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30.01.2013 Views

Teddy. Ma poteva essere una semplice intuizione, non una certezza. E da lì a poche ore il Grande Ariete avrebbe lanciato il suo razzo, riducendo Londra in un cumulo di macerie fumanti e sterminando a centinaia di migliaia, a milioni, innocenti e rei indifferentemente, e i satanisti di Cremorne sarebbero stati ridotti in cenere molto prima d'essere trascinati in tribunale e condannati per i loro delitti. Mary sapeva che lei e Wash non avrebbero avuto altre occasioni per tentar di sabotare il razzo prima del lancio. Poteva pregare soltanto sperando che un qualche difetto, un guasto qualunque, un atto dipendente dalla volontà divina, o magari soltanto derivante da un gesto di vanità da parte del Grande Ariete, venisse a ritardarlo. La notizia che Verney stava accorrendo, il pensiero che con lui potesse esserci anche Barney, aggiungevano una nuova agonia al tormento insopportabile che già l'angosciava. Avrebbero fatto in tempo? Mary aveva appena formulato quei pensieri che l'angoscia dell'attesa venne infranta di colpo dal Grande Ariete, che all'improvviso esclamò: «Eccoli che arrivano! Eccoli là! Lo sapevo che non potevano essere lontani!». Il Grande Ariete indicava col braccio teso giù nella valle dove, nello stesso istante, si era fatto sentire il rumore sordo, lontano di parecchi motori. Mary guardò, e da lassù vide quella che pareva una colonna di giocattoli meccanici scaturiti da una curva oltre la montagna. Auto, motociclette, jeeps e cingolati avanzavano sobbalzando sul pessimo fondo stradale e altri ne spuntavano: trenta, quaranta ne apparvero. E quando i primi raggiunsero la stazione della teleferica si fermarono di colpo, e alcuni uomini, balzati a terra, corsero subito verso la baracca della funivia. Il Grande Ariete proruppe in un'altra risata sinistra. «Guarda, ora, piccola sciocca» disse. «Guarda e vedrai come affronto e distruggo forze ben più imponenti delle tue, quando pensano di potermi nuocere.» La gioia provata nel vedere quel gruppo d'uomini amici, che venivano in suo soccorso, fu di breve durata. Mary comprese che il Grande Ariete doveva aver già predisposto il suo piano e che, ricorrendo ai suoi magici poteri, era sul punto di annientarli. L'angoscia, momentaneamente svanita, vedendo la colonna di automezzi che s'avvicinava, tornava, eppure il Grande Ariete non si muoveva, non pronunciava maledizioni, non faceva un gesto. Dalla baracca che alloggiava il macchinario della teleferica si levò improvvisa una grande fiammata che salì rapida verso il cielo. Qualche istan-

te dopo giunse sin lassù il rombo dell'esplosione che riecheggiò rimbombando per tutta la vallata. Una nube nera, densa ristagnava là dove pochi istanti prima c'era stata la stazione della teleferica, e da essa giungevano, fievoli sin lassù, le urla e le invocazioni dei feriti. In Mary, l'orrore provocato da quella visione cancellò per un attimo la paura. Voltatasi come una furia, affrontò il Grande Ariete urlandogli in faccia con quanto fiato aveva: «Maledetto! Maledetto! Possa il Cielo annientarti per quest'ultimo delitto!». Se avesse avuto il coltello che aveva sottratto in cucina la sera prima, certo Mary si sarebbe scagliata su di lui e avrebbe tentato di ucciderlo. Ma l'apparizione repentina nella sua baracca l'aveva costretta a lasciarlo nascosto sotto le coltri. Il Grande Ariete ghignò sprezzantemente e la fissò per un istante, uno soltanto, con uno sguardo che la calmò immediatamente, costringendola ad abbassare gli occhi. «Smettila ora» le intimò bruscamente. «Ho ancora molto lavoro da compiere e voglio che tu mi veda all'opera. Siccome hai dimostrato di appartenere alla schiera di coloro che seguono come schiavi la patetica religione dell'impostore Cristo, voglio che tu mi oda quando annunzierò la sentenza di morte della Cristianità. Se Egli avesse il potere di salvarla, nessun dubbio che la salverebbe. Ma non ha quel potere, e io sono deciso a mostrare a quanti sopravvivranno dei suoi seguaci quanto fosse malriposta la loro fede nel cosiddetto "Salvatore del mondo". Rientra, ora. Sai dov'è la stazione radio. Attendimi lì, mentre io osservo per un poco ancora la costernazione di quelle creature insignificanti laggiù nella valle.» Mary sapeva di dover obbedire, che non poteva ribellarsi, ma non si rassegnava ancora. Voltandosi per rientrare, non seppe trattenersi e sbottò: «Sì, hai distrutto la teleferica, ma ne hai ucciso alcuni soltanto. E sta sicuro che assieme a quelle autoblinde ci sono anche truppe alpine. Saliranno sin quassù, e per ognuno di quelli che hai ucciso faranno venire altri uomini, decine e decine di rinforzo. Dovevi fuggire prima. Hai tardato troppo, e sta' pur certo che ti prenderanno». Il Grande Ariete sollevò la testa in un gesto di suprema arroganza. «Piccola, insignificante pazza. La tua ostinata cecità dinnanzi alla vastità dei miei poteri è quasi divertente. Sì, ho dovuto mandar via Mirkoss e i cinesi, che altrimenti sarebbero rimasti in trappola. Ma io, il Grande Ariete, non sono come gli altri uomini. Quando io lo vorrò, potrò far scendere le nubi dal cielo per nascondere l'entrata della caverna e per fermare la scalata di quegli uomini, a meno che non intendano sfidare la morte ad ogni passo. E

Teddy. Ma poteva essere una semplice intuizione, non una certezza. E da lì<br />

a poche ore il Grande Ariete avrebbe lanciato il suo razzo, riducendo Londra<br />

in un cumulo di macerie fumanti e sterminando a centinaia di migliaia,<br />

a milioni, innocenti e rei indifferentemente, e i satanisti di Cremorne sarebbero<br />

stati ridotti in cenere molto prima d'essere trascinati in tribunale e<br />

condannati per i loro delitti.<br />

Mary sapeva che lei e Wash non avrebbero avuto altre occasioni per tentar<br />

di sabotare il razzo prima del lancio. Poteva pregare soltanto sperando<br />

che un qualche difetto, un guasto qualunque, un atto dipendente dalla volontà<br />

divina, o magari soltanto derivante da un gesto di vanità da parte del<br />

Grande Ariete, venisse a ritardarlo. La notizia che Verney stava accorrendo,<br />

il pensiero che con lui potesse esserci anche Barney, aggiungevano<br />

una nuova agonia al tormento insopportabile che già l'angosciava. Avrebbero<br />

fatto in tempo?<br />

Mary aveva appena formulato quei pensieri che l'angoscia dell'attesa<br />

venne infranta di colpo dal Grande Ariete, che all'improvviso esclamò:<br />

«Eccoli che arrivano! Eccoli là! Lo sapevo che non potevano essere lontani!».<br />

Il Grande Ariete indicava col braccio teso giù nella valle dove, nello<br />

stesso istante, si era fatto sentire il rumore sordo, lontano di parecchi motori.<br />

Mary guardò, e da lassù vide quella che pareva una colonna di giocattoli<br />

meccanici scaturiti da una curva oltre la montagna. Auto, motociclette, jeeps<br />

e cingolati avanzavano sobbalzando sul pessimo fondo stradale e altri<br />

ne spuntavano: trenta, quaranta ne apparvero. E quando i primi raggiunsero<br />

la stazione della teleferica si fermarono di colpo, e alcuni uomini, balzati<br />

a terra, corsero subito verso la baracca della funivia.<br />

Il Grande Ariete proruppe in un'altra risata sinistra. «Guarda, ora, piccola<br />

sciocca» disse. «Guarda e vedrai come affronto e distruggo forze ben<br />

più imponenti delle tue, quando pensano di potermi nuocere.»<br />

La gioia provata nel vedere quel gruppo d'uomini amici, che venivano in<br />

suo soccorso, fu di breve durata. Mary comprese che il Grande Ariete doveva<br />

aver già predisposto il suo piano e che, ricorrendo ai suoi magici poteri,<br />

era sul punto di annientarli.<br />

L'angoscia, momentaneamente svanita, vedendo la colonna di automezzi<br />

che s'avvicinava, tornava, eppure il Grande Ariete non si muoveva, non<br />

pronunciava maledizioni, non faceva un gesto.<br />

Dalla baracca che alloggiava il macchinario della teleferica si levò improvvisa<br />

una grande fiammata che salì rapida verso il cielo. Qualche istan-

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