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OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

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LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE)<br />

IX. ARTIGIANATO CERAMICO E TECNOLOGIA ITALICA NEL<br />

MEDITERRANEO<br />

IX.1.LA CIRCOLAZIONE DELLE CERAMICHE COMUNI<br />

ITALICHE NEL MEDITERRANEO<br />

I frequenti contatti economici tra l’area centroitalica<br />

e diverse zone del Mediterraneo hanno<br />

causato l’esportazione, casuale o voluta, anche di<br />

<strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong>. Solitamente si dedica un’attenzione<br />

maggiore alla distribuzione delle <strong>ceramiche</strong><br />

fini e delle anfore, contenitori che consentono la<br />

ricostruzione dei contatti a medio e lungo raggio<br />

tra aree geografiche differenti. Ricontrollando le<br />

pubblicazioni delle <strong>ceramiche</strong> fini è possibile raccogliere<br />

dati interessanti anche per le <strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong>, la cui circolazione, almeno in alcuni periodi<br />

o in aree specifiche, pare essere troppo abbondante<br />

per essere dovuta al caso 290.<br />

La circolazione della ceramica comune è di<br />

grande interesse perchè consente la ricostruzione<br />

dei movimenti delle merci in area locale, a corto e<br />

medio raggio; in alcuni casi va a completare e chiarire<br />

ulteriormente i contatti a lungo raggio. Di tale<br />

circolazione, avvenuta anche via mare e documentata<br />

in diverse epoche, rimane traccia in numerosi<br />

siti del Mediterraneo occidentale e nei relitti di<br />

epoca romana. Sulle motivazioni di questa circolazione,<br />

l’ipotesi avanzata più spesso è quella che<br />

considera le <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> centro-sud italiche<br />

come merce di accompagno delle produzioni fini e<br />

delle anfore vinarie nel periodo di massima espansione<br />

dell’economia italica. A tali motivazioni se ne<br />

aggiungono anche altre di carattere tecnologico<br />

che vedono nella qualità e nella resistenza di alcune<br />

<strong>ceramiche</strong> da cucina di origine tirrenica centromeridionale<br />

- come già notato per le <strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong> di altre aree geografiche e di altri periodi -<br />

una possibile ragione della loro esportazione a<br />

largo raggio 291.<br />

290 Va ricordato che i ritrovamenti su cui ci si basa per le ricerche<br />

rappresentano spesso la punta di un iceberg, la cui parte<br />

sommersa è andata perduta o deve essere ancora scoperta.<br />

291 Picon, Olcese 1995; Olcese 1996a.<br />

292 A tale proposito si ricordano le <strong>ceramiche</strong> africane da cucina,<br />

le <strong>ceramiche</strong> di Pantelleria, solo per fare alcuni esempi,<br />

oppure le <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> della zona di Focea, in epoca<br />

La maggior parte delle <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> di<br />

età romana sono state prodotte là dove sono state<br />

rinvenute; ma l’intensificarsi delle ricerche consente<br />

di notare sempre più spesso che le <strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong> di epoche diverse hanno anche circolato 292.<br />

Già la ceramica comune etrusca e di tradizione<br />

etrusca, ad esempio, è stata esportata, come è<br />

documentato dai numerosi rinvenimenti della<br />

costa ligure e provenzale 293, oltre che dal relitto<br />

etrusco di Antibes 294.<br />

In età tardo repubblicana e nella prima età<br />

imperiale spesso sono gli stessi tipi a circolare,<br />

quelli prodotti probabilmente in alcune officine<br />

“industriali” o in gruppi di officine, attive in aree<br />

particolari per posizione logistica, sia di mercato<br />

che geologica.<br />

<strong>Le</strong> informazioni più numerose che possediamo<br />

riguardano la distribuzione delle <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong><br />

genericamente definite “italiche” di età romana<br />

(repubblicane e di prima età imperiale) nel Mediterraneo<br />

occidentale, in modo particolare in Gallia<br />

meridionale e in Spagna 295. Proprio alla Spagna si<br />

riferisce la maggior parte delle osservazioni di<br />

questo paragrafo, poiché la ceramica comune italica<br />

rinvenuta nella Penisola iberica è stata oggetto<br />

di studi mirati negli ultimi anni. Con “<strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong> italiche” nelle pubblicazioni francesi o spagnole,<br />

ma anche di altri paesi, si indicano solitamente<br />

produzioni dell’Italia centro-meridionale<br />

tirrenica. Spesso si tratta di <strong>ceramiche</strong> facilmente<br />

individuabili e separabili dalle produzioni locali<br />

che per caratteristiche formali e tecnologiche,<br />

associate a impasti contenenti materiale di origine<br />

vulcanica, si distinguono dalle produzioni locali.<br />

<strong>Le</strong> aree di origine delle <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong><br />

esportate nel Mediterraneo occidentale, in Spagna<br />

ad esempio, sembrano essere principalmente tre,<br />

repubblicana e imperiale, Hayes 2000, p. 292, fig. 18. O ancora<br />

le <strong>ceramiche</strong> da cucina di area egea, documentate sia in età<br />

imperiale che durante l’epoca tardoantica.<br />

293 Dicocer 1993, p. 343.<br />

294 Boulomié 1982.<br />

295 Bats 1988; Guerrero 1988; Aguarod Otal 1991 e 1995; Ceramica<br />

comuna 1995; Arqueomediterrania 1998.

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