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30.01.2013 Views

goscia, convinta che quanti potevano averlo ascoltato pensassero che si trattava d'un inerme mentecatto. Che si fosse indotto a lanciare quei proclami per soddisfare una specie di vanità infantile che lo spingeva a far sapere al mondo intero che lui, proprio lui, Lothar Khune aveva decretato la morte di milioni di persone e la distruzione di tutte le istituzioni del mondo civile, era cosa che non si poteva mettere in dubbio. Ma non si poteva nemmeno dubitare che non si trattava di un adolescente disadattato né di un pazzo incapace di intendere e di volere, che Lothar sapeva per filo e per segno cosa si proponeva di fare e quali scopi voleva conseguire, e ci sarebbe riuscito, a meno che un miracolo non gliel'avesse impedito prima dello scoccare delle dodici in punto. Lothar era così soddisfatto di sé e del ruolo di arbitro dei destini del mondo intero che si era assunto, che, terminata la trasmissione si volse e addirittura sorrise a Mary, e vedendo che lei distoglieva gli occhi dai suoi, s'affrettò a dirle: «Alle dodici in punto. Quella è l'ora che ho stabilito, scoccata la quale non indugerò un istante, anche se a quest'ora i governi d'America e d'Europa stanno giocando tutte le carte che hanno in mano per tentare d'impedirmelo. Gli alpini possono farsi scoppiare il cuore nel loro tentativo di penetrare sin quassù, in questa grotta, ma non vi giungeranno prima di mezzogiorno. Vedi dunque quanto sia perfetta l'opera di Satana quando vuole assicurare il compimento dei suoi propositi e la protezione dell'Umile suo Servo. Eppure tu, debole donna creata solo quale trastullo degli uomini, credevi di poterti misurare con me». Tacque un momento, poi riprese con sarcasmo accentuato: «Ma il particolare che tu sia fatta di carne e ineluttabilmente legata alle cose terrene mi rammenta i doveri dell'ospitalità. Essendo rimasta priva della colazione, certo avrai fame, ed è legge antica che il condannato a morte possa scegliere quello che vuole per l'ultimo pasto della sua vita. Nella dispensa accanto alla cucina troverai una grande varietà di cibi in scatola. Prendi quel che ti pare per te e per quel traditore del tuo amante; cucina per lui, se preferisci, mentre io ascolto il bollettino meteorologico per apportare le ultime regolazioni prima del lancio. Ti resta poco più d'un'ora, ma dovrebbe bastarti. Il tuo amante non potrà attraversare la barriera che lo imprigiona nella sua baracca per consumare il pasto con te. Se la togliessi, potrebbe crearmi qualche fastidio, e io non posso permettermi d'essere distratto dai miei compiti proprio in quest'ora per ridurlo ancora una volta all'impotenza. Tu, comunque, potrai dargli tutto ciò che hai preparato o, se lui preferisce, potrai dargli tutto l'alcool che vuole perché si ubriachi».

Avendo dimostrato tutta la gioia che provava dandole cinicamente il permesso di trascorrere meglio che poteva l'ultima ora di vita, rialzata orgogliosamente la testa, il Grande Ariete le passò accanto senza degnarla d'un'altra occhiata e scomparve nella grotta. Liberata da quella gelida presenza che la paralizzava, Mary sentì che il cervello tornava a funzionare normalmente e subito cercò di escogitare un modo per mettere a profitto la scarsa libertà che le era stata sprezzantemente concessa per il poco tempo che ancora le restava. Per prima cosa corse fuori sulla spianata. Giù nella valle, al posto della stazione della funicolare s'apriva una voragine dalla quale si levava ancora qualche filo di fumo. I veicoli erano sparsi tutt'attorno e fra di essi si scorgevano gruppetti d'uomini che guardavano lassù, spiando l'entrata della caverna. Più vicini, diversi gruppi, appena usciti dal bosco, affrontavano l'arrampicata, ma la loro marcia procedeva con lentezza esasperante. Mary non sapeva nulla d'alpinismo, ma s'accorgeva benissimo delle difficoltà che incontravano quegli uomini, vedeva il terreno difficilissimo, le pareti frequenti, i crepacci che accrescevano la fatica. Che qualche passaggio dovesse esserci era indubbio, visto che in epoca precedente tecnici e operai erano riusciti ad arrampicarsi sin lassù trasportando il materiale per costruire la teleferica, ma a lei bastarono pochi minuti soltanto per convincersi che il Grande Ariete non si era ingannato, che gli alpinisti avrebbero impiegato almeno due ore ancora prima di metter piede sulla spianata. Mary ne trasse l'unica deduzione logica possibile: Wash era l'ultima speranza che le restava. Voltatasi, corse nella grotta sino alla baracca di Wash. Afferrata la maniglia, tirò con forza e fu quasi per perdere l'equilibrio perché la porta s'aprì senza alcuna resistenza. Wash sedeva sul bordo della branda, con la testa sprofondata nelle manacce enormi. Udendo il rumore della porta che si apriva, sollevò la testa, balzò in piedi e fece un passo verso di lei; negli occhi gli s'accese come un lampo scaturito da una nuova idea improvvisa e le sorrise contento. Ma quella gioia fu di breve durata e subito Mary lo vide rabbuiarsi. Avanzando sulla soglia, Wash fece per varcarla, ma prima sollevò la mano per tastare davanti a sé e dovette rinculare. Mary scosse la testa. «È inutile che tenti di uscire. Lui non lo vuole. Adesso sta facendo gli ultimi calcoli e non vuole che lo interrompa. Però mi ha lasciata libera di portarti quello che vuoi, cibi, liquori... Ti andrebbe di bere qualcosa?»

Avendo dimostrato tutta la gioia che provava dandole cinicamente il<br />

permesso di trascorrere meglio che poteva l'ultima ora di vita, rialzata orgogliosamente<br />

la testa, il Grande Ariete le passò accanto senza degnarla<br />

d'un'altra occhiata e scomparve nella grotta. Liberata da quella gelida presenza<br />

che la paralizzava, Mary sentì che il cervello tornava a funzionare<br />

normalmente e subito cercò di escogitare un modo per mettere a profitto la<br />

scarsa libertà che le era stata sprezzantemente concessa per il poco tempo<br />

che ancora le restava.<br />

Per prima cosa corse fuori sulla spianata. Giù nella valle, al posto della<br />

stazione della funicolare s'apriva una voragine dalla quale si levava ancora<br />

qualche filo di fumo. I veicoli erano sparsi tutt'attorno e fra di essi si scorgevano<br />

gruppetti d'uomini che guardavano lassù, spiando l'entrata della<br />

caverna. Più vicini, diversi gruppi, appena usciti dal bosco, affrontavano<br />

l'arrampicata, ma la loro marcia procedeva con lentezza esasperante.<br />

Mary non sapeva nulla d'alpinismo, ma s'accorgeva benissimo delle difficoltà<br />

che incontravano quegli uomini, vedeva il terreno difficilissimo, le<br />

pareti frequenti, i crepacci che accrescevano la fatica. Che qualche passaggio<br />

dovesse esserci era indubbio, visto che in epoca precedente tecnici e<br />

operai erano riusciti ad arrampicarsi sin lassù trasportando il materiale per<br />

costruire la teleferica, ma a lei bastarono pochi minuti soltanto per convincersi<br />

che il Grande Ariete non si era ingannato, che gli alpinisti avrebbero<br />

impiegato almeno due ore ancora prima di metter piede sulla spianata.<br />

Mary ne trasse l'unica deduzione logica possibile: Wash era l'ultima speranza<br />

che le restava.<br />

Voltatasi, corse nella grotta sino alla baracca di Wash. Afferrata la maniglia,<br />

tirò con forza e fu quasi per perdere l'equilibrio perché la porta s'aprì<br />

senza alcuna resistenza.<br />

Wash sedeva sul bordo della branda, con la testa sprofondata nelle manacce<br />

enormi. Udendo il rumore della porta che si apriva, sollevò la testa,<br />

balzò in piedi e fece un passo verso di lei; negli occhi gli s'accese come un<br />

lampo scaturito da una nuova idea improvvisa e le sorrise contento. Ma<br />

quella gioia fu di breve durata e subito Mary lo vide rabbuiarsi.<br />

Avanzando sulla soglia, Wash fece per varcarla, ma prima sollevò la<br />

mano per tastare davanti a sé e dovette rinculare.<br />

Mary scosse la testa. «È inutile che tenti di uscire. Lui non lo vuole. Adesso<br />

sta facendo gli ultimi calcoli e non vuole che lo interrompa. Però mi<br />

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bere qualcosa?»

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