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30.01.2013 Views

Aiuto!». La lotta impari durava da alcuni minuti soltanto, ma stava per concludersi. Mary capiva che se anche qualcuno fosse accorso alle sue invocazioni, essendo della Fratellanza avrebbe parteggiato per Ratnadatta piuttosto che per lei. E tuttavia l'indiano tentò di farla tacere premendole una mano sulla bocca. Mary ne profittò per affondargli i denti nel dito mignolo. Imprecando, Ratnadatta te tolse la mano dalla bocca e Mary riprese ad urlare, isterica ormai: «Aiuto! Aiuto. Mi vuole uccidere! Aiuto! Aiuto!». Ratnadatta prese a schiaffeggiarla, ma non riuscì a farla tacere. Mary urlava, ma capiva che la fine di quella resistenza disperata non era lontana. Né lei, né Ratnadatta, udirono la porta che s'apriva, non s'accorsero che qualcuno era entrato e la voce profonda, maschile che risuonò forte poco dopo li colse di sorpresa. «Cosa accidenti sta succedendo, qui dentro?» Come per effetto d'una bacchetta magica, la coppia in lotta feroce sul letto s'immobilizzò di colpo. Nel silenzio, ripiombato nella stanza dopo quella domanda perentoria, s'udiva soltanto l'ansimare dei due avversari sfiniti dalla lotta. Poi Ratnadatta si volse a guardare nella direzione dalla quale era venuta la voce e Mary gettò una rapida occhiata senza rendersi ancora conto di quel che accadeva. Accortasi che Ratnadatta si era distratto, che non badava più a lei, scattò con una mano è, colpitolo in faccia, lo scostò con una ginocchiata. Rovesciato dal letto, Ratnadatta balzò in piedi e, trascurando Mary, fissò lo sconosciuto. Anche Mary, rialzatasi sul letto, si volse e lo riconobbe: era il colosso biondo che, quella sera nel tempio, l'aveva sollevata da terra come un fuscello per baciarla, il tipo alto un metro e novanta e robusto in proporzione. Quella sera, da sotto la maschera, l'aveva giudicato sulla trentina; ora s'accorgeva che doveva aver superato da poco la quarantina. La fronte era larga, ma piuttosto bassa, il naso fortemente aquilino, le labbra sottili e il taglio della bocca fermo, il mento aggressivo con una profonda fossetta al centro. In netto contrasto coi capelli biondo-cenere gli occhi erano neri e la carnagione scura. Un etnologo l'avrebbe classificato di primo acchito come un incrocio fra uno scandinavo e un indioamericano. Troppo sconvolta per badare a quei particolari, Mary notò che indossava una divisa da ufficiale. Più esattamente, la divisa di colonnello dell'Aviazione americana.

Scattata in avanti, Mary oltrepassò Ratnadatta e buttatosi ai piedi del gigante, abbracciandogli le ginocchia, implorò fra i singhiozzi: «Oh, mi salvi! Mi aiuti! Mi salvi da questo mostro!». La voce forte, profonda, tornò a farsi udire, questa volta indirizzandosi a Ratnadatta: «Dimmi un po', cos'è questa storia?». «È una storia che non ti riguarda» replicò l'indiano, incollerito. «E adesso Vattene, per favore. Questo è un appartamento privato.» «Non vorrei sbagliarmi» replicò il colonnello, senza fare una piega. «Mi hai intimato di uscire?» Ratnadatta riconsiderò la domanda e per qualche istante nella stanza regnò il silenzio. «Io ho detto soltanto che questa è una faccenda privata» rispose l'indiano. «Non ti riguarda.» «Così, dunque! Ma vedi, io sono curioso... Privata o no, mi piacerebbe sapere com'è andata.» «Tu non hai nessun diritto...» incominciò a protestare l'indiano. L'altro lo interruppe senza tanti complimenti. «Figliolo, nessuno di noi ha dei diritti precisi, tranne quelli che ci pigliamo da soli. E io me ne prendo parecchi. Adesso vuota il sacco.» «E allora te lo voglio dire. Questa donna è una neofita. Questa notte deve avere luogo la sua iniziazione e lei deve prestare servizio nel tempio. Io sono venuto qui per istruirla, ma lei è molto nervosa e non vuole saperne.» «Non è vero, è un bugiardo» protestò Mary, fra i singhiozzi. «Non ho bisogno d'essere istruita e non sono nervosa. Solo che non lo voglio. Mi fa schifo, e lui ha tentato di prendermi con la forza.» Il colosso la ignorò e tornò a rivolgersi a Ratnadatta. «Dunque così stanno le cose! Volevi fregare tutti gli altri, eh! Lo sai benissimo che sulle neofite si tira a sorte, e chi se la vuole spassare deve aspettare il suo turno.» «Fa' che il tuo volere sia la tua legge» replicò prontamente Ratnadatta, furioso. «Certo, ma se ci riesci» ghignò l'americano. «E fra noi c'era un accordo, in base al quale non si doveva imbrogliare le carte con le neofite. Eravamo d'accordo che restassero tabù per tutti sino al momento del grande atto giù nel tempio.» Sorretta da una nuova speranza, Mary gridò, quasi isterica: «Sì, lo sapevo. Lo avevano incaricato di venirmi a prendere per accompagnarmi nel tempio. Oh, la prego! La prego! Mi protegga, mi accompagni lei al posto suo!». «Devo ancora cambiarmi, e sono già in ritardo» brontolò l'americano.

Aiuto!».<br />

La lotta impari durava da alcuni minuti soltanto, ma stava per concludersi.<br />

Mary capiva che se anche qualcuno fosse accorso alle sue invocazioni,<br />

essendo della Fratellanza avrebbe parteggiato per Ratnadatta piuttosto che<br />

per lei. E tuttavia l'indiano tentò di farla tacere premendole una mano sulla<br />

bocca.<br />

Mary ne profittò per affondargli i denti nel dito mignolo. Imprecando,<br />

Ratnadatta te tolse la mano dalla bocca e Mary riprese ad urlare, isterica<br />

ormai: «Aiuto! Aiuto. Mi vuole uccidere! Aiuto! Aiuto!».<br />

Ratnadatta prese a schiaffeggiarla, ma non riuscì a farla tacere. Mary urlava,<br />

ma capiva che la fine di quella resistenza disperata non era lontana.<br />

Né lei, né Ratnadatta, udirono la porta che s'apriva, non s'accorsero che<br />

qualcuno era entrato e la voce profonda, maschile che risuonò forte poco<br />

dopo li colse di sorpresa.<br />

«Cosa accidenti sta succedendo, qui dentro?»<br />

Come per effetto d'una bacchetta magica, la coppia in lotta feroce sul<br />

letto s'immobilizzò di colpo. Nel silenzio, ripiombato nella stanza dopo<br />

quella domanda perentoria, s'udiva soltanto l'ansimare dei due avversari<br />

sfiniti dalla lotta. Poi Ratnadatta si volse a guardare nella direzione dalla<br />

quale era venuta la voce e Mary gettò una rapida occhiata senza rendersi<br />

ancora conto di quel che accadeva. Accortasi che Ratnadatta si era distratto,<br />

che non badava più a lei, scattò con una mano è, colpitolo in faccia, lo<br />

scostò con una ginocchiata.<br />

Rovesciato dal letto, Ratnadatta balzò in piedi e, trascurando Mary, fissò<br />

lo sconosciuto.<br />

Anche Mary, rialzatasi sul letto, si volse e lo riconobbe: era il colosso<br />

biondo che, quella sera nel tempio, l'aveva sollevata da terra come un fuscello<br />

per baciarla, il tipo alto un metro e novanta e robusto in proporzione.<br />

Quella sera, da sotto la maschera, l'aveva giudicato sulla trentina; ora<br />

s'accorgeva che doveva aver superato da poco la quarantina. La fronte era<br />

larga, ma piuttosto bassa, il naso fortemente aquilino, le labbra sottili e il<br />

taglio della bocca fermo, il mento aggressivo con una profonda fossetta al<br />

centro. In <strong>net</strong>to contrasto coi capelli biondo-cenere gli occhi erano neri e la<br />

carnagione scura. Un etnologo l'avrebbe classificato di primo acchito come<br />

un incrocio fra uno scandinavo e un indioamericano.<br />

Troppo sconvolta per badare a quei particolari, Mary notò che indossava<br />

una divisa da ufficiale. Più esattamente, la divisa di colonnello dell'Aviazione<br />

americana.

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