nella difesa di Vienna (1683) e <strong>alla</strong> presa di Strigonia e Munkàcs.<br />

Antonio Caraffa fu al servizio di Sobieski, re di Polonia, cui era stato mandato<br />

come ambasciatore dall’imperatore Leopoldo; prese parte <strong>alla</strong> liberazione di<br />

Vienna, espugnò al servizio dell’Austria Munkàcs e Belgrado (1688) e fu nominato<br />

maresciallo dell’impero.<br />

Si segnalarono Livio Odescalchi che ottenne da Leopoldo I il titolo di principe<br />

dell’impero e fu nominato da Carlo II “grande” di Spagna; Ernesto Montecuccoli e<br />

Germanico di Strassoldo, nominati comandanti di tutte le artiglierie imperiali, e<br />

soprattutto Enea Silvio Caprara, conte, signore di Siklòs, entrato al servizio<br />

imperiale nel 1674, generale molto dotto in tutte le arti militari, compresa la<br />

fortificazione. Egli combatté contro i francesi nel ’74, dal ’79 al ’81 organizzò la<br />

cavalleria imperiale con la quale marciò contro i Turchi che sconfisse a Posonio,<br />

riconquistando Nussdorf e Neuhausel, occupando tutta l’Ungheria settentrionale;<br />

ritornò contro i Francesi e li vinse nel ’91 e nel ’93. Rientrato in Ungheria fortificò<br />

Varasdino e vi sconfisse i Turchi; in tutte le sue guerre attendeva direttamente al<br />

rafforzamento delle città che occupava. Ebbe il Toson d’oro e il titolo di vice<br />

presidente del Consiglio aulico.<br />

Giovanni Norberto Piccolomini, generale imperiale, s’impadronì <strong>della</strong> Serbia<br />

settentrionale, <strong>della</strong> Bosnia e di gran parte dell’Albania, allora sotto la<br />

dominazione turca, dopo la battaglia di Nis (1689).<br />

Contro i Turchi si distinse Carlo Clemente Pellegrino, comandante in capo del<br />

genio imperiale.<br />

Ricordiamo che durante l’assedio di Vienna nel 1683 il battagliero predicatore<br />

frate cappuccino Marco d’Aviano infiammò l’animo dei soldati imperiali che<br />

riuscirono a sconfiggere l’armata dell’impero ottomano, allontanando<br />

definitivamente il pericolo islamico.<br />

Passiamo ad elencare comandanti italiani distintisi in fatti di guerra nell’Europa<br />

centrale avvenuti nel secolo XVII.<br />

Grande generale al servizio dell’impero fu Ottavio Piccolomini; combatté a Lutzen<br />

e a Nördlingen nel 1643 come comandante <strong>della</strong> cavalleria, protesse Ratisbona e<br />

432


la corte imperiale, riportò la vittoria sui Francesi a Thionville; in Boemia riuscì a<br />

salvare l’Austria dall’invasione dell’esercito svedese. Avendo parte preponderante<br />

nella guerra dei Trent’anni, fu un eccellente tattico; dopo un periodo presso la<br />

corte spagnola, Ferdinando III lo richiamò presso di sé, nominandolo<br />

feldmaresciallo e principe dell’impero.<br />

Il fratello Silvio, generale imperiale, dopo aver combattuto contro i Turchi a<br />

Famagosta, fu nella guerra dei Trent’anni con Ottavio.<br />

<strong>In</strong>gegnere militare e condottiero in Austria, in Spagna e in Oriente fu Alessandro<br />

del Borro; partecipò alle battaglie di Lutzen e Nördlingen, giunse a grande fama<br />

per il suo intervento risolutivo nell’assedio di Ratisbona, fu poi al servizio di<br />

Filippo IV di Spagna e quindi di Venezia, togliendo ai turchi Egina, Tenedo e<br />

Lemno; morì in uno scontro coi barbareschi.<br />

Tiberio Brancaccio (da non confondere con un omonimo combattente a Lepanto)<br />

fu gravemente ferito a Nördlingen; in Spagna divenne capitano generale <strong>della</strong><br />

cavalleria in Catalogna.<br />

Galeazzo Gualdo Priorato, soldato di ventura in Fiandra, partecipò alle guerre di<br />

religione in Francia e <strong>alla</strong> guerra dei Trent’anni sotto il Wallenstein, del quale<br />

scrisse la “Vita”; scrisse anche “Istorie delle guerre di Ferdinando II e III e di Filippo<br />

IV di Spagna contro Gustavo Adolfo di Svezia e Luigi XIV di Francia”.<br />

Raimondo Montecuccoli fu sommo condottiero al servizio dell’impero, e profondo<br />

conoscitore di fortificazione. Prese parte <strong>alla</strong> guerra dei Trent’anni riportando<br />

molte vittorie; vinse gli Svedesi a Troppau (1642) e a Trichel (1645). Dopo la<br />

campagna dello Jutland passò a combattere i Turchi nella Transilvania e li vinse<br />

sulla Raab; nel 1660 egli stesso diresse a Pasheim nel Meclemburgo la<br />

costruzione di quattro batterie sovrapposte che agivano contemporaneamente;<br />

nel ’72 combatté in Fiandra contro Turenna e nel ’75 contro Condé, spesso<br />

vincendoli, poi si ritirò. Scrisse “Aforismi dell’arte bellica” e “Commentari dell’arte<br />

<strong>della</strong> guerra” e le “Memorie”, opere ancora oggi studiate. Fu creato duca di Melfi e<br />

principe dell’impero. Anticipò l’avvenire <strong>della</strong> guerra, nella delineazione di un<br />

ordine di battaglia che diverrà la caratteristica del secolo XVIII e specialmente di<br />

Federico II, l’ordine obliquo, che egli derivò dalle battaglie d’ala <strong>della</strong> sua epoca.<br />

Della stessa famiglia Montecuccoli ricordiamo Galeotto che si segnalò contro i<br />

Turchi e Andrea che combatté in Francia e in Fiandra.<br />

Alla guerra dei Trent’anni partecipò anche Ermes di Colloredo.<br />

Sui fronti di guerra dell’Europa occidentale ricordiamo i seguenti nomi.<br />

Ettore Pignatelli, capitano generale di Catalogna, viceré di Barcellona, cooperò <strong>alla</strong><br />

cacciata dei Mori dal regno di Valenza nel 1609.<br />

433


Ambrogio Spinola al servizio dell’arciduca Alberto, governatore dei Paesi Bassi, si<br />

oppose validamente a Maurizio di Nassau; nominato generale delle truppe<br />

spagnole, fece capitolare Ostenda, e perciò Filippo II lo nominò comandante<br />

supremo dei Paesi Bassi; nel 1625 conquistò Breda, impresa glorificata dal<br />

Velasquez. Prese parte a questa espugnazione Carlo Spinelli d’Ursonovo, dopo<br />

avere combattuto in Boemia contro il principe d’Anhalt, guadagnandosi il<br />

marchesato, prima di essere chiamato a Vienna per ricoprire cariche importanti.<br />

<strong>In</strong> Fiandra al servizio <strong>della</strong> Spagna fu <strong>Francesco</strong> Tensini che partecipò a diciotto<br />

assedi e divenne luogotenente generale d’artiglieria, Andrea Cantelmi, generale<br />

d’artiglieria e governatore, Giovanni Giacomo Barbiano di Belgioioso, Giovanni<br />

Trivulzio Barbiano di Belgioioso, Scipione d’Afflitto che si comportò<br />

valorosamente, Lelio Brancaccio maestro di campo generale delle milizie spagnole<br />

nel 1630, il generale Cosimo Riccardi.<br />

Girolamo Carafa prese il comando supremo nella Francia settentrionale <strong>alla</strong> morte<br />

del Farnese, s’impadronì di Amiens, difendendola poi contro Enrico IV, combattè<br />

in Boemia per Ferdinando II che lo creò consigliere e principe del Sacro Romano<br />

Impero; dal re di Spagna fu creato viceré d’Aragona.<br />

Virgilio Malvezzi, dopo avere combattuto nelle Fiandre, fu <strong>alla</strong> corte di Filippo IV,<br />

membro del consiglio di stato e governatore dei Paesi Bassi.<br />

Al comando di squadre navali spagnole furono Giannettino II, Andrea II e Carlo II<br />

Doria contro Francia, Olanda e <strong>In</strong>ghilterra.<br />

Fabrizio de Rossi combatté contro Francesi e Portoghesi e fu promosso generale<br />

nell’esercito spagnolo.<br />

Il capitano Carlo Andrea Caracciolo combatté in Brasile contro gli Olandesi al<br />

servizio <strong>della</strong> Spagna; <strong>In</strong> seguito, dopo avere partecipato all’assedio di La<br />

Rochelle, passò in Germania nell’esercito imperiale, quindi di nuovo con gli<br />

Spagnoli in Catalogna contro i Francesi e nel 1644 contro i Portoghesi, tra loro<br />

alleati, nella lotta di insurrezione del Portogallo contro la corona spagnola.<br />

Giovanni Caracciolo fu prima al servizio <strong>della</strong> corona spagnola; passato <strong>alla</strong><br />

Francia, combatté in tutte le guerre contro l’impero e fu luogotenente del sovrano<br />

francese in Piemonte.<br />

Al servizio del re di Francia, Filippo Emanuele Gondi, generale delle galee,<br />

combatté contro i pirati barbareschi e all’assedio di La Rochelle nel1622.<br />

Venezia proseguì per mare la lotta contro la minaccia turca; nel 1656 Alvise<br />

Foscari II, Lorenzo Marcello, morto in battaglia, e nel ’57 Lazzaro Mocenigo<br />

riuscirono a respingere la flotta nemica al di là dei Dardanelli; a quest’ultima<br />

impresa parteciparono Gregorio Caraffa, capitano generale delle navi dell’ordine<br />

di Malta e Lorenzo Renier.<br />

434


Domenico Mocenigo vinse i Turchi all’isola di Coo (1662), <strong>Francesco</strong> Morosini a<br />

Nasso e a Candia (1663); Daniele Dolfin li batté più volte (1687, conquista di<br />

Atene, ’90, battaglia di Metellino, ’98, battaglia dei Dardanelli).<br />

<strong>In</strong>fine dal 1769 Angelo Emo fronteggiò abilmente il bey di Tunisi e i pirati<br />

barbareschi, riportando le vittorie di Susa, Biserta e La Goletta.<br />

Anche in America rifulse il valore dei militari italiani.<br />

Nel 1625 Filippo IV di Spagna apprestò una forte squadra navale di cui facevano<br />

parte due imbarcazioni con circa 800 soldati napoletani, comandati da Carlo<br />

Andrea Caracciolo, marchese di Torrecuzzo, che aveva con sé il sergente<br />

maggiore Muzio Origlia; le artiglierie del corpo erano alle dipendenze del capitano<br />

Mario Landulfo. Queste truppe furono subito condotte ad assediare gli Olandesi in<br />

Bahia, unendosi alle truppe dei presidi, composte anche da Italiani, andati colà in<br />

seguito <strong>alla</strong> conquista spagnola del Brasile.<br />

Un Cavalcanti comandava una parte di queste e a molti nostri connazionali erano<br />

specialmente affidate le cariche tecniche, cioè la direzione degli artiglieri e degli<br />

ingegneri. Bahia fu riconquistata dopo un potente bombardamento delle posizioni<br />

nemiche; vi morirono molti italiani, tra i quali ricordiamo Muzio Santelmo, Nicola<br />

Tenello, Paolo Picerani, Cesare di Napoli, Nicola Corsano, Natale Benincasa,<br />

Andrea di Monico.<br />

Tra i volontari italiani che presero parte all’assedio erano molti gentiluomini<br />

napoletani; ricordiamo il marchese di Cropani e il sergente maggiore Giovanni<br />

Vincenzo, marchese di Sanfelice, principe di Bagnuolo. Questi, già segnalatosi in<br />

Fiandra, si distinse a tal punto che nel ’36 prese il comando delle truppe; già nel<br />

’31 egli aveva deciso di assicurarsi dei porti costieri, fortificando capo Santo<br />

Augustin e Recife (Pernambuco). La prima località era difesa da Pietro Palorno,<br />

Vincenzo Mormillo e Ruggero Amodio; la seconda era presidiata da poche truppe<br />

italiane, comandate da Pietro Sorrano. Gli Olandesi occuparono le due località e<br />

Porto Calvo; il Bagnuolo, riuniti quanti uomini poté, riprese Porto Calvo,<br />

lasciandovi 200 italiani, con Paolo Vernola, <strong>Francesco</strong> Rosano, <strong>Francesco</strong> del Pino,<br />

Matteo Gallo, Giandomenico Mancherio, tutti ottimi ufficiali, mentre egli tenne la<br />

campagna, combattendo una micidiale guerriglia, finché giunse un nuovo<br />

soccorso di altre truppe italiane sotto il comando di Marco Sanfelice, figlio del<br />

Bagnuolo, col sergente maggiore Ettore Della Calce e altri ottimi ufficiali come<br />

Giovanni Curti e Scipione Carretta.<br />

Gli Olandesi, condotti da Maurizio di Nassau, con forte nerbo di truppe, accorsero<br />

ad assediare Bahia, l’attaccarono con artiglierie per diciotto giorni; il presidio,<br />

comandato dal Bagnuolo, li respinse, li obbligò a ritirarsi a Pernambuco; tale<br />

435


vittoria suscitò un’eco clamorosa in Europa e grande letizia nelle colonie e nella<br />

penisola iberica.<br />

Quando il Portogallo cominciò la lotta per l’indipendenza d<strong>alla</strong> Spagna, il governo<br />

di Madrid richiamò il Bagnuolo con i reggimenti italiani. Ai più meritevoli dei<br />

militari Filippo IV distribuì feudi e titoli, così al Bagnuolo, al Della Croce, al<br />

Vernola, al Catena, al Villasanta e ad altri.<br />

Per quanto riguarda i fatti d’arme in America del nord nel XVII secolo, ricordiamo<br />

che un battaglione di piemontesi (da Carignano) si batté a fianco dei Francesi in<br />

Canada contro gli irochesi.<br />

A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo rifulge la figura di Eugenio di Savoia, uno dei<br />

maggiori geni militari dei tempi moderni, ammirato da Napoleone; entrato al<br />

servizio dell’imperatore Leopoldo I, si distinse durante la guerra <strong>della</strong> lega di<br />

Augusta, sconfisse i Turchi a Petrovaradino in Serbia nonostante l’inferiorità<br />

numerica (70000 imperiali assediati da un numero doppio di nemici) e assediò<br />

Belgrado, giungendo così <strong>alla</strong> pace di Passarovitz (1718). <strong>In</strong> età avanzata<br />

partecipò <strong>alla</strong> guerra di successione polacca (1733-’35).<br />

<strong>Francesco</strong> Saverio Marulli, prima nell’esercito di Carlo II e di Filippo IV di Spagna,<br />

passò poi alle dipendenze di casa d’Austria, partecipando sotto il principe<br />

Eugenio <strong>alla</strong> battaglia di Petrovaradino; fu nominato governatore generale <strong>della</strong><br />

Serbia, a Belgrado in tredici anni fece costruire formidabili fortificazioni tanto da<br />

rendere la città quasi inespugnabile, divenne infine consigliere di stato.<br />

Sotto il principe Eugenio militò in Ungheria contro i Turchi Ferdinando Pignatelli e<br />

Alessandro Maffei ebbe parte notevole nella vittoria di Belgrado, mentre in<br />

Ungheria combatté per l’elettore di Baviera.<br />

Ercole Pio Montecuccoli vinse i Turchi e gli Ungheresi ribellatisi, represse i moti in<br />

Transilvania nel 1711, fu nominato generale di cavalleria e feldmaresciallo.<br />

Antoniotto Botta Adorno, generale al servizio dell’Austria, comandò eserciti in<br />

Fiandra e in Ungheria, batté i franco-ispani nel 1749.<br />

Papa Clemente XI fu a capo dela lega antiturca con Spagna, Portogallo, Toscana e<br />

Genova; cinque galee dei Cavalieri di Malta combattono a nome dello stesso papa<br />

contro i Turchi che assediano Corfù, possedimento dei Veneziani, dopo tre guerre<br />

per la conquista dell’Europa<br />

Per la Francia ricordiamo <strong>Francesco</strong> Albergotti, luogotenente generale al servizio<br />

di Luigi XIV che si segnalò durante la guerra di successione di Spagna, allorché<br />

con L. J. Vendôme conseguì successi alle battaglie di Oudenarde (1708), di<br />

Malplaquet e di Denain (1712), ma soprattutto si distinse a Douai contro gli<br />

anglo-imperiali del Marlborough e del principe Eugenio e nella riconquista di<br />

questa stessa città (1712).<br />

436


Si segnalò al servizio <strong>della</strong> Francia anche il generale Antonio Felice Monti.<br />

Per la Spagna troviamo Giuseppe Cappelletti, entrato nelle guardie reali di Carlo<br />

III, che prese parte all’assedio di Gibilterra (1782).<br />

<strong>Francesco</strong> Zambeccari, ufficiale <strong>della</strong> marina spagnola, combatté contro i Turchi<br />

nel 1787 e fu per tre anni prigioniero a Costantinopoli.<br />

<strong>Francesco</strong> del Guasco per la sua difesa di Schweidnitz (1762) contro Federico II di<br />

Prussia fu detto il Leonida del XVIII secolo.<br />

Si distinsero nella guerra dei Sette anni al servizio di Maria Teresa Alessandro<br />

Strozzi, Antonio Trivulzio Barbiano di Belgioioso e Alberico Barbiano di<br />

Belgioioso-Este che fu poi nominato capo militare dell’arciduca Ferdinando.<br />

Federico Manfredini, valoroso combattente nella stessa guerra e poi contro i<br />

turchi, nel 1789 fu promosso generale da Giuseppe II; quindi fu a Vienna come<br />

consigliere di Leopoldo II.<br />

Giuseppe Gorani, dopo avere partecipato <strong>alla</strong> guerra dei Sette anni, fu al servizio<br />

di S. J. Pombal in Portogallo.<br />

Gian Carlo P<strong>alla</strong>vicini prese parte nelle file austriache <strong>alla</strong> guerra dei Sette anni,<br />

poi come comandante del reggimento contribuì <strong>alla</strong> presa di Habelschwert contro<br />

i Turchi; fu il fondatore del ramo ungherese <strong>della</strong> famiglia P<strong>alla</strong>vicini.<br />

Giulio Renato Litta fu al servizio <strong>della</strong> Russia, prese parte <strong>alla</strong> guerra marittima<br />

contro la Svezia e fu creato ammiraglio.<br />

Il conte Galateri di Genola, il marchese Filippo Paulucci, Giuseppe e Alessandro<br />

Poggio combatterono nell’esercito russo contro Napoleone; il generale Luigi<br />

Gianotti diresse la sistemazione delle fortificazioni di Sebastopoli.<br />

Paulucci, aiutante generale dello zar, vinse poi i Turchi e i Persiani nel 1810 e fu in<br />

seguito governatore <strong>della</strong> Curlandia e <strong>della</strong> Livonia.<br />

Napoleone disse a S. Elena: ”La bravura dei soldati italiani non può essere messa<br />

in dubbio in nessuna epoca; basta nominare Roma, tutti i condottieri del<br />

Medioevo, e nei nostri giorni le truppe <strong>della</strong> repubblica cisalpina e del regno<br />

d’Italia”.<br />

L’elenco dei militari italiani che si fecero onore in quel periodo si apre con il nome<br />

di Carlo Alberto, principe di Carignano, sottotenente dei dragoni nell’esercito<br />

napoleonico. Gli Italiani, battendosi per la Francia, tennero sempre alto il prestigio<br />

nazionale; alleati, non sudditi, collaborarono con il Bonaparte, di<strong>mostra</strong>ndo spirito<br />

di sacrificio, lealtà e fedeltà.<br />

Primo nucleo fu la legione italica (1797), cui si aggiunsero poi formazioni venete,<br />

romagnole, bresciane, partenopee. A mezzo milione ammonta il numero di<br />

militari italiani che si arruolarono; nobiltà e ceto medio in primo luogo furono<br />

437


attratti dalle nuove idee di libertà venute con la rivoluzione francese e dall’anelito<br />

di indipendenza <strong>della</strong> patria.<br />

A questo punto l’insegnante ha accennato al significato del volontarismo che ha<br />

contraddistinto l’azione di tanti italiani nel corso dei secoli; senza risalire <strong>alla</strong><br />

“vocatio”, che sotto l’impero romano aprì la via al mercenarismo, è un fatto che<br />

quando l’Italia rivelò per la prima volta all’Europa il suo volto guerriero, lo rivelò<br />

sotto la forma dei volontari, dei condottieri, dei capitani di ventura, dei grandi<br />

tecnici militari a servizio degli stati stranieri. Nello sfrenato individualismo tipico<br />

degli italiani si vide la causa di tale forma guerriera, oltre che lo spirito<br />

d’avventura, la personale volontà di potenza. Ma il vero volontarismo italiano si<br />

afferma in pieno quando nel seno degli italiani spunta un genuino sentimento<br />

nazionale di unità e indipendenza; allora la tradizione dei primi secoli dell’età<br />

moderna si trasforma nel volontarismo patriottico dei tempi nostri (sec. XIX).<br />

Pietro Damiano Armandi, generale, servì nell’esercito francese durante le guerre<br />

<strong>della</strong> repubblica e dell’impero e dopo il 1815 fu precettore dei figli di Luigi e<br />

Gerolamo Bonaparte.<br />

Andrea Massena di Nizza seguì Napoleone in tutte le sue campagne, conseguendo<br />

grandi vittorie a Rivoli, Zurigo, Essling e Wagram; dopo Waterloo ebbe il comando<br />

<strong>della</strong> guardia nazionale parigina.<br />

Il generale Pietro Serras si distinse con il Massena a Wagram<br />

Il generale Achille Fontanelli partecipò <strong>alla</strong> campagna del 1796-97 e alle altre fino<br />

<strong>alla</strong> battaglia di Wagram.<br />

Il generale Giuseppe Sacchini prese parte alle campagne dell’impero dal 1796 e si<br />

distinse ad Asterlitz e a Friedland, fu poi in Spagna e in Russia.<br />

Il generale Gabriele Pepe, entrato nell’armata del Bonaparte, combatté a Marengo;<br />

fu poi in Spagna al servizio di Giuseppe Bonaparte e del Murat; così anche suo<br />

cugino Guglielmo. Il fratello di questo, Florestano, fu in Spagna e nel 1812 in<br />

Russia con il corpo di spedizione partenopeo.<br />

Il milanese Pietro Teulié organizzò volontari e fu chiamato dal Bonaparte a Parigi<br />

per dar vita <strong>alla</strong> legione italiana; nel 1805 fu inviato al campo di Boulogne e<br />

nominato generale di divisione; durante la campagna del 1807 operò in<br />

Pomerania e in un attacco contro Kolobrzeg cadde ferito mortalmente. Con la<br />

divisione Teulié a Boulogne combatté anche Ugo Foscolo.<br />

Il conte Alessandro Gifflenga de Rege, generale, aiutante di E. Beauharnais, prese<br />

parte alle battaglie di Wagram e di Grenoble.<br />

Filippo Severoli nel 1807 in Germania comandò una divisione italiana con la quale<br />

si distinse nella battaglia <strong>della</strong> Raab, e fu poi in Spagna (1813).<br />

438


I generali Angelo e Giuseppe Lechi si distinsero a Marengo, ad Austerlitz e in<br />

Spagna (1810), il loro fratello Teodoro combatté a Wagram e in Russia (1812).<br />

Il generale Domenico Pino comandò nel 1806 una divisione in Pomerania e in<br />

Prussia; per essersi distinto contro le truppe svedesi, fu insignito da Napoleone<br />

dell’ordine <strong>della</strong> corona ferrea e nominato conte dell’impero; fu poi in Spagna<br />

(1808) e in Russia (1812); nel ’13 partecipò <strong>alla</strong> guerra contro l’Austria.<br />

Giuseppe Silvati combatté con le truppe napoletane nelle campagne di Spagna e<br />

d’Italia.<br />

Il generale <strong>Francesco</strong> Pignatelli si segnalò in Spagna e in Germania, i generali Luigi<br />

Mazzucchelli, Giuseppe Palombini, Giuseppe Sercognaghi e Camillo Vacani in<br />

Spagna.<br />

Il generale Alberto Ferrero La Marmora partecipò alle battaglie di Wagram, Lützen,<br />

Bautzen e Torgau; Carlo Giuseppe Ferrero La Marmora fu alle campagne dal 1806<br />

al ’13.<br />

Angelo d’Ambrosio, volontario nell’esercito <strong>della</strong> Francia repubblicana, partecipò<br />

alle campagne d’Italia, Spagna e Russia, si distinse a Bautzen e a Lützen (1813), fu<br />

nominato generale.<br />

Giovanni Villata, dopo aver militato nell’esercito austriaco, fu nel 1808 <strong>alla</strong> guerra<br />

di Spagna; promosso generale, prese parte <strong>alla</strong> spedizione di Russia al comando<br />

dei cavalleggeri <strong>della</strong> Guardia; dopo l’abdicazione di Napoleone divenne generale<br />

di cavalleria nell’esercito austriaco.<br />

Andrea Ferrari, dopo avere partecipato ad alcune campagne napoleoniche, militò<br />

in Algeria e in Spagna (1834).<br />

Alberino Palma di Cesnola si distinse in Catalogna nel 1811, nel ’27 ebbe in<br />

Grecia l’incarico di coordinare i tribunali.<br />

Carlo Filangieri fece le campagne di Spagna e Russia, diventando maresciallo di<br />

campo.<br />

<strong>In</strong> Russia si segnalarono anche Bartolomeo Bosco (che restò due anni prigioniero<br />

in Siberia), Lucio Caracciolo, Cosimo del Fante (che vi perse la vita in battaglia),<br />

Vincenzo Pignatelli, Girolamo Ramorino (che nel 1809 aveva combattuto in<br />

Austria), Giuseppe Rosaroll, Giuseppe Soffai, Gennaro Spinelli (principe di Cariati).<br />

Luigi Felici Beltrami, dopo essersi battuto in Germania, meritandosi la Legion<br />

d’onore, fu in Russia e con Giuseppe Marieni costruì un difficilissimo ponte al<br />

passaggio <strong>della</strong> Beresina.<br />

Giacomo Antonio Pasquali, detto Sangiacomo, minatore, si comportò<br />

valorosamente nella difesa di Monzon in Aragona (1813).<br />

Giuseppe Torelli, generale, dopo avere combattuto contro i turchi e poi<br />

nell’esercito polacco contro i russi, fu ministro <strong>della</strong> guerra del granducato di<br />

439


Varsavia; Napoleone lo nominò maresciallo di Francia, cadde nella battaglia di<br />

Lipsia.<br />

<strong>Francesco</strong> Domenico Rusca, generale, ebbe il comando di Soissons, per la cui<br />

difesa cadde eroicamente <strong>alla</strong> testa dei suoi soldati (1814).<br />

Ricordiamo Paolo Airoldi, Luigi Albanesi, Cesare Antonelli, Giacomo Antonini,<br />

<strong>Francesco</strong> Arese Lucini, Ignazio Arnaud di San Salvatore, Giovanni Bagnara, Carlo<br />

Balabio, Antonio Banco, Angelo Barbieri, Vincenzo Barbieri, Gaetano Antonio<br />

Battaglia, Goffredo Belcredi, Eusebio Bava, Gaspare Bellotti, Domenico Bentivoglio,<br />

Antonio Berettini, Giuseppe Berizzi, Carlo Bertola, Antonio Bertoletti, Gaetano<br />

Bianchi, Carlo Bianchi d’Adda, Domenico Bianchini, Nicola Bidasio, Ruggero<br />

Bidasio Imberbi, Angelo Birago, Carlo Birago, Filippo Bonfanti, <strong>Francesco</strong> Boretti,<br />

Camillo Borghese, <strong>Francesco</strong> Borghese, Amedeo Branzola, Giuseppe Briganti,<br />

Andrea Massimiliano Broglio, Carlo Bruno di San Giorgio, Tommaso Bucchia,<br />

Giovanni Camosci, Angelo Campana, Antonio Campana, Giuseppe Campana,<br />

Michele Carafa di Colobrano, <strong>Francesco</strong> Angelo Casella, Alessandro Cavedoni,<br />

Luigi Ceccopieri, Pietro Chiarizia, Luigi Cianciulli, Vittorio Colli Ricci di Felizzano,<br />

Gaetano Costa, <strong>Francesco</strong> Costanzo, Vincenzo Cotti, Angelo Crotti di Castigliole,<br />

Clemente Crovi, Pier Armando Damiani, Vincenzo d’Anna di Laviano, Luigi<br />

d’Aquino, Giacomo de Asarta, Benedetto Camillo de Barzisa, Giuseppe de Bianchi<br />

Dottulo, Raffaele de Gennaro, Cesare de Laugier, Ottavio de Piccolellis, Lorenzo<br />

d’Isone, Ercolano Erculei, Pietro Maria Ferino, Giuseppe Ferrari, Cristoforo Ferretti,<br />

Pietro Foresti, Giuseppe Fortis, Maurizio Fresia, Pompeo Gabrielli, Livio Galimberti,<br />

Antonio Gasparinetti, Ambrogio Ghilini, Antonio Giuliani, Stefano Grassi, Giovanni<br />

Maria Guaragnoni, Filippo Guarisci, Alessandro Guidotti, Giuseppe Jacobetti,<br />

Giovan Battista Laneri, Antonio Leonardi, Claudio Linati, Giuseppe Lombardo,<br />

<strong>Francesco</strong> Maranesi, Pietro Maranesi, Gaetano Millo, Pietro Mirri, Silvio<br />

Moretti,Bernardo Negrisoli, Marco Negrisoli, <strong>Francesco</strong> Neri, Leopoldo Nobili,<br />

Alessandro Olivieri, Deodato Olivieri di Vernier, Alessandro Ordioni, Amilcare<br />

Paolucci, Cesare Paribelli, Camillo Pargoletti, Bernardo Peri, Ettore Perrone di San<br />

Martino, Luigi Peyri, Bonifacio Ponte, Olimpiade Racani, Cesare Ragani, Carlo<br />

<strong>Francesco</strong> Remonda, Guido Giuseppe Ricci, Cesare Rosa, Giuseppe Maria Rossetti,<br />

Bernardo Ruffini, Giovanni Russo, Annibale Saluzzo, Ferdinando Sambiase, Pietro<br />

Sant’Andrea, Giuseppe Maria Savoia, Alessandro Scarlata, Fortunato Schiazzetti,<br />

Giovanni Matteo Seras, Carlo Signoretti, <strong>Francesco</strong> Signoretti, Tommaso Smorzi,<br />

Luigi Sopranzi, Pietro Stecchini, Pietro Tarella, Giuseppe Tordo, Giovanni Tresville,<br />

Ottavio Tupputi, Domenico Vedel, Benedetto Viarigi, <strong>Francesco</strong> Villata, Giovanni<br />

Zampa, Giovanni Zanardini.<br />

440


Molti di questi morirono in battaglia o per cause di guerra, molti furono insigniti<br />

dallo stesso Napoleone <strong>della</strong> Legion d’onore o di altre onorificenze.<br />

Ricordiamo anche Bernardino Drovetti, diplomatico e archeologo, che fu in Egitto<br />

come ufficiale napoleonico, console generale per la Francia fino al 1830, ed ebbe<br />

parte notevole nelle riforme che Mohammad Alì promosse nel paese.<br />

Nicolò Pasqualigo, marinaio, molto stimato dagli <strong>In</strong>glesi e da Napoleone, fu da<br />

questo nominato capitano di vascello e posto a capo di una squadra per<br />

combattere i barbareschi del Mediterraneo.<br />

L’ammiraglio <strong>Francesco</strong> Sivori servì nella marina francese, distinguendosi nelle<br />

acque egiziane (1810).<br />

Passando agli altri stati europei, Michele Colli al servizio dell’Austria comandò gli<br />

austro-piemontesi nella campagna del 1796 contro il Bonaparte; Giacomo<br />

Brunazzi comandò la flottiglia austriaca che nel 1809 battè le navi francesi nelle<br />

acque di Zara, ostacolò efficacemente la penetrazione francese nei Balcani.<br />

Carlo Cattinelli servì l’Austria contro Napoleone e fu poi in Spagna.<br />

Guglielmo Minali, di nobile casata, prese servizio nell’esercito spagnolo e vi<br />

divenne generale del genio; fu l’eroico difensore di Gerona assediata dagli italiani<br />

<strong>della</strong> divisione Pino durante l’invasione napoleonica; dell’assedio scrisse un<br />

notevole diario.<br />

Bartolomeo Forteguerri, generale di marina, si segnalò con gli inglesi nella lotta<br />

contro la Francia rivoluzionaria e contro Napoleone.<br />

Santorre Annibale de’Rossi di Pomaroli, conte di Santarosa, capo dei carbonari<br />

piemontesi, esule dopo i moti del 1821, si recò in Francia, Svizzera e <strong>In</strong>ghilterra;<br />

indi nel ’24, volontario in Grecia, ove cadde a Sfacteria nel ’25. Con lui combatté<br />

Giacinto Provana di Collegno, patriota e scienziato, esule dopo i moti del ’21.<br />

Nelle formazioni filelleniche militarono anche Luigi Porro-Lambertenghi, esule<br />

carbonaro, Vincenzo Gallina e Andrea Massimiliano Broglio che morì nel ’28 in<br />

battaglia.<br />

Molti volontari presero parte in Portogallo <strong>alla</strong> lotta contro i miguelisti nel 1835,<br />

alcuni nella legione straniera (ricordiamo Massimo Pio Cordero di Montezemolo e<br />

Ignazio Ribotti), formata a Marsiglia; altri nel reggimento dei cacciatori di Oporto<br />

che si coprirono di gloria in Catalogna, in Aragona e a Valenza contro i carlisti<br />

(ricordiamo Michele Allemandi, Michele Arduino, Carlo Beolchi, Luigi Bufalini,<br />

Lorenzo de Conciliis, Domenico Cucchiai, Giovanni Durando, Nicola Fabrizi,<br />

Manfredo Fanti, Vittorio Ferrero, Celestino e Fiorenzo Galli, Giacomo Medici del<br />

Vascello, Evasio Radice, Nicola Ricciotti ).<br />

Giuseppe Avezzana, dopo avere combattuto con Napoleone ad Hanau e a<br />

Waterloo, nel ’21 riparò in Spagna, dopo avere congiurato contro i Borboni, e<br />

441


partecipò <strong>alla</strong> lotta per l’indipendenza; imprigionato nel ’24, fu portato a Nuova<br />

Orléans, fuggì nel Messico dove capeggiò il partito liberale, tornò in Italia nel 48.<br />

Augusto Anfossi combatté con gli Egiziani contro i Turchi.<br />

Luigi Serristori militò nell’esercito russo e divenne colonnello (1819-’29).<br />

Gerolamo Ramorino fu in Polonia per offrire la propria spada <strong>alla</strong> rivoluzione<br />

(1830-’31); col grado di generale partecipò <strong>alla</strong> guerra nazionale contro i Russi.<br />

Anche Maurizio Quadrio vi prese parte.<br />

Nel 1863 <strong>Francesco</strong> Nullo, accorso in Polonia a capo di una legione italiana da lui<br />

formata, cadde eroicamente a Krzykawka a soli 38 anni; parteciparono a questa<br />

spedizione Ambrogio Giupponi, il colonnello Stanislao Bechi, catturato e fucilato<br />

dai russi, e Alessandro Venanzio che, fatto prigioniero, fu condannato a morte;<br />

commutata la pena per intercessione di Vittorio Emanuele II, subì quattro anni di<br />

lavori forzati; nel ’70-’71 combatté con Garibaldi nell’armata dei Vosgi.<br />

Alessandro Monti fu <strong>alla</strong> testa di una legione italiana in Ungheria (1845-’50).<br />

Agostino Codazzi fu prima ufficiale napoleonico; dal 1817 combatté in Messico e<br />

in Colombia, vincitore di venti battaglie, e fu capo di stato maggiore dell’esercito<br />

venezuelano.<br />

Giuseppe Rondizzoni, ufficiale nelle truppe napoleoniche fino a Waterloo, si<br />

trasferì in America dove fece parte dal 1817 dell’esercito cileno nella guerra<br />

d’indipendenza del Cile; fece poi le campagne per la liberazione del Perù dal<br />

dominio spagnolo, fu infine capo di stato maggiore dell’esercito cileno e<br />

governatore in varie province (Ricordiamo che nella giornata fatale di Cancha<br />

Rayada salvò le sorti dell’indipendenza sudamericana d<strong>alla</strong> completa disfatta<br />

inflitta al San Martin dal generale Osorio).<br />

Il colonnello <strong>Francesco</strong> Bolognesi s’immolò per il Perù sul Morro d’Arica.<br />

Lino De Clementi sostenne per mare l’esercito di Bolivar e per i suoi atti i valore fu<br />

nominato ammiraglio <strong>della</strong> marina venezuelana.<br />

Giuseppe Muratori fu ammiraglio di quella argentina.<br />

Giuseppe Bavastro, uomo di mare, dopo avere offerto i propri servizi <strong>alla</strong> Francia<br />

contro gli inglesi, sotto la Restaurazione passò a combattere a favore degli insorti<br />

sudamericani e nel 1830 prese parte <strong>alla</strong> spedizione francese contro Algeri,<br />

diventando poi capitano di quel porto.<br />

Luigi Palma di Cesnola insegnò nella scuola militare di New York e prese parte <strong>alla</strong><br />

guerra civile; <strong>alla</strong> testa di sette reggimenti di cavalleria difese valorosamente Belle<br />

Plains e sgominò ad Averill nel 1863 le truppe del generale Washburne, tanto che<br />

Lincoln lo nominò generale dell’esercito statunitense.<br />

L’ultimo dei grandi condottieri italiani all’estero fu Giuseppe Garibaldi che dal<br />

1836 al ’41 combatté per l’indipendenza <strong>della</strong> repubblica di Rio Grande do Sul,<br />

442


ibellatasi al governo brasiliano (vi perse la vita in battaglia Luigi Rossetti); dal ’42<br />

al ’46 combatté in Uruguay a favore di F. Rivera contro M. Oribe, sostenuto dal<br />

dittatore argentino Rosas; nel ’41 riportò una gloriosa vittoria a S. Antonio del<br />

Salto a capo di una legione di 500 italiani da lui organizzata. Ricordiamo che molti<br />

italiani di Buenos Aires, tra cui Bartolomeo Denegri e <strong>Francesco</strong> Martini, aiutarono<br />

la causa dei “salvajes unitarios”, cooperando a farli fuggire a Montevideo che era<br />

diventata il baluardo <strong>della</strong> libertà e dove molti emigrati politici italiani formarono<br />

la legione e gli equipaggi che fronteggiarono l’armata di Rosas, comandata dal<br />

Brown, dal 1843 al ’48. Tra i cinquecento italiani furono Callimaco Zambianchi,<br />

Gaetano Sacchi, Livio Zambeccari che, dopo avere combattuto per la Spagna, si<br />

batté contro le truppe imperiali brasiliane, Antonio Susini Millelire e <strong>Francesco</strong><br />

Anzani.<br />

Questi, dopo avere combattuto per l’indipendenza greca e nell’esercito<br />

portoghese contro don Miguel e nella legione straniera in Spagna agli ordini di<br />

Gaetano Borso Carminati, rimanendo in tale <strong>occasione</strong> ferito dai carlisti, andò a<br />

combattere in America latina, prima contro il Brasile, poi in Uruguay; avuto il<br />

comando di truppe da Garibaldi, capitanò i suoi valorosamente alle Tre Croci, al<br />

Cerro, <strong>alla</strong> difesa del Salto, consentendo così di coprire la ritirata di Garibaldi da S.<br />

Antonio.<br />

Susini Millelire nel 1856 ebbe dal governo argentino il comando militare di Bahia<br />

Blanca; come capo di Stato maggiore compì la campagna vittoriosa contro gli<br />

indiani; si distinse nella guerra del Paraguay, fu decorato di due medaglie d’oro<br />

dal governo di Buenos Aires.<br />

L’eroe dei due mondi andò nel ’70 a combattere in Francia per la difesa <strong>della</strong><br />

repubblica, vincendo a Digione contro i Prussiani; partecipò da valoroso <strong>alla</strong><br />

battaglia il figlio Menotti.<br />

Il quartogenito Ricciotti vinse i Prussiani a Chatillon-sur-Seine, comandò la<br />

brigata di volontari a Domokòs nel 1897 per proteggere la ritirata dei greci<br />

sconfitti dai turchi; nel 1912 si batté nuovamente contro di questi presso Giannina<br />

con 10000 volontari italiani.<br />

I figli di Ricciotti, Bruno e Costante, caddero sulle Argonne (1914-’15), bastioni di<br />

difesa <strong>della</strong> regione parigina, tenuti eroicamente dai volontari garibaldini, guidati<br />

da Peppino Garibaldi; nella stessa battaglia si distinsero altri due figli di Ricciotti,<br />

Sante ed Ezio.<br />

Ricordiamo che Peppino combatté anche in Grecia, nel Messico contro Porfirio<br />

Diaz, nel Transvaal e nel Venezuela; Ezio combatté anche in Grecia.<br />

Tra gli altri valorosi garibaldini meritano una citazione Fortunato Marazzi che fu<br />

nei Vosgi e poi servì la Francia nella legione straniera, Antonio Fratti che, dopo<br />

443


avere combattuto con Garibaldi a Digione, cadde a Domokòs, Amilcare Cipriani,<br />

cospiratore politico, che si batté contro i Prussiani nel 1870, in difesa <strong>della</strong><br />

Comune di Parigi nel ’71, e fu poi a Domokòs dove rimase ferito; qui<br />

combatterono anche Maurizio De Vito Piscicelli, Giovan Battista Pirolini, Guido<br />

Capelli, Giulio Casalini.<br />

Durante la prima guerra mondiale l’ammiraglio Amedeo di Savoia, duca degli<br />

Abruzzi, diresse la marina italiana e le flotte alleate riunite nell’Adriatico,<br />

provvedendo al salvataggio di 100000 serbi, i resti dell’esercito sfuggito<br />

all’invasione di tedeschi e bulgari, avvenuta nel dicembre del 1915.<br />

Concludiamo questa parte riguardante gli italiani che si batterono per la libertà<br />

dei popoli, affermando che nella battaglia di Bligny (Marna) del 1918 tra i tedeschi<br />

e i francesi, coadiuvati dal II corpo d’armata comandato dal generale Alberico<br />

Albricci, rifulse il valore italiano; a Bligny fu eretto un monumento ai 5000 italiani<br />

caduti.<br />

<strong>In</strong>fine ricordiamo i volontari italiani che accorsero in Spagna durante la guerra<br />

civile (1936-’39), sia quelli che si unirono alle forze nazionaliste, sia quelli <strong>della</strong><br />

brigata Garibaldi, costituita da fuorusciti appartenenti a varie correnti politiche,<br />

comandata da Randolfo Pacciardi, che combatté contro le truppe franchiste; molte<br />

furono le vittime di questa guerra in entrambi i fronti.<br />

L’ultima parte <strong>della</strong> lezione riguarda i politici italiani che hanno lasciato il loro<br />

nome legato <strong>alla</strong> storia di altri paesi, spesso influendovi notevolmente.<br />

Non tralasciamo la schiera di principesse, divenute regine di grandi e piccoli stati,<br />

molte delle quali per la loro alta cultura e per la sapienza politica ebbero<br />

un’importanza grandissima, facendo anche da tramite tra la civiltà italiana e<br />

quella del nuovo paese da loro retto.<br />

Maria Luisa Gabriella di Savoia (1688-1704), Elisabetta Farnese (m. 1766), Maria<br />

Luisa di Borbone Parma (m.1819), Maria Luisa di Borbone Napoli (m. 1878) furono<br />

regine di Spagna.<br />

Mafalda di Savoia (m.1158), Maria Francesca Isabella di Savoia (m. 1683) regine<br />

del Portogallo.<br />

Beatrice di Savoia (m. 1266), contessa di Provenza, Luisa di Savoia (m. 1531),<br />

reggente di Francia e madre di <strong>Francesco</strong> I, Caterina de’Medici, sposa di Enrico II<br />

(m.1589), Maria de’Medici, sposa di Enrico IV (m. 1642),regine di Francia (per la<br />

prima vedi lez. n.16; la seconda, reggente nel 1610, <strong>alla</strong> morte del marito, per il<br />

figlio Luigi XIII, suscitò l’odio del popolo dei nobili per i suoi legami col Concini e<br />

la moglie di lui, Eleonora Galigai; esiliata dal figlio nel 1617, ottenne un<br />

riavvicinamento cui seguì un ulteriore esilio, provocato dal Richelieu nel 1630).<br />

444


Per quanto riguarda la Germania, ricordiamo Adelaide di Savoia, sposa di Ottone I<br />

di Sassonia (X sec.), Berta di Savoia (m. 1088), imperatrice, sposa di Enrico IV,<br />

Barbara Gonzaga (m. 1503), duchessa del Württemberg, Adelaide Enrichetta di<br />

Savoia (m. 1676), elettrice di Baviera.<br />

Claudia de’Medici fu sposa di Leopoldo V del Tirolo (1625).<br />

Beatrice d’Aragona (m.1508) fu regina d’Ungheria.<br />

Bona sforza (m. 1557) e Maria Luigia Gonzaga (m.1667) furono regine di Polonia.<br />

Anna di Savoia (m. 1360) fu imperatrice d’Oriente.<br />

Teresa Cristina di Borbone Napoli fu imperatrice del Brasile.<br />

Tra le nobildonne hanno un posto nella cronaca <strong>della</strong> monarchia francese le tre<br />

nipoti del Mazzarino: Laura, duchessa di Mercoeur, madre del generale M. J.<br />

Vendôme; Maria, amante di Luigi XIV; Maria, contessa di Soissons, che godette di<br />

gran favore presso lo stesso sovrano, e fu madre del principe Eugenio.<br />

Sono riportate nel dizionario biografico degli Italiani Elisa (originariamente Maria<br />

Anna) Bonaparte, sorella di Napoleone, sposa di Felice Baiocchi (gentiluomo corso<br />

di origine genovese), principessa di Lucca e Piombino (1805), granduchessa di<br />

Toscana (1809-’14), protettrice di letterati e artisti; Paolina Bonaparte, sorella di<br />

Napoleone, sposa in seconde nozze del principe romano Camillo Borghese, creato<br />

dall’imperatore duca di Guast<strong>alla</strong>; la terza sorella di Napoleone, Carolina (Maria<br />

Annunciata), che sposò Gioacchino Murat nel 1800 e in seconde nozze il generale<br />

Mac Donald.<br />

Ecco un elenco di uomini politici italiani attivi all’estero nel corso dei secoli, dal<br />

XVI al XIX.<br />

Alcuni missionari ricoprirono cariche:ricordiamo il gesuita Giuseppe Costantino<br />

Beschi (1680-1746),ministro del principe di Madaura in <strong>In</strong>dia, e il cappuccino<br />

Domenico Reynaudi di Villafranca (1808-’93), presidente del parlamento bulgaro.<br />

Mercurio Arboreo da Gattinara, giureconsulto, fu dal 1507 al ’18 presidente del<br />

parlamento di Borgogna, consulente <strong>della</strong> duchessa Margherita d’Asburgo,<br />

consigliere e ambasciatore dell’imperatore Massimiliano, infine cancelliere di<br />

Carlo V.<br />

Furono al servizio <strong>della</strong> Spagna Giovan Battista Pastene (metà del XVI secolo), più<br />

volte presidente del cabildo di Santiago del Cile; Carmine Caracciolo, viceré del<br />

Perù (1716); <strong>Francesco</strong> del Giudice, cardinale e diplomatico, primo ministro e<br />

grande inquisitore, che rappresentò Filippo V presso Luigi XIV; Giulio Alberoni,<br />

cardinale, primo ministro, che, divenuto l’anima del governo spagnolo, intraprese<br />

una serie di riforme interne (riordinamento finanziario e tributario, incremento<br />

dell’industria, del commercio e dell’agricoltura, riorganizzazione <strong>della</strong> flotta e<br />

445


dell’esercito); Vittorio Amedeo Besso e suo figlio Filippo, “Grandi” di Spagna (XVIII<br />

sec.).<br />

<strong>In</strong> Germania Guelfo d’Este, duca di Baviera, fu il fondatore <strong>della</strong> casa elettorale di<br />

Brunswick (sec. XI); Girolamo Luchesini tra il 1788 e il 1806 fu ambasciatore del re<br />

di Prussia in Polonia, Francia e <strong>In</strong>ghilterra; Brunoro Serego Alighieri fu<br />

luogotenente generale del re di Baviera.<br />

<strong>In</strong> Oriente troviamo Luigi Gritti, figlio del doge Andrea, nato a Costantinopoli (sec.<br />

XV-XVI), che fu al servizio dei turchi combattendo contro gli imperiali e fu poi<br />

creato palatino e governatore del regno d’Ungheria, divenendo consigliere del<br />

sultano nella politica <strong>della</strong> regione.<br />

Gaspare Graziani (sec. XVIII) fu fatto principe di Moldavia dal sultano di<br />

Costantinopoli.<br />

Filippo Buonaccorsi, umanista in Roma, esponente dell’accademia di Pomponio<br />

Leto, nel 1468 prese parte <strong>alla</strong> congiura contro Paolo II, perciò dovette fuggire;<br />

riparato in Polonia nel ’70, divenne precettore dei figli di re Casimiro IV, poi suo<br />

segretario e consigliere del suo successore J. Olbracht, salendo alle più alte<br />

cariche e sostenendo con onore numerosi e difficili incarichi politici a<br />

Costantinopoli, Venezia, ecc. Annibale Porrone (sec. XVI) fu generale del regno.<br />

Nello stesso periodo alcuni membri <strong>della</strong> nobile famiglia Torelli emigrarono<br />

dall’Italia, ponendosi a servizio dell’esercito polacco come cavalieri; uno di loro,<br />

conte di Montechiarugolo presso Parma, assunse un nuovo nome in seguito al<br />

matrimonio con la contessa Poniatow e fu il capostipite <strong>della</strong> famiglia da cui<br />

nacquero Stanislao Poniatowski, generale di Carlo XII, e poi Stanislao Augusto, re<br />

di Polonia. Giovanni Sagramoso entrò al servizio del sovrano e per i servigi resi a<br />

quella nazione, nella quale raggiunse il grado di generale nel 1753, fu poi creato<br />

nobile polacco. Scipione Piattoli, scrittore, divenne l’uomo di fiducia di re<br />

Stanislao cui fu presentato da un nobile polacco conosciuto in Italia; servì da<br />

anello di congiunzione tra il re e il partito patriottico polacco e contribuì <strong>alla</strong><br />

compilazione <strong>della</strong> costituzione del 1791; dalle sue conversazioni con A.<br />

Czartoyski nacquero i piani russi di riassetto europeo che, esposti in “Sur le<br />

système politique que devrait suivre la Russie”, finirono col prevalere, sia pure<br />

solo in parte, nel congresso di Vienna (Tolstoi ha raffigurato il Piattoli nell’abate<br />

Mario di “Guerra e pace”).<br />

Antonino Maresca, duca di Serracapriola, ministro napoletano in Russia, fu<br />

incaricato da Caterina II di svolgere trattative di pace con la Turchia (1790) e con<br />

la Svezia; in periodo napoleonico fu l’uomo di fiducia di tutti i Borboni, compreso<br />

lo stesso Luigi XVIII.<br />

Per Filippo Mazzei negli Stati Uniti d’America vedi lez. n.48.<br />

446


Passiamo <strong>alla</strong> Francia: Boffillo del Giudice (juge Boffille) fu fatto conte di Castres<br />

ed ebbe importanti incarichi; Galeazzo Sanseverino influì notevolmente nella<br />

politica estera di Carlo VIII e fu nominato da Luigi XII grande scudiero di Francia;<br />

Livio Crotto fu maggiordomo e ambasciatore di <strong>Francesco</strong> I.<br />

Giuliano de’ Medici,figlio di Lorenzo il Magnifico, ebbe da <strong>Francesco</strong> I nel 1504 il<br />

ducato di Nemours; fu suo successore il figlio Ippolito. Dal 1528 al 1670 con<br />

Filippo di Savoia si iniziò il ramo di Savoia-Nemours.<br />

Renato Birago (René Birague) fu creato da <strong>Francesco</strong> I consigliere del parlamento<br />

di Parigi, da Enrico II sovrintendente <strong>della</strong> giustizia, governatore <strong>della</strong> provincia di<br />

Lione, da Carlo IX guardasigilli nel consiglio segreto <strong>della</strong> corona, da Caterina de’<br />

Medici gran cancelliere di Francia.<br />

Bartolomeo Camerario fu segretario di stato sotto <strong>Francesco</strong> I ed Enrico II.<br />

Ludovico Gonzaga, duca di Nevers, si distinse come militare e come politico per<br />

38 anni.<br />

La famiglia Gondi passò in Francia con Caterina de’ Medici; Antonio fu <strong>alla</strong> corte di<br />

Enrico II; Alberto, Pietro e Carlo, suoi figli, ricoprirono importanti incarichi (il<br />

primo fu maresciallo di Francia e governatore <strong>della</strong> Provenza).<br />

Concino Concini venne in Francia al seguito di Maria de’ Medici e, grazie anche al<br />

matrimonio con la sua confidente Eleonora Galigai, fece rapida e clamorosa<br />

fortuna, specie dopo la morte di Enrico IV; comperò il marchesato di Ancre (1610),<br />

ottenne il governo <strong>della</strong> Piccardia e <strong>della</strong> Normandia (1616) e il titolo di<br />

maresciallo e finì con l’assommare in sé il potere politico. Preoccupato del proprio<br />

interesse, sollevò contro di sé vasta corrente di odio e il nuovo re Luigi XIII,<br />

appena maggiorenne, lo fece assassinare.<br />

Il cardinale Giulio Mazzarino o Mazarino, ministro di Anna d’Austria, reggente per<br />

Luigi XIV, successore di Richelieu, concluse la guerra dei Trent’anni, rimanendo<br />

vittorioso sugli Asburgo d’Austria (pace di Westfalia, 1648), e batté<br />

successivamente quelli di Spagna (pace dei Pirenei, 1659); affrontò e represse il<br />

movimento <strong>della</strong> Fronda; personalità di forte rilievo, incrementò le industrie,<br />

favorì le arti, chiamando numerosi artisti italiani in Francia. Sotto il suo governo<br />

(1643-’61) la Francia aumentò grandemente in estensione e in potenza; egli<br />

acquistò nel 1661 il ducato di Nevers che lasciò al nipote Filippo Mancini (l’ultimo<br />

duca fu Luigi Mancini Mazzarino, 1798).<br />

Sono riportati nel dizionario biografico degli Italiani i nomi di Luciano Bonaparte,<br />

fratello di Napoleone, soprannominato “Bruto” durante l’attività rivoluzionaria in<br />

Provenza, presidente del consiglio dei Cinquecento, ministro dell’interno,<br />

ambasciatore a Madrid, senatore, principe di Canino; Carlo Luciano Bonaparte,<br />

figlio di Luciano, ornitologo di fama mondiale, che visse a Roma e dopo la fuga di<br />

447


Pio IX fece parte <strong>della</strong> giunta di governo e <strong>della</strong> Costituente; Napoleone Luigi<br />

Bonaparte, figlio di Luigi (re d’Olanda, fratello minore di Napoleone), e di Ortensia<br />

Beauharnais, che studiò a Roma e a Firenze, affiliato <strong>alla</strong> Carboneria con il fratello<br />

Luigi Napoleone (futuro Napoleone III), partecipante all’insurrezione delle<br />

Romagne (1831); Pietro Napoleone Bonaparte, nato a Roma, figlio di Luciano,<br />

rivoluzionario nelle Romagne, combattente in Colombia, ostile a Napoleone III.<br />

Nel periodo <strong>della</strong> Restaurazione ricordiamo Luigi Corvetto, ministro delle finanze<br />

di Luigi XVIII tra il 1815 e il ’18; a lui spetta il merito del riassetto finanziario <strong>della</strong><br />

Francia.<br />

Giacomo Alessandro Bixio fu vice presidente dell’assemblea e sotto Luigi<br />

Napoleone ministro dell’agricoltura e del commercio.<br />

Il professore ha citato alcune figure di avventurieri <strong>della</strong> politica entrati nella<br />

storia, sia pure per un momento, di Francia, Scozia, <strong>In</strong>ghilterra e Russia.<br />

Annibale Radicati, al servizio di Caterina de’Medici, si fece promotore di un<br />

movimento che <strong>alla</strong> morte di Carlo IX avrebbe dovuto assicurare la corona di<br />

Francia non ad Enrico, re di Polonia, ma al fratello minore, duca di Alençon; il<br />

complotto fu svelato ed egli fu giustiziato.<br />

Davide Rizzio, musico, esercitò una personale influenza nelle vicende <strong>della</strong> corte<br />

scozzese al servizio di Maria Stuarda; ne divenne confidente e fu ucciso, sembra<br />

anche per gelosia, dal Darnley.<br />

<strong>Ridolfi</strong>, banchiere fiorentino, organizzò nel 1571 contro Elisabetta I d’<strong>In</strong>ghilterra<br />

un complotto che fu scoperto; il duca di Norfolk, che si riprometteva dopo<br />

l’assassinio <strong>della</strong> regina il matrimonio con Maria Stuarda e la successione al trono,<br />

fu giustiziato.<br />

Giovanni Girolamo Arconati Lamberti, diplomatico e storico, si fece calvinista a<br />

Ginevra, fu spia <strong>della</strong> Francia e <strong>della</strong> Spagna, quindi segretario del conte di<br />

Portland; morì barone del Sacro romano impero nel 1733.<br />

Figura originale di eretico riformatore e guerriero può essere considerata quella di<br />

Giovan Battista Boetti, vissuto nel secolo XVIII. Frate domenicano a Ravenna, fu<br />

inviato come missionario in Oriente, ma in breve si dimostrò un geniale<br />

avventuriero, fondò una nuova religione, misto di Cristianesimo e di Islamismo;<br />

col nome di Mansur (vittorioso) <strong>alla</strong> testa di 80000 settari conquistò l’Armenia, il<br />

Kurdistan, la Georgia, la Circassia, e vi regnò per sei anni come sovrano assoluto,<br />

fu poi catturato dai russi che lo relegarono in un’isola del Mar Baltico dove morì.<br />

Con la rivoluzione francese si affermarono le idee dell’Illuminismo che aveva<br />

proclamato la necessità di un superamento delle condizioni politiche e culturali<br />

lasciate in retaggio dall’età feudale e <strong>della</strong> riorganizzazione <strong>della</strong> società sulla<br />

base di canoni democratici, al di là dei dogmi consolidati e del potere<br />

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ecclesiastico. Ricordiamo a tale scopo la figura di Filippo Buonarroti, sostenitore<br />

<strong>della</strong> tradizione cospirativa; rivoluzionario, esule, volontario in Corsica nel 1789,<br />

operò in Francia, partecipando alle cospirazioni del Babeuf; confinato a Ginevra<br />

nel 1805, vi fondò la società massonica dei Filadelfi: fu poi a Grenoble e a<br />

Bruxelles, sempre propagandando le proprie idee. Assunse poi la direzione <strong>della</strong><br />

Carboneria e per breve periodo collaborò anche col Mazzini, dal quale si staccò<br />

nel 1830; pubblicò nel 1828 ”Congiura per l’eguaglianza detta di Babeuf”; fedele<br />

all’idea ugualitario-comunista <strong>della</strong> gioventù, divenne l’occulto artefice di una<br />

vasta organizzazione settaria che tese a realizzare una rivoluzione europea a<br />

carattere repubblicano e con presupposti comunisteggianti; sviluppò teoricamente<br />

la dittatura giacobina e la trasmise in eredità a L. A. Blanqui, fautore<br />

dell’assunzione del potere da parte del proletariato attraverso la tecnica del colpo<br />

di stato.<br />

Felice Orsini, iscritto <strong>alla</strong> Giovine Italia, per incarico di Mazzini nel 1853 tentò di<br />

sollevare la Valtellina; arrestato dagli austriaci, riuscì ad evadere dal carcere di<br />

Mantova e riparò in <strong>In</strong>ghilterra ove pubblicò “Memoirs and adventures”; staccatosi<br />

da Mazzini, la sera del 3 gennaio 1858 compì a Parigi il famoso attentato contro<br />

Napoleone III; fallito il colpo, affrontò coraggiosamente il processo e la morte. Dal<br />

carcere aveva scritto due lettere a Napoleone III, in cui gli raccomandava le sorti<br />

dell’Italia, lettere che permisero di ripristinare psicologicamente le buone relazioni<br />

tra Cavour e l’imperatore francese. Con l’Orsini fu giustiziato il suo complice<br />

Giuseppe Andrea Pieri.<br />

P. S.<br />

L’alunno Dreossi, in un momento di esaltazione nazionalistica, ha fatto alcuni<br />

nomi di illustri cittadini stranieri, figli di italiani, postisi al servizio dello stato in<br />

cui si educarono e si formarono, a cominciare da Napoleone I. Il padre, Carlo<br />

Maria Buonaparte, nato ad Ajaccio, discendeva da una famiglia originaria di S.<br />

Miniato in provincia di Pisa, trasferitasi in Corsica con Carlo Maria, che sposò nel<br />

1764 Letizia Ramolino, corsa, da cui ebbe tredici figli,e combattè contro i francesi<br />

fino <strong>alla</strong> rotta di Pontenuovo (’69).<br />

Napoleone, secondogenito, nato nel 1768, un anno dopo la cessione dell’isola <strong>alla</strong><br />

Francia da parte di Genova, cambiò nel ‘96 il cognome in Bonaparte. “Resta nel<br />

mondo intero il più illustre dei francesi, pur non essendo francese; - scrive lo<br />

storico francese Max Gallo - non dimentichiamo che esitò a lungo tra l’esercito<br />

francese e quello corso e che apparteneva a una terra comprata a Genova dai<br />

francesi”.<br />

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Egli disse al Canova: “Io sono corso ma di origine fiorentina” e a Sant’Elena arrivò<br />

a dire ”Io sono italiano o toscano più che corso”.<br />

Giuseppe, fratello di Napoleone, primogenito, fu re di Napoli (1806-’08) e poi di<br />

Spagna (1808-’13), luogotenente generale nel ’14, morì esule a Firenze.<br />

Luigi, fratello di Napoleone, sposò, per volere dell’imperatore, Ortensia di<br />

Beauharnais, figlia di Giuseppina; eletto re d’Olanda nel 1806, fu costretto dallo<br />

stesso ad abdicare nel ’10 per scarsa osservanza del blocco continentale, morì a<br />

Firenze.<br />

Gerolamo, fratello di Napoleone, ultimogenito, nel 1803 sposò in America Elisa<br />

Patterson di Baltimora, matrimonio poi annullato per volontà dell’imperatore;<br />

divenne re di Westfalia, perdette la corona nel ’13, da Napoleone III ottenne il<br />

titolo di Maresciallo di Francia e la presidenza del Senato.<br />

Furono di origine italiana Léon Gambetta, figlio di un israelita genovese, che<br />

proclamò la Terza Repubblica e organizzò la difesa contro i prussiani, nel 1881<br />

presidente del Consiglio e ministro dell’<strong>In</strong>terno; Joseph-Simon Gallieni, generale,<br />

distintosi in imprese coloniali (Tonchino, Madagascar), governatore militare di<br />

Parigi nel 1914, maresciallo di Francia <strong>alla</strong> memoria; Benjamin Disraeli (di famiglia<br />

israelita ferrarese, trapiantatasi in <strong>In</strong>ghilterra, di padre convertitosi al<br />

protestantesimo nel 1817), capo del partito tory, primo ministro, imperialista in<br />

politica estera.<br />

A conclusione di questa vasta ricerca l’alunno Votini ha desiderato mettere in<br />

risalto il nome di un italiano tra coloro che si sono distinti nel corso del XX secolo<br />

come fautori di amichevoli relazioni internazionali: Ernesto Teodoro Moneta,<br />

patriota e garibaldino, fondatore dell’ ”Unione lombarda per la pace e l’arbitrato”,<br />

insignito del premio Nobel per la pace nel 1907.<br />

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