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30.01.2013 Views

t'intorno parve accendersi la luce del sole alla quale seguì subito lo scrosciare del tuono. Il pavimento sussultò, una parte del tetto crollò sull'altare, le lugubri fiammelle delle nere candele oscillarono paurosamente e si spensero facendo piombare quel luogo sinistro in una tenebra di morte. Per un pezzo nella cappella sconsacrata regnò il pandemonio. Le urla, le bestemmie fendevano l'aria frammischiandosi ai gemiti, al rumore dei piedi in corsa, sino a quando il raggio di una torcia venne a squarciare le tenebre, seguito da un altro e da un altro ancora; divennero cinque e, frugando in quel finimondo, svelarono il caos piombato così all'improvviso fra i satanisti. Ancora visibilmente stordito, Lothar s'appoggiava barcollante all'altare e con una mano si massaggiava il mento ustionato. Wash stava chino su di lui. Due della congrega si erano rintanati in un angolo e un terzo, che Barney aveva atterrato con una ginocchiata al ventre, gemeva e si contorceva incapace di rialzarsi. Con grande sollievo di Mary, Barney era scomparso. Tre satanisti mancavano all'appello e Mary non sapeva se stessero inseguendo Barney o se fossero fuggiti. Mary capiva di dover pagare assai caro quell'impresa e non oppose nessuna resistenza quando due incappucciati si precipitarono su di lei e, afferratala per le braccia, la spinsero verso il Grande Ariete che per qualche istante la fissò come intontito, sino a quando in quegli occhi neri riapparve un barlume di intelletto. Allungando la mano verso Wash, il Grande Ariete ordinò con voce ancora incerta: «Aiutami a rialzarmi». Dopo che Wash l'ebbe rimesso in piedi, proseguì con fatica, ma nella voce s'avvertiva il tono della minaccia. «Un momento... Fammi riflettere. Devo pensare... Non la ucciderò. La morte sarebbe troppo dolce, troppo facile. Devo pensare... Devo trovare una maledizione... Una maledizione che le renda l'esistenza peggiore della morte... Ho trovato: distruggerò la sua mente, la renderò come uno zombie, un morto che cammina... No! No! Non voglio. La metterebbero in un manicomio, e i pazzi possono anche vivere felici se li nutrono e li trattano bene. S'accontentano di poco. Distruggerò la sua bellezza... i denti, gli occhi, i capelli... Sarà per lei una lunga agonia durante la quale vedrà marcire le proprie carni, marcire le ossa.» Mary, che lo fissava, sgranò gli occhi inorridita, la bocca spalancata non riuscì a pronunciare un suono. Si era attesa la morte, sì, ma non una sentenza così orribile. Ma nemmeno se si fosse gettata ai suoi piedi, se avesse pianto, implorato avrebbe potuto ottenere pietà.

A quelle parole spietate seguirono lunghi momenti di silenzio. Persino i più umili fra i satanisti che si erano accalcati intorno al trio erano rimasti inorriditi udendo la terribile minaccia del Grande Ariete, immaginando la bella donna che avevano dinnanzi lercia, marcire lentamente e trascinarsi invocando una morte che non veniva, spettacolo orrendo operato da una maledizione più obbrobriosa della peggior lebbra, della peggior sifilide. Fu Wash a rompere il silenzio sepolcrale che era sceso nella cappella dopo che il Grande Ariete aveva pronunciato la sentenza: «Padrone, questa donna ha meritato tutto il tuo castigo, tutta la tua collera, ma in questo luogo siamo impotenti, ora. Quel maledetto crocifisso chissà dov'è finito, ma è qui. Nessuno di noi avrebbe il coraggio di toccarlo; le vibrazioni che emana annullerebbero qualunque magia che ognuno di noi, chiunque fosse, decidesse di tentare». «T'inganni» replicò il Grande Ariete, con voce inespressiva, ma non priva d'autorità. «Quando il... Quando mi ha colpito, si è incenerito completamente ed ora in esso non c'è più potere di quanto ne possa esistere in un pezzo di legno qualunque, in un frammento d'avorio. Ordina di riaccendere le candele affinché io possa scagliare la mia maledizione su quella donna.» Alcuni satanisti si mossero per obbedire, ma Wash lì inchiodò dove stavano. «Che nessuno si muova. Prima ho qualcosa da dire!» intimò. Poi, tornando a rivolgersi a Lothar: «Capo, questa notte abbiamo un lavoro importante da portare a termine: lavoro a gloria di Satana Signore Nostro, una missione di suprema importanza. Non dimenticare. E non occorre che sia proprio io a rammentarti che il lanciare maledizioni svuota di ogni energia anche i più forti che sono fra noi. Nel breve volgere d'un'ora tu avrai bisogno di tutte le tue energie se dovremo superare le difficoltà che possiamo prevedere. Lasciala a me questa pazza sgualdrina. A lei provvederò io». «No. Io voglio maledirla qui, subito» replicò caparbiamente Lothar. «lo non sono un piccolo, povero prete. Sono il Grande Ariete, io, e sotto la protezione del Principe Lucifero, il mio potere è inesauribile!» «Certo! Certo! Nessuno mette in dubbio questo particolare» replicò Wash, col tono che avrebbe usato un imbonitore da fiera, per poi cambiarlo bruscamente. «Questo è vero quando sei nel pieno possesso di tutte le tue facoltà, e invece adesso non lo sei. Sei così stordito che ti reggi in piedi a stento. Sei come uno di quei combattenti che sono sotto shock dopo aver partecipato a una battaglia. E io li conosco i sintomi. Ne ho visti tanti! Ecco perché il comando lo prendo temporaneamente io, qui, e ordino a tutti

A quelle parole spietate seguirono lunghi momenti di silenzio. Persino i<br />

più umili fra i satanisti che si erano accalcati intorno al trio erano rimasti<br />

inorriditi udendo la terribile minaccia del Grande Ariete, immaginando la<br />

bella donna che avevano dinnanzi lercia, marcire lentamente e trascinarsi<br />

invocando una morte che non veniva, spettacolo orrendo operato da una<br />

maledizione più obbrobriosa della peggior lebbra, della peggior sifilide.<br />

Fu Wash a rompere il silenzio sepolcrale che era sceso nella cappella<br />

dopo che il Grande Ariete aveva pronunciato la sentenza: «Padrone, questa<br />

donna ha meritato tutto il tuo castigo, tutta la tua collera, ma in questo luogo<br />

siamo impotenti, ora. Quel maledetto crocifisso chissà dov'è finito, ma<br />

è qui. Nessuno di noi avrebbe il coraggio di toccarlo; le vibrazioni che emana<br />

annullerebbero qualunque magia che ognuno di noi, chiunque fosse,<br />

decidesse di tentare».<br />

«T'inganni» replicò il Grande Ariete, con voce inespressiva, ma non priva<br />

d'autorità. «Quando il... Quando mi ha colpito, si è incenerito completamente<br />

ed ora in esso non c'è più potere di quanto ne possa esistere in un<br />

pezzo di legno qualunque, in un frammento d'avorio. Ordina di riaccendere<br />

le candele affinché io possa scagliare la mia maledizione su quella donna.»<br />

Alcuni satanisti si mossero per obbedire, ma Wash lì inchiodò dove stavano.<br />

«Che nessuno si muova. Prima ho qualcosa da dire!» intimò. Poi,<br />

tornando a rivolgersi a Lothar: «Capo, questa notte abbiamo un lavoro importante<br />

da portare a termine: lavoro a gloria di Satana Signore Nostro,<br />

una missione di suprema importanza. Non dimenticare. E non occorre che<br />

sia proprio io a rammentarti che il lanciare maledizioni svuota di ogni energia<br />

anche i più forti che sono fra noi. Nel breve volgere d'un'ora tu avrai<br />

bisogno di tutte le tue energie se dovremo superare le difficoltà che possiamo<br />

prevedere. Lasciala a me questa pazza sgualdrina. A lei provvederò<br />

io».<br />

«No. Io voglio maledirla qui, subito» replicò caparbiamente Lothar. «lo<br />

non sono un piccolo, povero prete. Sono il Grande Ariete, io, e sotto la<br />

protezione del Principe Lucifero, il mio potere è inesauribile!»<br />

«Certo! Certo! Nessuno mette in dubbio questo particolare» replicò<br />

Wash, col tono che avrebbe usato un imbonitore da fiera, per poi cambiarlo<br />

bruscamente. «Questo è vero quando sei nel pieno possesso di tutte le<br />

tue facoltà, e invece adesso non lo sei. Sei così stordito che ti reggi in piedi<br />

a stento. Sei come uno di quei combattenti che sono sotto shock dopo aver<br />

partecipato a una battaglia. E io li conosco i sintomi. Ne ho visti tanti! Ecco<br />

perché il comando lo prendo temporaneamente io, qui, e ordino a tutti

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