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30.01.2013 Views

dendosi meglio che può, fingendosi spaventato dinnanzi all'idea di quello che sta per fare. Potrebbe fingere di non sentire il fratello che si avvicina, farlo avvicinare ben bene prima di mettersi a imprecare e, senza voltarsi, gettargli la busta con la formula contraffatta.» «Ecco la soluzione, C.B.» esclamò Barney, entusiasta, Poi correggendosi: «Mi scusi. Volevo dire signore. Se il maggiore potesse trovare fra i suoi poliziotti il tipo che somiglia a Otto Khune, che ha i capelli dello stesso colore e che sia della statura adatta, potremmo travestirlo...». Non andò oltre, perché proprio in quell'istante fu interrotto dallo squillo del campanello. Forsby si alzò, scuotendo la testa, e indugiò prima d'andare a vedere chi fosse. «È assurdo, C.B. I miei uomini non sono attori consumati e temo che Lothar fiuterebbe subito la trappola. Comunque, in guerra e in amore tutto è lecito e in tribunale non avrei scrupoli a giurare d'averlo visto prendere un documento lasciato per lui in un posto convenuto. Ma scusatemi un momento. Vado a vedere chi ha suonato. Certo qualcuno che è stato al ricevimento e adesso vuole fare quattro chiacchiere con me.» Forsby uscì, ma lasciò di proposito la porta aperta. Appena aprì la porta dell'ingresso, Verney e Barney udirono una voce concitata che, senza perdersi in convenevoli, disse subito: «Forsby... Mi scusi, comandante. Sono nei guai. Guai grossi. Sono venuto qui per parlargliene. Posso entrare?» «Prego, entri» rispose Forsby. Venne dall'ingresso un breve rumor di passi, poi sull'uscio della sala da pranzo si stagliò la sagoma d'un uomo alto, dal fisico piuttosto gracile, capelli chiari, sulla quarantina; un tipo dai lineamenti finemente modellati, con occhi neri e ciglia folte, naso piccolo e labbra sottili, mascella squadrata e mento prominente con al centro una fossetta profonda. Vedendo due sconosciuti, quello s'irrigidì di botto e non tentò nemmeno di nascondere la sorpresa e la contrarietà. Ma Forsby, che lo seguiva impedendogli la ritirata, si affrettò a rassicurarlo: «Signor Khune, ho il piacere di presentarle due amici miei, tutti e due ufficiali dei Servizi per la Sicurezza Nazionale». Verney e Barney si erano alzati e attendevano che Forsby li presentasse. «Signor Khune» disse il colonnello «sono lieto dell'opportunità che mi si offre di fare la sua conoscenza e di poter scambiare quattro chiacchiere con lei. Tutto quello che voleva dire al comandante Forsby può dirlo anche al mio collega e a me, ma penso che non abbia molto da dirci che già non sappiamo. Forse ci giudicherà scorretti, ma ci sono casi in cui la sicurezza

nazionale ci impone metodi dai quali, potendo, rifuggiremmo volentieri. Lei ha scritto una lunga dichiarazione d'intenti nella quale parte da fatti spiacevoli che le sono accaduti di recente, e noi ne possediamo una copia. L'abbiamo letta e valutata, e lei gode della nostra stima e del nostro appoggio. Sono stati registrati anche i suoi contatti notturni a livello psichico e di altra natura e... diciamo le divergenze che, negli ultimi dieci giorni, ha avuto con suo fratello Lothar. Quindi siamo al corrente dell'appuntamento che vi siete dati sulla Collina dell'Albero Solitario per domattina ed è per impedirle di cacciarsi nei guai, per impedire a suo fratello d'entrare in possesso di un documento coperto dal segreto, contenente informazioni essenziali sulla sicurezza nazionale che siamo venuti qui da Londra.» Dopo qualche istante di sorpresa, un sorrisetto nervoso stirò i lineamenti di Otto Khune. «Signori, se questa è la situazione, incomincio a credere che non avrò molto da raccontarvi. Se devo essere sincero, venendo qui temevo che il comandante Forsby non potesse prendere in seria considerazione quello che dovevo dirgli o peggio, che mi prendesse addirittura per pazzo.» «No!» rispose Forsby, indicandogli una poltrona. «È da un po' che ci preoccupiamo di quanto le sta accadendo, ma non abbiamo mai pensato che lei fosse matto né di farla ricoverare in una clinica. Piuttosto, io sono stato lì lì per impazzire quando ho scoperto lo strano vincolo che la unisce a suo fratello e l'uso che lui intende farne.» «Mi rincresce, comandante» disse Otto, accompagnando le parole con un altro sorrisetto stiracchiato. «Comunque, il fatto di poter parlare liberamente senza essere frainteso è una grossa liberazione.» «Whisky e soda?» offrì il maggiore. «Sì, grazie.» Forsby incominciò a versare. «Venendo qui, cosa si proponeva di dirmi?» domandò, porgendogli il bicchiere. Khune bevve un sorso, poi si strinse nelle spalle. «Mi ero proposto di dirle quello che, per ciò che posso arguire, lei conosce già.» «E poi?» lo incitò Verney. «E poi di discutere col maggiore per vedere se non ci fosse un qualche mezzo per mettere in trappola quell'accidente di fratello che mi ritrovo.» «Questo le fa onore» rispose il colonnello, che non nascondeva la soddisfazione per la piega che stava prendendo il colloquio. «Khune, mi dica» incominciò Forsby, posando una mano sulla spalla dello scienziato. «Perché ha atteso sin quasi l'ultimo minuto prima di veni-

dendosi meglio che può, fingendosi spaventato dinnanzi all'idea di quello<br />

che sta per fare. Potrebbe fingere di non sentire il fratello che si avvicina,<br />

farlo avvicinare ben bene prima di mettersi a imprecare e, senza voltarsi,<br />

gettargli la busta con la formula contraffatta.»<br />

«Ecco la soluzione, C.B.» esclamò Barney, entusiasta, Poi correggendosi:<br />

«Mi scusi. Volevo dire signore. Se il maggiore potesse trovare fra i suoi<br />

poliziotti il tipo che somiglia a Otto Khune, che ha i capelli dello stesso<br />

colore e che sia della statura adatta, potremmo travestirlo...».<br />

Non andò oltre, perché proprio in quell'istante fu interrotto dallo squillo<br />

del campanello.<br />

Forsby si alzò, scuotendo la testa, e indugiò prima d'andare a vedere chi<br />

fosse. «È assurdo, C.B. I miei uomini non sono attori consumati e temo<br />

che Lothar fiuterebbe subito la trappola. Comunque, in guerra e in amore<br />

tutto è lecito e in tribunale non avrei scrupoli a giurare d'averlo visto prendere<br />

un documento lasciato per lui in un posto convenuto. Ma scusatemi<br />

un momento. Vado a vedere chi ha suonato. Certo qualcuno che è stato al<br />

ricevimento e adesso vuole fare quattro chiacchiere con me.»<br />

Forsby uscì, ma lasciò di proposito la porta aperta. Appena aprì la porta<br />

dell'ingresso, Verney e Barney udirono una voce concitata che, senza perdersi<br />

in convenevoli, disse subito: «Forsby... Mi scusi, comandante. Sono<br />

nei guai. Guai grossi. Sono venuto qui per parlargliene. Posso entrare?»<br />

«Prego, entri» rispose Forsby.<br />

Venne dall'ingresso un breve rumor di passi, poi sull'uscio della sala da<br />

pranzo si stagliò la sagoma d'un uomo alto, dal fisico piuttosto gracile, capelli<br />

chiari, sulla quarantina; un tipo dai lineamenti finemente modellati,<br />

con occhi neri e ciglia folte, naso piccolo e labbra sottili, mascella squadrata<br />

e mento prominente con al centro una fossetta profonda.<br />

Vedendo due sconosciuti, quello s'irrigidì di botto e non tentò nemmeno<br />

di nascondere la sorpresa e la contrarietà. Ma Forsby, che lo seguiva impedendogli<br />

la ritirata, si affrettò a rassicurarlo: «Signor Khune, ho il piacere<br />

di presentarle due amici miei, tutti e due ufficiali dei Servizi per la Sicurezza<br />

Nazionale».<br />

Verney e Barney si erano alzati e attendevano che Forsby li presentasse.<br />

«Signor Khune» disse il colonnello «sono lieto dell'opportunità che mi si<br />

offre di fare la sua conoscenza e di poter scambiare quattro chiacchiere con<br />

lei. Tutto quello che voleva dire al comandante Forsby può dirlo anche al<br />

mio collega e a me, ma penso che non abbia molto da dirci che già non<br />

sappiamo. Forse ci giudicherà scorretti, ma ci sono casi in cui la sicurezza

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