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OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

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68<br />

LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE)<br />

Fig. 38) Alcuni tipi in ceramica comune dal relitto Dramont<br />

D (da Joncheray 1974)<br />

mentalmente ad alcune categorie 310:<br />

• <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> da cucina, per l’esposizione al<br />

fuoco, prodotte nell’area <strong>Roma</strong>/Valle del Tevere:<br />

le olle a mandorla tipo 3, che in Spagna sembrano<br />

non essere più attestate dopo l’età augustea<br />

311, le pentole a tesa (tipi 2-5), oltre che alcuni<br />

coperchi (tipi 1 e 4). Inoltre una serie di tegami,<br />

di produzione campana (quello arrotondato,<br />

quello bifido e a fascia), ma in alcuni casi da<br />

attribuire forse anche alle officine laziali (il tegame<br />

tipo 1 e probabilmente alcuni esemplari del<br />

tipo 3).<br />

Nell’ambito della ceramica da fuoco che circola nel<br />

310 In questo elenco riassuntivo viene dato poco spazio alle produzioni<br />

campane più note di quelle laziali e già oggetto di<br />

numerosi studi (ad esempio si veda Céramiques communes de<br />

Campanie et de Narbonnaise 1996). Non si prendono inoltre in<br />

considerazione altre <strong>ceramiche</strong> da cucina oggetto di circolazione<br />

quali la Pantellerian Ware, diffusa in realtà in età tardoantica,<br />

ma già presente in molti contesti che risalgono al I secolo<br />

d.C. (a questo proposito si vedano, Peacock 1997, pp. 98 e<br />

seguenti; Fulford, Peacock 1984, p. 54).<br />

311 Per la presenza di olle a mandorla in un contesto di età<br />

augustea a <strong>Roma</strong> si veda il testo della Lorenzetti in questo<br />

volume.<br />

Mediterraneo è presente anche:<br />

• ceramica a vernice rossa interna, principalmente<br />

piatti/tegami con diversi impasti e originari<br />

di officine campane e forse anche di<br />

area centroitalica (Etruria e Lazio) 312.<br />

• Alcune <strong>ceramiche</strong> da contenimento, collegabili<br />

in qualche caso al trasporto di alimenti tra<br />

cui alcune olle (olla tipo 1) e “brocche” per il<br />

contenimento (tipo 4), olpi (tipo 1), originarie<br />

probabilmente della zona di <strong>Roma</strong>/Valle del<br />

Tevere.<br />

• Ceramiche per la preparazione, bacini/mortaria<br />

(tipi 1, 2, 3, 11 e 12); i tipi 11 e 12 sono di<br />

probabile origine laziale, e spesso sono bollati<br />

(fig. 29). È attestato anche un tipo di probabile<br />

origine campana, con decorazione a ditate,<br />

in età tardorepubblicana 313.<br />

Stando al Dicocer, l’atlante delle <strong>ceramiche</strong><br />

diffuse nel Mediterraneo occidentale (Provenza,<br />

Languedoca, Ampurdan), le prime <strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong> italiche si rinvengono a Marsiglia e<br />

in area litoranea dalla fine del III secolo a.C.<br />

(altrove più tardi), circolano dal I secolo<br />

a.C./età augustea e in percentuali importanti<br />

314.<br />

In Spagna, in diverse zone tra cui la Tarraconense,<br />

la Valle dell’Ebro 315 o quella del Guadalquivir<br />

316, le <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> italiche compaiono<br />

dal II secolo a.C. con attestazioni frequenti<br />

nel I secolo a.C. 317. Giunte via mare,<br />

venivano poi ridistribuite grazie al trasporto<br />

fluviale che sfruttava l’Ebro e il Guadalquivir,<br />

fiumi navigabili in età romana e che permettevano<br />

un trasporto rapido ed economico. Anche<br />

le <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> raggiungevano quindi centri<br />

interni.<br />

A giudicare poi dalle pubblicazioni e da alcuni<br />

studi specifici le <strong>ceramiche</strong> da cucina italiche costituiscono<br />

una presenza importante tra i reperti dell’età<br />

tardo repubblicana e della prima età imperiale:<br />

a Carthago Nova, ad esempio, nella zona dell’anfiteatro,<br />

costituiscono il 90% delle <strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong> 318.<br />

Lo stesso fenomeno si era notato a proposito<br />

delle <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> di Albintimilium, dove gli<br />

impasti genericamente definiti di origine tirrenica<br />

centromeridionale sono decisamente prevalen-<br />

312 A proposito di officine laziali si ricordano i rinvenimenti di<br />

Tivoli, che potrebbero indicare la presenza di una produzione<br />

locale (si vedano a questo proposito i contributi della <strong>Le</strong>otta in<br />

bibliografia).<br />

313 Dicocer 1993, p. 362 (COM / IT. 8D e 8E).<br />

314 Dicocer 1993, p. 357.<br />

315 Aguarod Otal 1993 e 1995.<br />

316 Sanchez Sanchez 1995.<br />

317 Aguarod 1995, p. 150.<br />

318 Perez Ballester in Ceramica comuna 1995, p. 189, dati riferiti<br />

al periodo tardorepubblicano.

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