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motivo, per essere denunciati tutti quanti.» «Giusto. Ma cosa avrebbe fatto se la casa dell'appuntamento non fosse stata quella che aveva intravisto?» «Non mi sarei trovato in difficoltà peggiori di prima. Avrei risposto a Lothar che piuttosto l'avrei rivisto all'inferno, ma la formula non gliel'avrei data.» «Però la notte scorsa, quando ha scoperto che lei era ancora qui ed è andato su tutte le furie, lei ha ceduto ancora e ha accettato d'incontrarsi con lui, oggi. Forse perché ha minacciato di maledirla se non obbediva?» «Be', in parte sì.» «Ma se si fosse recato all'appuntamento senza portargli quello che chiedeva, poteva maledirla ugualmente. E siccome non ha potuto scoprire dove si trova quella casa di Cremorne, non ha alcuna possibilità di minacciarlo. In queste condizioni, cosa sperava di guadagnare recandosi all'incontro?» Khune esitò un istante, poi gli occhi gli s'accesero in una vampata d'ira. «Speravo di poterlo ammazzare e di farla franca, mentre a Londra non potevo sperare di cavarmela» sbottò. «Quando ha preteso che gli andassi incontro lassù, ho pensato che veniva a mettersi nelle mie mani. Là nella brughiera potevo ammazzarlo e seppellirlo in qualche anfratto sicuro che nessuno avrebbe trovato prima della mia morte. Mi sarei sbarazzato di lui una volta per tutte.» «Capisco» disse Verney, annuendo. «Ho letto quella dichiarazione e l'avevo già intuito che, ritrovandosi a faccia a faccia con lui, sarebbe stato capace di ricorrere a misure estreme, magari premeditate. Ma non vuol dirci perché ha cambiato idea questa sera? Perché ha deciso di confidarsi con Forsby?» Prima di rispondere, lo scienziato rimase abbastanza a lungo a torcersi le dita. «Perché una morte rapida è una pena troppo mite per quel maiale. Ha sempre odiato, disprezzato gli stenti, la vita grama, la dieta dei poveri, gli abiti miseri; ha sempre aborrito il lavoro, la fatica fisica. Vedersi frustrato nelle sue ambizioni, condannato a una vita degradante, dover marcire avendo per unica compagnia quella di criminali comuni, per lui sarebbe come l'anticamera dell'inferno. Io non posso farlo condannare a una lunga pena detentiva, ma voi sì. Ecco perché sono venuto qui. Ecco perché ho abbandonato l'idea di sopprimerlo con le mie mani.» Verney e gli altri ricordavano il passo nel quale Otto Khune parlava del fallimento del suo matrimonio. Adesso capivano quanto avesse sofferto per colpa del fratello, ma anche così quell'odio spietato li ammutoliva.
«Per farlo condannare» disse Verney, rompendo quel silenzio imbarazzato «è essenziale che lo sorprendiamo con qualche documento compromettente addosso. È necessario che lo riceva da lei, o almeno che lo riceva in presenza di un testimone nel caso che debba disfarsene dopo averlo ricevuto. Lei sarebbe disposto a recarsi all'appuntamento con una formula contraffatta?» «Certo!» «Bene. Noi disporremo un cordone di poliziotti attorno al luogo dell'appuntamento e, a meno che la sfortuna più nera non ci perseguiti, lo prenderemo subito dopo che vi sarete lasciati. Tuttavia avrei preferito che lei non scegliesse un posto così aperto com'è quella collina. Gli uomini di Forsby dovranno appostarsi a qualche distanza, per non farsi vedere.» Khune si strinse nelle spalle. «Non si poteva evitare. Ci sono limiti alle possibilità di comunicare sul piano astrale e doveva essere un luogo che Lothar potesse identificare facilmente. Scegliendo quel posto, non avevo in mente niente di quello che abbiamo deciso ora. Mi proponevo soltanto di insinuare che lassù qualcuno poteva tenerci d'occhio con un binocolo e che saremmo stati più al sicuro se fossimo scesi per il versante opposto. Ed era proprio lì che mi proponevo di ammazzarlo.» «Preferirei che si attenesse a quel programma» disse Forsby. «Sull'altro versante del colle c'è un bosco, appena si scende. Potremmo tendergli un'imboscata e non correremmo il rischio di farcelo sfuggire di fra le dita.» Khune accettò. Continuarono a discutere ancora per un po', infine convennero d'incontrarsi la mattina dopo, verso le nove e mezzo, per recarsi tutti assieme a esplorare il colle. Forsby accompagnò i suoi ospiti. Prima lasciarono Otto Khune, poi il maggiore accompagnò Verney e Barney sino al loro alloggio. Prima di lasciarsi, Verney gli disse: «Dick, la fortuna è dalla nostra. Sai, mi sento più tranquillo ora di quando sono arrivato». «Anch'io» rispose il maggiore. «Male che vada, ora, anche se Lothar riuscisse a scappare, si ritroverebbe con un pezzo di carta senza valore. Spero solo che non scopra il nostro trucco e decida di non venire all'appuntamento.» «Ti dirò che ora sono più ottimista di quanto lo fossi appena un'ora fa. Mi sembra d'aver capito che non gli è così facile leggere nella mente di Otto come credevo, altrimenti avrebbe scoperto tutto giovedì notte, quando Otto ha accettato di recarsi a Londra per incontrarsi con lui. Avrebbe dovuto scoprirlo che suo fratello non aveva la minima intenzione di portargli la formula, ma voleva tendergli una trappola bella e buona.»
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motivo, per essere denunciati tutti quanti.»<br />
«Giusto. Ma cosa avrebbe fatto se la casa dell'appuntamento non fosse<br />
stata quella che aveva intravisto?»<br />
«Non mi sarei trovato in difficoltà peggiori di prima. Avrei risposto a<br />
Lothar che piuttosto l'avrei rivisto all'inferno, ma la formula non gliel'avrei<br />
data.»<br />
«Però la notte scorsa, quando ha scoperto che lei era ancora qui ed è andato<br />
su tutte le furie, lei ha ceduto ancora e ha accettato d'incontrarsi con<br />
lui, oggi. Forse perché ha minacciato di maledirla se non obbediva?»<br />
«Be', in parte sì.»<br />
«Ma se si fosse recato all'appuntamento senza portargli quello che chiedeva,<br />
poteva maledirla ugualmente. E siccome non ha potuto scoprire dove<br />
si trova quella casa di Cremorne, non ha alcuna possibilità di minacciarlo.<br />
In queste condizioni, cosa sperava di guadagnare recandosi all'incontro?»<br />
Khune esitò un istante, poi gli occhi gli s'accesero in una vampata d'ira.<br />
«Speravo di poterlo ammazzare e di farla franca, mentre a Londra non potevo<br />
sperare di cavarmela» sbottò. «Quando ha preteso che gli andassi incontro<br />
lassù, ho pensato che veniva a mettersi nelle mie mani. Là nella<br />
brughiera potevo ammazzarlo e seppellirlo in qualche anfratto sicuro che<br />
nessuno avrebbe trovato prima della mia morte. Mi sarei sbarazzato di lui<br />
una volta per tutte.»<br />
«Capisco» disse Verney, annuendo. «Ho letto quella dichiarazione e l'avevo<br />
già intuito che, ritrovandosi a faccia a faccia con lui, sarebbe stato<br />
capace di ricorrere a misure estreme, magari premeditate. Ma non vuol dirci<br />
perché ha cambiato idea questa sera? Perché ha deciso di confidarsi con<br />
Forsby?»<br />
Prima di rispondere, lo scienziato rimase abbastanza a lungo a torcersi le<br />
dita. «Perché una morte rapida è una pena troppo mite per quel maiale. Ha<br />
sempre odiato, disprezzato gli stenti, la vita grama, la dieta dei poveri, gli<br />
abiti miseri; ha sempre aborrito il lavoro, la fatica fisica. Vedersi frustrato<br />
nelle sue ambizioni, condannato a una vita degradante, dover marcire avendo<br />
per unica compagnia quella di criminali comuni, per lui sarebbe<br />
come l'anticamera dell'inferno. Io non posso farlo condannare a una lunga<br />
pena detentiva, ma voi sì. Ecco perché sono venuto qui. Ecco perché ho<br />
abbandonato l'idea di sopprimerlo con le mie mani.»<br />
Verney e gli altri ricordavano il passo nel quale Otto Khune parlava del<br />
fallimento del suo matrimonio. Adesso capivano quanto avesse sofferto<br />
per colpa del fratello, ma anche così quell'odio spietato li ammutoliva.