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30.01.2013 Views

quando ha quegli strani eccessi non sembra proprio il bravo, onesto cittadino del quale ci si possa fidare. In sostanza, dice che l'unica speranza che ha il mondo consiste nel cambiare strada, e che per farlo bisogna incominciare col distruggere ogni vecchio imperialismo, ogni governo capitalista; che gli interessi americani nel settore petrolifero e nel mondo dei grandi affari in generale sono l'origine di tutti i mali che affliggono l'umanità, che la completa libertà dell'individuo si può conseguire soltanto tramite la completa uguaglianza fra tutti gli esseri umani.» «La si direbbe la vecchia teoria comunista. Pensi che si sia lasciato convincere dai russi?» «Potrebbe darsi, ma non lo credo. Le sue idee sembrerebbero più in linea con quelle dei vecchi anarchici d'una volta: completa abolizione di ogni legge, di ogni governo e libertà per tutti d'aggregarsi in piccole comunità di uguali, nelle quali ognuno prende quel che gli abbisogna e dà quello che può. Comunque, mentre era fuori, durante questo fine settimana, pensando che potrebbe essere in contatto con qualche tipo pericoloso, ho deciso di frugare nel suo appartamento con la speranza di trovare qualcosa che potesse gettare un po' di luce sul mistero...» Forsby tacque e, aperta la valigetta, ne prese un dattiloscritto. Posatolo sulla scrivania, disse: «Fra la sua corrispondenza non c'era niente d'interessante, ma in un cassetto della sua scrivania ho trovato un documento scritto di suo pugno. L'ho fotocopiato, ed eccolo qui». Inforcati gli occhiali, Verney spiegò i fogli che Forsby gli porgeva e lesse. Io, Otto Helmuth Khune, faccio questa dichiarazione di mia spontanea volontà e dichiaro di essere sano di mente nel caso che qualcosa possa accadere in seguito alla mia persona e che il mio stato mentale possa essere messo in discussione. Sono nato a Chicago l'8 febbraio 1918 da genitori emigrati dalla Germania nel 1910 e naturalizzati americani, settimo di altri sei fratelli, assieme a mio fratello Lothar. Eravamo la terza coppia di gemelli avuti da nostra madre. Degli altri, tre sono morti durante l'infanzia o nei primi mesi di vita. I gemelli delle altre due coppie non erano identici, io e Lothar sì. Siamo stati gli ultimi figli messi al mondo da nostra madre, gli altri tre figli sopravvissuti erano femmine, una delle quali è morta in un incendio nel 1933, le altre due si sono sposate e una abita a Filadelfia e l'altra a Detroit. Sono quindici anni che non le vedo e nessuna delle due è coinvolta nell'argomento del quale sto per fornire un resoconto. I miei genitori

sono morti. Quando affermo che io e Lothar siamo identici, intendo l'identicità in senso letterale. La nostra somiglianza era così perfetta che persino i nostri più intimi ci scambiavano facilmente l'uno per l'altro. Anche per mentalità eravamo straordinariamente simili: avevamo gli stessi gusti in fatto di cibi, di divertimenti e di abbigliamento e quasi invariabilmente nutrivamo le stesse simpatie e antipatie nei nostri rapporti umani. Dai dieci ai vent'anni si è manifestata una certa divergenza nei rapporti con gli estranei, ma mentalmente abbiamo continuato a somigliarci come due gocce d'acqua. Nessuno dei due aveva difficoltà a leggere il pensiero dell'altro e spesso ci capitava d'incominciare a dire la medesima cosa nello stesso istante, tanto che la nostra identità mentale è divenuta motivo di scherzi per chi ci conosce. Ma il vincolo che ci lega è più profondo ancora, tant'è vero che se uno dei due s'ammala, quasi contemporaneamente s'ammala anche l'altro della stessa malattia, o accusa gli stessi sintomi. Questa sintonia s'estende al campo più concretamente fisico. Una volta, durante una lite a scuola, mi hanno fatto un occhio nero: anche Lothar ha accusato il colpo, e subito dopo l'occhio gli è diventato nero e gonfio come il mio. Un 'altra volta Lothar è caduto e si è rotto una caviglia. Io ho sofferto tanto che pareva rotta anche la mia e hanno dovuto farmi le stesse cure che facevano a lui. Un'altra cosa che avevamo in comune era un assai sviluppato senso psichico. Si dice che il settimo figlio di un settimo figlio è facile che abbia questo dono e io e Lothar eravamo in quest 'ordine di nascita con mia madre, settima figlia, dei nostri nonni. Anche lei era una medium; in qualche misura e entro certi limiti riusciva a vedere cose in una sfera di cristallo e a predire il futuro leggendo le carte; aveva predetto morti che si erano avverate, ma le sue doti medianiche non erano sviluppate come le nostre. Io e Lothar riuscivamo a leggere il carattere dei singoli individui dal colore delle aureole che avevano attorno al capo. Quelle aureole restano invisibili per la stragrande maggioranza delle persone, ma erano perfettamente visibili per noi due. Avevamo presagi riguardanti cose che dovevano accaderci, e invariabilmente quei presagi si rivelavano esatti, e spesso riuscivamo a predire la buona o la cattiva sorte ai nostri amici. Riuscivamo a «vedere» le cose. La prima esperienza in materia l'avevamo avuta quando eravamo ancora molto giovani, ed era stato lo spiritoforma d'un cane col quale giocavamo spesso, senza immaginare in ciò nulla di strano, la sera nella nostra stanza. In seguito abbiamo visto molti al-

sono morti.<br />

Quando affermo che io e Lothar siamo identici, intendo l'identicità in<br />

senso letterale. La nostra somiglianza era così perfetta che persino i nostri<br />

più intimi ci scambiavano facilmente l'uno per l'altro. Anche per mentalità<br />

eravamo straordinariamente simili: avevamo gli stessi gusti in fatto di cibi,<br />

di divertimenti e di abbigliamento e quasi invariabilmente nutrivamo le<br />

stesse simpatie e antipatie nei nostri rapporti umani. Dai dieci ai vent'anni<br />

si è manifestata una certa divergenza nei rapporti con gli estranei, ma<br />

mentalmente abbiamo continuato a somigliarci come due gocce d'acqua.<br />

Nessuno dei due aveva difficoltà a leggere il pensiero dell'altro e spesso<br />

ci capitava d'incominciare a dire la medesima cosa nello stesso istante,<br />

tanto che la nostra identità mentale è divenuta motivo di scherzi per chi ci<br />

conosce. Ma il vincolo che ci lega è più profondo ancora, tant'è vero che<br />

se uno dei due s'ammala, quasi contemporaneamente s'ammala anche l'altro<br />

della stessa malattia, o accusa gli stessi sintomi. Questa sintonia s'estende<br />

al campo più concretamente fisico. Una volta, durante una lite a<br />

scuola, mi hanno fatto un occhio nero: anche Lothar ha accusato il colpo,<br />

e subito dopo l'occhio gli è diventato nero e gonfio come il mio. Un 'altra<br />

volta Lothar è caduto e si è rotto una caviglia. Io ho sofferto tanto che pareva<br />

rotta anche la mia e hanno dovuto farmi le stesse cure che facevano a<br />

lui.<br />

Un'altra cosa che avevamo in comune era un assai sviluppato senso psichico.<br />

Si dice che il settimo figlio di un settimo figlio è facile che abbia<br />

questo dono e io e Lothar eravamo in quest 'ordine di nascita con mia madre,<br />

settima figlia, dei nostri nonni. Anche lei era una medium; in qualche<br />

misura e entro certi limiti riusciva a vedere cose in una sfera di cristallo e<br />

a predire il futuro leggendo le carte; aveva predetto morti che si erano avverate,<br />

ma le sue doti medianiche non erano sviluppate come le nostre.<br />

Io e Lothar riuscivamo a leggere il carattere dei singoli individui dal colore<br />

delle aureole che avevano attorno al capo. Quelle aureole restano invisibili<br />

per la stragrande maggioranza delle persone, ma erano perfettamente<br />

visibili per noi due. Avevamo presagi riguardanti cose che dovevano<br />

accaderci, e invariabilmente quei presagi si rivelavano esatti, e spesso<br />

riuscivamo a predire la buona o la cattiva sorte ai nostri amici.<br />

Riuscivamo a «vedere» le cose. La prima esperienza in materia l'avevamo<br />

avuta quando eravamo ancora molto giovani, ed era stato lo spiritoforma<br />

d'un cane col quale giocavamo spesso, senza immaginare in ciò nulla<br />

di strano, la sera nella nostra stanza. In seguito abbiamo visto molti al-

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