club satanista - Thule-italia.net
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introdotto in casa della signora in altre occasioni precedenti. In seguito appresi che non faceva differenza alcuna il fatto che la signora godesse di una pessima reputazione, che frequentasse night-club e locali malfamati. Il reato persisteva, e siccome ero arrivato a Londra verso le cinque del pomeriggio, e avevo visto un film che desideravo vedere da un pezzo prima di recarmi a cena coi miei amici, non avevo un alibi per smentire la falsa accusa formulata contro di me. Unica spiegazione possibile era che Lothar, avendo letto nel mio pensiero e conoscendo le mie intenzioni, fosse andato a letto con quella donna e si fosse spacciato per me per mettermi nei pasticci. Incapace di contenermi, saltai su un taxi e all'autista diedi l'indirizzo di Lothar. La porta era chiusa. Quando suonai, venne ad aprire una donna trasandata, che mi squadrò con espressione arcigna e disse: «Buongiorno, signor Vintrex. Incominciavo a credere che non sarebbe tornato più a ritirare quella busta che m'aveva lasciato in consegna. Attenda un momento, che vado a prendergliela subito». Capivo che m'aveva scambiato per Lothar e decisi di lasciarglielo credere. La signora imboccò la scala che portava in cantina. Era appena scomparsa, che tentai l'uscio della stanza nella quale avevo visto mio fratello la volta prima. L'uscio s'aprì e io entrai con la speranza di scoprire qualcosa capace di darmi un'idea di dove fosse andato a finire mio fratello. Trovai un uomo ancora giovane, coi capelli lunghi, che pestava sui tasti d'una macchina per scrivere. Gli chiesi in fretta se poteva darmi l'indirizzo dell'inquilino che aveva occupato quelle stanze prima di lui, gli chiesi da quando quell'altro se ne fosse andato e l'uomo si strinse nelle spalle: «Non lo so. Non ha nemmeno detto come si chiamava. Comunque, io sono venuto ad abitare qui da una quindicina di giorni». Lo ringraziai e uscii nel corridoio giusto in tempo per incontrare la donna che risaliva dalla cantina. Mi porse una busta; io la presi e, mormorando qualche frase di ringraziamento, uscii in fretta. Seppur vagamente, avevo capito che Lothar aveva affidato alla donna alcune carte che forse giudicava pericolose e preferiva non portarle con sé. Il che significava che Lothar era ancora in Inghilterra e con un po' di fortuna forse sarei riuscito a rintracciarlo. O meglio, forse avrei potuto mettere la polizia sulle sue tracce, perché ero deciso a trattarlo come un nemico e un pericoloso agente segreto. Lacerai la busta con mani che tremavano. Conteneva un unico foglio,
sul quale erano scritte queste parole, in stampatello: "I miei complimenti per quel che riguarda Dinah. Deve amarti molto e mi dispiace che non sarò più in Inghilterra quando trascorrerai la prossima serata fuori di casa. Mi sto chiedendo come la prenderà quando dovrai raccontarle la bega del divorzio di quella Wilberforce". È facile immaginare cosa provassi pensando al duplice inganno del quale ero stato vittima. E siccome non dubitavo che avesse lasciato davvero l'Inghilterra, era del tutto inutile che mi rivolgessi alla polizia. Ero disperato e mi chiedevo cosa dovevo fare non decidendomi né in un senso né in quello opposto. Sulle prime avevo pensato di dire la verità, prima a Dinah, poi all'avvocato del signor Wilberforce, anche perché la data del processo s'avvicinava e io ero accusato d'adulterio. Ma siccome Lothar aveva preso il largo e non si poteva più portarlo in tribunale con prova sufficiente per scagionarmi, capivo che nessuno m'avrebbe creduto. Di Lothar avevo già parlato con mia moglie sin da quando eravamo appena fidanzati, le avevo detto che eravamo gemelli e identici, ma da allora non ne avevamo parlato più, o forse ne avevamo accennato appena e assai di rado. Se almeno gliel'avessi detto, quando ero andato a trovarlo a Londra, o se fossi andato subito a denunciare il caso alla polizia, avrei avuto qualche possibilità dì essere creduto. Così, saltar fuori di punto in bianco affermando che mio fratello era entrato clandestinamente in Inghilterra, che mi aveva sostituito a letto con mia moglie e che mi aveva messo nei guai con quella Wilberforce, rischiavo di cadere nel ridicolo. L'unica cosa che potevo fare consisteva nel citare, come testimone, la donna che aveva affittato l'alloggio a Lothar durante la sua permanenza a Londra. Evidentemente, non avrei potuto alloggiarli, in casa sua, e nel contempo trovarmi a Farnborough, sul lavoro e a casa con mia moglie. Ovviamente lo feci, ma nemmeno quella mossa salvò la situazione. Per alcuni giorni tenni duro e non dissi niente a mia moglie, ma le preoccupazioni, i timori mi sconvolgevano tanto che decisi di rivelarle tutto per evitare un collasso nervoso. Non le dissi, ovviamente, che, profittando della mia assenza, Lothar era andato a letto con lei quella sera; non le dissi che era una spia russa. Nel primo caso le avrei inflitto un'umiliazione che non meritava; nel secondo, avrei dovuto assumermi non poche responsabilità perché non lo avevo denunciato in tempo e forse m'avrebbero cacciato dall'impiego. Le dissi soltanto che avevo rivisto Lothar a Londra e che lui aveva dato il mio nome quando l'avevano sorpreso sul fatto con quella donna.
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introdotto in casa della signora in altre occasioni precedenti. In seguito<br />
appresi che non faceva differenza alcuna il fatto che la signora godesse di<br />
una pessima reputazione, che frequentasse night-<strong>club</strong> e locali malfamati.<br />
Il reato persisteva, e siccome ero arrivato a Londra verso le cinque del<br />
pomeriggio, e avevo visto un film che desideravo vedere da un pezzo prima<br />
di recarmi a cena coi miei amici, non avevo un alibi per smentire la<br />
falsa accusa formulata contro di me.<br />
Unica spiegazione possibile era che Lothar, avendo letto nel mio pensiero<br />
e conoscendo le mie intenzioni, fosse andato a letto con quella donna<br />
e si fosse spacciato per me per mettermi nei pasticci.<br />
Incapace di contenermi, saltai su un taxi e all'autista diedi l'indirizzo di<br />
Lothar. La porta era chiusa. Quando suonai, venne ad aprire una donna<br />
trasandata, che mi squadrò con espressione arcigna e disse: «Buongiorno,<br />
signor Vintrex. Incominciavo a credere che non sarebbe tornato più a ritirare<br />
quella busta che m'aveva lasciato in consegna. Attenda un momento,<br />
che vado a prendergliela subito».<br />
Capivo che m'aveva scambiato per Lothar e decisi di lasciarglielo credere.<br />
La signora imboccò la scala che portava in cantina. Era appena<br />
scomparsa, che tentai l'uscio della stanza nella quale avevo visto mio fratello<br />
la volta prima. L'uscio s'aprì e io entrai con la speranza di scoprire<br />
qualcosa capace di darmi un'idea di dove fosse andato a finire mio fratello.<br />
Trovai un uomo ancora giovane, coi capelli lunghi, che pestava sui tasti<br />
d'una macchina per scrivere. Gli chiesi in fretta se poteva darmi l'indirizzo<br />
dell'inquilino che aveva occupato quelle stanze prima di lui, gli chiesi da<br />
quando quell'altro se ne fosse andato e l'uomo si strinse nelle spalle: «Non<br />
lo so. Non ha nemmeno detto come si chiamava. Comunque, io sono venuto<br />
ad abitare qui da una quindicina di giorni».<br />
Lo ringraziai e uscii nel corridoio giusto in tempo per incontrare la<br />
donna che risaliva dalla cantina. Mi porse una busta; io la presi e, mormorando<br />
qualche frase di ringraziamento, uscii in fretta.<br />
Seppur vagamente, avevo capito che Lothar aveva affidato alla donna<br />
alcune carte che forse giudicava pericolose e preferiva non portarle con<br />
sé. Il che significava che Lothar era ancora in Inghilterra e con un po' di<br />
fortuna forse sarei riuscito a rintracciarlo. O meglio, forse avrei potuto<br />
mettere la polizia sulle sue tracce, perché ero deciso a trattarlo come un<br />
nemico e un pericoloso agente segreto.<br />
Lacerai la busta con mani che tremavano. Conteneva un unico foglio,