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30.01.2013 Views

ceppi che la legavano, sciolse le scarpe inverosimili e le buttò in disparte. Con delicatezza tirò la crocchia e, passandole le dita fra i capelli, ne fece cadere le spille che li tenevano, facendoli scendere sino alle spalle. Infine, lacerata col coltello l'orribile blusa, sciolta e fatta cadere l'altrettanto orribile sottana, la espose nuda, col solo volto coperto dalla mascherina, sull'altare. «Alzati, ora» le disse. «Alzati e mostrati alla Congregazione dei Fratelli e delle Sorelle, affinché ti vedano.» Mary obbedì all'ordine appena ricevuto, pensando che, a quel punto, sarebbe stato futile sfoggiare falsi pudori e false vergogne. Se non altro, in quello erano stati leali e gliel'avevano detto. Se l'era aspettato, e adesso era orgogliosa di mostrare il corpo splendido all'assemblea. Un mormorio fatto d'ammirazione e anche di concupiscenza si levò dagli uomini e dalle donne che, seduti o sdraiati sui divani, osservavano la scena. Sui due divani più prossimi all'altare, uno a destra e l'altro a sinistra, sedevano la Contessa e Tung-fang Shuo. Una teneva posato in grembo un manto di mussolina, l'altra aveva in mano un paio di sandali argentati. Alzatesi nello stesso istante, si appressarono all'altare e fecero indossare a Mary gli indumenti distintivi della Fratellanza. Le due donne indietreggiarono. Gli altri, uomini e donne, si alzarono in piedi e si affrettarono verso l'altare. Subito spaventata, pensando chissà che, Mary li fissò con occhi sgranati e rinculò verso l'altare. Abaddon, ritto dietro di lei, le sussurrò all'orecchio: «Non hai nulla da temere. È uso che la Fratellanza tutta quanta porga il benvenuto rituale ad ogni neofita, perché è già per metà un nostro Confratello o una nostra Consorella. Nella mia qualità di Sommo Sacerdote ho il privilegio di essere il primo a porgerti il benvenuto». Tacque e, posatele le mani sulle spalle, la costrinse a reclinare la testa e la baciò sulle labbra. Abaddon sapeva di lavanda e di sigari e a Mary non fece né caldo né freddo. Rimase indifferente anche quando la Contessa la sfiorò con un bacio appena abbozzato e quando Tung-fang Shuo le regalò sulla bocca un lungo bacio profumato che sapeva di dolciastro. Ma quando la cinesina la lasciò, Mary fu colpita all'improvviso dalla visione di tutti gli altri, uomini e donne, giovani e vecchi, che si accalcavano attorno a lei, e ognuno attendeva il suo turno. Non c'era verso di evitarlo. Uno dopo l'altro, ciascuno venne a salutarla

esprimendo il benvenuto rituale secondo il proprio carattere. Per alcuni fu soltanto un gesto formale, una necessità, e lo eseguirono toccandola appena con le mani sulle spalle o alla cintola, sfiorandole appena le labbra. Altri profittarono in pieno dell'opportunità che si offriva loro. Quell'uomo biondo, alto e forte che aveva notato sin dal sabato precedente, la sollevò addirittura da terra, la tenne stretta a sé per un buon mezzo minuto e la baciò sulla bocca sino a farle mancare il fiato. Ma dopo di quello fu la volta della grossa negra, che la divorava con due occhi scintillanti e sorrideva d'un sorriso che arrivava da un orecchio all'altro, e l'avviluppò in una montagna di carne. Mary dovette mettercela tutta per resistere alla tentazione di respingerla. Ratnadatta attendeva pazientemente e fu l'ultimo. Come avevano già fatto altri prima di lui, non ebbe alcuna fretta. Accettando il suo abbraccio e il suo bacio, Mary sentì che l'inferno per il quale era passata si completava. La pelle pareva che si raggricciasse sotto il suo abbraccio; quando si chinò su di lei per baciarla, Mary sentì subito la zaffata dell'alito che sapeva di dolciastro e di pesce marcio. Era finita. Indietreggiato d'un passo, Ratnadatta la prese per mano e la fece voltare verso l'altare dietro il quale Abaddon aveva ripreso il suo posto. Entrambi s'inchinarono al Sommo Sacerdote, che ricambiò l'inchino. Poi l'indiano la guidò giù per la navata e la fece uscire dal tempio attraverso la porta a doppia anta. Muta, tremante ancora, Mary lo segui su per la scala. Aperto l'uscio della stanza nella quale Mary si era cambiata, l'indiano le disse: «Si cambi, prego. Indossi i suoi abiti e, quando sarà pronta, scenda. Io l'attenderò nel salone». Mentre si vestiva, Mary cercava di riflettere, ma non avrebbe saputo dire se era lieta oppure contrariata perché non le avevano permesso di trattenersi più a lungo nel tempio. Passando per le pene di quel benvenuto rituale, aveva sperato che le offrissero la possibilità di trattenersi un poco, di potersi mescolare con gli altri membri della Fratellanza, conversare con alcuni di essi e forse, chissà, raccogliere qualche indizio che servisse a giustificare, anche di poco soltanto, il sacrificio appena compiuto. Ma gli amplessi ai quali l'avevano costretta erano rivelatori di quel che di peggio avrebbe potuto capitarle se fosse rimasta. Scesa nel salone, Mary trovò Ratnadatta vestito di tutto punto, che l'attendeva. Senza dire una parola, Ratnadatta la scortò prima fuori dal vicolo, poi le fece percorrere alcune stradine sino ad un taxi fermo in attesa. Taci-

esprimendo il benvenuto rituale secondo il proprio carattere. Per alcuni fu<br />

soltanto un gesto formale, una necessità, e lo eseguirono toccandola appena<br />

con le mani sulle spalle o alla cintola, sfiorandole appena le labbra. Altri<br />

profittarono in pieno dell'opportunità che si offriva loro.<br />

Quell'uomo biondo, alto e forte che aveva notato sin dal sabato precedente,<br />

la sollevò addirittura da terra, la tenne stretta a sé per un buon mezzo<br />

minuto e la baciò sulla bocca sino a farle mancare il fiato. Ma dopo di<br />

quello fu la volta della grossa negra, che la divorava con due occhi scintillanti<br />

e sorrideva d'un sorriso che arrivava da un orecchio all'altro, e l'avviluppò<br />

in una montagna di carne.<br />

Mary dovette mettercela tutta per resistere alla tentazione di respingerla.<br />

Ratnadatta attendeva pazientemente e fu l'ultimo. Come avevano già fatto<br />

altri prima di lui, non ebbe alcuna fretta. Accettando il suo abbraccio e il<br />

suo bacio, Mary sentì che l'inferno per il quale era passata si completava.<br />

La pelle pareva che si raggricciasse sotto il suo abbraccio; quando si chinò<br />

su di lei per baciarla, Mary sentì subito la zaffata dell'alito che sapeva di<br />

dolciastro e di pesce marcio.<br />

Era finita. Indietreggiato d'un passo, Ratnadatta la prese per mano e la<br />

fece voltare verso l'altare dietro il quale Abaddon aveva ripreso il suo posto.<br />

Entrambi s'inchinarono al Sommo Sacerdote, che ricambiò l'inchino.<br />

Poi l'indiano la guidò giù per la navata e la fece uscire dal tempio attraverso<br />

la porta a doppia anta.<br />

Muta, tremante ancora, Mary lo segui su per la scala. Aperto l'uscio della<br />

stanza nella quale Mary si era cambiata, l'indiano le disse: «Si cambi,<br />

prego. Indossi i suoi abiti e, quando sarà pronta, scenda. Io l'attenderò nel<br />

salone».<br />

Mentre si vestiva, Mary cercava di riflettere, ma non avrebbe saputo dire<br />

se era lieta oppure contrariata perché non le avevano permesso di trattenersi<br />

più a lungo nel tempio. Passando per le pene di quel benvenuto rituale,<br />

aveva sperato che le offrissero la possibilità di trattenersi un poco, di potersi<br />

mescolare con gli altri membri della Fratellanza, conversare con alcuni<br />

di essi e forse, chissà, raccogliere qualche indizio che servisse a giustificare,<br />

anche di poco soltanto, il sacrificio appena compiuto. Ma gli amplessi<br />

ai quali l'avevano costretta erano rivelatori di quel che di peggio avrebbe<br />

potuto capitarle se fosse rimasta.<br />

Scesa nel salone, Mary trovò Ratnadatta vestito di tutto punto, che l'attendeva.<br />

Senza dire una parola, Ratnadatta la scortò prima fuori dal vicolo,<br />

poi le fece percorrere alcune stradine sino ad un taxi fermo in attesa. Taci-

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