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30.01.2013 Views

ifletteva, pensieroso. «Per quello che riguarda la tua iniziazione, non occorre che tu vada a Londra» le disse, come se avesse preso una decisione. «Io, qui, dirigo una loggia per alcuni dei miei uomini. Solo quando capito a Londra in licenza e in occasione di cerimonie importanti faccio una capatina nella loggia di Abaddon, ma tanti sabati, di sera, faccio il sommo sacerdote per i miei adepti. Mi incarico io della tua iniziazione. Certo che c'è la storia del sacrificio, ma visto che non vuoi perdere tempo per diventare una Sorella, penso proprio che farò la mia offerta di sangue sabato sera e così sarò io stesso a iniziarti.» Mary si sentì sprofondare la terra sotto i piedi, e più ancora quando Wash aggiunse, meditabondo: «Questo significa che dovrò prestarti, per un poco, a qualcuno dei miei ragazzi, ma non si può evitare. In ogni caso, io non ho alcun diritto d'impedirti di diventare una Sorella, una strega bella e buona, ma la mia ricompensa verrà in seguito. Sarai qualificata per diventare la mia assistente in qualche magia privata che sto meditando da un certo tempo. Due membri del culto che operano assieme ottengono sempre risultati migliori d'un membro solo». Evitando di guardarlo, Mary continuò a frugare fra le bottigliette, avvilita perché capiva d'essersi cacciata in un altro pasticcio per aver voluto strafare. Non le restava che pregare, con la speranza che prima di sabato un qualunque avvenimento imprevedibile venisse a sottrarla alla minaccia che tornava a gravare su di lei. La serata e la notte che trascorsero assieme differì ben poco dalle precedenti, ma la mattina dopo, quando i domestici li destarono, prima d'entrare nel bagno Wash premette un interruttore inserito nella scatola quadrata che aveva portato in camera la sera prima. Mary sonnecchiava ancora quando la voce di lui scaturì dalla scatola con un ordine secco: «Spogliati!». Balzata a sedere, Mary fissò la scatola con occhi sgranati. Sì, aveva sentito parlare di registratori, ma non ne aveva mai visto uno. Ascoltando, comprendeva che quella scatola doveva essere un registratore che adesso trasmetteva la registrazione della sera precedente, quando Wash l'aveva malmenata dopo il suo maldestro tentativo di fuga. Riudì ancora le sue urla di dolore, le sue invocazioni, e la voce di lui seguita dai suoi gemiti, dai suoi singulti. Rivivendo quei terribili istanti, Mary rabbrividì da capo a piedi. «È solo un ricordino» le disse Wash, uscito dal bagno, sorridendole. «Non tentare niente che non vorresti che io venga a sapere mentre sono alla base.»

«Non mi ci proverò nemmeno» fu pronta a rassicurarlo Mary, «Non ho alcuna voglia d'andarmene da qui. In questa casa mi sto godendo ogni momento.». «Alcuni momenti soltanto» replicò lui, fissandola con un sorriso maligno. «Comunque, ieri sera ho avuto la sensazione che ti stesse frullando qualcosa nella testa e mi sono detto che una bellezza come te non poteva aver fatto vita solitaria prima che ti prendessi io. E allora ho pensato che potevi avere un amico a Londra e che muori dalla voglia di rivederlo, e mi sono detto anche che era meglio che ti sistemassi a dovere per convincerti ad evitare altri guai.» Raggiuntala, le prese la testa fra le sue manacce e la fissò dritto negli occhi con quegli occhiacci neri che in meno d'un minuto parvero dilatarsi a dismisura. E Mary sentì che diceva, scandendo le parole: «Ripeti con me: io non metterò più piede fuori di questa casa se non sarò in compagnia di quel grosso bastardo di Wash». Sforzandosi di apparire soggiogata, Mary ripeté le parole che comandava, non una ma per ben tre volte, dopo di che lui la lasciò. Più tardi, quel giorno stesso Mary decise di mettere alla prova l'incantesimo che Wash le aveva fatto. Atteso che Jim fosse fuori dai piedi, corse a un uscio dietro la casa e, apertolo, guardò la piccola macchia d'alberi in fondo al giardino: s'impose di uscire e di raggiungere quegli alberi. Ma per quanti sforzi facesse, non ci riuscì. La suggestione ipnotica resisteva e nonostante i ripetuti tentativi, Mary non riuscì a muovere un passo, uno soltanto, oltre la soglia. Ma nel soggiorno c'era un telefono, con diramazioni nell'ingresso e in camera da letto, e Mary aveva già pensato di servirsene per mettersi in contatto con Verney. Vedendo che fuggire non poteva, pensò subito di tentare per quella strada e riuscì a sollevare la cornetta nel soggiorno, ma quando udì il segnale di libero la depose precipitosamente pensando che il suo carceriere potesse scoprirla sfruttando le sue capacità psichiche, come aveva scoperto facilmente il suo tentativo di fuga del giorno prima. E lei non era nemmeno capace d'uscire di casa! Se Wash avesse scoperto che meditava di tradirlo cercando di farlo arrestare, nessun dubbio che l'avrebbe uccisa. Il rischio da correre era troppo grosso e Mary decise di non farne niente. Così si mise a frugare per la stanza alla ricerca d'un libro da leggere per distogliere la mente da quella situazione terribile, ma pareva che l'elenco te-

«Non mi ci proverò nemmeno» fu pronta a rassicurarlo Mary, «Non ho<br />

alcuna voglia d'andarmene da qui. In questa casa mi sto godendo ogni<br />

momento.».<br />

«Alcuni momenti soltanto» replicò lui, fissandola con un sorriso maligno.<br />

«Comunque, ieri sera ho avuto la sensazione che ti stesse frullando<br />

qualcosa nella testa e mi sono detto che una bellezza come te non poteva<br />

aver fatto vita solitaria prima che ti prendessi io. E allora ho pensato che<br />

potevi avere un amico a Londra e che muori dalla voglia di rivederlo, e mi<br />

sono detto anche che era meglio che ti sistemassi a dovere per convincerti<br />

ad evitare altri guai.»<br />

Raggiuntala, le prese la testa fra le sue manacce e la fissò dritto negli occhi<br />

con quegli occhiacci neri che in meno d'un minuto parvero dilatarsi a<br />

dismisura. E Mary sentì che diceva, scandendo le parole: «Ripeti con me:<br />

io non metterò più piede fuori di questa casa se non sarò in compagnia di<br />

quel grosso bastardo di Wash».<br />

Sforzandosi di apparire soggiogata, Mary ripeté le parole che comandava,<br />

non una ma per ben tre volte, dopo di che lui la lasciò.<br />

Più tardi, quel giorno stesso Mary decise di mettere alla prova l'incantesimo<br />

che Wash le aveva fatto. Atteso che Jim fosse fuori dai piedi, corse a<br />

un uscio dietro la casa e, apertolo, guardò la piccola macchia d'alberi in<br />

fondo al giardino: s'impose di uscire e di raggiungere quegli alberi. Ma per<br />

quanti sforzi facesse, non ci riuscì. La suggestione ipnotica resisteva e nonostante<br />

i ripetuti tentativi, Mary non riuscì a muovere un passo, uno soltanto,<br />

oltre la soglia.<br />

Ma nel soggiorno c'era un telefono, con diramazioni nell'ingresso e in<br />

camera da letto, e Mary aveva già pensato di servirsene per mettersi in<br />

contatto con Verney. Vedendo che fuggire non poteva, pensò subito di tentare<br />

per quella strada e riuscì a sollevare la cor<strong>net</strong>ta nel soggiorno, ma<br />

quando udì il segnale di libero la depose precipitosamente pensando che il<br />

suo carceriere potesse scoprirla sfruttando le sue capacità psichiche, come<br />

aveva scoperto facilmente il suo tentativo di fuga del giorno prima. E lei<br />

non era nemmeno capace d'uscire di casa! Se Wash avesse scoperto che<br />

meditava di tradirlo cercando di farlo arrestare, nessun dubbio che l'avrebbe<br />

uccisa.<br />

Il rischio da correre era troppo grosso e Mary decise di non farne niente.<br />

Così si mise a frugare per la stanza alla ricerca d'un libro da leggere per distogliere<br />

la mente da quella situazione terribile, ma pareva che l'elenco te-

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