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ta allo schienale, a occhi chiusi, piangendo e dandosi dell'imbecille per aver perso l'unica occasione che le si era presentata. Aveva tentato di consolarsi dicendosi che, dopo tutto, era riuscita a cavarsela, ed era stata fortunata, ma dentro di sé capiva anche di aver subito una sconfitta, di non essere più in grado di profittare delle occasioni favorevoli che le si presentavano. Aveva evitato per un pelo d'essere strangolata da Abaddon, d'essere violentata da Ratnadatta e d'essere messa in palio come premio per un certo numero di lussuriosi dopo l'iniziazione, e la fortuna l'aveva assistita facendola uscire quasi indenne dal tempio. Ora poteva soltanto sperare che la stessa fortuna continuasse a proteggerla, che qualcosa d'imprevedibile impedisse all'americano di fare con lei quello che si era proposto sin dall'inizio. Se la fortuna le avesse voltato le spalle, almeno l'avrebbe gettata nelle braccia d'un uomo bello e forte, d'una bellezza fiera, indomabile. Il torpore che la pervadeva dopo tante emozioni le impediva persino di preoccuparsi più di tanto al pensiero di quel che avrebbe potuto accaderle una volta arrivati alla meta. Mary si era rassegnata ripetendosi che ormai era soltanto un trastullo nelle mani capricciose del destino. Il colonnello, convinto che si fosse addormentata, evitava di svegliarla. E prima ancora di abbandonare i sobborghi di Londra, la natura si era incaricata di porre rimedio, in un certo senso, a quella situazione. Paure, speranze, ricordi, erano stati sommersi dal bisogno mentale di riposo e per circa un'ora Mary aveva dormito d'un sonno di piombo senza sogni. Quando l'americano l'aveva destata, l'auto era ferma sotto il portico della villa. Durante il tragitto era piovuto e Mary ora fiutava l'odore della terra e dell'erba bagnata, l'odore balsamico dei pini. Appena scesa, vide stagliata contro il cielo l'ombra d'un cedro enorme in un prato umido di pioggia. L'americano aveva già suonato il campanello. Un minuto più tardi qualcuno aveva acceso la luce in casa, s'era udito lo schiocco della serratura che s'apriva. Un negro grande e grosso, in veste da camera, aveva aperto e, con tono di scusa, aveva mormorato: «Padrone, non pensavo che sarebbe tornato». «Fa niente, Jim. Tira giù dal letto Iziah e digli di mettere l'auto in garage. Dopo, potete tornare a letto tutti e due. Noi ci arrangeremo da soli.» Nel salotto illuminato Mary era riuscita a squadrare ben bene, finalmente, l'uomo nelle cui grinfie era caduta. Benché lei fosse di statura piuttosto alta per una donna, la sua testa gli arrivava appena alla spalla; la pelle del volto era d'un rosso abbronzato, gli occhi neri bluastri come le prugne ma-
ture. E mentre la guardava sorridendo, metteva in mostra due file di denti bianchi e forti, bianchi come l'avorio. «Cara, quel sonnellino t'ha fatto bene» aveva mormorato. «Adesso sembri proprio in forma perfetta. Quello che ti ci vuole è una grossa bistecca al sangue e un boccale di vino rosso per farti sentire meglio della regina di Saba. Però questa sera dovrai accontentarti di quello che troveremo nel frigorifero. Vieni con me, il refettorio è da questa parte.» Il colonnello l'aveva condotta per un corridoio sino alla cucina, con annessa dispensa ed acquaio molto spaziosi, arredati con tutto l'occorrente per garantire il minimo dispendio di fatica. Indicando con la mano enorme, il padrone di casa le aveva detto: «Prima che ci venissi a stare, questa casa era un'anticaglia, arredata che era una vergogna, ma io l'ho sistemata in quattro e quattr'otto. A cosa servono i dollari se non ti rendono comoda la vita? Tanto varrebbe vestirsi di pelli e vivere in una caverna. Ho messo tutto a posto in meno che non si dica e ho ingaggiato alcuni giovanotti di colore per tenere tutto in ordine». Aperto il frigo, aveva domandato: «Adesso sentiamo, cosa preferisci? Anguille in gelatina, salmone affumicato, pesce fritto freddo della cucina yiddish, gamberi in gelatina di pesce, insalata russa, pomodori ripieni?... E nella dispensa ci sono tante altre cose: carne fredda, zuppa di cipolle, cetrioli, noci macerate nel vino e non so cos'altro ancora». Scelte parecchie cose, le avevano messe sul tavolo della cucina. Lui le aveva mostrato dove stavano le posate e i servizi perché potesse apparecchiare per due; prese dal frigo una bottiglia di champagne e due bottiglie di birra scura, aveva mescolato il tutto in una grossa caraffa per farne la bevanda preferita da Bismarck, generalmente nota col nome di velluto nero. Mary non aveva cenato e l'appetito le era venuto appena si era seduta a tavola. Il colonnello l'aveva incoraggiata a mangiare e a bere, e lui stesso aveva mangiato con grande appetito quanto sarebbe stato più che sufficiente per tre uomini robusti. In due, avevano vuotato in meno di mezz'ora la caraffa di velluto nero. Mangiando, spesso a bocca piena e masticando rumorosamente, il colonnello aveva continuato a parlare, allegro come uno scolaro il giorno della festa di fine d'anno. Rideva e chiacchierava spensierato, e in lui nulla faceva pensare che fosse un satanista, tanto che Mary se l'era dimenticato, contagiata da quella traboccante gioia di vivere, e aveva finito per imitarlo, chiacchierando e ridendo lei stessa. Finito di mangiare, Mary si era offerta di sparecchiare e di lavare i piatti,
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ture. E mentre la guardava sorridendo, metteva in mostra due file di denti<br />
bianchi e forti, bianchi come l'avorio.<br />
«Cara, quel sonnellino t'ha fatto bene» aveva mormorato. «Adesso sembri<br />
proprio in forma perfetta. Quello che ti ci vuole è una grossa bistecca al<br />
sangue e un boccale di vino rosso per farti sentire meglio della regina di<br />
Saba. Però questa sera dovrai accontentarti di quello che troveremo nel frigorifero.<br />
Vieni con me, il refettorio è da questa parte.»<br />
Il colonnello l'aveva condotta per un corridoio sino alla cucina, con annessa<br />
dispensa ed acquaio molto spaziosi, arredati con tutto l'occorrente<br />
per garantire il minimo dispendio di fatica. Indicando con la mano enorme,<br />
il padrone di casa le aveva detto: «Prima che ci venissi a stare, questa casa<br />
era un'anticaglia, arredata che era una vergogna, ma io l'ho sistemata in<br />
quattro e quattr'otto. A cosa servono i dollari se non ti rendono comoda la<br />
vita? Tanto varrebbe vestirsi di pelli e vivere in una caverna. Ho messo tutto<br />
a posto in meno che non si dica e ho ingaggiato alcuni giovanotti di colore<br />
per tenere tutto in ordine».<br />
Aperto il frigo, aveva domandato: «Adesso sentiamo, cosa preferisci?<br />
Anguille in gelatina, salmone affumicato, pesce fritto freddo della cucina<br />
yiddish, gamberi in gelatina di pesce, insalata russa, pomodori ripieni?... E<br />
nella dispensa ci sono tante altre cose: carne fredda, zuppa di cipolle, cetrioli,<br />
noci macerate nel vino e non so cos'altro ancora».<br />
Scelte parecchie cose, le avevano messe sul tavolo della cucina. Lui le<br />
aveva mostrato dove stavano le posate e i servizi perché potesse apparecchiare<br />
per due; prese dal frigo una bottiglia di champagne e due bottiglie di<br />
birra scura, aveva mescolato il tutto in una grossa caraffa per farne la bevanda<br />
preferita da Bismarck, generalmente nota col nome di velluto nero.<br />
Mary non aveva cenato e l'appetito le era venuto appena si era seduta a<br />
tavola. Il colonnello l'aveva incoraggiata a mangiare e a bere, e lui stesso<br />
aveva mangiato con grande appetito quanto sarebbe stato più che sufficiente<br />
per tre uomini robusti. In due, avevano vuotato in meno di mezz'ora la<br />
caraffa di velluto nero.<br />
Mangiando, spesso a bocca piena e masticando rumorosamente, il colonnello<br />
aveva continuato a parlare, allegro come uno scolaro il giorno della<br />
festa di fine d'anno. Rideva e chiacchierava spensierato, e in lui nulla faceva<br />
pensare che fosse un <strong>satanista</strong>, tanto che Mary se l'era dimenticato,<br />
contagiata da quella traboccante gioia di vivere, e aveva finito per imitarlo,<br />
chiacchierando e ridendo lei stessa.<br />
Finito di mangiare, Mary si era offerta di sparecchiare e di lavare i piatti,