OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora
OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora
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anche se la sua funzione, almeno in alcuni casi, era<br />
probabilmente un’altra (contenitore di salse di<br />
pesce ?), come rivelano recenti rinvenimenti anche<br />
nel sud della Francia.<br />
Il tipo è ampiamente documentato a <strong>Roma</strong> e nell’area<br />
di <strong>Roma</strong> come dimostrano i rinvenimenti<br />
delle fornaci della Celsa, di Sutri e, forse, gli esemplari<br />
frammentari degli scarichi del Gianicolo,<br />
oltre che i numerosi rinvenimenti in area laziale.<br />
<strong>Le</strong> analisi archeometriche eseguite dallo Sfrecola<br />
sui materiali di Ostia e il rinvenimento in quel sito<br />
di alcuni scarti di fornace, sembrerebbero autorizzare<br />
l’ ipotesi di una produzione locale/regionale<br />
(Ostia 1978, p. 272, n. 858; Pavolini 2000, pp. 201-<br />
202, 351).<br />
Il tipo, oggetto di circolazione, è documentato<br />
anche in Campania tra i materiali di Pompei<br />
(Gasperetti 1996, p. 31, forma 1213 d, fig. 2,18), sul<br />
relitto Dramont D, datato alla metà del I secolo<br />
d.C. (Joncheray 1974, tav. V, a; metà del I secolo<br />
d.C.), sulle navi di Nemi (Ucelli 1950, p. 122, fig.<br />
127) e a Narbona in un contesto di I secolo d.C.<br />
(Port de la Nautique, SMC 1997, C. Sanchez, <strong>comuni</strong>cazione<br />
personale). Il tipo in questione è simile<br />
anche ad un tipo del Museo di Cagliari, classificato<br />
nella terra sigillata chiara A e datato alla fine del<br />
II-inizi III secolo d.C. (EAA, fig. XXII, 7, p. 48,<br />
forma Boninu 71-72).<br />
È possibile che i centri di produzione fossero diversi<br />
e alcuni di essi si trovassero in area laziale.<br />
A proposito della funzione, sia il recipiente di Pompei<br />
che quello di Narbona contenevano resti di<br />
pesce: erano utilizzati forse come contenitore di<br />
garum o condimenti analoghi (per Pompei, Gasperetti<br />
1996, p. 32. L’Autrice accosta il pezzo ad un’olla<br />
pubblicata dal Dressel, di incerta provenienza,<br />
Dressel 1882, 57, D, n. 1).<br />
Una forma analoga, un po’ più panciuta e con alcune<br />
varianti morfologiche e di grandezza, è documentata<br />
ad Albintimilium nei livelli di età augustea<br />
(Olcese 1993, p. 289, fig. 74, n. 322) e a Luni<br />
(Luni II 1977, gruppo 21a, presente dal I secolo<br />
a.C., con confronti tra i materiali dell’Agorà di<br />
Atene e di Laodicea). L’esemplare del Dramont D<br />
sembra una via di mezzo tra i due tipi.<br />
Analisi<br />
R019 appartiene al sottogruppo chimico 3 (La<br />
Celsa). R364, dal Palatino, ha una composizione<br />
molto simile a R365 (olla tipo 9).<br />
Dal punto di vista mineralogico R364 è caratterizzato,<br />
come R366 (bacino tipo 3 a), dalla presenza di<br />
carbonati nella matrix.<br />
Tipo 5 (Gabii 133) (Tav. XXVIII, nn. 1-2) (G. T.)<br />
Brocca con orlo trilobato, talvolta con un incavo<br />
interno in corrispondenza del beccuccio, collo troncoconico,<br />
ansa costolata impostata sotto l’orlo e sul<br />
ventre, corpo ovoide, fondo piano o piede a disco.<br />
Attestazioni<br />
Gloria Olcese 95<br />
• Gabii (Vegas, Martín Lopéz 1982, p. 474, fig. 9, n.<br />
133) (Tav. XXVIII, n. 1);<br />
• Ostia, Antiquarium (Pavolini 2000, pp. 149-150,<br />
fig. 37, n. 62) (Tav. XXVIII, n. 2).<br />
Cronologia<br />
Questo tipo risulta di difficile datazione poiché<br />
sembra perdurare a lungo, da età tardorepubblicana<br />
(?) (Vegas, Martín Lopéz 1982, p. 474) al I-II<br />
secolo d.C. (Pavolini 2000, pp. 149-150).<br />
Osservazioni<br />
<strong>Le</strong> analisi di laboratorio condotte nell’ambito del<br />
lavoro del Pavolini hanno indicato che l’esemplare<br />
di Ostia ha composizioni compatibili con quelle dei<br />
materiali dell’area campano-laziale.<br />
Tipo 6 (Vasanello 38) (Tav. XXVIII, nn. 3-4)<br />
Brocca con orlo diritto con accentuato incavo interno<br />
e collo sagomato.<br />
Attestazioni<br />
• Ostia, Piazzale delle Corporazioni (Ostia 1978, p.<br />
265, fig. 102, n. 572; strato VI; età claudia; R160<br />
c, scarto di fornace) (Tav. XXVIII, n. 4);<br />
• Ostia, Terme del Nuotatore (Ostia II 1969, p. 94,<br />
tav. XXII, n. 394; strati VA, VB; età flavia);<br />
• Vasanello (inedito, scavi Soprintendenza, n. 38,<br />
età augustea; R256 c) (Tav. XXVIII, n. 3).<br />
Cronologia<br />
Età augustea/età flavia.<br />
Osservazioni<br />
Lo scarto di fornace di Ostia e il pezzo di Vasanello<br />
attestano la produzione locale di questo tipo.<br />
Analisi<br />
R256, da Vasanello, cade nel sottogruppo chimico 4<br />
che comprende, tra gli altri, molte delle <strong>ceramiche</strong><br />
e delle argille silicee di Vasanello. Evidentemente<br />
forme da mensa venivano fabbricate anche con<br />
argille utilizzate solitamente per contenitori da<br />
esporre al fuoco.<br />
Tipo 7 (<strong>Roma</strong>, La Celsa, 19) (Tav. XXVIII, nn. 5-<br />
7)<br />
Brocca biansata con orlo a profilo più o meno triangolare<br />
o superiormente appiattito, collo cilindrico,<br />
due anse impostate sull’orlo o subito sotto e sulla<br />
spalla, ampia.<br />
Attestazioni<br />
• Gabii (Vegas, Martín Lopéz 1982, p. 470, fig. 8, n.<br />
115);<br />
• Ostia, Terme del Nuotatore (Ostia II 1969, p. 95,<br />
tav. XXIII, n. 410; strato VB; età flavia);<br />
• <strong>Roma</strong>, La Celsa (Carbonara, Messineo 1991, p.<br />
197, fig. 230, n. 19 = Carbonara, Messineo 1991-<br />
92, p. 190, fig. 249, n. 19; I-II sec. d.C.) (Tav.<br />
XXVIII, n. 5);<br />
• Sutri (Duncan 1964, p. 63, fig. 13, forma 33, n.<br />
129 (R207 c/m, R208 c), n. 130; terzo quarto del<br />
I sec. d.C.) (Tav. XXVIII, nn. 6-7).<br />
Cronologia