OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora
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LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE)<br />
Fino ad ora sono pochi i casi di studio delle<br />
<strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong>, con i metodi dell’archeologia e<br />
dell’archeometria, tesi a comprendere l’organizzazione<br />
dell’artigianato e le tecniche di una zona geograficamente<br />
ampia. Un esempio innovativo in<br />
questo senso è lo studio archeologico e archeometrico<br />
effettuato sulle <strong>ceramiche</strong> di IV secolo nel<br />
nord-est della Grecia 271 oppure quello condotto<br />
sulle <strong>ceramiche</strong> della Graufesenque, nella Francia<br />
meridionale 272. Lo studio delle <strong>ceramiche</strong> dell’Egeo<br />
orientale ha permesso di stabilire che nella<br />
maggior parte delle officine si producevano <strong>ceramiche</strong><br />
da cucina e da mensa; un numero limitato di<br />
<strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> proviene anche da officine di<br />
<strong>ceramiche</strong> a vernice nera. Il duplice aspetto della<br />
produzione delle <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> viene interpretato<br />
con il carattere della classe, adattabile a<br />
schemi produttivi molto diversi.<br />
Per il Lazio disponiamo solo dei dati archeometrici<br />
realizzati nell’ambito di questo lavoro 273. <strong>Le</strong><br />
analisi di laboratorio delle <strong>ceramiche</strong> calcaree di<br />
<strong>Roma</strong> e dell’area romana hanno permesso di stabilire<br />
che le composizioni delle <strong>ceramiche</strong> da mensa<br />
sono simili a quelle delle <strong>ceramiche</strong> a vernice nera,<br />
tanto da far pensare in alcuni casi ad una produzione<br />
nell’ambito delle stesse officine. Argille dalle<br />
composizioni diverse sono state invece utilizzate<br />
per le <strong>ceramiche</strong> fini (le terre sigillate) e per le<br />
<strong>ceramiche</strong> da cucina; queste ultime provengono<br />
prevalentemente dalle ignimbriti 274.<br />
<strong>Le</strong> analisi di laboratorio hanno contribuito ad<br />
isolare e a caratterizzare le <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> di<br />
<strong>Roma</strong>/Valle del Tevere (tabelle 5 e 7).<br />
Dall’epoca ellenistica circolano nel Mediterraneo<br />
<strong>ceramiche</strong> da cucina prodotte in Italia centromeridionale<br />
- in particolare quelle dell’Etruria<br />
meridionale, del Lazio e della Campania - realizzate<br />
con argille vulcaniche e che denotano una tradizione<br />
artigianale simile. Si tratta di <strong>ceramiche</strong> di<br />
qualità, fabbricate forse in seguito alla diffusione<br />
di tecniche artigianali che hanno modificato il<br />
modo di fare ceramica delle epoche precedenti.<br />
Non sappiamo per ora collocare cronologicamente<br />
e geograficamente tale fenomeno, che si rivela però<br />
ricco di conseguenze.<br />
Anche le <strong>ceramiche</strong> da mensa assumono in<br />
epoca repubblicana delle caratteristiche - di chiara<br />
derivazione greca e magnogreca - che resteranno<br />
poi a connotare la produzione ceramica da mensa<br />
“romana”: l’utilizzo di argille calcaree, ad esempio,<br />
che originano <strong>ceramiche</strong> dal beige al rosso e che<br />
corrispondono ad un gusto preciso, oppure l’utilizzo<br />
del tornio e la cottura in atmosfera ossidante.<br />
271 Blondé, Picon 2000, p. 177.<br />
272 Picon 1992-1993; Picon 1997; Picon 2002.<br />
273 I dati ottenuti dal Peña con il metodo della attivazione neutronica<br />
(Peña 1987), circoscritti ad alcune aree dell’Etruria<br />
tiberina, sono solo in parte confrontabili con quelli della fluorescenza<br />
a raggi x.<br />
274 Si veda il testo di Picon, supra.<br />
VIII.4. CERAMICA COMUNE E ECONOMIA<br />
Il fine di questo breve paragrafo non è quello di<br />
sviluppare un tema complesso come quello della<br />
ceramica nell’ambito dell’economia romana, argomento<br />
già oggetto di numerosi contributi 275, bensì<br />
quello di proporre qualche osservazione e spunto<br />
di ricerca sulla ceramica comune del Lazio.<br />
Pare ormai assodato che la ceramica, anche quella<br />
più ordinaria, possa essere usata per illuminare<br />
aspetti dell’economia romana. Come è stato sottolineato<br />
dal Peacock “ogni valutazione del commercio<br />
romano fatto grazie all’archeologia dipende in larga<br />
misura dai dati forniti dalla ceramica” 276, anche se è<br />
opportuno ricordare il peso ridotto dell’industria<br />
ceramica nel sistema economico romano 277.<br />
La ceramica costituisce un indicatore della frequentazione<br />
di alcuni assi commerciali, proprio<br />
perché si è conservata fino ai giorni nostri e i cocci<br />
restano a testimoniare i percorsi delle derrate alimentari<br />
ormai perdute. Quindi, lo studio della circolazione<br />
delle <strong>ceramiche</strong>, soprattutto se supportato<br />
da altri approcci di studio, come quello delle<br />
analisi di laboratorio, è uno strumento insostituibile<br />
per valutare aspetti dell’economia romana, tra<br />
cui la produzione, la circolazione e il commercio.<br />
In tal senso le <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> hanno potenzialità<br />
fino ad ora poco sfruttate, ad esempio quelle<br />
di dare informazioni su aspetti connessi alla<br />
sfera della produzione e della tecnologia, ma anche<br />
di fornire dati sulla situazione economica locale /<br />
regionale, oppure sulla circolazione dei prodotti a<br />
lungo raggio, in altro modo difficilmente ottenibili.<br />
Nel caso dell’area di <strong>Roma</strong>, grazie allo studio<br />
archeologico e archeometrico delle <strong>ceramiche</strong><br />
<strong>comuni</strong>, è stato possibile incominciare a mettere a<br />
fuoco più chiaramente l’esistenza in età tardorepubblicana<br />
e nella prima età imperiale di un “comprensorio”<br />
produttivo definito, quello di <strong>Roma</strong> /<br />
Valle del Tevere, in cui officine di diversa entità e<br />
struttura producevano per un mercato locale /<br />
regionale e per la città, sfruttando la situazione<br />
geologica favorevole e il trasporto fluviale. Sul<br />
Tevere nell’antichità esistono numerosi<br />
contributi 278 mentre molto meno si sa sulla situazione<br />
geologica della zona in rapporto all’impianto<br />
di officine <strong>ceramiche</strong> nel corso dei secoli (l’argomento<br />
è stato trattato per sommi capi in questo<br />
lavoro). Lo studio delle fonti e dei toponimi legati<br />
ad estrazione di argilla e produzione di ceramica<br />
consente comunque di rendersi conto dell’importanza<br />
dell’attività manifatturiera in quest’area<br />
nel corso del tempo (fig. 35) 279.<br />
275 A titolo di esempio si ricorda il testo insostituibile del Peacock<br />
1997, in particolare alle pp. 191 e seguenti dove si riassumono<br />
alcuni temi fondamentali.<br />
276 Peacock 1997, p. 196.<br />
277 Si vedano a questo proposito le osservazioni in Morel 1985.<br />
278 Ad esempio, <strong>Le</strong> Gall 1953; Il Tevere e le altre vie d’acqua nel<br />
Lazio antico 1986.<br />
279 Güll 1997, p. 567, tav. 3.