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30.01.2013 Views

quale appartengo anch'io. Quest'anno possiamo dire che è la più potente di tutte, perché il Grande Ariete è venuto a noi da terre lontane per essere temporaneamente il nostro Maestro terreno.» Dopo il castigo terribile, anche se non specificato, del quale Ratnadatta l'aveva minacciata nel caso che li avesse traditi, Mary era stata assalita dalla paura. Da parte sua aveva già deciso che se avesse scoperto che erano dediti a pratiche illecite o malvagie, anche astraendo da eventuali complicità nella morte di Teddy, avrebbe riferito tutto al colonnello Verney. Ma la minaccia la induceva a riflettere sui poteri dei quali potevano essere dotati. Da quel che ne sapeva, pareva certo che fra loro ci fossero alcuni chiaroveggenti dotati di ben altra capacità di quella di cui erano dotati i miseri dilettanti che lei aveva visto in casa della Wardeel. Forse nella cerchia di Ratnadatta c'erano medium veri; forse erano capaci di controllare il suo passato, di scoprire i suoi legami coi colonnello Verney, esseri capaci di mettere in pericolo la sua stessa esistenza. Il ricordo del colonnello riportava alla sua memoria l'avvertimento che le aveva dato sulla gravità dei rischi ai quali si esponeva tentando di penetrare i segreti della magia nera. Anche Barney le era apparso particolarmente preoccupato dopo che gli aveva detto cosa si proponeva di fare. Anche se sin lì si era rifiutata di ammetterlo, ormai doveva riconoscere che avevano ragione, che era una pazzia il volersi ostinare su quella strada, il voler lottare contro tutto un gruppo d'individui ben organizzati e privi di scrupoli che, ormai ne era persuasa, avrebbero potuto, in caso di necessità, fare appello a forze occulte, malvagie per rintuzzare la sua minaccia. Mary cercò in fretta una scusa per andarsene senza destare sospetti, senza sembrare scortese, e prima che fosse troppo tardi per poterlo fare. Ma con altrettanta prontezza un lampo improvviso le riportò alla mente un particolare che, durante la discussione, aveva dimenticato. Riguardava gli ultimi giorni di Teddy: nei suoi incubi notturni Teddy aveva farneticato di Satana e dell'inferno, e aveva persino farfugliato delle assurdità come quella secondo la quale un demonietto negro lo perseguitava. E una cosa ancora ricordava, una notte prima di destarlo per spezzare uno di quegli incubi, quando Teddy gridava, nel sonno: "L'Ariete! Il Grande Ariete! Da lui esce fumo! Dev'essere il Diavolo!". Allora non aveva fatto caso a quelle farneticazioni. Le aveva prese per uno dei parti della fantasia alterata di suo marito. Ora, dopo aver ascoltato sino in fondo Ratnadatta, quelle frasi sconnesse le tornavano alla memoria e, peggio ancora, incominciavano ad avere un senso preciso. Il Grande A-

iete era un uomo: il Maestro della loggia di Ratnadatta, e quella era la prova di ciò che, sin lì, aveva potuto soltanto sospettare. Ratnadatta era l'indiano che Teddy aveva menzionato nei suoi incubi, ed era stato lui a condurlo dove Teddy aveva incontrato la morte. Come una tromba che chiami a raccolta i resti di uno squadrone di cavalleria decimato per prepararlo per un'altra carica, la consapevolezza d'aver colpito nel segno, d'aver imboccato la pista giusta accrebbe in lei la forza e la decisione necessarie per proseguire. Indipendentemente da quel che avrebbe potuto accaderle, Mary sapeva di dover proseguire sulla strada appena iniziata. 6 Il tempio di Satana Mary e l'indiano erano usciti dal ristorante ed erano saliti su un taxi. Ratnadatta aveva dato l'indirizzo all'autista, ma così sottovoce, che Mary non aveva udito. Sapeva solo che stavano andando genericamente verso nord. Non avevano percorso molta strada che Ratnadatta aveva tirato fuori di tasca un fazzoletto bianco e, posatolo sul ginocchio massiccio, si era rivolto a lei: «Le ho detto che il luogo dei nostri convegni deve rimanere segreto sino a quando lei non diventerà un'iniziata. Prego, ora, permetta che le bendi gli occhi». Sollevata, se non altro, perché il farsi bendare le offriva una scusa per voltarsi e non sentire più quell'alito puzzolente, Mary si sottomise docilmente e tenne persino fermo il fazzoletto mentre lui glielo annodava dietro la nuca. Dopo che il taxi aveva voltato qualche volta appena, Mary perse ogni senso d'orientamento. Il lungo, quasi monologo di Ratnadatta le risparmiò l'assillo di dover pensare. Ma l'indiano diceva cose interessanti, e ben presto catturò la sua attenzione. L'argomento prescelto erano le antiche religioni, e benché Mary ne avesse una conoscenza decisamente frammentaria, aveva letto abbastanza per comprendere che i punti di vista espressi gettavano una nuova, se pur distorta luce su molti argomenti sui quali lei non si era mai soffermata. Ratnadatta stava dicendo che come i primi cristiani erano stati costretti a nascondersi sotto terra, nelle catacombe, per sottrarsi alle persecuzioni ordinate da chi in Roma deteneva il potere, la stessa cosa era accaduta quando la religione cristiana aveva trionfato e i seguaci delle antiche religioni

iete era un uomo: il Maestro della loggia di Ratnadatta, e quella era la<br />

prova di ciò che, sin lì, aveva potuto soltanto sospettare. Ratnadatta era<br />

l'indiano che Teddy aveva menzionato nei suoi incubi, ed era stato lui a<br />

condurlo dove Teddy aveva incontrato la morte.<br />

Come una tromba che chiami a raccolta i resti di uno squadrone di cavalleria<br />

decimato per prepararlo per un'altra carica, la consapevolezza d'aver<br />

colpito nel segno, d'aver imboccato la pista giusta accrebbe in lei la forza e<br />

la decisione necessarie per proseguire. Indipendentemente da quel che avrebbe<br />

potuto accaderle, Mary sapeva di dover proseguire sulla strada appena<br />

iniziata.<br />

6<br />

Il tempio di Satana<br />

Mary e l'indiano erano usciti dal ristorante ed erano saliti su un taxi.<br />

Ratnadatta aveva dato l'indirizzo all'autista, ma così sottovoce, che Mary<br />

non aveva udito. Sapeva solo che stavano andando genericamente verso<br />

nord.<br />

Non avevano percorso molta strada che Ratnadatta aveva tirato fuori di<br />

tasca un fazzoletto bianco e, posatolo sul ginocchio massiccio, si era rivolto<br />

a lei: «Le ho detto che il luogo dei nostri convegni deve rimanere segreto<br />

sino a quando lei non diventerà un'iniziata. Prego, ora, permetta che le<br />

bendi gli occhi».<br />

Sollevata, se non altro, perché il farsi bendare le offriva una scusa per<br />

voltarsi e non sentire più quell'alito puzzolente, Mary si sottomise docilmente<br />

e tenne persino fermo il fazzoletto mentre lui glielo annodava dietro<br />

la nuca. Dopo che il taxi aveva voltato qualche volta appena, Mary perse<br />

ogni senso d'orientamento. Il lungo, quasi monologo di Ratnadatta le risparmiò<br />

l'assillo di dover pensare. Ma l'indiano diceva cose interessanti, e<br />

ben presto catturò la sua attenzione.<br />

L'argomento prescelto erano le antiche religioni, e benché Mary ne avesse<br />

una conoscenza decisamente frammentaria, aveva letto abbastanza per<br />

comprendere che i punti di vista espressi gettavano una nuova, se pur distorta<br />

luce su molti argomenti sui quali lei non si era mai soffermata.<br />

Ratnadatta stava dicendo che come i primi cristiani erano stati costretti a<br />

nascondersi sotto terra, nelle catacombe, per sottrarsi alle persecuzioni ordinate<br />

da chi in Roma deteneva il potere, la stessa cosa era accaduta quando<br />

la religione cristiana aveva trionfato e i seguaci delle antiche religioni

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