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di fermarsi per concedersi un po' di riposo. Erano quasi le tre del mattino e dopo una giornata faticosa Barney era sfinito. Le ultime otto ore erano state un inferno, ma anche dopo essersi coricato stentò un pezzo a prendere sonno, tormentato com'era dal pensiero di quel che poteva essere accaduto a Mary. Barney aveva ordinato al portiere che lo svegliassero alle sette. Erano da poco passate le otto che già era in macchina e correva verso Londra. Non erano ancora le dieci quando entrò nell'ufficio della segretaria di C.B. dicendo che doveva vedere assolutamente il capo appena arrivava. «Il colonnello è già arrivato» rispose la donna, confusa da quella veemenza. «È venuto qui in piena notte e ha rovinato la mia domenica ordinandomi di tornare immediatamente in ufficio. Comunque, l'aspetta, lei può entrare.» Verney se ne stava, come al solito, alla scrivania, che per una volta tanto era perfettamente sgombra. Solo una tazza da caffè, vuota, testimoniava malinconicamente la lunga attesa notturna. Appena udì la porta che si apriva, si volse a Barney e senza perdersi in preamboli domandò: «Notizie del Grande Ariete?» «Notizie! lo!» replicò Barney. «Non ne ho avute altre, dopo la telefonata di questa notte. Ma... pensavo che la polizia londinese l'avesse preso, lui e gli altri.» «No. E lei si è ingannato supponendo che stessero venendo qui. Ho indotto Scotland Yard a mettere in moto tutto quello di cui dispongono per intercettarli, ma è stato inutile. Secondo me, quello è scappato un'altra volta. Ha lasciato l'Inghilterra in aereo.» «Signore, cosa le fa pensare che sia fuggito in aereo?» domandò Barney, subito innervosito dalla piega che prendevano gli avvenimenti. Verney sorrise maliziosamente. «Se ha una bottiglia a portata di mano, beva un sorso e si regga forte. Verso l'una del mattino quella sua nuova conoscenza, il colonnello Henrik G. Washington, è partito in aereo dalla base nella quale presta servizio portandosi via un ricordino. Non immagina di cosa si tratta?» «Non sarà...» balbettò Barney, fermandosi spaventato all'idea che gli era balenata all'improvviso. «Non sarà mica una bomba H?» «Giovanotto, lei ha fatto centro al primo colpo. Le sottigliezze non fanno molta differenza. E se non è una bomba H, si tratta sempre di uno degli ultimi modelli di bombe nucleari prodotte dagli Stati Uniti.»
«E Lothar era con lui?» «Tutto induce a credere che fosse con lui.» «Ma Mary! Mary!» esclamò Barney, visibilmente angosciato. «Cosa ne hanno fatto di lei?» Verney allargò sconsolatamente le braccia. «Vorrei poterle dire che è sana e salva. Ponderando tutti gli elementi in nostro possesso credo di non ingannarmi pensando che è ancora viva. Lasciata l'abbazia, sono andati subito alla base aerea. Se l'avessero uccisa, è lecito supporre che a quest'ora qualcuno ne avrebbe trovato il cadavere. A meno che non sia riuscita a fuggire e stia ancora vagando senza meta, come una smemorata, resta soltanto un'alternativa: che, fuggendo, l'abbiano portata con loro.» Barney si torceva le mani, inorridito. «Buon Dio!» esclamava fra i denti. «Buon Dio, è troppo orrendo. Se fossi andato dritto filato alla base aerea invece di tornare all'abbazia... E io, imbecille, mi chiedevo cosa fosse andato a farci Lothar da quelle parti, e mi ero convinto che ci fosse andato per carpire chissà mai quale segreto agli americani. Ma dopo... sì, dopo...» «Adagio, giovanotto. Si calmi. Ne ha passate di tutti i colori e non sarò certamente io a rimproverarla se, in quel momento, si preoccupava soprattutto della donna.» «Però se fossi corso alla base americana, avrei potuto sventare i loro piani, mettere nel sacco Lothar e il colonnello e salvare Mary.» «Non avrebbe potuto far niente del genere. Lei si era smarrito in una campagna che non conosceva, non aveva alcun mezzo per raggiungere la base aerea e dopo essere fuggito dall'abbazia è passata almeno mezz'ora prima di poter telefonare e mettersi in contatto con la polizia di Cambridge. Anche se si fosse fatto portare immediatamente alla base americana, prima di raggiungerla, prima di poter spiegare la situazione ai responsabili della sicurezza della base e di riuscire a convincerli sarebbe stato troppo tardi in ogni caso e il colonnello e i suoi ospiti sarebbero riusciti tranquillamente a fuggire.» Barney ascoltava fissandolo sbalordito. Quando tacque, obiettò: «Ma quando ho telefonato, mi sono limitato a dire di Lothar soltanto. Non ho accennato per niente all'abbazia e alla scena infernale che si è svolta là dentro. E lei, come fa a sapere...». Verney sorrise appena. «Otto Khune ha avuto una delle sue visioni e mi ha svegliato nel pieno della notte. Dopo di che ho ricevuto un lungo rapporto della polizia di Cambridge e un altro dei responsabili dei servizi di sicurezza della base americana. Insomma, mettendo assieme i diversi pez-
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Barney aveva ordinato al portiere che lo svegliassero alle sette. Erano da<br />
poco passate le otto che già era in macchina e correva verso Londra. Non<br />
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«Il colonnello è già arrivato» rispose la donna, confusa da quella veemenza.<br />
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Verney se ne stava, come al solito, alla scrivania, che per una volta tanto<br />
era perfettamente sgombra. Solo una tazza da caffè, vuota, testimoniava<br />
malinconicamente la lunga attesa notturna. Appena udì la porta che si apriva,<br />
si volse a Barney e senza perdersi in preamboli domandò: «Notizie<br />
del Grande Ariete?»<br />
«Notizie! lo!» replicò Barney. «Non ne ho avute altre, dopo la telefonata<br />
di questa notte. Ma... pensavo che la polizia londinese l'avesse preso, lui e<br />
gli altri.»<br />
«No. E lei si è ingannato supponendo che stessero venendo qui. Ho indotto<br />
Scotland Yard a mettere in moto tutto quello di cui dispongono per<br />
intercettarli, ma è stato inutile. Secondo me, quello è scappato un'altra volta.<br />
Ha lasciato l'Inghilterra in aereo.»<br />
«Signore, cosa le fa pensare che sia fuggito in aereo?» domandò Barney,<br />
subito innervosito dalla piega che prendevano gli avvenimenti.<br />
Verney sorrise maliziosamente. «Se ha una bottiglia a portata di mano,<br />
beva un sorso e si regga forte. Verso l'una del mattino quella sua nuova<br />
conoscenza, il colonnello Henrik G. Washington, è partito in aereo dalla<br />
base nella quale presta servizio portandosi via un ricordino. Non immagina<br />
di cosa si tratta?»<br />
«Non sarà...» balbettò Barney, fermandosi spaventato all'idea che gli era<br />
balenata all'improvviso. «Non sarà mica una bomba H?»<br />
«Giovanotto, lei ha fatto centro al primo colpo. Le sottigliezze non fanno<br />
molta differenza. E se non è una bomba H, si tratta sempre di uno degli<br />
ultimi modelli di bombe nucleari prodotte dagli Stati Uniti.»