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30.01.2013 Views

e lui era scoppiato a ridere fragorosamente. «Ma che brava squaw che sei. Incomincio a credere che saresti una moglie perfetta. Però non devi preoccuparti, dolcezza. No, signora. Non in casa mia. Se no, per cosa pagherei quei giovanotti?» Chinatosi improvvisamente, le aveva passato un braccio attorno alle reni e quasi che pesasse non più d'un bimbetto l'aveva sollevata caricandosela su una spalla, con la sinistra aveva acceso e spento le diverse lampade che incontrava sul suo cammino e l'aveva portata di peso al primo piano canticchiando alcune strofe di una canzone americana dal titolo "Frankie e Johnny si volevano bene". Quando l'aveva posata nella camera da letto arredata con mobili color oliva chiaro, Mary non aveva tentato nemmeno di sottrarsi a quel che l'attendeva. Del resto, un tentativo del genere sarebbe stato perfettamente inutile, puerile. Ma il breve sonno durante la corsa in auto da Londra sin lì era servito, se non altro, a formare come una barriera psicologica che adesso s'interponeva fra quel che le era capitato in precedenza, in quella stessa sera, e il presente. Mary non provava più alcuna paura; la buona cena e quel miscuglio di vino e birra erano serviti a rinvigorirla e fosse il loro effetto, oppure l'effetto ritardato dell'afrodisiaco che le avevano propinato nel tempio, parevano averle fatto dimenticare di trovarsi in compagnia d'un satanista e d'un possibile assassino. Dodici ore dopo, mentre ancora giaceva nel grande letto, ed era ormai sobria del tutto, Mary ricadeva in preda alle ansie, agli assilli della sera precedente e si chiedeva come sarebbe finita, quali altre esperienze amare le riservava il futuro, ma doveva ammettere che non avrebbe mai potuto accusare l'uomo che le giaceva accanto d'averle usato violenza. Che l'avrebbe violentata se avesse tentato di resistergli non lo dubitava nemmeno. Solo che lei non si era opposta, non aveva resistito. Al contrario: al primo bacio gli si era data interamente e, ad eccezione di pochi momenti quando lui era sceso per andare a prendere dello champagne e un'altra volta dell'anitra fredda che avevano mangiato con le mani, lei aveva speso metà della nottata a cercar di soddisfare le sue brame apparentemente insaziabili. Mary capiva che avrebbe dovuto vergognarsi di se stessa. Non per aver goduto di quegli amplessi dopo alcuni mesi d'astinenza, non per aver dormito con un uomo dopo mesi di solitudine, ma perché l'uomo era quello che era. E se anche si era preparata mentalmente a sottomettersi a un qualche satanista, se ci fosse stata costretta durante la cerimonia dell'ini-

ziazione, aveva pensato che quel particolare sarebbe stato di breve durata. In quel caso avrebbe potuto invocare come scusante la necessità di portare avanti l'indagine nella quale si era imbarcata, che la spingeva a farsi accettare dalla setta per poterne più facilmente svelare i segreti. Ma quella notte spesa in compagnia dell'americano era stata del tutto inutile per il proseguimento dei suoi scopi dichiarati, non l'aveva avvicinata d'un passo al raggiungimento del suo obiettivo. In quell'istante il suo compagno si destò; aprì gli occhi e le sorrise appena. Passatole il braccio enorme attorno alle spalle la tirò a sé. «No!» implorò Mary. «No, ti prego. Mi sento rotta. Ti prego, lasciami dormire ancora un poco.» Le sue proteste furono inutili. Lui scoppiò a ridere ed esclamò con tutta l'esuberanza di cui era capace: «C'è tanto di quel tempo per dormire, amore. È domenica! Resteremo a letto tutto il giorno». Mary tentò di respingerlo. Gli occhi di lui, neri e penetranti, si fissarono nei suoi occhi azzurri. Mary sentì la volontà che si scioglieva come neve al sole, e con un sospiro fatto di vergogna e di rassegnazione s'abbandonò al suo amplesso. Quando la lasciò, accese una sigaretta e, tirate alcune boccate, balzò giù dal letto, raggiunse la porta con rapida falcata, uscì sul pianerottolo e da lì urlò con quanto fiato aveva: «Jim! Buster! La colazione! E che sia abbondante. Mi mangerei un bue. Spicciatevi!». Dal pianterreno s'udì uno scalpiccio frettoloso e alcune voci allegre. Ritornato dentro, Washington richiuse l'uscio con un tonfo, e indicatone un altro, le disse: «Là c'è un bagno. Se vuoi rinfrescarti, serviti. Quei sacchi di carbone lo sanno che non mi piace aspettare. La greppia arriverà fra poco, giusto in tempo per friggere le uova». Uova aveva detto, e uova aveva inteso. Otto addirittura, accompagnate da una montagna di pancetta e di salsicce arrivarono in un piatto caldo, ancora frigolanti. Accanto, sul carrello portavivande, c'era una gran cuccuma piena di caffè fumante, un vasetto di crema, marmellata, pane tostato, burro e frutta, e Mary fece onore a tutto quel che lui le mise nel piatto divorando, mentre la serviva, tutto il resto. Mary aveva già notato, oltre il letto, un televisore dallo schermo eccezionale. Finito di far colazione, il colonnello spinse il carrello sul pianerottolo e accese il televisore appena in tempo per il telegiornale delle tredici. Il sabato era stato privo d'avvenimenti importanti e le notizie trasmesse riguardavano soprattutto sviluppi di fatti precedenti. Ascoltando gli sviluppi

e lui era scoppiato a ridere fragorosamente. «Ma che brava squaw che sei.<br />

Incomincio a credere che saresti una moglie perfetta. Però non devi preoccuparti,<br />

dolcezza. No, signora. Non in casa mia. Se no, per cosa pagherei<br />

quei giovanotti?»<br />

Chinatosi improvvisamente, le aveva passato un braccio attorno alle reni<br />

e quasi che pesasse non più d'un bimbetto l'aveva sollevata caricandosela<br />

su una spalla, con la sinistra aveva acceso e spento le diverse lampade che<br />

incontrava sul suo cammino e l'aveva portata di peso al primo piano canticchiando<br />

alcune strofe di una canzone americana dal titolo "Frankie e<br />

Johnny si volevano bene".<br />

Quando l'aveva posata nella camera da letto arredata con mobili color oliva<br />

chiaro, Mary non aveva tentato nemmeno di sottrarsi a quel che l'attendeva.<br />

Del resto, un tentativo del genere sarebbe stato perfettamente inutile,<br />

puerile. Ma il breve sonno durante la corsa in auto da Londra sin lì era<br />

servito, se non altro, a formare come una barriera psicologica che adesso<br />

s'interponeva fra quel che le era capitato in precedenza, in quella stessa sera,<br />

e il presente. Mary non provava più alcuna paura; la buona cena e quel<br />

miscuglio di vino e birra erano serviti a rinvigorirla e fosse il loro effetto,<br />

oppure l'effetto ritardato dell'afrodisiaco che le avevano propinato nel tempio,<br />

parevano averle fatto dimenticare di trovarsi in compagnia d'un <strong>satanista</strong><br />

e d'un possibile assassino.<br />

Dodici ore dopo, mentre ancora giaceva nel grande letto, ed era ormai<br />

sobria del tutto, Mary ricadeva in preda alle ansie, agli assilli della sera<br />

precedente e si chiedeva come sarebbe finita, quali altre esperienze amare<br />

le riservava il futuro, ma doveva ammettere che non avrebbe mai potuto<br />

accusare l'uomo che le giaceva accanto d'averle usato violenza. Che l'avrebbe<br />

violentata se avesse tentato di resistergli non lo dubitava nemmeno.<br />

Solo che lei non si era opposta, non aveva resistito. Al contrario: al primo<br />

bacio gli si era data interamente e, ad eccezione di pochi momenti quando<br />

lui era sceso per andare a prendere dello champagne e un'altra volta dell'anitra<br />

fredda che avevano mangiato con le mani, lei aveva speso metà della<br />

nottata a cercar di soddisfare le sue brame apparentemente insaziabili.<br />

Mary capiva che avrebbe dovuto vergognarsi di se stessa. Non per aver<br />

goduto di quegli amplessi dopo alcuni mesi d'astinenza, non per aver dormito<br />

con un uomo dopo mesi di solitudine, ma perché l'uomo era quello<br />

che era. E se anche si era preparata mentalmente a sottomettersi a un qualche<br />

<strong>satanista</strong>, se ci fosse stata costretta durante la cerimonia dell'ini-

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